La guerra dei trent'anni fu una serie di conflitti armati che dilaniarono l'Europa dal 1618 al 1648. I combattimenti si svolsero inizialmente e soprattutto nei territori dell'Europa centrale appartenenti al Sacro Romano Impero Germanico, ma coinvolsero successivamente la maggior parte delle potenze europee, con le eccezioni di Regno Unito e Russia. Nella seconda parte del periodo di guerra, i combattimenti si estesero anche alla Francia, ai Paesi Bassi, all'Italia settentrionale e alla Catalogna. Durante questi trent'anni, la guerra cambiò gradualmente natura e oggetto: iniziata come conflitto religioso fra cattolici e protestanti, si concluse in lotta politica per l'egemonia tra la Francia e gli Asburgo.
Ferdinando II, Imperatore del Sacro Romano Impero (1578-1637)
Le cause della guerra furono varie, anche se la principale fu l'opposizione religiosa e politica tra cattolici e protestanti. La pace di Augusta del 1555, firmata dall'imperatore Carlo V, aveva messo fine agli scontri fra cattolici e luterani, introducendo il principio del cuius regio, eius religio e stabilendo che i luterani potevano rimanere in possesso dei territori ecclesiastici secolarizzati fino al 1552 (pace di Passau). Vari problemi, tuttavia, rimasero aperti: oltre al fatto che la pace era considerata, specialmente dai luterani, solo una tregua temporanea, i termini del trattato prevedevano l'adesione, da parte dei prìncipi, al credo cattolico o a quello luterano, con esclusione di ogni altro credo, incluso il calvinismo, che andava diffondendosi rapidamente in varie aree della Germania.
A queste considerazioni di ordine religioso si aggiunsero tendenze egemoniche o d'indipendenza di vari stati europei, rivalità commerciali, ambizioni personali e gelosie familiari. La Spagna era interessata a esercitare una decisiva influenza sul Sacro Romano Impero per garantirsi la possibilità di affrontare la guerra con gli olandesi che durava ormai da molti anni, e che sarebbe ripresa apertamente nel 1621, allo scadere cioè della tregua dei dodici anni.
In Germania era in corso, nel frattempo, una lotta politica fra i prìncipi tedeschi e l'imperatore di casa Asburgo, il quale desiderava che il titolo di Imperatore del Sacro Romano Impero non fosse più solamente una figura rappresentativa e un retaggio medievale, ma rappresentasse un potere effettivo sui territori che "nominalmente" appartenevano al Sacro Romano Impero, affermando così l'egemonia degli Asburgo su tutta la Germania e portando a compimento l'impresa fallita dal grande Carlo V.
Enrico IV di Francia, in risposta, continuò la politica anti-asburgica dei predecessori, convinto del fatto che, se gli spagnoli fossero usciti vittoriosi dalla guerra in Olanda e la Germania fosse caduta sotto l'egemonia imperiale, la Francia sarebbe stata schiacciata tra possedimenti asburgici su ogni lato.
Questi vari fattori cominciarono a manifestare la loro importanza già a partire dagli ultimi anni del XVI secolo. I primi scontri, di carattere religioso, si verificarono nel Sacro Romano Impero a causa del reservatum ecclesiasticum, una norma contenuta nella Pace di Augusta che stabiliva che le autorità ecclesiastiche convertite al protestantesimo dovessero lasciare i propri territori. La questione si presentò quando il principe-arcivescovo di Colonia si convertì al calvinismo: poiché l'arcivescovo di Colonia era anche uno dei principi elettori (Kurfürsten), si sarebbe venuta a creare una maggioranza protestante nel collegio elettorale. A tale prospettiva i cattolici risposero scacciando con la forza l'arcivescovo e ponendo al suo posto Ernesto di Baviera. In seguito a questo successo cattolico, il principio del cuius regio eius religio fu applicato più duramente in vari territori, costringendo i protestanti a emigrare o ad abiurare.
