domenica 31 marzo 2013

Pubblicazioni settimanali --(20)

-Istruzioni per l'uso - Storia del movimento anarchico (3) - I sindacati anarchici e le avanguardie artistiche anarchiche nel periodo delle macellerie Imperialiste-Statali (1900-1918) --Seconda Parte
-L'anarchismo individualista - Terza Parte
-Il cinema e la pedagogia anarchica (1), (2), (3) Continua...
-Progetti in corso e futuri

--Articoli&Video
47: Morto che parla
La croce di Crocetta
Allucinogeni&Associati
Reddito di sudditanza
Habemus Papam
Una considerazione e chiarimento su Considerazioni emiliane
Per mettere la parola fine a queste considerazioni 
La società mineraria "Oro Greco" guadagna 4240 € per ogni disoccupato assunto con contratto temporaneo 
Venezuela: ucciso Sabino Romero
La PDVSA ha dato alle imprese straniere 63 campi petroliferi tra gli anni 2009-2013
Venezuela: Uribana, "sinistra unita" e capitalismo spagnolo
I chavisti aprono le porte alla Monsanto
I fascisti difendono l'impresa mineraria Ellinikós Chrysos e i suoi mercenari
Anarchismo e Carceri di Rodolfo Montes De Oca (3)
Situazione e lotte dei popoli indigeni in Venezuela (1)
L'ETA e l'anarchismo Basco
Colombia: conflitto armato e progetto Hidroituango in Antioquia / Detenzioni arbitrarie in Colombia
Nasce una comunità nelle Asturie che metterà in pratica l'economia libertaria 
La collettività agrourbana Valemás: un tentativo di autogestione libertaria e di “secessione” dal capitale

--Progetto di Storia Anarchica
La società futura di Emile Armand 
L'individualismo anarchico come vita e attività di Emile Armand
L'individualismo anarchico in Francia
Alla conquista dello Stato Naturale di Henry Zisly

--Libri Postati su Green, Not Greed
Giampietro Berti – Un’idea esagerata di libertà
Michael P. Smith – Educare per la libertà
Alexandre Marius Jacob – Abbasso le prigioni, tutte le prigioni.
Sean M. Sheenhan – Ripartire dall’anarchia
Ashley Montagu (a cura di) – Il buon selvaggio. Educare alla non aggressività
René Lourau – Lo stato incosciente
Raffaele Mantegazza – I buchi neri dell’educazione. Storia, politica, teoria
Humberto Maturana – Emozioni e linguaggio in educazione e politica
Brian A. Dominick – Liberazione animale e rivoluzione sociale

venerdì 29 marzo 2013

La collettività agrourbana Valemás: un tentativo di autogestione libertaria e di “secessione” dal capitale

da Carmine Mangone

Nella regione spagnola delle Asturie, dal novembre 2012, esiste una comunità autogestita agrourbana: la Colectividad Valemás, all’interno della quale una trentina circa di compagni libertari (militanti o simpatizzanti della CNT asturiana) sta cercando di sperimentare e sviluppare delle pratiche di “secessione” (di autonomizzazione) dai meccanismi economici capitalisti.
Sulla scia della tradizione rurale iberica del concejo abierto (antica forma di autogoverno su base municipale) e, soprattutto, della grande esperienza di massa delle collettività anarchiche del 1936-’38, i compagni asturiani tentano di autoprodurre il necessario in legami comunitari orizzontali e antiautoritari, combattendo così sia la disoccupazione e la precarietà, sia il monopolo agroalimentare e le separazioni sociali tra i vari ambiti del vivere.
Ripartendo dunque da un’autoproduzione su piccola scala, e mirando tuttavia alla più completa autosufficienza, la Colectividad Valemás si propone l’occupazione di terreni di proprietà pubblica, una messa in comune dei beni e dei servizi collettivi, l’abbandono della moneta, nonché modalità di scambio multireciproco fondate sulla gratuità, la condivisione e il baratto – anche con altre realtà omologhe.
[ Sui processi che hanno subordinato l'ambiente rurale spagnolo alla feroce valorizzazione capitalista degli ultimi cent'anni, si consiglia l'ottimo saggio: L'anti-machinisme rural et la mécanisation de l'agriculture sous le franquisme (1936-1970), in: Les Amis de Ludd [Los Amigos de Ludd], Bulletin d’information anti-industriel – II, Éditions la Lenteur, Paris 2009, pp. 95-138. ]
I compagni della Valemás mi hanno inviato via mail un volantino di presentazione del progetto, la cui traduzione trovate qui di seguito. Un altro testo in italiano sull’esperienza asturiana è consultabile sul sito Nexus Co.

Tornerò senz’altro sull’argomento non appena avrò delle buone nuove. Trovo particolarmente interessante (e stimolante) poter seguire la costruzione e lo sviluppo di progetti simili, che vanno abbastanza chiaramente nella direzione di una immediata sperimentazione della comunizzazione anarchica.


Colectividad-Valemas2


Ciao!
Siamo la Colectividad Valemás, e ci piacerebbe condividere con te una modesta proposta, che può interessarti personalmente o che puoi trasmettere ad altri.
Il nostro obiettivo è mettere in comune le nostre risorse cercando di coordinarle per soddisfare le nostre necessità in modo autogestionario.
Ci muove il sincero intento di recuperare i sentimenti comunitari e un’identità collettiva.
La Colectividad Valemás si definisce agrourbana perché, nel bene come nel male, i confini tra campi e città ci sembrano solo sociali e spazialmente molto diffusi (per cui è possibile incontrare cittadini che coltivano orti e contadini impiegati in città). Alcuni di noi, per esempio, vivono nell’ambiente rurale, facendo affidamento su piccole fattorie, orti, allevamento minore e altre risorse della terra (anche di natura sporadica).
Il modo di funzionamento della Valemás non si differenzia molto da tutti quei gruppi i cui membri intendono praticare di fatto il mutuo appoggio.
In primo luogo, abbiamo posto in comune (in modo permanente e continuo) le risorse che siamo disposti a condividere: tanto gli “attivi” (merci e prodotti, professioni e mestieri, saperi ed esperienze, ecc.), quanto i “passivi”, ossia i nostri bisogni ed esigenze personali. In secondo luogo, valorizziamo le nostre risorse in base alla loro abbondanza e alla domanda interna alla comunità, in conformità al criterio generale di soddisfare (prima di ogni altra cosa) le necessità di base, e in modo così da raggiungere una minima sovranità alimentare, educativa, sanitaria e assistenziale. Il sistema di valorizzazione è molto semplice : una sorta di regola del tre composto che, riassunta in una formula, potrebbe essere enunciata più o meno così:
[valore collettivo (di una risorsa) = n° dei collettivisti x quantità della risorsa ± domanda effettiva : 10]
Il non impiegare nessun modello di scambio monetario è una semplice opzione collettiva. Risponde alla nostra cosciente e deliberata intenzione di allontanarci il più possibile dall’economicismo mercantile imperante, i cui valori (come ad es.: la brama di profitto) abbiamo già fin troppo interiorizzato per non pensare che debbano smettere di condizionare i nostri comportamenti individuali. Infine, in terzo luogo, cerchiamo di coordinare gli sforzi (in modo continuo e permanente) di chiunque viva, o sia disposto a vivere-viversi, nella reciprocità e nella solidarietà responsabili. Ci piacerebbe integrare in una rete (o, per usare un termine del passato, in una confederazione) tutti le individualità e i gruppi che nelle Asturie già praticano in qualsiasi misura il baratto o lo scambio multireciproco. E per far ciò – allergici come siamo a creare strutture organizzative troppo grandi o gerarchizzate, le cui esigenze non corrispondano direttamente a quelle dei loro membri -, proponiamo un metodo semplicissimo: condividere gli elenchi degli associati. Vale a dire: mettere in comune le nostre risorse e le nostre esigenze, incrociare i dati delle persone disposte a incontrarsi e a condividere, facendo sì che dalla dinamica di questa socializzazione nasca una comunità che si identifichi in se stessa come tale, al di là della forma concreta di organizzazione e di funzionamento di ogni gruppo. L’idea è che ogni collettivo, o cooperativa, o associazione, funzioni nelle Asturie come se fosse un singolo che si rapporta ad altri, fornendo come risorsa “attiva” le offerte e le necessità dei suoi membri, e come risorsa “passiva”, le attività e le azioni che decida d’intraprendere in quanto gruppo.
Tutto questo spiegato molto in sintesi e con l’augurio che la nostra proposta possa interessarti. Allegato a questo volantino di presentazione un documento che dettaglia le risorse della Valemás [mancante nella presente versione italiana; NdT]. Un cordiale saluto, e per ogni comunicazione: colectividadvalemas@gmail.com
[Traduz. di Carmine Mangone]

martedì 26 marzo 2013

Situazione e lotte dei popoli indigeni in Venezuela - Prima parte

Popolazioni indigene in Venezuela
Questa raccolta di articoli -che vanno dal 2001 al 2010, dal titolo "Situaciòn y luchas de los pueblos indìgenas en Venezuela", sono apparsi nel giornale El Libertario e ripropongono comunicati, articoli di denuncia e riflessioni fatte sul tema delle popolazioni indigene. 
E' un modo per ricordare che il PSUV, da quando è al governo, ha avuto un rapporto ambiguo verso la popolazione povera e indigena del paese. Anche se Chavez è morto, il sistema creato e rinnovato da lui e dal PSUV, resisterà al collasso del partito stesso
Tale lettura deve essere integrata con quella contenuta nell'altra raccolta di articoli di El Libertario, ovvero "Ecología, Anarquismo y luchas ambientales en Venezuela" (gli articoli contenuti vanno dal 1996 al 2011).



-La V Repubblica contro gli indigeni

Articolo scritto da Silviano Castro il 3 Gennaio del 2001 e apparso nel numero 21 del Periodico El Libertario (Febbraio-Marzo 2001)

Io, Silviano Castro, titolare della carta di identità n° 10.006.424, domiciliato nella comunità indigena Pemón di San Rafael de Kamoiran, comune di Gran Sabana (Stato di Bolivar), come capo della comunità di San Rafael de Kamoiran e che rappresento me stesso, dichiaro quanto segue:

Il 27 dicembre 2000 alle 10:30 pm, un gruppo di circa 40 soldati incappucciati, hanno circondato la mia casa nella comunità di San Rafael de Kamoiran, e vedendo che non c'era nessuno, se ne erano andati; il giorno successivo, 28 Dicembre, sono apparsi di nuovo alla stessa ora, senza essere incappucciati. Sono stati interrogati dai membri della comunità su queste azioni, ed essi hanno risposto che erano dei poliziotti di confine ed erano in giro per motivi di sicurezza; tuttavia, un militare Pemón che faceva parte del gruppo, ha detto che il suo ruolo era quello di catturare gli indigeni che volevano abbattere le torri.

Il 29, verso l'1:00 a.m., si sono nuovamente avvicinati alla comunità: questa volta, i ragazzi della comunità hanno visto due automobili Toyota della compagnia elettrica (ABB), che si erano appostati all'ingresso alla comunità per vedere chi si stava avvicinando. A quel punto, i ragazzi si sono dispersi in direzioni diverse. Uno di loro, Juan Ramon Lezama della comunità di San Rafael de Kamoiran, 22 anni, la mattina seguente, ha dichiarato di essere stato picchiato da due poliziotti: prima l'hanno afferrato per il collo e ha perso i sensi dopo una breve resistenza, e, appena si era ripreso, aveva provato a correre mentre i due poliziotti lo inseguivano. E' rimasto impigliata nel filo spinato ed è rimasto lì. Juan ha vari tagli e lividi sul collo, braccia e gambe.

Situazioni simili si ripetono ogni notte: i militari -il cui numero e l'ora di arrivo varia-, giungono nella comunità di San Rafael de Kamoiran, trasportati dai veicoli della compagnia elettrica; fanno il giro attorno alla comunità per circa mezz'ora e poi vanno via. Se durante questo tour vedono qualsiasi Pemón, lo prendono e lo interrogano su ciò che sta facendo, ordinandogli di tornare a casa sua; se un Pemón trasporta uno strumento di lavoro, come un coltello o una Bacula, gli viene confiscata.

Questi eventi sono iniziati dopo il 26 dicembre, giorno in cui le truppe comandate dal generale Hidalgo sono arrivate nella comunità di San Rafael de Kamoiran con l'intenzione di dare cibo alla comunità. Questi doni sono stati respinti dai membri della comunità sulla base del fatto che si trattava di un modo per neutralizzare la lotta che queste comunità mantengono contro la compagnia elettrica brasiliana -la quale opera nella regione-; ma il generale Hidalgo ha sostenuto che non vi era alcun legame tra il portare il cibo e il neutralizzare la lotta. Nonostante questo, la comunità di San Rafael de Kamoiran ha respinto la distribuzione di cibo.

