Arcidiocesi di Milano

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Arcidiocesi di Milano
Archidioecesis Mediolanensis
Chiesa latina
20110724 Milan Cathedral 5260.jpg
Regione ecclesiastica Lombardia
Mappa della diocesi
Provincia ecclesiastica
Provincia ecclesiastica della diocesi
Collocazione geografica
Collocazione geografica della diocesi
Diocesi suffraganee
Bergamo, Brescia, Como, Crema, Cremona, Lodi, Mantova, Pavia, Vigevano
Arcivescovo metropolita Mario Delpini
Vicario generale Franco Agnesi[1]
Ausiliari Franco Agnesi[1],
Paolo Martinelli, O.F.M.Cap.[2],
Luca Raimondi[3],
Giuseppe Vegezzi[4]
Arcivescovi emeriti cardinale Angelo Scola
Sacerdoti 2.552 di cui 1.779 secolari e 773 regolari
1.989 battezzati per sacerdote
Religiosi 1.052 uomini, 4.439 donne
Diaconi 151 permanenti
Abitanti 5.558.412
Battezzati 5.078.297 (91,4% del totale)
Superficie 4.208 km² in Italia
Parrocchie 1.108 (7 zone pastorali, divise in 63 vicariati)
Erezione I secolo
Rito ambrosiano e romano
Cattedrale Santa Maria Nascente
Santi patroni Sant'Ambrogio
Indirizzo Piazza Fontana 2, 20122 Milano, Italia
Sito web www.chiesadimilano.it
Dati dall'Annuario pontificio 2020 (ch · gc)
Chiesa cattolica in Italia

L'arcidiocesi di Milano (in latino: Archidioecesis Mediolanensis) è una sede metropolitana della Chiesa cattolica in Italia appartenente alla regione ecclesiastica Lombardia. Nel 2019 contava 5 078 297 battezzati su 5 558 412 abitanti. È retta dall'arcivescovo Mario Delpini.

L'arcidiocesi è stata segnata profondamente dall'attività pastorale del suo principale patrono sant'Ambrogio, vescovo dal 374 al 397, tanto da essere chiamata anche ambrosiana. Compatroni dell'arcidiocesi sono san Galdino, arcivescovo dal 1166 al 1176 e san Carlo Borromeo, arcivescovo dal 1560 al 1584[5].

Attualmente è di gran lunga[6] la diocesi al mondo con più sacerdoti diocesani, e, pure contando gli appartenenti a ordini e istituti religiosi, che nell'Urbe hanno le loro case generalizie, è la prima dopo la diocesi di Roma[7]. Anche come popolazione totale è tra le diocesi più popolose, ed è tra le prime quattro al mondo come numero assoluto di fedeli, preceduta dall'arcidiocesi di Kinshasa, dall'arcidiocesi di Guadalajara e dall'arcidiocesi di Puebla de los Ángeles.

Territorio[modifica | modifica wikitesto]

L'arcidiocesi comprende quasi tutta la città metropolitana di Milano, la provincia di Monza e della Brianza, la maggior parte delle province di Varese e di Lecco, nonché alcuni comuni nelle province di Como e di Pavia e il decanato di Treviglio in provincia di Bergamo.

Sede arcivescovile è la città di Milano, dove si trova la cattedrale di Santa Maria Nascente, il famoso duomo di Milano.

Provincia ecclesiastica[modifica | modifica wikitesto]

La provincia ecclesiastica di Milano comprende le seguenti diocesi suffraganee:

Parrocchie[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Parrocchie dell'arcidiocesi di Milano.

L'arcidiocesi, composta da 1 108 parrocchie e con un numero di abitanti superiore ai 5 milioni, è una delle diocesi più grandi nel mondo[8]. Le parrocchie sono tutte comprese nel territorio della Lombardia. Esse sono divise sotto l'aspetto dell'amministrazione civile tra le province di Bergamo, Como, Lecco, Milano, Monza e Brianza, Pavia e Varese. In ogni parrocchia dell'arcidiocesi è distribuito il mensile Il Segno, voluto dal cardinale Giovanni Battista Montini per accompagnare e rendere più "universale" il ruolo dei singoli bollettini parrocchiali.

Le parrocchie sono raggruppate in 63 decanati, a loro volta raggruppati in 7 zone pastorali.

Attività editoriale[modifica | modifica wikitesto]

L'arcidiocesi svolge la propria attività editoriale tramite tre marchi della casa editrice Impianti Tipografici Lombardi (la cui ragione sociale sarebbe poi mutata in Impresa Tecnoeditoriale Lombarda), fondata all'inizio del secondo dopoguerra, aprile 1946, da Mons. Giuseppe Bicchierai per ridare alle stampe il quotidiano L'Italia (nato nel 1912 e dalle cui ceneri, nel 1968, nascerà Avvenire, risultato dall'accorpamento tra lo storico giornale cattolico milanese e il quotidiano bolognese L'Avvenire d'Italia):

  • Centro ambrosiano, la sigla cui fanno capo le pubblicazioni ufficiali della Diocesi di Milano come ad esempio le lettere dell’Arcivescovo o le linee guida dei servizi e degli istituti diocesani. A queste opere legate alla vita pastorale sono affiancate collane che toccano diversi argomenti e alcune delle cui opere sono state tradotte in altre lingue;
  • Editrice in Dialogo, costituita nel 1979 e che cura le pubblicazioni dell'Azione Cattolica milanese, in genere testi con uno scopo educativo;
  • Istituto di Propaganda Libraria, con pubblicazioni su studi e approfondimenti destinati a platee più ristrette, attivo sin dal 1934.[9]

Liturgia[modifica | modifica wikitesto]

Rito ambrosiano[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Rito ambrosiano.