Un nuovo scontro religioso si ebbe nel 1606 nella città di Donauwörth, in cui i protestanti tentarono di impedire ai residenti cattolici di organizzare una processione, dando vita ad aspri tumulti; questo provocò l'intervento di Massimiliano I, Elettore di Baviera che, appoggiando i cattolici, si impegnò a ristabilire l'ordine. Questa serie di eventi fecero sì che, specialmente tra i calvinisti, si prospettasse l'idea di un "complotto" cattolico per estirpare il protestantesimo. A tale presunta minaccia essi risposero creando, nel 1608, l'Unione Evangelica, sotto la guida di Federico IV del Palatinato, che possedeva uno dei territori che erano fondamentali per garantire alla Spagna l'accesso all'Olanda. I cattolici tedeschi risposero creando a loro volta, nel 1609, la Lega cattolica, sotto la guida di Massimiliano I di Baviera. A questo punto la situazione politica in Germania era matura per uno scontro confessionale.
La scintilla che scatenò il conflitto si ebbe nel 1618, quando l'imperatore del Sacro Romano Impero Mattia nominò re di Boemia, prevalentemente protestante, il cattolico e gesuita Ferdinando II. Questi vietò la costruzione di alcune chiese protestanti, provocando una violenta ribellione, che culminò nel celebre episodio della "defenestrazione di Praga": due luogotenenti dell'imperatore furono scaraventati giù dalle finestre del palazzo reale; i due, tuttavia, ne uscirono illesi, in quanto atterrarono su del letame presente nel fossato del castello.
Da tale episodio ebbe origine la guerra dei trent'anni, che si può dividere in quattro periodi:
- boemo-palatino (1618–1625)
- danese (1625–1629)
- svedese (1630–1635)
- francese (1635–1648)
[modifica] Fase boemo–palatina (1618–1624)
Enrico IV,
le Vert Galant
Alla defenestrazione di Praga seguì la rivolta degli abitanti della Boemia e dei possedimenti asburgici circostanti; i ribelli elessero loro re Federico V del Palatinato, invocando l'aiuto dell'Unione Evangelica, mentre l'Imperatore invocava supporto da parte della Spagna. Morto l'imperatore Mattia II, anche l'Ungheria esplose in rivolta: dopo alcuni successi limitati dei boemi, le forze imperiali e della Lega cattolica procedettero all'invasione e pacificazione dei territori ribelli, culminata nella disfatta subita dai boemi nella battaglia della Montagna Bianca, cui seguì la forzata cattolicizzazione e germanizzazione della Boemia.
La repressione fu durissima: a Federico V fu confiscato il patrimonio, molte furono le condanne a morte, i beni dei nobili protestanti furono trasferiti a nobili cattolici fedeli all'imperatore e nel 1622 il Palatinato venne riconquistato dall'Impero. Dopo il ritiro dal conflitto dell'unico alleato dei protestanti, il principe di Transilvania Gabriele Bethlen, le residue forze protestanti furono via via disperse e Federico V fu costretto all'esilio; il suo titolo di principe elettore passò al capo della Lega cattolica, Massimiliano I di Baviera.
Intanto nel 1621, alla scadenza della tregua dei dodici anni con l'Olanda, si riapriva il fronte di guerra tra la Spagna e le Province Unite: sotto il controllo politico-militare del conte-duca de Olivares, le milizie iberiche inizialmente misero a segno una serie di vittorie che permisero agli spagnoli di aprire nel 1625 un terzo fronte di guerra, questa volta contro i seguaci della riforma protestante situati in Valtellina.
[modifica] Fase danese (1625–1629)
Per contrastare l'acquisto di potere da parte dei cattolici seguìto alla vittoria nella prima fase della guerra, intervenne la Danimarca guidata da Cristiano IV, in aiuto dei protestanti. Il sovrano danese era politicamente sostenuto dalla Francia che, sotto la guida del cardinale Richelieu, cominciò a contrastare la politica espansionista asburgica. L'Imperatore rispose arruolando nuove truppe e assegnandole al comandante Albrecht von Wallenstein.
