Un rifiuto la cui latitudine comprende Nord e Sud , Est ed Ovest del paese, classi sociali diverse. In questa sua omogeneità rende evidente che il filo conduttore identicamente vincente in tutte le regioni d'Italia, è scontento, è amarezza, è voglia di rovesciare il tavolo, è un No, appunto. A Renzi oggi, ma anche a chi ci sarà domani al suo posto.
Non è bastato un Si. Ma come acutamente scritto nella vignetta a caldo per Il Manifesto, "non basta nemmeno un No". La partecipazione al voto è stata, ovunque, straordinaria per un referendum. Certo, nel voto sono ingarbugliati sentimenti diversi, anche contraddittori, ma uno è riconoscibile sugli altri: il patriottismo costituzionale.
E ora non raccontateci che l'Italia non vuole guardare avanti. È vero il contrario: l'Italia ha capito che questo non era un cambiamento. Ha vinto l'Italia che vuole cambiare verso. Ma davvero.
Il referendum ha sconfitto una proposta innovativa di riforme costituzionali che non conteneva alcuna deriva autoritaria. Così di riforme istituzionali non si parlerà per anni. Bisogna lavorare per assicurare la governabilità del paese, specie sui temi economici. Se oggi Renzi e il Pd non fanno un proposta seria, pensare di giocare d'anticipo per elezioni anticipate di qui a maggio, può voler dire tradurre una dura sconfitta in una disfatta.
È questo il senso dell'alta affluenza al voto di ieri e del risultato netto, schiacciante a favore del No. Il No di ieri, in larghissima parte, non ha chiesto solo di lasciare inalterata la Carta, ma di applicarla pienamente, perché l'Italia è un paese fondato sul lavoro, e non sui voucher, e in cui la sovranità appartiene al popolo e non a un manipolo di tecnocrati che rispondono all'establishment economico-finanziario internazionale.
Chi se la sente, insieme alla maggioranza che resta guidata dal PD, si faccia avanti per formare un esecutivo che abbia quattro scopi: varare una legge di bilancio che abbia il si' dalla Commissione Europea, garantire la stabilità del sistema bancario con le necessarie ricapitalizzazioni, approvare una riforma elettorale come da indicazioni nella sentenza della Consulta sulla legge detta Porcellum, ribadire una convinta partecipazione all'Europa.
Nel referendum costituzionale hanno vinto in tanti, da Grillo a Salvini, da Brunetta a Meloni, da Travaglio a D'Alema. Anche Berlusconi ha vinto ma non festeggerà più di tanto perché sa che da adesso l'ecosistema politico sarà più dissestato e tormentato. Ha perso un uomo solo, Matteo Renzi, che s'è assunto l'intera responsabilità di un risultato che cancella il suo processo riformista e congela la sua carriera politica.
Forse qualcuno che sta leggendo questo post pensava che i Sì avrebbero vinto? La lotta forsennata di Renzi contro tutti era una lotta disperata. Il blocco conservatore dell'Italia era una macchina da guerra. Dalla Cgil all'Anpi, dall'Arci a tutti i vecchi e nuovi partiti di opposizione, parte del Pd e tanto altro ancora, schierati per il No. Viene da chiedersi: ma cosa vogliono gli italiani?
Dopo una lunga peripezia durata quasi 6 mesi, tempo necessario per far nuovamente ripetere le elezioni presidenziali che si erano tenute lo scorso 22 maggio, Alexander Van der Bellen è il nuovo presidente dell'Austria. Seppur bisognerà fare sempre i conti con quella vasta area della popolazione che ha votato per Hofer, almeno per ora in Rue di Wiertz a Bruxelles possono fare sogni tranquilli.
Ci avevano garantito che, indipendentemente dall'esito referendario, il sole sarebbe sorto lo stesso. Al momento in realtà all'orizzonte si scorge solo una fitta coltre di nebbia. E dire che per un paese che ha visto succedersi 63 governi nei settant'anni di storia repubblicana l'uscita di scena di un presidente del Consiglio non dovrebbe essere uno scenario inedito, e invece lo è.
Era partito per fare la guerra contro la casta, per rottamare "i vecchi" e rifare la Costituzione del '48, ma è stato a sua volta rottamato dai "giovani" e dai difensori di quella Costituzione, creata da chi aveva sofferto il fascismo e aveva fatti propri gli ideali della Resistenza.
Ha perso Renzi. Ha vinto Grillo. No, ha perso un progetto centralistico e autoritario; e ha vinto la domanda di governo responsabile, riconoscibile. Ha vinto l'Italia dei Comuni; pragmatica e sussidiaria, partecipante e operativa. Il segnale è chiaro. E sarebbe facile e chiaro anche trasferire il modello elettorale che vige nei Comuni per scegliere i parlamentari e il premier. Una nuova stagione è possibile. Ripartiamo dai Comuni.