I fatti raccontati qui, comportano la violazione del diritto all'integrità fisica (art. 46 della Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela) come avvenuto verso il giovane Juan Ramon Lezama -aggredito senza motivo-, e la violazione dell'integrità mentale e morale (articolo 46 della Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela) dell'intera comunità di Kamoiran, la quale è stata minacciata e vessata dai militari. Inoltre è stato violato il diritto di proprietà (art. 115 della Costituzione), eseguita l'espropriazione dei nostri strumenti di lavoro e il diritto alla libera circolazione (articolo 50 della Costituzione), costringendoci a entrare nelle nostre case quando essi gli pareva e piaceva.

Tutto questo accade nel nostro territorio e influisce sulla nostra vita quotidiana, sulla nostra cultura e sulla nostra sicurezza. Pertanto, è anche una violazione dei diritti dei popoli indigeni garantiti dalla nuova Costituzione (articoli 119 e 121)

Come presentato qui, sollecito i seguenti punti:
a) che venga aperta un'indagine su questi abusi
b) che si puniscano i funzionari responsabili
c) che si ordini la smilitarizzazione del nostro territorio
Cordiali saluti,

Silviano Castro, Capo di San Rafael de Kamoiran. C.I. 10006424
Indirizzo: comunità indigena pemón di San Rafael de Kamoiran, comune Gran Sabana, Stato di Bolivar.

-Il "confronto" per un pemón
Articolo scritto da Anna Ponte e pubblicato nel numero 22 de Periodico El Libertario (Aprile-Maggio 2001)

Ho appena parlato con Silviano Castro, il leader della comunità indigena di San Rafael de Kamoiran (Parco nazionale di Canaima). Mi ha raccontato la seguente: Le comunità di Vista Alegre e Kamoiran hanno presentato una denuncia nei giorni scorsi contro le nuove installazioni militari (dell'Esercito) nel Parco Nazionale di Canaima. Presumibilmente, a seguito di una denuncia, il generale aveva dato l'ordine di smantellare questi post.

Ma il Martedì 20 di questa settimana, non era stato rimosso nulla, e la comunità di Vista Alegre aveva deciso di chiudere la strada in segno di protesta. Silviano li aveva tranquillizzati, dicendo che i militari avrebbero chiesto un giorno in più per il ritiro delle truppe.
Il giorno dopo, Mercoledì, la comunità indigena si era resa conto che l'esercito stava tagliando del legname dalla foresta per costruire le palizzate del presidio militare; così la comunità di Kamoiran aveva deciso di andare a parlare il giorno dopo, Giovedi, per chiedere le motivazioni sul perchè non avessero sgomberato il posto.
Giovedì, quando i membri della comunità erano pronti ad andare a parlare con i militari, avevano incontrati alcuni agenti del DISIP. Silviano aveva parlato con loro e, dopo aver spiegato quello che stava accadendo, aveva chiesto a loro di accompagnare gli indigeni verso il presidio.

La comunità era uscita (a piedi), mentre gli agenti del DISIP avanzavano dentro le loro auto ed erano stati davanti al corteo; Silviano aveva deciso di seguire il tutto sul suo veicolo, accompagnato dalla moglie Teide. Inoltre, aveva deciso di portare con se una videocamera.

Quando erano arrivati vicini al presidio militari, erano stati accolti da lacrimogeni e pallottole usate per la caccia: il corteo era stato disperso e un membro della comunità e un militare sono rimastati feriti (quest'ultimo era rimasto ferito al collo da un proiettile sparato dai suoi stessi compagni, in quanto nessun indigeno era armato con armi da fuoco).
L'indigeno ferito era stato portato in ospedale a Santa Elena de Uairén, il quale era stato arrestato e ammanettato fino al giorno successivo, senza che egli poteva lasciare l'ospedale, come l'infermiera che ha curato indigeni i feriti. Il soldato ferito, invece, era stato portato in Luepa forte.

Silviano era stato colpito mentre cercava di prendere la videocamera, ma era stato arrestato sul posto senza mandato. Durante l'interrogatorio, Silviano si era opposto all'arresto in quanto non aveva commesso alcun reato e non vi era nessun mandato da parte del tribunale. A questo punto, gli hanno riferito che il comandante di Fort Luepa voleva parlare con lui. Silviano ha accettato di parlare con costui. Mentre andava verso Luepa, è stato intercettato in un luogo chiamato Oso, dove non vi è segnale dei cellulari, da alcuni militari e della società elettrica ABB. Essi gli hanno detto che non poteva comunicare con chiunque e doveva continuare ad andare a Luepa in un altro veicolo; Silviano si è rifiutato e questi lo hanno minacciato di morte. Ha poi proseguito con la sua auto a Luepa per parlare con il comandante dell'esercito. Lungo la strada, si è fermato in una locanda di Kamoiran per poter telefonare al suo avvocato. Fatto questo, si è diretto verso Luepa.

Appena arrivato, viene arrestato e detenuto con la forza dai militari (il tutto in maniera illegale) di Fort Luepa. Il mattino dopo (ovvero ieri, Venerdì 23 marzo), lo hanno portato a Ciudad Bolivar, precisamente nella sede del V° Battallòn de Infanterìa, dove Silviano si è rifiutato di testimoniare davanti al procuratore militare, chiedendo la presenza del pubblico ministero e del suo avvocato data l'illegittimità di tale circostanza.

Cercano di fargli firmare una dichiarazione d'accusa, ma lui mantiene la sua posizione.
Finalmente, interviene il pubblico ministero che lo lascia andare.

Quella notte stessa, è andato a dichiarare alla Policía Técnica Judicial le violenze subite, prima che il medico potesse prendere atto delle percosse e dei maltrattamenti che Silvaino aveva subito. Questa mattina, sarà testimoniare davanti al Tribunale Civile di Ciudad Bolivar.
Questo è tutto per ora.

Le mie domande sono:
1) Il ruolo della polizia politica (DISIP) nel Parco nazionale di Canaima è quello di istigare l'esercito e le comunità indigene?
2) L'esercito è responsabile del controllo in un Parco Nazionale? Per quanto ne so, è la Guardia Nazionale a occuparsi del controllo -la quale Guardia ha a che fare con i civili e sono consapevoli del loro quadro giuridico.
3) Perché l'esercito teneva i gas lacrimogeni? Eppure non era avvenuta alcuna violenza nella regione.
4) Quale sarà la reazione di tutte le comunità indigene pemonas dell'area di fronte a questa violenza?
5) Le linee elettriche proposte dal Brasile sono più importanti della vita delle comunità indigene?

Continua nella Seconda Parte

Nasce una comunità nelle Asturie che metterà in pratica l'economia libertaria

da PortalOaca

Nei prossimi giorni si terrà a Oviedo un'assemblea generale per l'attuazione di una comunità in cui i suoi membri metteranno in comune le proprie risorse e bisogni. Si tratta di creare un mercato di libero scambio, senza soldi, e nel contesto della cultura economica del comunismo libertario. L'esperienza cercherà inoltre di soddisfare le esigenze di coloro che sono stati spinti verso situazioni di bisogno a causa dello spreco del sistema capitalista e statalista, i quali sfruttano i lavoratori a favore di grandi imprese, banche e dello Stato stesso. La comunità è nata all'interno della CNT asturiana, dopo una conferenza di attivisti sulla necessità di reti di mutuo appoggio sviluppati mesi fa a Candas. Poi si sono uniti altri al di fuori dell'organizzazione, ma affini al progetto.

 I primi movimenti costituiscono la comunità che è nata a novembre del 2012. Questa prima fase, puramente statistica, è servita a raccogliere e sistematizzare i dati delle persone interessate nel far parte della comunità, nonché delle attività e delle risorse disposte a condividere. Inoltre, sono stati contattati vari gruppi e individui per spiegare l'origine, il significato e lo scopo della comunità nel centro sociale La Madreña (Oviedo); e tra i gruppi troviano la rete di mutuo appoggio delle Asturie, la Cooperativa Integral Asturiana, la Asociación Trueque Siero la Red Asturiana de Comunidades de Trueque e la Asociación de Productores y Consumidores de Asturias. Al momento ci sono già una trentina di persone disposte a far parte della comunità.

La comunità vuole essere una rete di mutuo appoggio di persone che mettono in comune il loro lavoro e le loro risorse produtte per generare beni di natura collettiva col quale si potrà coprire parzialmente o completamente i bisogni di base, e, al tempo stesso, promuovere una cultura sociale del lavoro opposta all'economia di mercato capitalistica. La filosofia di questa comunità è trovare un modo di vivere in una società auto-gestita e con principi anti-autoritari, principi di cui i membri, con la loro consapevolezza, potranno trasformare e liberare le proprie strutture mentali da schemi di oppressione e di competizione, di egoismo e di profitto, ovvero da fattori che il capitale e lo Stato usano sempre sugli individui.

La comunità cercherà anche di favorire le relazioni tra i suoi membri, diminuendo la nostra dipendenza dal materiale e dal capitale dello stato. Per partecipare o per saperne di più, mandaci un email a colectividadvalemas@gmail.com
(tradotto da NexusCo)

lunedì 25 marzo 2013

Alla conquista dello Stato Naturale di Henry Zisly

Il naturista libertario e antiscientifico Henry Zisly (1872-1945) fu una persona conosciuta e apprezzata nel nostro movimento naturista. Nato a Parigi, fu allievo di Emile Gravelle, il quale aveva iniziato una critica verso la scienza -vista come la religione del secolo. Questo rifiuto del positivismo scientifico dell'epoca, ha avuto il suo primo portavoce sulla rivista "Lo Stato Naturale".

Il presente articolo, pubblicato ne La Revista Blanca, fu probabilmente anche il primo a introdurre il naturismo libertario come un sistema filosofico o di pensiero che comprendeva anche le questioni sociali. In realtà, più che un articolo, è una raccolta piuttosto significativa di alcuni paragrafi del suo opuscolo "Alla conquista dello stato naturale", dove si evidenziano le sue idee di evoluzione verso il ricongiungimento con l'età dell'oro. Per questo, Zisly e molti dei suoi compagni avevano come motto "abbasso la civilizzazione, viva la natura!"
Libres y Salvajes No. 5 Inverno 2004 /05

I paragrafi che seguono sono un appello al senso comune, un grido d'allarme contro la compensazione continua e devastante delle foreste; è un grido disperato contro l'invasione di tisi, contro le case di sei od otto piani, contro il cibo e bevande adulterate, contro la stanchezza intellettuale universitaria e il lavoro alienante delle fabbriche. E' anche una diatriba violenta contro l'aria sottile e malsana, contro le malattie e la decadenza della razza umana e, infine, si tratta di una protesta violenta contro la stupidità e le illogicità create dalla civilizzazione. E' una lotta contro la scienza, la dea del giorno, contro la Chimica e contro l'artificiale.

Noi possiamo vivere senza ferrovie, senza macchine, senza telegrafi e telefoni, senza prostituzione, pedofilia e tubercolosi.

Chiediamo solo una vita normale, vale a dire, l'esercizio della vita ovvero della libertà naturale completa. La salute può essere raggiunta solo con l'abolizione delle città, delle luci permanenti e delle epidemie inevitabili.

Alcuni ci dicono che nelle tribù selvagge esistevano un capo. Ma colui al quale gli spiriti civilizzati ponevano come capo, non era altro che un compagno anziano, più esperto e il cui consiglio disinteressato veniva ascoltato con grande attenzione, senza che questo esercitasse alcuna autorità. Nel presente, la civilizzazione, sottoforma di guerrieri invasori e monastici, ha seminato i semi cattivi, che purtroppo hanno dato i loro frutti. Quando apparve il capo re o il guerriero, il prete o il bruto, la civilizzazione prese forma, penetrando e sussistendo nello stato naturale. Quando prese piede, l'umanità e la sua esistenza sono state in via di sviluppo e non dovevano andare per un altro corso, mantenendo il suo stato normale e razionale. Perché si è evoluto tutto nel caos? A causa dello spirito vile e falso di alcune persone, tormentati da bisogni artificiali. Perché erano vittime di un malfunzionamento temporaneo della natura e non hanno fatto niente per allontanarla, anzi. Quindi si sono alzati tutti i mali che ci affliggono oggi e da cui dobbiamo resistere soffrendo.

I cannibali sono esseri completamente non-naturali e imbevuti da principi civilizzatori.

Da parte nostra, poniamo una propaganda sana e logica, in modo che possiamo capire e raggiungere la nostra vittoria.