Sotto la minaccia di due eserciti nemici, Cristiano IV subì una dura sconfitta nella battaglia di Lutter (1626) da parte del conte di Tilly, alla guida delle forze della Lega cattolica. Successivamente le truppe cattoliche invasero la Danimarca stessa, e Cristiano fu costretto a firmare la pace di Lubecca (1629), con cui si impegnava a non intromettersi nelle vicende tedesche. Inoltre Ferdinando II emanò l'editto di Restituzione, in forza del quale dovevano essere riconsegnati alla Chiesa cattolica tutti i beni confiscati dopo il 1552.
Gustavo II Adolfo fu l'artefice delle vittorie svedesi del 1631-32
[modifica] Fase svedese (1629 - 1635)
La cosiddetta fase svedese della guerra vide l'entrata in campo, nel 1630, della Svezia, guidata da Gustavo II Adolfo, come difensore della causa protestante e dell'ordine nel Sacro Romano Impero. Dopo lo sbarco delle forze svedesi in Pomerania e una fase di consolidamento, Gustavo Adolfo procedette all'invasione della Germania, alleato alla Sassonia e al Brandeburgo. Gli svedesi riportarono uno sfolgorante successo nella battaglia di Breitenfeld e continuarono la loro avanzata finché Gustavo Adolfo non fu ucciso durante la battaglia di Lützen, che segnò il limite del successo svedese in questa fase.
Con la morte del sovrano svedese, il partito protestante cadde preda di una serie di divisioni di cui i cattolici approfittarono per sferrare una controffensiva con l'aiuto di truppe inviate dalla Spagna. Le armate svedesi furono duramente sconfitte nella battaglia di Nördlingen, e dovettero abbandonare la Germania meridionale. Nel frattempo la Sassonia e il Brandeburgo abbandonarono l'alleanza con gli svedesi con la Pace di Praga. Questo successo degli Asburgo spinse la Francia a entrare in guerra.
[modifica] Fase francese o franco-svedese (1635 - 1648)
La quarta ed ultima fase degli scontri, la fase francese, durata dal 1635 al 1648, fu caratterizzata dall'ingresso formale in guerra della Francia, che trasformò definitivamente il conflitto da scontro confessionale a lotta per l'egemonia europea. I francesi, dopo una prima fase segnata da diverse sconfitte e difficoltà militari, durata all'incirca fino al 1641, insieme alla Svezia riuscirono a far pendere definitivamente la bilancia del conflitto a sfavore delle forze imperiali. Tale risultato fu raggiunto grazie alla collaborazione degli eserciti francese e svedese, e all'abilità dei comandanti sul campo, ovvero Lennart Torstenson per gli svedesi, Luigi II di Borbone-Condé e il Visconte di Turenne per i francesi.
La coalizione imperiale venne battuta in una serie di battaglie campali e le forze francesi e svedesi penetrarono nella Germania meridionale fino alla Baviera. Anche la Spagna, impegnata nei Paesi Bassi e sconvolta dalle rivolte separatiste della Catalogna e del Portogallo, si trovò in gravi difficoltà che culminarono nella sconfitta di Rocroi (1643) a opera delle armate francesi capitanate dal principe di Condé. Nell'impossibilità di proseguire la guerra, gli Asburgo d'Austria, detentori della corona imperiale abbandonarono i propri disegni egemonici e firmarono la Pace di Vestfalia (1648). La Spagna invece, non volendo riconoscere l'egemonia francese che si stava profilando in Europa, continuò a lottare contro la Francia fino al totale esaurimento delle proprie forze, sancito dal Trattato dei Pirenei (1659).