Ora l'unica ragione che potrebbe spingere Renzi a non dimettersi anche da segretario del Pd sono i 12,4 milioni di Sì che ha raccolto intorno alla sua idea di riforma. Come gli si dà peso politico? Il Pd ha un'occasione: nella direzione prendere l'impegno di dar voce a questa realtà riformista del Paese, che è si stata sconfitta ma che ha dato prova di maggior coesione e coerenza di chi si è schierato dall'altra parte.
Ci sono molti e molti modi di leggere il verdetto del referendum, e il profluvio di commenti di queste ore ne aggiungerà altri ancora. Modi che attengono a Renzi, al governo, alla protesta. E che ci avvisano, tutti insieme, che la strada percorsa in questi due anni non porta da nessuna parte. Ma c'è di più. Il paese ha bisogno di cambiare tanto di sé, non ci piove. Ma forse, più ancora, ha bisogno di coesione.
Il voto sul referendum merita analisi approfondite e articolate. Contiene troppi significati per essere contenuti in commenti "a caldo". Tuttavia gli stessi dati numerici possono già metterci sulla buona strada. L'elevata partecipazione al voto, il 65,5% e la nettissima affermazione del No, con il 59,1%. Questi due elementi indicano che siamo di fronte a una vittoria popolare. Che è diverso dal considerarla una manifestazione di populismo.
La migliore analisi della sconfitta di Matteo Renzi l'ha fatta Matteo Renzi: "Non pensavo che mi odiassero così". È questa la molla che ha spinto molte persone ad andare a votare: l'antipatia che ha suscitato il premier nei due anni del suo governo. La comunicazione del Sì è parsa troppo ricca, fredda e razionale. Si è preferita la linea dell'umiltà zero e arroganza mille, e la cosa non è piaciuta.
Maurizio Zamparini, è un vulcanico e ingegnoso imprenditore. Come tanti altri ha la passione del pallone ma, a differenza di tanti comuni mortali, può permettersi di comprare squadre e fare il presidente. Sa di possedere come unica arma una matita (indelebile naturalmente) e la brandisce a mò di lama per recidere premier, sindaci, presidenti di regione. Cambiare, cambiare e ancora cambiare come unica ricetta e panacea di tutti i mali.
Se qualcuno crede che le figure che stanno scorrendo in video oggi siano i "vincitori" ha capito poco di quello che sta accadendo. Non sono certo vincitori i Brunetta, i Gasparri o il Salvini di turno. Solo chi si è fatto una campagna lunga un anno a pancia a terra sui territori credo possa capire. Una campagna con i Comitati del No, senza mezzi, spartana, senza finanziamenti o sostegno dei media. Una campagna che sembrava senza voce.
Il referendum c'è stato. Il risultato è stato assunto da tutti. In Italia serve più che mai un'interazione diretta con le persone, attiva e bilaterale. E non bisogna demordere nella faticosa ricerca della sintesi. Le aggregazioni sociali e civiche, tutte, hanno un ruolo determinante da sempre in questa direzione, ancora di più nell'attuale fase. Abbiamo tante risorse a disposizione per costruire consenso e leadership per la politica da rifondare.
Ci sono due Italie: quella del fare e quella del non fare. Oggi l'Italia del fare ha perso, circa il 60% degli italiani votanti ha detto No al cambiamento della Costituzione e al Governo Renzi. Ma quando la delusione sarà passata toccherà nuovamente rimboccarsi le maniche. Quel 40% dei voti, ottenuto da solo, arriverà presto a comunicare a Renzi che c'è una gran fetta d'Italia che si rivede in lui e che ha voglia di cambiamento.
Come era ampiamente previsto adesso avremo un governo simil-Renzi e tutto sarà come prima. Continua l'effetto del referendum elettorale, una grande arma di illusione di massa, il cui obiettivo è stato quello di far credere ai cittadini italiani di contare qualcosa. La politica e il bene di un paese non dipendono da modifiche all'assetto costituzionale, ma da politici e cittadini onesti e capaci.
"No" e "Van der Bellen": 2 vittorie dell'attenzione contro la "distrazione di massa". I popoli hanno espresso una volontà per una civiltà moderata che funzioni. Ha vinto l'istinto di sopravvivenza contro la faziosità distraente, ma la sopravvivenza della nostra civiltà in crisi non è assicurata. Al contrario, è un monito serio a Renzi, che si trova ora davanti la vera sfida delle elezioni senza veri risultati di uscita dal "regime della distrazione di massa".