La creazione -animali, vegetali e minerali- non avevano raggiunto il loro pieno sviluppo. E in successive evoluzioni, che durarono secoli, venne fuori l'embrione umano, il quale continuò la sua inevitabile marcia progressiva, fino ad arrivare alla luce: la vita si manifestò,  il mondo si accorse della sua esistenza, realizzando il tutto in un uno stato naturale di grandezza maestosa, l'Età dell'Oro, come alcuni pensatori chiamavano quell'epoca, o il Giardino dell'Eden, come dice la Bibbia. Poi le esigenze furono ridotte (e non dovevano ridursi a qualcos'altro) per il mangiare, il bere, il vestirsi, avere un tetto sotto la testa, lucidare alcuni strumenti, tenere delle armi indispensabili e amare sanamente; tutto questo potrebbe essere fatto in natura, senza l'aiuto delle industrie e delle imprese. Tenendo solo queste necessità, si potrebbe soddisfarle, mentre oggi ci sono tanti bisogni creati e intensificati (necessità fittizie, ovviamente), dal quale derivano numerosi mali che affliggono e governano l'umanità di oggi: la Scienza, i Macchinari, le Religioni, il Parlamento, l'Esercito ecc ... E per resistere a questa triste situazione, per rispondere alla nostra apatia intollerabile che dobbiamo lottare contro il mostro civilizzatore affinchè vi sia un avvento dello stato natuale. Riusciremo nel nostro scopo? Non crediamo, ma non ci importa! Le nostre grida risuoneranno nelle orecchie attonite degli imbecilli che vivono di routine! Alcuni dicono che ciò che distingue l'uomo dagli animali è l'intelligenza. L'uomo non è che un animale perfezionato (anche se questo è discutibile) in diversi gradi. Pertanto non è credibile che sia l'unico titolare dell'intelligenza che lo distingue dagli animali: se possedeva un'intelligenza nel vero senso della parola, non avrebbe vissuto in questo stato di sciocchezze e di barbarie in cui è sommerso. E' cosa certa che la civilizzazione lo abbia portato a questo stato di cose. Nello stato naturale, la gioia di pensare sarà intensa, dal momento che sarebbe libera e felice. E non vi è bisogno di libri o di università. Il cervello sarebbe un alimento sano, perché sarebbe logico e naturale, perché sarebbe semplice. Forse è più intelligente per avere imparato la matematica e le altre scienze create dalla civilizzazione? È utile imparare il greco o il latino? No. Questo è ciò che fa male alle società esistenti.

Fare i propri vestiti -con pelli di animali e piante lavorate- o costruire le proprie stanze -grotte, capanne, case in pietra- o vasi e utensili rustici (nella vita naturale tutto è rustico, il lusso è soppresso) per la cottura di alimenti o creare gli strumenti e le armi per la pesca e la caccia e personale, per l'uomo non sarebbe artificiale, ma sarebbe vivere in modo naturale. E anche se all'uomo piace migliorare queste cose, lo farà tutto non in un contesto di traffico o di commercio, ma lasciandole nelle stesse condizioni naturali. Ritornare al fatale ingranaggio che abbiamo passato, purtroppo, non è impossibile. Tutto dipende dal grado di intelligenza delle società che attraversano un periodo di fame, in quanto non vivono in condizioni naturali e la civilizzazione è penetrata in essa, costringendoli alla cultura artificiale, ovvero in un sistema capitalistico, e alla chimica, che ha fa produrre alla più di quello che può produrre, e che avviene, naturalmente, con l'uso di serre, fertilizzanti, ecc. per arricchire e impostare la speculazione.

La terra produce più con le sostanze chimiche che con quelle naturali, ma così facendo impoverisce la terra stessa; i fertilizzanti naturali sono i concimi e  il terriccio.

Per arrivare a ricostituire la società come noi la immaginiamo, ci vuole del tempo; è per questo che non abbiamo illusioni. Noi siamo i primi a diffondere il naturismo, ma saranno poi gli altri a continuare il lavoro iniziato, e forse alla fine avverrà quello che avevamo prospettato.

Noi affermiamo e dimostriamo che la civilizzazione è il male e la natura è buona. Io oso sperare che in una società libertaria pura, molti dei mali della civilizzazione spariscano. Ma la scienza è un nuovo errore che va combattuto. La macchina magica dove tutto è fatto quasi per miracolo, [una macchina] sostenuta dagli anarchici, genera la schiavitù. L'anarchia è molto sentimentale: c'è molto per gli altri e poco per uno solo. Si crede troppo nella buona volontà di tutti, nell'armonia...ma non bisogna dimenticare che l'individuo è egoista, guidato dal sentimento tanto naturale quanto istintivo dell'auto-conservazione.

Un semplice esempio di ciclo di vita naturale dovrebbe viaggiare senza bicicletta o ferrovie o automobili. Deve andare a piedi, in quanto allo stato naturale non ha fretta e tiene in allenamento i muscoli. Se i mezzi di locomozione scientifici continuano a prosperare, le gambe saranno inutili, e, come sappiamo, qualsiasi corpo che non funziona si atrofizza, per poi paralizzarsi. Se oggi si disprezza la vita naturale per vivere una vita da fuoco fatuo, significa che è guidato dalla nefasta influenza dell'ambiente nel quale vegeta.

Se noi diamo ora il grido d'allarme, è perché pensiamo di stare nella giusta strada. Se vivessimo in una società anarchica, sarebbe più facile attuare lo Stato Naturale. Se il risultato dei nostri sforzi non sarà coronato dal successo, dovremo cambiare il sistema in qualcosa di più pratico; al contrario, se i fatti sosterranno le nostre idee, saranno gli altri a venire da noi desiderosi nel godere delle bellezze di una vita naturale.(La Revista Blanca, num. 102, Madrid 1902)

I fascisti difendono l'impresa mineraria Ellinikós Chrysos e i suoi mercenari

da Verba Volant

Il 22 marzo 2013 il presidente e il segretario generale del sindacato dei lavoratori della compagnia mineraria Elinikós Hrisós, burattino multinazionale della El Dorado Gold, si è incontrato con tre membri del Chrysí̱ Av̱gí̱. La riunione ha avuto luogo presso la sede del partito, il quale, come ricordiamo, è dentro il Parlamento greco.

I rappresentanti dei mercenari della società mineraria non hanno esitato a farsi fotografare con i fascisti ed esporre i loro "problemi", cercando il loro sostegno. Naturalmente, in questo incontro cordiale, non sono state menzionate le conseguenze disastrose che avranno l'installazione e il funzionamento di una miniera d'oro nella Penisola Calcidicia, o per l'ambiente e per la gente della provincia. Né è stata menzionata la lotta anti-mineraria contro i piani della multinazionale e dello Stato greco.

I deputati fascisti hanno detto che sosterranno il progetto, aggiungendo che lo sfruttamento dei giacimenti d'oro (cioè la desertificazione della zona) deve essere effettuata da una società controllata dallo Stato.

Non discuteremo qui né di populismo, né di corporativismo fascista. La notizia, tuttavia, è indicativa in quanto la disinformazione mediatica chiama questi di Ellinikós Chrysos "lavoratori".
 
Per sapere le perle di questi personaggi tristissimi, vedere La Golden Dawn a fianco dei minatori Cassandra. (per vedere la foto, andare qui)

(tradotto da NexusCo)

sabato 23 marzo 2013

L'individualismo anarchico in Francia

L'anarchismo individualista in Francia si è sviluppato come una linea di pensiero che partiva dall'attivismo pionieristico e dagli scritti di Pierre-Joseph Proudhon e Anselme Bellegarrigue nella metà del 19esimo secolo. Nel 20° secolo, troviamo giornali come L'EnDehors, L'Anarchie e vicino ai principi di questo pensiero, trovavamo scrittori e attivisti come Emile Armand, Han Ryner, Henri Zisly, Albert Libertad e Zo d'Axa. Nel dopoguerra apparvero nel giornale L'Unique, scrittori e attivisti come Charles-Auguste Bontemps. In epoca contemporanea, troviamo una nuova espressione di questo pensiero negli scritti prolifici del filosofo Michel Onfray.

Primi filosofi
--Vedi Pierre-Joseph Proudhon
--Vedi Il Mutualismo

--Anselme Bellegarrigue
Anselme Bellegarrigue era un anarchico individualista francese, nato tra il 1820 e il 1825 a Tolosa e creduto morto verso la fine del 19° secolo in America Centrale.

Lo storico catalano dell'anarchismo individualista, Xavier Diez, afferma che egli abbia avuto degli scambi di opinione durante i suoi viaggi negli Stati Uniti "aveva almeno contattato (Henry David) Thoreau e, probabilmente, (Josiah) Warren". [1]

Aveva partecipato alla Rivoluzione francese del 1848; era l'autore e curatore di "Anarchie, Journal de l'Ordre" e di "Au fait! Au fait! Interprétation de l'idée démocratique", oltre a scrivere il primo e importante Manifesto anarchico, agli inizi del 1850.

Per lo storico anarchico George Woodcock "Bellegarrigue sorgeva vicino a Stirner, precisamente alla fine dell'individualismo e agli inizi di una sorta di spettro anarchico. Egli si dissociava da tutti i rivoluzionari politici del 1848, e anche da Proudhon, di cui si assomigliavano parecchio come idee". [2] La concezione della rivoluzione, per Bellegarrigue, era la disobbedienza civile, cosa che aveva appreso in America, probabilmente da un incontro con le idee di Henry David Thoreau. [1]

"A volte, Bellegarrigue parlava con parole tipiche dell'egoismo solipsistico."
"Nego tutto, affermo solo Io .... Io sono, questo è un fatto positivo. Tutto il resto è astratto e cade in delle incognite matematiche, verso l'ignoto.... Non ci può essere sulla terra nessun interesse superiore al mio [essere], nessun interesse a cui devo dare un sacrificio parziale dei miei interessi."
"Eppure, in apparente contraddizione, Bellegarrigue aveva aderito alla tradizione anarchica inerente alla sua idea della società come necessaria e naturale, avente "un'esistenza primordiale
". [3]

Tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento
 Jean-Baptiste Louiche, Charles Schaeffer e Georges Deherme curarono il giornale anarco-individualista Autonomie Individuelle tra il 1887 e il 1888. [4]

Intellettuali come Albert Libertad, André Lorulot, Emile Armand, Victor Serge sotto lo pseudonimo di "Le Retif", Zo d'Axa e Rirette Maitrejean, avevano esteso la teoria anarco-individualista francese nel giornale L'Anarchie [5] nel 1905 e, più tardi, nell'EnDehors. Fuori da questo giornale, Han Ryner scrisse Petit Manuel individualiste (1903).

Gli anarchici individualisti francesi sposarono diverse posizioni. Per esempio, Emile Armand rifiutava la violenza e abbracciava mutualismo pur promuovendo il libero amore. Albert Libertad e Zo d'Axa sostenevano la propaganda con i fatti, pur rispettando l'anarco-comunismo [6] e rifiutando il lavoro. Han Ryner, dall'altro lato, conciliava l'anarchismo con lo stoicismo. La cerchia individualista anarchica francese, aveva mostrato un forte senso di libertarismo personale e di sperimentazione. Il naturismo anarchico e i concetti di libero amore, avevano influenzato i circoli anarchici-individualisti sia in Francia che in Spagna, ampliandosi, dopo, al resto del movimento anarchico. [7]

--Zo D'Axa e il primo Endehors
Alphonse Gallaud de la Pérouse, (Parigi, 28 maggio 1864 - 30 agosto 1930) meglio conosciuto come Zo d'Axa, era stato un avventuriero, antimilitarista, satirico, giornalista e fondatore di due delle riviste francesi più leggendarie: L'EnDehors e La Feuille. Era un discendente del famoso navigatore francese Jean-François de Galaup, comte de Lapérouse; Zo d'Axa era stato uno dei più importanti anarchici individualisti francesi agli inizi del 20° secolo.

Aveva fondato il giornale anarchico L'EnDehors nel maggio 1891, a cui avevano aderito personalità anarchiche come Jean Grave, Louise Michel, Sébastien Faure, Octave Mirbeau, Tristan Bernard e Émile Verhaeren. D'Axa e L'EnDehors divennero rapidamente l'obiettivo delle autorità dopo gli attacchi di Ravachol e d'Axa venne incarcerato nella prigione di Mazas. Un'individualista ed esteta vede la propaganda con i fatti simile ad un'opera d'arte [8]: è ciò che diceva d'Axa nel giustificare l'uso della violenza anarchica. Gli anarchici, scrisse, "non avevano bisogno di sperare in lontani futuri migliori, hanno un mezzo sicuro per strappare la gioia immediata: distruggere appassionatamente"
"E' abbastanza semplice", proclamava d'Axa ai suoi contemporanei: "Se i nostri voli straordinari (nos fugues inattendues) buttano fuori la gente, il motivo è che noi parliamo di [queste] cose tutti i giorni come il barbaro primitivo faceva su di essi". [9] D'Axa era un bohémien che "esultava nel suo status di outsider", ed elogiava lo stile di vita anti-capitalista dei banditi itineranti come gli anarchici illegalisti francesi. [10] Egli aveva espresso disprezzo per le masse e l'odio per i loro governanti. Era stato un'importante interprete della filosofia individualista di Max Stirner, [11] oltre a essere difensore di Alfred Dreyfus ed avversario di prigioni e penitenziari. D'Axa rimase un teorico anarchico influente per il sentimento anti-lavoro.[12]

--L'anarco-naturismo
Vedere qui.