[modifica] Trattati di pace
Le trattative di pace, che si rivelarono molto complesse e laboriose, cominciarono nel 1643; ma i risultati definitivi furono ottenuti soltanto nel 1648. I trattati di pace vennero firmati nelle due città di Münster e Osnabrück, rispettivamente il 24 ottobre e il 15 maggio del 1648, e sono solitamente identificati con il nome collettivo di Pace di Vestfalia. Tali trattati sancirono il tramonto del sogno egemonico degli Asburgo. La pace non riguardava comunque lo scontro tra Francia e Spagna, che venne risolto solo nel 1659 con la Pace dei Pirenei.
Ulteriori negoziazioni furono tenute a Norimberga, per risolvere la spinosa questione della smobilitazione e del pagamento delle truppe operanti in Germania; tali discussioni continuarono fino al 1651, e le ultime guarnigioni furono ritirate solamente nel 1654.
[modifica] Conseguenze del conflitto
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La firma del trattato a Osnabrück nel 1648 (dipinto di Gerard Terboch)
La guerra dei trent'anni fu probabilmente il più grave evento che coinvolse l'Europa centrale prima delle Guerre Mondiali, ed ebbe conseguenze molto rilevanti sia da un punto di vista sociale e demografico, sia da un punto di vista più strettamente politico e culturale, come apparve chiaramente in quella che fu definita la Crisi del Seicento.
[modifica] Perdite demografiche ed economiche
La quantificazione dei danni riportati dalla popolazione tedesca durante il conflitto è stata per anni argomento di accese dispute fra gli storici. Si ritiene ora probabile che, considerando l'intera Germania, il calo demografico si sia attestato tra il 15 e il 20 per cento della popolazione, che nell'Impero passò dai circa 20 milioni del 1618 a un totale di circa 16-17 milioni nel 1650.[2] Da zona a zona si registrano tuttavia notevoli differenze, che rispecchiano la frequenza degli scontri e del passaggio degli eserciti in ogni regione; le più colpite furono la Pomerania, il Meclemburgo, il Brandeburgo e il Württemberg, mentre le regioni nord-occidentali furono in gran parte risparmiate.[2]
La causa principale del calo demografico non è tanto legata a eventi bellici, che contribuirono in maniera relativamente bassa, ma alla mancanza di vettovaglie e al ripetuto diffondersi di epidemie[3]; il passaggio delle truppe, in gran parte eserciti di mercenari che traevano sostentamento dal saccheggio sistematico dei luoghi che attraversavano, generava una carenza di viveri che indeboliva gli abitanti, rendendoli facile preda di malattie infettive la cui diffusione era favorita dai flussi di profughi e dal concentramento degli sfollati nelle città. Questo ricorrere di epidemie e calo demografico, che trova riscontro in vari documenti dell'epoca, come registri parrocchiali e delle tasse, sembra comunque fosse già, almeno in parte, cominciato prima della guerra, che quindi forse non fece altro che accelerare un processo già innescato.[4]
Dal punto di vista economico la guerra assistette a una generale contrazione economica in tutto l'Impero, cui contribuirono i saccheggi, i furti e le distruzioni indiscriminate, ma anche gli altissimi costi per il mantenimento degli eserciti mercenari. Molte città e stati tedeschi si indebitarono per sostenere lo sforzo bellico, e dopo la guerra il recupero fu ostacolato dal fatto che l'Impero fu coinvolto in una serie di nuove guerre con la Francia e l'Impero ottomano che, pur non coinvolgendo direttamente la Germania, richiesero nuovi sforzi economici.
[modifica] Conseguenze politiche
La maggiore conseguenza, dal punto di vista politico, fu la conferma della frammentazione della Germania, che ora veniva a essere formata da stati di fatto indipendenti. Tale situazione durò fino al 1871, quando la Germania fu riunificata dalla Prussia in seguito a una vittoriosa guerra contro la Francia (vedi guerra Franco-Prussiana).
La Spagna, che continuò ancora a combattere con la Francia dopo la firma della pace, evidenziò chiaramente i segni della inarrestabile decadenza già iniziata negli ultimi decenni del secolo XVI; sconfitta sul fronte pirenaico e su quello dei Paesi Bassi, tormentata internamente dalle rivolte della Catalogna e del Portogallo, si vide costretta a riconoscere l'indipendenza dell'Olanda prima e del Portogallo poi, che venne messo sotto protezione dell'Inghilterra. Più tardi l'Impero diede l'indipendenza alla Svizzera. Il ruolo della Spagna in Europa veniva parzialmente ridimensionato: doveva rinunciare al suo ruolo egemonico, ma rimaneva detentrice di un vasto impero coloniale e di un esercito efficiente.
La Svezia assunse invece un ruolo preminente nell'Europa settentrionale. Grazie ai nuovi strategici acquisti territoriali e al succedersi di sovrani energici, il Mar Baltico divenne a tutti gli effetti un "lago" svedese, fino a quando, agli inizi del XVIII secolo, la Russia la sostituirà nel suo ruolo di potenza nell'Europa del nord. Anche la Francia uscì dalla guerra rafforzata: grazie al declino spagnolo e alla frammentazione del Sacro Romano Impero, divenne una potenza di primo rango, uscendo trionfalmente da un periodo di eclissi che durava ormai da molti decenni.
Da un punto di vista più generale, la guerra segnò la fine dei conflitti religiosi nell'Europa occidentale; dopo il 1648, nessuna grande guerra europea fu giustificata da motivazioni confessionali. La Pace di Vestfalia viene ancora oggi considerata come uno dei cardini della concezione dello stato sovrano, e il primo trattato stipulato tra pari. Infatti i prìncipi tedeschi protestanti ebbero libertà di culto.
[modifica] Aspetti tattici e strategici del conflitto
La guerra dei trent'anni ebbe grande importanza anche nell'introduzione di significative novità in campo militare. Da questo punto di vista può ritenersi della massima importanza il ruolo dell'intervento svedese, in quanto l'esercito di Gustavo Adolfo rappresentava sicuramente, all'epoca, la più moderna organizzazione bellica presente in Europa.
[modifica] Innovazioni tattiche svedesi
La guerra iniziò in un periodo in cui, nella maggior parte dell'Europa, erano in uso le tattiche tradizionali di tipo spagnolo, poco diverse da quelle adottate nel XVI secolo; fulcro di tali dottrine era la formazione detta tercio, un consistente gruppo di picchieri disposto in un denso quadrato e circondato da moschettieri di supporto. Nel tercio, il ruolo più importante era affidato ai picchieri, che dovevano svolgere un ruolo sia difensivo che offensivo, avanzando a picche spianate, mentre i moschettieri avevano essenzialmente un compito subordinato, anche a causa della bassa cadenza di tiro.
Picchiere - Nell'esercito svedese i picchieri persero il loro ruolo predominante
In questa situazione si distingueva nettamente, per le tattiche adottate, l'esercito svedese. Le riforme militari attuate da Gustavo Adolfo, ispirate dai provvedimenti attuati dagli olandesi nella loro decennale lotta contro la Spagna, riguardarono sia le tre armi singolarmente (fanteria, cavalleria, artiglieria), sia il coordinamento dei vari componenti l'armata.
- La fanteria svedese vedeva la predominanza dei moschettieri sui picchieri, in un rapporto di circa 2:1, e l'adozione di una formazione lineare su più file (in genere sei), che consentiva di massimizzare la potenza di fuoco dei moschettieri; questi ultimi erano addestrati a ricaricare il più rapidamente possibile, e a sparare per salve controllate per fila, mentre le altre file ricaricavano.