--Albert Libertad e L'anarchie
Joseph Albert (noto come Albert Libertad o Libertad) era stato un militante anarchico individualista oltre che scrittore, e aveva curato il giornale anarchico L'Anarchie. Durante l'affare Dreyfus, aveva fondato la Lega antimilitarista (1902) "e, assieme a Paraf-Javal, fondò le “Causeries populaires”, discussioni pubbliche che riscossero un grande interesse in tutto il paese, contribuendo all’apertura di una libreria e diversi locali in vari quartieri parigini". [13] L'Anarchie, insieme a Libertad, aveva avuto come collaboratori Émile Armand, André Lorulot, Émilie Lamotte, Rirette Maitrejean, Raymond Callemin e Victor Serge (che scriveva col pseudonimo di "Le Retif"). Vennero pubblicate 484 edizioni tra il 13 aprile 1905 e il 22 Luglio 1914.

In occasione della ricorrenza del 14 luglio 1905, L'Anarchie "stampò e diffuse il manifesto “La Bastiglia dell’Autorità” con una tiratura di 100.000 copie. Oltre ad una febbrile attività contro l’ordine sociale, Libertad era solito organizzare anche feste, balli e gite campestri, conseguentemente alla sua visione dell’anarchismo come «gioia di vivere» e non come sacrificio militante e pulsione di morte, cercando di conciliare le esigenze dell’individuo (nel suo bisogno di autonomia) con la necessità di distruggere la società autoritaria. Libertad infatti superò la falsa dicotomia rivolta individuale/rivoluzione sociale, evidenziando che la prima è solo un momento della seconda, non certo la sua negazione: la rivolta non può che nascere dalla tensione individuale del singolo, la quale, per estendersi, può solo sfociare in un progetto sociale di liberazione. Per Libertad l’anarchismo non consiste nel vivere separati da ogni contesto sociale in qualche fredda torre d’avorio o in qualche isola felice comunitaria, né vivere sottomettendosi ai ruoli sociali procrastinando ad oltranza il momento in cui mettere in atto le proprie convinzioni, ma vivere qui ed ora come anarchici, senza concessioni, nella sola maniera possibile: rivoltandosi. Ed ecco che, in questa prospettiva, rivolta individuale e rivoluzione sociale non si escludono più a vicenda, ma si integrano. [13]

--Émile Armand e il secondo EnDehors
Emile Armand era un anarchico individualista francese, fautore per l'amore libero, la poligamia, oltre ad essere un'attivista pacifista e propagandista antimilitarista. Scrisse per riviste anarchiche come L'Anarchie e L'EnDehors. Il suo pensiero era influenzato principalmente da pensatori come Stirner, Benjamin Tucker e dal Trascendentalismo americano. Fuori dalla Francia, la sua influenza era stata importante nei movimenti anarchici spagnoli, soprattutto nelle pubblicazioni individualiste quali Iniciales, Al Margen e Nosotros. Difese la lingua esperanto con l'aiuto di José Elizalde.

Nel 1922, Armand aveva rinnovato l'EnDehors, promuovendo la libertà individuale, il femminismo, l'amore libero e l'anarchismo. A causa della seconda guerra mondiale, la pubblicazione dell'EnDehors venne fermata nell'ottobre del 1939.

In contrasto con le correnti anarco-socialiste, Armand respingeva la loro rivoluzione. Egli sosteneva che l'attesa della loro rivoluzione, significava ritardare il godimento della libertà delle masse. Sosteneva di voler far partire la rivoluzione nel contesto storico in cui si viveva, in rivolta contro il condizionamento sociale nella vita quotidiana; come convivenza affermava il principio dell'affinità, in quanto accordava i valori e il desiderio di condivisione tipico degli individui. [14] Egli affermava che "l'individualista anarchico non è il futuro della società; agisce nel presente. Egli non può pensare di sacrificare il suo essere per la venuta di uno stato di cose che non può immediatamente godere." [15]
Egli applicava questa regola sia per l'amicizia, sia per l'amore, sia per gli incontri sessuali e sia per le transazioni economiche. Egli faceva aderire tutto questo ad un'etica della reciprocità e sosteneva i propri valori propagandistici per abilitare l'associazione con gli altri e per migliorare le possibilità di auto-realizzazione.

Armand sosteneva l'amore libero, il naturismo e la poligamia: tutte cose che andavano a collidere con il cameratismo amoureuse. Scrisse diversi articoli di propaganda su questo argomento, sostenendo non solo un vago amore libero, ma anche composto da più partner, il tutto definito come "amore pluralistico".
"La tesi del cameratismo amoureuse, comporta un libero contratto di associazione (che può essere annullato senza preavviso, a seguito di accordo preventivo) raggiunto tra vari anarchici individualisti di sesso diverso o dello stesso sesso, rispettando i necessari standard di igiene sessuale, con una vista voltata nel proteggere le altre parti del contratto da determinati rischi dell'esperienza amorosa, come il rifiuto, la rottura, l'esclusivismo, la possessività, l'unicità, la civetteria, i capricci, l'indifferenza, il disprezzo per gli altri e la prostituzione.". [16]

--Vedi Han Ryner

Dopoguerra e filosofi contemporanei
Gli individualisti anarchici francesi, con Emile Armand in testa, pubblicarono il giornale L'unique dopo la seconda guerra mondiale, per un totale di 110 numeri. Tra i collaboratori, vi erano Gérard de Lacaze-Duthiers, Manuel Devaldès, Lucy Sterne, Thérèse Gaucher e molti altri.

All'interno dell'organizzazione di sintesi anarchica, la Fédération Anarchiste, esistevano una tendenza individualista anarchica che era fianco a fianco con le correnti anarco-comuniste e correnti anarco-sindacaliste. [17] Tra gli anarchici individualisti partecipanti alla Fédération Anarchiste, vi erano Charles-Auguste Bontemps, Georges Vincey e André Arru. I nuovi principi di base della Federazione Anarchica francofona erano state scritte da Charles-Auguste Bontemps e dall'anarco-comunista Maurice Joyeux, col quale istituivano un'organizzazione con una pluralità di tendenze e di autonomia dei gruppi federati organizzati attorno ai principi di organizzazione di sintesi.

--André Arru
Jean-René Saulière (anche René Saulière) (Bordeaux, 6 settembre 1911 - 2 gennaio 1999) era stato un anarcoindividualista pacifista, oltre ad essere stato uno scrittore di libero pensiero che si firmava con lo pseudonimo di André Arru.
Durante la fine degli anni '50, si stabilì all'interno della Fédération des Libres Penseurs des Bouches du Rhône, il Gruppo Francisco Ferrer, e, nel 1959, entrò a far parte dell'Union des Pacifistes de France. Dal 1968 al 1982, Arru, con i membri del gruppo Francisco Ferrer, pubblicarono La Libre Pensée des Bouches du Rhône.

--Charles-Auguste Bontemps
Charles-Auguste Bontemps (1893-1981) era stato un anarchico individualista francese, pacifista, libero pensatore e naturista oltre che scrittore. Era stato un personaggio importante nella fondazione della Federazione Anarchica francofona nel 1953. Verso il 1967, Bontemps, con Maurice Joyeux e Guy Bodson, ebbero uno scambio di critiche con l'Internazionale Situazionista (Guy Debord e molti altri) nel giornale Le monde libertaire (giornale della Federazione anarchica francofona). [18]

La sua opinione sull'anarchismo era basata intorno al concetto di "individualismo sociale", sul quale aveva scritto molto. Difeso il suo punto di vista anarchico che consisteva in un "collettivismo delle cose e un individualismo delle persone".

--Michel Onfray
Uno dei filosofi contemporanei francesi è Michel Onfray. Egli è un anarchico individualista [93] [94], il cui pensiero è influenzato da Nietzsche, dai pensatori francesi post-strutturalisti come Michel Foucault e Gilles Deleuze e dalle scuole della filosofia classica greca come i cinici e i Cirenaici. Tra i libri che meglio espongono il suo punto di vista anarco-individualista, troviamo "La sculpture de soi: la morale esthétique", "La philosophie féroce: exercices anarchistes", "La puissance d'exister" e "Physiologie de Georges Palante, portrait d'un nietzchéen de gauche" (che si concentra sul filosofo individualista francese Georges Palante).

Per Onfray "ci sono, in realtà, una moltitudine di modi per praticare la filosofia, ma fuori da questa moltitudine, la storiografia dominante raccoglie una tradizione tra le altre e le rende la verità della filosofia: cioè l'idealista, lo spiritualista col lignaggio compatibile con il punto di vista giudaico-cristiano. Da quel momento in poi, tutto ciò che attraversa questa parziale -nel vero senso della parola- visione delle cose, si ritrova respinto. Questo vale per quasi tutte le filosofie non occidentali, in particolare la saggezza orientale, ma anche quella sensuale, empirica, materialistica, nominalista, correnti edoniste e tutto ciò che può essere messo sotto il titolo di "filosofia anti-platonica"
"La sua missione è quella di riabilitare il pensiero materialista e sensuale e utilizzarlo per riesaminare il nostro rapporto con il mondo. Avvicinandoci alla filosofia come un riflesso dell'esperienza personale di ogni individuo, Onfray indaga nelle capacità del corpo e dei suoi sensi e ci invita a celebrare essa attraverso la musica, la pittura, e la buona cucina".

Egli aderisce a un'etica fondata sull'edonismo che egli vede "come un atteggiamento introspettivo alla vita basato sul piacere per se stessi e piacere per gli altri, senza danneggiare se stessi o chiunque altro". [19]
"Il progetto filosofico di Onfray è quello di definire un edonismo etico, un utilitarismo gioioso e una generalizzata estetica del materialismo sensuale che esplora come usare il cervello e le capacità del corpo in tutta la loro estensione durante il ripristino della filosofia a un ruolo utile nell'arte, nella politica e nella vita e nelle decisioni di tutti i giorni" [20]
La suo filosofia è "per "micro-rivoluzioni", o rivoluzioni dei singoli gruppi di persone affini che vivono con i loro valori edonistici e libertari". [21] Recentemente Michel Onfray ha abbracciato il termine postanarchismo per descrivere il suo approccio alla politica e all'etica. [22]
Egli sostiene un anarchismo in linea con intellettuali come "Orwell, Simone Weil, Jean Grenier, Michel Foucault, Deleuze, Bourdieu, Guattari, Lyotard, [...]" [22] e il Maggio del 1968 è stato per lui "una rivolta nicciana, al fine di porre fine all'Unica verità, rivelando e mettendo in evidenza le diverse verità, in modo da far scomparire le idee ascetiche cristiane ed aiutare a far nascere nuove possibilità di esistenza" [22]

Onfray continua anche la tradizione del libero pensiero e dell'ateismo nell'anarco-individualismo francese. Ha scritto il best seller "Atheist Manifesto: The Case Against Christianity, Judaism, and Islam.
"E' diviso in quattro parti: ateologia, monoteismi, cristianesimo e teocrazia [...] i dettagli Onfray si poggiano sul mito e sulla storia sanguinosa delle religioni monoteiste e si conclude che il monoteismo in generale, e le credenze religiose degli attori principali del Medio Oriente ed occidentali in particolare, hanno due ideologie in comune: l'estinzione della luce della ragione per un investimento complessivo nella morte "[23]

Conclusioni
Con Onfray termina per il momento l'analisi storica sintetizzata dell'individualismo anarchico in Francia. Nel 2002, un anarchico, Libertad, ha organizzato una nuova versione de L'EnDehors, collaborando con Green Anarchy. Tra i collaboratori di questa nuova versione troviamo Lawrence Jarach, Patrick Mignard, Thierry Lodé, Ron Sakolsky e Thomas Slut. Gli articoli sul capitalismo, i diritti umani, l'amore libero e le lotte sociali sono state pubblicate sul sito web del giornale.

Note
[1] "L'individualista francese, di cui sono stati trovati pochi dettagli biografici, aveva partecipato al processo rivoluzionario francese tra il 1848 e il 1850; era stato uno scrittore e pubblicista e, prima di entrare in Francia, si era recato negli Stati Uniti, dove si mise in contatto con Thoreau e, probabilmente, con Warren." (da L’anarquisme individualista a Espanya (1923-1938) di Xavier Diez, pagg. 58-59 del documento pdf)
Da notare che lo storico catalano si rifà ai libri di George Woodcock -Anarchism, A History Of Libertarian Ideas And Movements (pag 187 del documento pdf)- e di Max Nettlau -La anarquìa a través de los tiempos (pag 32). Nel suo libro, Woodcock scrive: [Per Bellegarrigue]"Il popolo, una volta illuminato, deve agire per se stesso.
E farà la sua rivoluzione, grazie alla sola forza del diritto, della forza d'inerzia, del rifiuto di collaborare. Dal rifiuto di collaborare nasce l'abrogazione delle leggi che legalizzano l'omicidio, e la proclamazione dell'equità.
Questa concezione della rivoluzione per la disobbedienza civile suggerisce che in America, Bellegarrigue, possa aver preso contatto con le idee di Thoreau, e ci sono molte cose che anticipano l'individualista-americano nello stress di Bellegarrigue sul possesso come garanzia di libertà, anche se questo, naturalmente, era condiviso con Proudhon.
Il suo quadro della progressione dell'individuo libero, lo colloca chiaramente al di fuori della tendenza collettivista o comunista dell'anarchismo. Lui lavora e perciò specula; lui specula e quindi guadagna; lui guadagna e perciò possiede; lui possiede e quindi è libero.
Per possesso, lui si pone in un'opposizione di principio allo Stato: per questa logica, lo Stato esclude rigorosamente il possesso individuale.
"

[2] Anarchism, A History Of Libertarian Ideas And Movements di George Woodcock, pag 187 del documento pdf.

[3] Anarchism, A History Of Libertarian Ideas And Movements di George Woodcock, pag 186 del documento pdf.

[4] L'Autonomie Individuelle è considerato uno dei primi giornali anarco-individualisti nella storia. I suoi editori erano Jean-Baptiste Louiche, Charles Schaeffer e George Deherme, di cui quest'ultimo fondò la Coopération.
Il giornale sparì dopo la pubblicazione del numero 9, probabilmente vittima della repressione. Da notare la violenta polemica tra gli editori di questo giornale e Jean Grave, direttore di Révolté.
Qui trovate l'intera raccolta.

[5]  Anarchism, A History Of Libertarian Ideas And Movements di George Woodcock, pag 214 del documento pdf.

[6] "Libertad era un ribelle che non aveva combattuto al di fuori (della comunità/colonie) o accanto alla società (educatori), ma all'interno di essa. Sarà indicato come una figura dell'anarchismo individualista, tuttavia, egli non si era mai proclamato individualista, ma rivendicava una sorta di comunismo anarchico; dirà Mauricius, quando divenne uno dei redattori del giornale "L'Anarchie": "Noi non abbiamo illusioni, sappiamo che la liberazione totale dell'individuo nella società capitalistica è impossibile e che la realizzazione della sua personalità non può essere fatta che in una società ragionevole, dove il comunismo libertario sembra essere la migliore espressione." Libertad è stato associato con le dinamiche del progetto di rivolta individuale e radicale per l'emancipazione collettiva. Ha sottolineato la necessità di sviluppare un senso di cameratismo per sostituire la concorrenza che era la morale tipica della società borghese." (Varie fonti: Wikipedia, AOA, Livres, DVD...)

[7] Vedere L’anarquisme individualista a Espanya (1923-1938) di Xavier Diez

[8] Vedere "Montmartre and the Making of Mass Culture", pagina 132

[9] Vedere "The Late-Victorian Marriage Question: A Collection of Key New Woman Texts, Volume 2 e Volume 8" di Ann Heilmann, pagina 295

[10] "Lorulot, Libertad e Zo d'Axa lodavano questa esistenza marginale anti-capitalista."(da "The Bonnot Gang" di Richard Parry, pagina 53)

[11] Vedere "Anarchism and the Crisis of Representation" di Jesse Cohn, pagina 121

[12] Vedere "Danger : Work" di Brigitte Beauzamy, pagina 9.

[13] Vedere Bonnot e gli evangelisti, pagina 26

[14] L'individualismo anarchico come vita e attività di Emile Armand

[15]  La società futura di Emile Armand

[16] Vedere Émile Armand and “la camaraderie amoureuse”: Revolutionary sexualism and the struggle against jealousy di Gaetano Manfredonia e Francis Ronsin

[17]  Vedere Anarchisme français de 1950 à 1970 di Cédric Guérin

[18] Di questo dibattito, vedere la fitta corrispondenza con i vari anarchici nel 1967 di Guy Debord e gli articoli di Joyeux e Bodson.

[19] Vedere Atheism à la mode di Caspar Melville

[20] Vedere Introductory Note to Onfray di Doug Ireland

[21] Vedere France, Media, Michel Onfray, A self labeled Anarchist Philosoph

[22] Vedere Michel Onfray : le post anarchisme expliqué à ma grand-mère

[23] Vedere Atheist Manifesto: The Case Against Christianity, Judaism and Islam di Cornwell

venerdì 22 marzo 2013

L'individualismo anarchico come vita e attività di Emile Armand

Articolo scritto nel 1907

Dire che il movimento anarchico abbraccia diverse tendenze non è quello di proporre qualcosa di nuovo; sarebbe sorprendente se così non fosse. Non-politico, al di fuori dei partiti, questo movimento deve la sua esistenza esclusivamente alle personalità individuali di cui è composto. Poiché non vi è un programma anarchico a priori, in quanto ci sono solo anarchici, ne consegue che ognuno di coloro che si definisce anarchico, ha la sua propria concezione dell'anarchismo. Persecuzioni, difficoltà e conflitti di ogni genere...chi professa l'anarchismo, deve essere in possesso di una mentalità che è fuori dal comune, che è riflettente, e che è in uno stato di reazione continua contro una società composta da persone che, invece, non riflettono e sono inclini ad accettare le dottrine pronte, senza porsi delle domande grazie alla loro intelligenza. Chiedere che tutti gli anarchici dovrebbero avere opinioni simili sull'anarchismo, significa chiedere l'impossibile. Da qui, vi è una vasta gamma di concezioni divergenti che si trovano tra di loro.

Come la parola "anarchia" significa etimologicamente negazione dell'autorità governativa, l'assenza del governo, ne consegue che un legame indissolubile unisca gli anarchici. Questo antagonismo è contro tutte le situazioni disciplinate dall'imposizione, dalla costrizione, dalla violenza, dall'oppressione governativa, frutto o prodotto di un gruppo o di una persona. In breve, chi nega l'intervento di questa forza autoritaria nota come governo ed è per le relazioni umane, è un anarchico.

Ma questa definizione avrebbe solo un valore negativo di chi non la possiede come un complemento pratico, come un tentativo consapevole di vivere fuori da questo dominio e servilismo che sono incompatibili con la concezione anarchica. Un anarchico, dunque, è un individuo che è stato portato ad essere tale tramite un processo di ragionamento o dai sentimenti, che vive nella misura massima possibile in uno stato di legittima difesa contro gli abusi autoritari. Da questo, l'individualismo anarchico è quella tendenza che, a nostro avviso, contiene la realizzazione più profonda dell'ideale anarchico, il quale non è semplicemente solo una dottrina filosofica, ma è un atteggiamento, un modo di vita individuale.

L'individualista anarchico non si è semplicemente convertito intellettualmente alle idee che si realizzeranno un giorno di molti secoli avvenire. Egli cerca ora -per il presente in cui vive- di praticare le sue concezioni nella vita quotidiana, nei suoi rapporti con i suoi compagni, e nel contatto con gli altri che non condividono le sue convinzioni.

Tutti gli organismi sani hanno la tendenza caratteristica di riprodursi. Gli organismi che sono malati, o in un processo di degenerazione, non hanno tale tendenza -e questo vale per la mente e il corpo. Così l'anarchico individualista tende a riprodurre se stesso, perpetuando il suo spirito in altri individui che condividono le sue idee e che renderà possibile uno stato di cose in cui dovranno essere stabilite le premesse per bandire l'autoritarismo. E' questo desiderio, questo suo voler riprodurre se stesso -e quindi non solo per vivere-, che chiameremo ciò come "attività".

Queste considerazioni spiegano il nostro titolo: "L'individualismo anarchico come Vita e attività". Tendente a vivere la propria vita individuale con il rischio di scontrarsi intellettualmente, moralmente ed economicamente con il suo ambiente, l'individualista anarchico, allo stesso tempo, cerca  individui come lui per liberarsi dai pregiudizi e dalle superstizioni dell'autorità, in modo che il più grande numero possibile di uomini, possa realmente vivere la propria vita, unendosi attraverso le affinità personali, praticando le proprie concezioni per quanto è possibile.

L'individualista anarchico non vive in isolamento intellettuale. Aumentando gli individui di numero che condividono le sue idee, potrà migliorare le sue possibilità di vedere realizzate le sue aspirazioni, e, di conseguenza, sarà più felice. Questo incremento porterà all'ambiente e alle loro vite una diminuzione del potere. Più ampia ed alta sarà la propaganda, più la sua attività crescerà e tanto più la sua vita sarà interessante.

I suoi rapporti con i suoi compagni si basano sulla reciprocità, sul mutualismo, sul cameratismo (1) ovvero una serie di cose volontarie che prendono numerose forme: liberi accordi di ogni tipo e in tutti i settori, il rispetto per la parola data e la realizzazione delle promesse e degli impegni liberamente acconsentiti. E' in questo modo che il lato individualista della nostra specie esercita l'aiuto reciproco tra le specie.

Un individuo cosciente -che cerca di creare e selezionare gli altri- diventa auto-determinante nel suo ambiente, vivendo pienamente la propria vita, oltre ad essere attivo nel senso normale della parola. Non si può concepire l'individualista anarchico in qualsiasi altro modo.


In primo luogo, quindi, l'anarchico è -in relazione a tutte le concezioni sociali basate su vincolo- un individuo che nega; l'anarchismo è un concetto individualista ed è un prodotto di individui. L'anarchico è naturalmente un individualista.

La società attuale si basa sulle leggi (società legalista). Agli occhi della legge, coloro che costituiscono la società non sono altro che cifre. Se la legge è fatta da un uomo solo (autocrazia), da diversi (oligarchia), o dalla maggioranza dei membri di una società (la democrazia), il cittadino deve sopprimere le sue aspirazioni più legittime. I legalisti sostengono che, se l'individuo si sottomette alla legge, la quale è emanata presumibilmente dalla società, è nell'interesse sia della società che nel proprio interesse, dal momento che è un membro della società.

Infatti, la società odierna, come sappiamo, può essere riassunta come segue: le classi dirigenti che, tramite lo Stato, sono autorizzati a penetrare le masse con i loro punti di vista quali la cultura, la morale e le condizioni economiche. Hanno sistemato le proprie opinioni in forma di dogmi civili, che nessuno può violare, pena la punizione, proprio come una volta, durante il regno della Chiesa, quando si puniva chi osava sfidare i dogmi religiosi. Lo Stato -la forma laica della Chiesa- ha sostituito la Chiesa che è stata la forma religiosa dello Stato -ma l'obiettivo di entrambi è sempre stato quello di formare dei veri credenti o cittadini perfetti non liberi. In altre parole, gli schiavi sono tali a causa dei dogmi o del diritto.

L'anarchico risponde che quando la solidarietà è imposta dal di fuori, è inutile; che quando un contratto viene applicato, non vi è più alcuna questione di diritti e doveri, che la coercizione lo libera dai vincoli che lo attribuiscono a una cosiddetta società i cui dirigenti indossano la veste di amministratori, legislatori, giudici e poliziotti; che egli supporta solo la solidarietà delle sue relazioni di tutti i giorni. La solidarietà fittizia e imposta, è una solidarietà senza valore.

I socialisti basano il loro ideale di società sull'economia. Secondo loro, tutta la vita si risolve in una questione di produzione e di consumo. Una volta risolto questo problema, si risolve automaticamente il problema umano, con la sua complessità di esperienze intellettuali e morali. L'individuo può essere cosciente, può essere il più grande ubriacone o il peggiore dei compagni, ma è interessante solo se considerato come un produttore o un consumatore. La chiamata è per tutti -a chi la pensa e a coloro che non l'hanno pensata. Tutti hanno il diritto al banchetto collettivista, tutti hanno il diritto al risultato dello sforzo, senza tentare lo sforzo. E' necessario solo per unire e raggiungere il potere che permetterà il sequestro della società; e non appena la società viene sequestrata, il collettivismo sarà istituito e opererà, volenti o nolenti, verso qualsiasi recalcitrante, i quali saranno costretti ad obbedire, perchè altrimenti spariranno dalla circolazione.