- La cavalleria, che per il predominio dei picchieri aveva perso importanza sul campo di battaglia nei precedenti decenni, abbandonava la poco efficace tattica del caracollo e passava a una tattica più incisiva di carica all'arma bianca (in special modo la sciabola).
- L'artiglieria, finora relativamente secondaria, veniva notevolmente sviluppata, con un sostanziale alleggerimento dei pezzi, la cui maneggevolezza ne permetteva ora lo spostamento sul campo, prima quasi impossibile; inoltre vennero introdotti cannoni reggimentali per appoggiare le formazioni di fanteria e venne data molta importanza alla rapidità nel caricamento.
Tali innovazioni si rivelarono decisive per l'esito del conflitto, e vennero via via adottate dai vari contendenti. Nelle battaglie che videro scontrarsi eserciti che adottavano le due diverse dottrine (come a Breitenfeld o a Rocroi), prevalse sempre la tattica svedese.
La logistica degli eserciti impegnati nel conflitto fu sempre molto problematica. Non esistevano, all'epoca, treni di rifornimento come quelli che sarebbero stati impiegati nel XVIII secolo. Se questo rendeva possibile per gli eserciti effettuare spostamenti più rapidi, in quanto non esisteva la necessità di trainare lenti carriaggi, il materiale per il sostentamento delle truppe era spesso ridotto ai minimi termini.
La tipica politica adottata nella guerra fu l'utilizzo sistematico delle risorse del territorio. Questa spoliazione di intere regioni ebbe conseguenze molto gravi sulle popolazioni, ed era inserita in un sistema più generale, per cui i comandanti degli eserciti traevano lauti profitti dai saccheggi sistematici. Emblematico di questa abitudine fu il comandante imperiale Albrecht von Wallenstein: al comando di un esercito da lui stesso arruolato, egli trasse enormi profitti che gli consentirono di equipaggiare il suo esercito in maniera relativamente uniforme e di aumentare di molto il numero di truppe al suo comando fino al suo assassinio. Il problema dei rifornimenti incise spesso sulle operazioni militari, costringendo gli eserciti a spostarsi a causa dell'esaurimento delle risorse locali; inoltre, si assistette a casi in cui intere armate furono decimate a causa del forzato passaggio o stazionamento in zone già esaurite.
Con il proseguire della guerra il problema logistico si fece sempre più stringente, a causa dell'aumento del numero di uomini in campo. Molto problematico si rivelò il pagamento delle truppe, che ricevevano il salario con ampio ritardo, fatto che provocò numerosi ammutinamenti, soprattutto da parte dell'esercito svedese. Una conseguenza secondaria della necessità di pagare ed equipaggiare un grande numero di truppe fu l'avvento della standardizzazione nelle uniformi e nell'armamento, per aumentare le velocità di produzione e diminuire i costi.
- ^ A titolo indicativo, la guarnigione di stanza nelle Fiandre, che comprendeva circa la metà degli effettivi totali degli eserciti degli Asburgo di Spagna presenti nello scacchiere europeo, era formata, nel 1640, da circa 109.000 uomini, di cui 88.280 stipendiati. Questi ultimi erano costituiti per un 42% circa da valloni e fiamminghi, per un 20% da spagnoli, per 17% da tedeschi, per un 4% da italiani, ecc. Cfr. Geoffrey Parker, El ejército de Flandes y el Camino Español, Madrid, Alianza Editorial S.A., 1985, Apendice A (Appendice A), ISBN 84-206-2438-1
- ^ a b G. Parker, "La Guerra dei trent'anni", ed. Vita e Pensiero, pag. 336
- ^ G. Parker, "La Guerra dei trent'anni", pag. 337
- ^ Vi sono stati accesi dibattiti sulle due teorie del "declino iniziale" e della "guerra disastrosa", come accennato da G. Parker nella sua opera. Cfr. anche l'articolo di T. K. Rabb, "The Effects of the Thirty Years' War on the German Economy", vol. 34, No. 1 di "The Journal of Modern History"
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