Il socialismo è stato chiamato la "religione dell'economia", ed è certo che una metafisica socialista esiste. Questa dottrina insegna che tutti i prodotti dell'attività umana sono disciplinate dall'economia. Questo non è affatto difficile da afferrare ed è alla portata di ogni mentalità. Dal momento del trionfo del socialismo, in tutte le sue varie sfumature, tutte le richieste del suo aderente, il quale è un buon produttore e non un buon consumatore, mette la propria fiducia per quanto riguarda l'organizzazione della produzione e del consumo nella saggezza dei delegati, eletti o imposti. Il socialismo non si preoccupa di fare di lui un individuo, ma farà di lui un'ufficiale.

L'anarchico basa la società non sulla legge e nemmeno sull'economia. Un buon cittadino, un buon burocrate, un buon produttore, un buon consumatore non ha un messaggio per lui. Dopo tutto, se si può dimostrare che in alcuni casi l'economia determina l'intelletto o la morale, non può essere provato che l'intelletto e la morale hanno spesso determinato l'economia? E non deve passare sotto silenzio il ruolo del fattore sessuale.

La verità deve essere sicuramente che si mescolano e si spintonano l'un l'altro, che si alternano e sono fissati di comune accordo. Dal socialismo riformista al comunismo rivoluzionario anti-parlamentare via sindacalismo; tutti questi sistemi socialisti si fanno beffa della persona e del libero accordo tra gli individui. Essi prendono il premio con la maggioranza, il cui contratto economico è imposto dalla maggioranza.

Il proclama anarchico è che una trasformazione, in una prospettiva mentale, sarà sempre accompagnata da una trasformazione nel sistema economico; che un nuovo edificio sociale non possa essere costruito con pietre che sono fatiscenti e si riducono in polvere, che gli esseri che sono stati modellati dal pregiudizio non possono costruire nulla se non una struttura piena di pregiudizi; è necessario, prima di tutto, stabilire dei materiali solidi per selezionare i singoli.

Se egli si unisce a un sindacato, a prescindere dal suo colore, l'anarchico entra come un semplice membro di un particolare commercio, nella speranza di ottenere da un'azione collettiva un miglioramento della propria sorte. Ma non vedrà nulla di anarchico nel guadagnare un salario consistente o una riduzione del tempo di lavoro. Da un punto di vista economico, nelle condizioni attuali, ogni anarchico fa quello che ritiene meglio per se stesso, uno che lavora per un boss, un altro agendo al di fuori della legge: uno beneficia dei vantaggi ottenuti per associazione, un altro partecipando ad un "ambiente libero", un altro per soddisfare i suoi bisogni come un artigiano Nessuno di questi modi di tirare avanti sono più "anarchici" di altri: sono espedienti, a volte "evasioni", né più né meno.

Dal momento che la concezione anarchica pone la persona alla base di tutte queste conseguenze pratiche, ne consegue che essa non assume alcuna attenzione della morale collettiva e dello schema generale della vita. L'anarchico regola la propria vita non secondo la legge, come i legalisti, né secondo una metafisica determinata da un collettivismo o da un misticismo come i religiosi, i nazionalisti o i socialisti, ma secondo i suoi bisogni e le sue aspirazioni personali. Egli è pronto a fare le concessioni necessarie per vivere con i suoi compagni e i suoi amici, ma senza l'ossessione di queste concessioni.

L'anarchico sa benissimo che se la sua vita è quella di godere fino in fondo, se la sua vita vuole essere bella e ricca di ogni tipo di esperienza, non sarà in grado di apprezzarla se non è in grado di dominare le sue inclinazioni e passioni. Egli non ha alcuna intenzione di trasformare la sua vita in una sorta di giardino inglese, coltivato con cura, monotono e triste. No, lui vuole vivere pienamente e intensamente la propria vita; egli attacca un migliaio di cavalli al suo carro, ma non dimenticare di mettere una briglia sul collo di ciascuno. L'anarchico nega l'autorità, perché sa di poter vivere senza di essa. Egli è guidato da un gioco di accordi liberamente stipulati con i suoi compagni, non calpestando la libertà di ciascuno di essi, in modo che nessuno possa calpestare la sua.

Ma rispetto a quelli che sono dominati dall'amorfismo, ignoranza o dall'interesse di interferire con il suo vivere la sua vita, l'individualista si sente un estraneo. Inoltre, interiormente rimane refrattario -fatalmente refrattario- moralmente, intellettualmente, economicamente (l'economia capitalista e l'economia diretta, gli speculatori e i fabbricanti di singoli sono ugualmente ripugnanto per lui.) La piena consapevolezza che nessuno dei suoi atti lo possa svilire, è interiormente per lui un criterio sufficiente. Sicuramente la cosa essenziale è: cosa gli rimane?

Anche in questo caso, non è l'anarchico a essere costantemente in uno stato di legittima difesa contro i vincoli e la servitù sociale?

Il lavoro anarchico, l'attività e la propaganda, quindi, non trattano di oscillare tra la folla, ma di creare e selezionare -la mia ripetizione è intenzionale- individui coscienti, liberi da pregiudizi. E', prima di tutto, un lavoro nel minare, nell'ironizzare, nel criticare un'opera di educazione; ma anche un lavoro di ricostruzione, della scultura di una personalità libera da dominanti spocchiosi. Un lavoro di libero esame e di ricerca indipendente in tutti i campi. Invece di parlare di amore in generale, l'anarchico parla semplicemente di unità e di alleanza tra compagni, tra amici, che sono stati attratti tra di loro con l'affinità di un tipo o di un altro: con la reciprocità per capirci. Invece di rinviare la felicità individuale alle calende socialiste o comuniste, egli esalta il suo successo attuale, proclamando la gioia di vivere.

Invece di costruire la grande struttura armonica col materiale preso a caso dalle macerie tra le rovine degli edifici antichi, egli mostra che il primo compito da fare è quello di rimuovere le pietre una ad una dalla grande arena umana.

Gli anarchici non vogliono più essere padroni di coloro che vogliono essere servi -essi non vogliono più esercitare la violenza o sottomettersi ad essa. Espongono, propongono, ma non impongono. Sono pionieri collegati a nessun partito, anticonformisti, stanno in piedi al di fuori della morale e dall'allevamento convenzionale del "bene" e "male", una "specie" a parte, si potrebbe dire. Vanno avanti, inciampando, a volte cadendo, a volte trionfando. Ma vanno avanti. E vivendo per se stessi, questi "egoisti", scavano il solco, aprono il germoglio, attraverso il quale, passeranno coloro che negano il potere, ovvero gli unici che avranno successo.

Note
(1) Come spiegato su "Piccolo Maunale Anarco Individualista di Emile Armand" : "L’anarco individualista fa della “propaganda” per selezionare i temperamenti anarco individualisti che s’ignorano, determinare almeno un ambiente intellettuale favorevole alla schiusura. Tra anarco individualisti i rapporti si stabiliscono sulla base della “reciprocità”. Il “cameratismo” è essenzialmente di ordine individuale, non è mai imposto. È “un compagno” che gli piace individualmente frequentare, che cerca uno sforzo apprezzabile per sentir vivere, che prende parte alla loro propaganda di critica educativa e di selezione delle persone; chi rispetta il modo di esistere di ognuno, non pregiudica per niente lo sviluppo di chi cammina con lui e di chi gli sta più vicino. L’anarco individualista non è mai schivo di una formula-tipo o di un testo ricevuto. Non ammette che delle opinioni. Non propone che delle tesi."

giovedì 21 marzo 2013

Per mettere la parola fine a queste considerazioni

Qualche giorno fa, avevo ricevuto un email di una raccolta di testi dei gestori di Parole Armate.
Tra questi testi, vi era la famosa "Considerazioni emiliane", in cui, tra il discorso solidarietà, critica a un evento organizzato in solidarietà ai prigionieri bielorussi, affermavo che la discussione sull'antigiuridismo tra Stefano e Federico dovesse avvenire vis a vis e non tramite lettere e travisamenti vari (come avevo specificato nel caso di Brindisi, che Stefano prende nella sua lettera e in cui avevo difeso proprio per via di quel pezzo i gestori di PA).

Ora, è impressione mia personale, che mettere uno scritto come quello insieme ad altri scritti in cui vi è compresa la lettera di Stefano "vivisezionata" da Federico, sia un modo per dire che io do ragione in toto a quelli di PA.

Ebbene, come ho scritto su Considerazioni emiliane e come specificato anche in "Una considerazione e chiarimento su Considerazioni emiliane" (post scritto proprio per chiarire la mia posizione in merito alla raccolta di testi fatta da ParoleArmate), mi mantengo equidistante sulle due visioni, mantenendo sempre in risalto il fattore di parlare di presenza di tale argomento.

Se prendono questo post come una forma dissociativa, come mi avevano consigliato quando mi hanno risposto alla mia email (in cui chiedevo di togliere Considerazioni Emiliane dalla loro raccolta di testi (raccolta spedita a mezzo web)), allora gli consiglio molto brevemente di contare fino a 3 e respirare per bene perchè qui non ci si dissocia da quel che ho scritto a Settembre 2012, in quanto alla questione Stefano/Parole Armate, ho espressamente detto che una cosa del genere si doveva risolvere vis a vis o di fare delle discussioni dal VIVO su cosa si intende per antigiuridismo e cose simili.

L'avvertimento a chi legge quell'opuscolo col mio scritto messo nella loro raccolta -specialmente in quella parte che riguarda la diatriba tra Stefano e Parole Armate- , è un'esortazione a parlare di certe cose dal VIVO, specialmente di temi delicati come il carcere (come detto nel post precedente e in altri post tradotti sulla questione del carcere in altri paesi)

mercoledì 20 marzo 2013

Una considerazione e chiarimento su Considerazioni emiliane

Un paio di mesi fa, avevo scritto questo testo in merito a una fortissima diatriba tra Stefano Fosco e i gestori di Parole Armate, nata dalla questione che il primo aveva scelto di farsi difendere da un avvocato per uscire da un luogo di alienazione mentale noto ai più come carcere di Stato e che i gestori di Parole Armate -per la precisione Federico Buono-, avevano preso la lettera di Stefano e "vivisezionata" punto per punto per spiegare il loro antigiuridismo. Da qui, come tutti ricorderemo, nacque poi la lettera di risposta molto incazzosa di Stefano dal titolo Carogne Nichiliste.

Nel testo che avevo scritto a Settembre 2012, avevo affermato che fosse una perla solo per il punto di vista proprio di quello che era avvenuto a Brindisi, ovvero che i gestori di PA cercavano una sorta di dibattito su quel che era avvenuto (tanto che avevo scritto: "una roba che si basa su cose che non si sono lette abbastanza bene"). Dibattito da fare, sempre, vis a vis.

Per il discorso del "vivisezionamento" (specialmente fatto su internet), mi ero ritrovato molto in disaccordo in quanto una cosa del genere non era da fare né su internet e nemmeno in un ipotetico giornale cartaceo per Ovvi motivi (Stefano è in carcere e quindi non ha modo di rispondere come si deve).

E questo ne tiene conto chi ha commentato quella lettera "vivisezionata", in quanto certi discorsi sono da fare proprio vis a vis, specialmente un argomento come l'antigiuridismo, di cui io stesso avevo detto a tal merito: "Questa strategia o modello di difesa individuale in campo anarchico, si usa quando lo Stato, con le sue leggi, reprime gli individui che sono contro esso e il Capitale. Anche se le leggi di un qualsiasi Stato o istituto repressivo e/o burocratico contengano delle contraddizioni di fondo -contraddizioni che possono essere usate contro la repressione tipica dello Stato o dei vari istituti o enti (1)-, questa linea/metod/strategia usata dalle individualità anarchiche non può essere condannata, in quanto appartiene a un modus operandi di ogni individuo."

Ma è chiaro che essere rinchiuso in un luogo come il carcere, dove i secondini fanno il cazzo che gli pare e piace, vivi in una stanza in cui ti puoi muovere in meno di 3 mq (sempre se non ti sbattono in isolamento per futili motivi) e stare con la fifa che ti vengano a fare dei controlli a buffo levandoti quel poco che hai per non pensare al luogo alienante in cui ti ritrovi (tipo libri o carta e penna o giornali e via dicendo), non è proprio il massimo.

Io stesso non lo augurerei mai a nessuno di finire o di marcire dentro un carcere.

martedì 19 marzo 2013

L'ETA e l'anarchismo Basco

Tradotto da Riccardo N N


Durante i primi anni della Transizione, nel periodo caldo del doppio processo di ricostruzione del movimento libertario nella Penisola e il ruolo della coscienza nazionalista nei territori sempre più ampi del Paese, nacque una tendenza anarco-nazionalista che ovviava all’evidente contraddizione nei termini della sua definizione con la volontà di sviluppare un anarchismo locale, che limitasse la sua azione in determinati territori, in convergenza con aspirazioni nazionaliste di certi settori delle sue classi popolari e, soprattutto, della sua borghesia autoctona. Questo anarco-nazionalismo ottenne un eco, seppur limitato, in Galizia, in Catalogna e, soprattutto, in Euskal Herria, soprattutto per mano del collettivo Askatasuna, che curava una rivista dallo stesso nome. In quegli anni l’esponente più visibile era Mikel Orrantia, conosciuto come Tar, che era stato militante dell’ETA prima di entrare nel CNT e uscire dalla confederazione per promuovere una impossibile seziona basca dell'AIT. Il testo più conosciuto fu il suo libro "Por una alternativa global", edito da ZYK, e che ora presentiamo un articolo che pubblicò nel numero di maggio 1979 nella Revista Mensual/Monthly Review dal titolo: “Euskadi: ETA y el nacionalismo revolucionario”, che testimonia la magrezza delle sue analisi e delle sue argomentazioni.

Euskadi
Il termine Euskadi designa, nell’attualità, per le correnti d’azione e d’opinione radicali rivoluzionarie nazionali basche (siano o no nazionaliste), l’insieme della regioni basche di ambo i lati del Pireneo, sottomesse oggi al controllo degli Stati capitalisti conosciuti come “Spagna” e “Francia”, autentici sbirri nella zona del Capitalismo Monopolista. Regioni che portano i nomi di: Laburdi, Baja Navarra e Suberoa nello Stato francese e Alava, Guipuzcoa, Alta Navarra e Vizcaya nello Stato spagnolo. In totale, 20.544 Km quadrati e 2.600.000 abitanti, dei quali 225.000 vivono nelle tre prime regioni conosciute come “Euskadi Norte”, “Euskadi Continental” o “Pais Vasco Francés” in contrapposizione a “Euskadi Sur”, “Euskadi Peninsular” o “Pais Vasco Espaňol”, “Euskadi Peninsular” o “Pais Vasco Espaňol”, dove risiede il resto (2.375.000).
Euskadi si trova infondo al Golfo de Vizcaya e nell’estremo Est della catena dei Pirenei e vi passano i cammini terrestri e marittimi che uniscono la meseta castellana a l’Europa del Nord-Est.
La lingua storica del Paese è oggi parlata in modo minoritario. Questa situazione minoritaria della lingua caratteristica basca nella sua storia è dovuta al fattore diglossico fra le lingue (castellano-euskera, francese-euskera) esistente del paese. Fatto diglossico che evidenzia la situazione di superiorità forzata di una lingua sull’altra, in questo caso, quella del castigliano e francese su quella euskera. Ad ogni modo il grado di coscienza popolare si sviluppa intensamente dal 1969 e il processo di euskadizzazione e alfabetizzazione cresce quasi geometricamente, fino a passare degli ostacoli continuamente posti dal potere e da determinati settori politici (incluse le sinistre), sicuramente timorosi di una completa identificazione del popolo basco con la sua lingua e la sua cultura…
I dati di cui disponiamo (approssimativamente) sono i seguenti: su un totale di 2.600.000 abitanti, usano l’euskeriano 629.000 (dei quali solo 28.000 sono alfabetizzati) ripartiti in questa maniera: Euskadi Norte, 80.000; Navarra, 80.000; Alava, 20.000; Vizcaya, 200.000; e Guipuzcoa, 250.000 parlanti basco.

Il nazionalismo basco
 Il moderno nazionalismo basco è allo stesso tempo ereditario del carlismo populista e delle sue lotte comunitarie e civili dell’epoca in cui i baschi si identificarono, al livello popolare, con la difesa delle loro libertà collettive e come una reazione contadina contro i processi capitalisti e liberali dell’industrializzazione e urbanizzazione intensiva che terminavano, senza soluzione di transizione, le caratteristiche proprie della vita rurale basca quindi della sua cultura, lingua, relazioni sociali in generale, ecc…
Sabino Arana, l’ideologo più distaccato del nazionalismo e fondatore del Partito Nazionalista Basco, era della famiglia carlista e fu lo stesso che coniò il termine “Euskadi” e disegnò la “Ikurriňa”, oggi bandiera nazionale.
Il nazionalismo basco fu l’ideologia del PNV (Partito Nazionalista Basco), per mezzo del quale riuscì a stabilire un controllo politico stabile sulle classi popolari basche principalmente della piccola borghesia e i contadini di Vizcaya e Guipozcoa. L’arrivo a Euskadi, con l’industrializzazione intensiva, di grandi quantità di emigranti che proporzionarono la mano d’opera industriale per le miniere e fabbriche principalmente delle Encartaciones di Vizcaya, inclinò contro socialismo operaio le influenze politiche egemoniche nella Bilbao dell’epoca.
Così, col nazionalismo controllato del PNV e il socialismo del PSOE, configuravano e configurano le grandi linee politiche parlamentari e riformiste basche. L’insufficienza propria della borghesia spagnola per provvedere all’accumulazione del capitale e lo sviluppo industriale dell’economia capitalista nello Stato spagnolo, intensificarono la miseria e la protesta operaia. La caduta della monarchia e poi della repubblica, sono gli elementi che ritardano per decadi il dibattito e l’evoluzione delle idee e azione politica proprie di un paese industrialmente avanzato come Euskadi. L’enorme sfruttamento a cui fu sottomessa in questo periodo la classe lavoratrice e la selvaggia repressione genocida abbattuta sulla nostra comunità nazionale dallo Stato dei vincitori della guerra civile, sono gli ingredienti che costituiscono la salsa che determina la rivolta viscerale e l’opposizione razionale della gioventù rivoluzionaria e radicale di Euskadi. L'ETA è il primo prodotto di questa ribellione alla fine degli anni cinquanta. Fu anche determinata dalla tradizione basca (tre guerre civili in poche generazioni e una grande oppressione comunitaria mal sopportata.) rispetto all’insurrezione armata e la solidarietà popolare, caratteristica, questa ultima, comune a tutti i popoli che soffrono l’oppressione di apparati militari formati da uomini di altre comunità nazionali il cui comportamento è quello degli eserciti colonizzatori.

E.T.A. (Euskadi Ta Askatasuna – Euskadi e Libertà)
Dal 1952-53, quattro studenti di diritto dell’Università de Deusto in Bilbao, fondano “EKIN” (azione); è una modesta rivista e il suo gruppo, daranno la nascita al movimento dallo stesso nome. Più tardi, il disinganno di un certo numeri di militanti di EGI (gioventù del PNV) con la linea del Partito Nazionalista Basco prepara il clima ideale per la nascita dell’ETA. All’esterno, l’auge delle lotte terzomondiste di liberazione nazionale: all’interno, il Piano Di Stabilità economica che suppone il disastro e l’emarginazione di ampi settori della piccola borghesia, unita a una caratteristica dell’oppressione nazionale che fa parlare e scrivere durante le varie decadi a idealisti nazionalisti rivoluzionari della “colonizzazione di Euskadi da parte di Spagna e Francia”. L’oppressione nazionale è stata un elemento repellente provocatore, altre volte radicalizzante delle lotte delle classi negli ultimi anni.
Julen Madariaga, uno dei fondatori di EKIN e dell'ETA, parlava così in una intervista del periodico belga Le Soir il 2/2/1973: “Figli e familiari prossimi membri del Partito Nazionalista Basco, ci trovavamo inquieti al constatare la relativa importanza del movimento nazionalista, le sue preoccupazione più che altro teoriche”. Segnala ugualmente che poterono lavorare con ardore e nella più stretta clandestinità, durante la prima epoca, per selezionare i quadri militanti e preparare la loro formazione ideologica. “La prima retata della polizia non ebbe luogo fino al 1960”. È quando l'ETA comincia a farsi sentire e ottenendo, passo a passo, un ruolo importante nella preoccupazione e coscienza collettiva dei bachi; pro e contro il suo intervento, in un determinato momento tutti doverono riconoscere che fu grazie alla sua esistenza e azione la radicalizzazione collettiva e l’avanzamento popolare e di classe delle lotte contro la dittature e contro il capitalismo Euskadi e un poco in tutta la Spagna.
Ma la storia dell'ETA è anche quella di un movimento dialettico dalla sintesi di unione fra la lotta di liberazione nazionale (al suo inizio esclusivamente nazionalista e borghese anti-comunista) e la lotta per l’emancipazione dei lavoratori (all’inizio non solo altrui ma contraria alla lotta di liberazione nazionale, per i suoi contenuti borghesi e antioperai, quasi razzisti). La storia dell'ETA determina gli aspetti salienti (uniti alle grandi mobilitazioni dei lavoratori-cittadini di Euskadi di carattere autonomo) dell’azione comunitaria dei baschi nelle ultime decadi: movimenti di solidarietà con i prigionieri, appoggio logistico e protezione ai “liberati” o militanti fuggiti dalle loro case, lotta per l’amnistia, ecc. hanno fatto parte delle pietre miliari.
Ma l’evoluzione dell'ETA non è stata lineare, ne facile; i militanti espulsi ed emarginati o usciti dal gruppo durante il dibattito permanente che si è configurato al livello interno, formano oggi la punta della lancia della maggioranza dei collettivi autonomi e organizzazioni politiche e sindacaliste e cittadine di Euskadi. Due grandi momenti hanno caratterizzato il dibattito: la V Assemblea e la scissione in ETA-berri e ETA-zarra (“nuova” e “vecchia” rispettivamente), la prima pretendendo di diventare un partito operaio di carattere socialista o comunista e che diede luogo più tardi al Movimento Comunista (M.C.E.) indietreggiava allo stesso tempo sull’azione armata e mirava a posizioni “filo-spagnole” con il centralismo democratico marxista a livello dello Stato-nazione; la seconda pretendeva di continuare con il tracciato politico caratteristico dell'ETA (nazionalismo radicale – lotta armata). Questo stesso schema sarebbe stato ripetuto nella VI assemblea ETA alla fine del 1971 fra le fazioni marxiste e nazionaliste, e posteriormente nella successiva assemblea dell'ETA. In questa occasione i marxisti andarono a parere sul trotskismo e diedero vita, fondendosi con altri collettivi in generale meno importanti, al L.C.R.-L.K.I. (Lega Comunista Rivoluzionaria) dopo l'EIA e Euskadiko Ezquerra; i nazionalisti continuarono evolvendo in sintesi liberazione nazione- sociale (nazionalismo rivoluzionario, lo chiamano) e anche la direzione della organizzazione sia già sempre marcatamente marxista- leninista (a volte maoista, a volte trotskista, a volte nettamente stalinista) si nota un tendenza generale alle zone oggi eterogenee dell’ “autonomia operaia” e chiare simpatie per gli obbiettivi e i metodi comunisti libertari e anarchici in generale (assemblee, auto-organizzazione, ecc. di Kas e Herri Batasuna).

Fino a che punto l'ETA può trovare eco in Euskadi?
 È un grande interrogativo con risposte sempre ipotetiche dentro alla maggiore o minore approssimazione alla realtà obiettiva. Noi pensiamo che l’appoggio popolare all'ETA dipende dalle epoche e congiunture storiche, e constatiamo che oggi sta aumentando, stando in condizioni di affermare per semplice osservazione (senza dati confutabili per essere ovviamente fuori dalla militanza dell'ETA) che l'ETA(militare) ha nell’attualità una delle migliori organizzazioni tanto specifiche come appoggio logistico che ci siano mai state. Il danno del parlamentarismo, l’enorme perdita di tempo sui 200.000 in Euskadi – che giace nella sua maggior parte sui giovani senza primo impiego, l’enorme densità demografica e il soffocamento conseguente del individuo per una speculazione e pianificazione urbanistica selvaggia e caotica, la degradazione ambientale e il problema grave ecologico generale e nucleare in particolare, la perdita rapida e accelerata negli ultimi anni del contatto con la natura e il passo collettivo in poche generazioni di baschi del lavoro rurale (vita e cultura, ecc) a una società superurbana e industriale… Aspetti che la politica riformista del Gran Capitale no desidera e non può attaccare con l’urgenza che sarebbe necessaria per “pacificare Euskadi”. Senza parlare della questione nazionale che fa drizzare i capelli ai politici spagnoli dalla sinistra ed estrema sinistra fino alla estrema destra e destra. Prima una Spagna rossa o fascista, che spezzata! È un grido viscerale e reazionario che continua a risuonare troppo negli ambienti baschi e che prende piede per esasperazione.
D’altra parte (citato da Cambio16), le cifre che danno diverse fonti rispetto alla militanza speficica dell'ETA la fano oscillare fra i 60 e 120 militanti. Ma Iňaki Latierro, citato dallo stesso settimanale, segretario del Partito Comunista di Esukadi in Guipùzcoa (30/1/77), ammise francamente che l’influenza della sinistra estrema è praticamente assoluta nei movimenti, come nelle associazioni di vicini, militanti pro-amnistia, ecc. E nel mezzo del PCE e PSOE di Euskadi si stima, non senza pessimismo e contrarietà, che le idee indipendentiste rivoluzionarie di sinistra potrebbero avere un buon risultato in un 18 a 20 per cento della popolazione.
Una simpatizzante dell'ETA affermava che nel nord dell'Euskadi, recentemente (citato da Peru Erroteta in La Calle) “il popolo ha perso la fiducia in se stesso e nei partiti politici, per questo continua ad esistere l'ETA”. Dalla nostra prospettiva “questa perdita di fiducia in se stessi”, ci pare enormemente pericolosa e oggettivamente reale. L’abbiamo anche potuta leggere nelle dichiarazioni ultime dell'ETA. Così l'ETA potrebbe apparire, non lo è già, come giustiziere di Euskadi, con tutti il pericolo dell’azione popolare. La politica basca cambierebbe, contro l’auto-emancipazione dei lavoratori cittadini baschi e per la stessa ETA già privata del suo intendo di linea di difesa di auto organizzazione e autodifesa popolare.
Ma nel comunicato dell'ETA sull'esecuzione del Sr Portell, la propria organizzazione definisce così la situazione attuale: “l'ETA mantiene oggi una coerenza e una unità totale dentro la sua militanza e prova di ciò, nonostante il pensiero del signor governatore, è la propria capacità militare delle azioni armate. È nostra ferma decisione incrementarla a tutti i livelli, fin tanto che Euskadi non avrà un regime di democrazia che raccolga i punti minimi contenuti nell’alternativa del K.A.S. (Cooridinadora Abertazale Socialista).
Le dichiarazioni dell'ETA sembrano coincidere con quelle effettuate di recente dal carcere italiano dal dirigente delle Brigate Rosse Renato Curcio alla rivista spagnola Interviù: “La classe operaia non è un mito. Il giudizio del “proletariato condizionato”, la cui coscienza è manipolata e alienata non può essere dimenticata. È un proletariato teleguidato, tele diretto. “…la profondità della crisi e il ruolo della lotta della classe potranno mettere, agli attuali proletari condizionati, fronte alla realtà dei loro interessi di classe e allora il loro giudizio sarà autentico”.
Lo stesso Curcio, nella citata intervista, chiarisce il suo pensiero: “Esistono le condizioni e le forze per trasformare questa crisi in una rivolta storica per il socialismo”, “Il socialismo non è inevitabile ma è inevitabile che tutta la sinistra sarà chiamata a definirsi in merito a questa lotta”.
Hanno ragione i difensori della lotta armata quale unica via rivoluzionaria per il socialismo? In qualsiasi caso: che socialismo? Askatasuna ha già commentato ripetutamente nelle sue pagine aspetti della linea politica dell'ETA e criticato la sua direzione e autoritarismo marxista-leninista, così come la lotta per lo stato Basco che consideriamo utopica e in ultima istanza negativa, così come la lotta armata isolata dalle azioni comunitarie dei lavoratori cittadini che si converte in elitaria e genera burocrazia dittatoriale e che in definitiva porta la lotta sul terreno dell’avversario, più forte, meglio dotato, ecc. e impossibile da vincere nella sua zona strategica: quella militare. Ma si condanna l'ETA? Oggi, con l’oppressione e la manipolazione a cui siamo sottoposti per mano del potere? L'ETA può essere e forse lo è già, l’ultimo ricorso dell’esasperazione di una frazione di un popolo che preferisce morire lottando che vivere male, oppresso e negato…
Lo diceva già Mosén Xirinachs al diaro basco Egin (marzo-78). “La lotta armata in Euskadi, me la spiego- e non se la prenda a male nessuno- come una risposta dell’incosciente sociale basco dovuto alla sopravvivenza da secoli, a suo modo economico e sociale precapitalista. Un incosciente sociale più radicato in Guipùzcoa, dove il capitalismo è meno concentrato, dove ognuno porta i resti del modo di vita tradizionale, ecc. Da questo spiego la risposta militare, imparentata con le lotte carliste fino alla ideologia, nelle sue cause profonde – e per quanto può pesare a quelli di Madrid, la trovo molto sana. È una lotta armata di difesa nel proprio territoro, una violenza secondaria rispondendo ad una violenza precedente. Senza dubbio, considero che questa attitudine è infantile e pericolosa al momento attuale”. “Credo che l’annessione di Euskadi allo Stato spagnolo non sia volontaria ma forzata –lo confermano le ultime dichiarazione di Guitierrez Mellado- e che se qualche popolo ha diritto all’autodeterminazione, questo popolo è Euskadi”.
Come possiamo constatare oggi, più di 200.000 voti di Herri Batasuna appoggiano moralmente la lotta dell'ETA e rendono difficilmente manipolabile e recuperabile dal sistema – incluso dalla sinistra- l'azione anticapitalista dell'ETA.

Dove va l'ETA?
Nel modo più breve possibile, dato lo spazio disponibile, lasciamo parlare l'organizzazione basca per chiarire questo aspetto fondamentale, se ancora non lo abbiamo fatto per bene.
“L'ETA tenterà di esistere e lottare nel modo più adeguato fino alla creazione di un stato socialista basco indipendente, riunificato e di Euskadia”. Questa è la sua strategia, quello che motiva la sua esistenza e la sua lotta.
L'ETA è cosciente del problema in Euskadi per i lavoratori emigranti della comunità castigliana, gallega e andalusa principalmente, e intende lottare per una integrazione totale della comunità basca a pieno diritto secondo la sua volontà, al contrario si tratterebbe di elaborare uno statuto minore per questa comunità emigrante basato sul mutuo e profondo rispetto.
Nell’ultimo Zutik, rivista dell'ETA, questa organizzazione mette in chiaro, ancora un volta, i suoi propositi in relazione allo Stato Basco per il quale lotta: “propone la distruzione dello Stato borghese e la sua sostituzione con uno Stato basco dei lavoratori che permetta a questi di mettere fine con gli ultimi residui di potere politico e economico della borghesia”.
“Compiuta questa fase di transizione socialista e scomparse le classi sociali, l'ETA considera che lo Stato smetta di aver influenza, rendendo non necessaria la sua funzione coercitiva e repressiva. Assunte progressivamente dai lavoratori i lavori amministrativi e di gestione sociale, lo Stato dovrà diluirsi.” Punto di vista, come si vede, classico del marxismo-leninismo (Lo Stato e la Rivoluzione). “Uno stato basco indipendente è oggi per noi l’unico punto possibile per l’esercizio della sovranità del popolo basco”. Base programmatica fondamentale del nazionalismo rispetto alla sua idea di “libertà” nazionale di un popolo al possesso di uno Stato proprio. Ma allo stesso tempo si nota nella lettura dei suoi ultimi testi politici la influenza nell’ideologia marxista-leninista sullo Stato e la dittatura del proletariato del dibattito del momento in Europa sugli stessi aspetti fondamentali delle alternative socialiste oggi in crisi. I nuovi pensatori tentano di “spiegare” gli aspetti generalmente più controversi: “La dittatura del proletariato non significa dittatura di un partito e tanto meno una dittatura di una fazione burocratica”. E affermano rispetto alla indipendenza: “Noi non desideriamo essere un freno (“nel sentimento dell’integrazione politica e economica delle nazioni”) a questo processo, bensì al contrario, intendiamo favorirlo”, “…una volta ottenuto lo Stato basco (come esercizio di sovranità nazionale), che deve trovare il suo collocamento nel processo di integrazione sovranazionale citato”.
È un pensiero di autocritica. l'ETA riconosce che, dalla morte di Carrero, le sue tesi secondo cui la lotta armata debba avere un carattere prioritario sulla lotta di massa erano frutto di un’analisi idealista (citato da Idoyaga in Hoja del Lunes di Bilbao 20/3/78): “Noi siamo partigiani dell’esercito della supremazia politica del proletariato, ma non possiamo affermare che il suddetto predominio debba imporsi per mezzo di sistemi violenti e un prolungamento repressivo sulla borghesia. Se alla classe operaia si permette di organizzare ed esercitare la sua volontà liberamente, la presa del potere si realizzerà pacificamente e parallelamente alla presa di coscienza. Il suo predominio si manifesterà quindi semplicemente nell’esercizio democratico del diritto della maggioranza a imporre la sua volontà alla minoranza”.


ALLEGATO: (Documenti base per la negoziazione e il cessate il fuoco in Euskadi fra ETA e il governo riformista del capitalismo nello Stato spagnolo).

Allegato n°1
Alternativa del KAS: (Accettata dall'ETA come punti minimi)
Di fronte alla situazione presente, KAS ha presentato e definito l’alternativa che a suo parere meglio raccoglie e difende gli interessi globali del popolo lavoratore basco, e che schematicamente si potrebbe concretare in:
- Amnistia totale
- Piene libertà democratiche
- Ritirata delle forze repressive e fine della repressione
- Auto-governo di Euskadi, basato su Statuto Nazionale di Autonomia, con ampi attributi e il diritto di autodeterminazione.
- Ufficialità del Euskera, gestione democratica delle scuole e difesa del suo pluralismo ideologico, scuola pubblica basca.
- Celebrazione immediata di elezioni municipali.
- Costituzione democratica avanzata.
Tutte e ognuna di queste misure favoriscono il popolo e sono contro i grandi privilegiati, per questo le presentiamo, difendiamo e rendiamo pubbliche.
Le nostre condizioni sono chiare.

Allegato n°2
(Zutik n°69 – Febbraio 1978)
Programma ETA
Firmare come obbiettivi tattici l’indipendenza o la nazionalizzazione dei mezzi di produzione supporrebbe una utopia per quanto tali obbiettivi non sono suddivisi per un ampio settore popolare e per quanto esigono il trionfo totale sulle forze armate spagnole, compito impossibile da svolgere al livello tattico.
Ma consideriamo che ci sono quattro obbiettivi politici che suppongono, non solo le condizioni minime per una convivenza democratica con Euskadi Sud, ma anche le basi per una progressione alla creazione di uno Stato Socialista Basco Riunificato e Indipendente:
- Amnistia totale
- Legalizzazione di tutti i partiti politici, inclusi quelli indipendentisti senza necessità di rielaborare il loro statuto
- Espulsione da Euskadi della G.C., P.A. e C.G.P.
- Statuto di autonomia che per lo meno abbia questi requisiti:
- Entrata in vigore nelle 4 regioni storiche di Euskadi Sud
- Riconoscimenti della sovranità nazionale di Euskadi. Diritto alla autodeterminazione incluso il diritto alla creazione di un Stato proprio e indipendente.
- Riconoscimento dei confini nazionali esistenti fra Nord e Sud Euskadi
- Euskera lingua ufficiale di Euskadi
- Le forze di difesa cittadina che sostituiscano le attuali repressive, saranno create dal governo basco e dipendenti unicamente da lui.
- Le forze armate situate in Euskadi saranno sotto il governo basco.
- Il popolo Basco sarà dotato di poteri sufficienti e politicamente più conveniente per un progresso.
Questi obbiettivi non solo sono negoziabili per la borghesia spagnola, che ha ottenuto quello che ha grazie all’insediamento del suo programma di riforma nel resto dello Stato, e sono già oggi assunti da una grande maggioranza della popolazione di Euskadi Sud.
L'ETA inoltre annuncia che questo programma costituisce le basi minime per un cessate il fuoco. Finché questi obbiettivi non si raggiungeranno, continueremo a lottare nella misura delle nostre possibilità.

Estratto dell'articolo "Maggioranza e Minoranza"

Noi non vogliamo imporre niente a nessuno, ma non intendiamo sopportare imposizioni di alcuno.
Felicissimi di veder fare da altri quello che non potremo far noi, pronti a collaborare cogli altri in tutte quelle cose quando riconosciamo che da noi non potremmo far meglio, noi reclamiamo, noi vogliamo, per noi e per tutti la libertà di propaganda di organizzazione di sperimentazione
La forza bruta, la violenza materiale dell’uomo contro l’uomo deve cessare di essere un fattore della vita sociale.
Noi non vogliamo, e non sopporteremmo gendarmi, nè rossi, nè gialli, né neri. Siamo intesi?
[cit. Umanità Nova anno I, n 168, Milano il settembre 1920.]