Elemento fortemente caratterizzante dell'arcidiocesi di Milano è il rito ambrosiano, adottato in quasi tutta l'arcidiocesi. Fanno eccezione i decanati di Monza, Treviglio e parte di Trezzo sull'Adda, le parrocchie di Civate e Varenna nella zona pastorale di Lecco e le chiese non parrocchiali rette da clero regolare: in tutti questi luoghi si adotta il rito romano.

Il rito ambrosiano prevede, tra le altre particolarità, l'adozione di un lezionario, un messale e un calendario liturgico differenti da quelli del rito romano.

I concerti di campane[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Campane dell'arcidiocesi di Milano.

Insieme al rito ambrosiano, un'altra particolarità dell'arcidiocesi si trova nel montaggio delle campane presenti sul territorio (salvo qualche rara eccezione), che suonano secondo il sistema ambrosiano. Questo sistema consiste nel suonare la campana con una corda (o una catena) che viene agganciata a una ruota fissata alla campana stessa che le permette di compiere un'oscillazione lenta di 180 gradi. Si ottiene così la cosiddetta posizione a bicchiere, che consente di comporre veri e propri concerti per annunciare le funzioni più solenni all'interno dell'anno liturgico. Per la verità nel XIX secolo questo sistema si è diffuso in Lombardia, tranne in certe zone di montagna, e in alcune zone di Piemonte, Emilia, Liguria e Canton Ticino. Nel sistema ambrosiano il battaglio batte su entrambi i lati della campana (sistema a caduta), a differenza dell'uso romano, cioè quel sistema, definito a slancio, per cui la campana oscilla più velocemente, non avendo la ruota, ma solo un bilanciere, in modo che il battaglio batta sempre nella parte più alta della campana.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Alcuni cataloghi bizantini sui Discepoli del Signore (VII-VIII secolo) affermano che san Barnaba, dopo essere giunto a Roma con san Pietro, fondò la Chiesa in Milano; lo stesso episodio è presente in Paolo Diacono e in numerosi testi milanesi (a partire dal IX secolo), che lo associano alla figura di sant'Anatalone quale assistente di Barnaba. La maggioranza degli storici ritiene che la testimonianza bizantina non sia affidabile e che la datazione tramandata in ambito milanese sia stata ottenuta dilatando la durata dei primi episcopati; essi, accettando la veridicità dei nomi dei primi vescovi trasmessi dalla tradizione (a partire da Anatalone) e andando a ritroso da Mirocle (di cui è certa la partecipazione a un sinodo del 313), ipotizzano che la diocesi sia stata istituita all'inizio del III secolo. In ogni caso, la presenza cristiana a Milano è attestata archeologicamente fin dall'epoca apostolica.

Sant'Ambrogio impedisce all'imperatore Teodosio I di entrare nella cattedrale (l'odierna Basilica di Sant'Ambrogio) dopo il massacro di Tessalonica (avvenuto nel 390)

A partire dal IV secolo, dopo l'avvento di Costantino come imperatore romano, le notizie e le datazioni divengono più attendibili. Anche se il primo a venire chiamato "arcivescovo" fu Teodoro II[10], l'elevazione ad arcidiocesi viene fatta coincidere con l'episcopato di Ambrogio, momento in cui quest'ultimo si adoperò fortemente per ristabilire il predominio della dottrina romana su quella ariana e in cui acquisì grande peso politico, in corrispondenza anche della presenza a Milano della corte imperiale e approfittando delle posizioni di relativa debolezza degli imperatori del suo tempo, Graziano e Valentiniano II. Nonostante la sostanziale accettazione dell'Impero da parte di Ambrogio, con Teodosio I i contrasti furono più accesi, ma vennero infine ricomposti.

La storia della diocesi di Milano rimarrà profondamente legata alla figura di Sant'Ambrogio, vescovo della città dal 374 al 397.

Già nel settembre del 600 papa Gregorio Magno parlò del neoeletto vescovo di Milano, Deodato, non tanto come successore, bensì come "vicario" di sant'Ambrogio.[11] Nell'anno 881 invece papa Giovanni VIII definì per la prima volta la diocesi "ambrosiana", termine che è rimasto ancora oggi per identificare non solo la Chiesa di Milano, ma talvolta anche la stessa città.

L'eredità di Ambrogio è delineata principalmente a partire dalla sua attività pastorale: la predicazione della Parola di Dio coniugata alla dottrina della Chiesa cattolica, l'attenzione ai problemi della giustizia sociale, l'accoglienza verso le persone provenienti da popoli lontani, la denuncia degli errori nella vita civile e politica.[11]

Dopo Ambrogio, nel periodo finale dalla tarda antichità fino al regno dei Goti di Teoderico (tra il IV e la prima metà del VI secolo), con il trasferimento della corte imperiale da Milano a Ravenna prima, e con la caduta dell'Impero poi, l'arcivescovo assunse sempre più un ruolo civile di "supplenza" delle istituzioni imperiali in disfacimento, arrivando anche ad amministrare la giustizia. La Chiesa di Milano, per circa vent'anni, non riconobbe l'autorità del Concilio Costantinopolitano II (553).

La situazione cambiò radicalmente con l'avvento dei Longobardi in Italia, meno tolleranti dei Goti (anche se probabilmente ariani come loro) nei riguardi delle istituzioni preesistenti il loro dominio. Con la discesa di Alboino e l'occupazione del 568, l'arcivescovo del tempo, Onorato Castiglioni, lasciò addirittura Milano trasferendosi con tutto il seguito a Genova, dove la curia rimase per 80 anni affievolendo così la conduzione della diocesi e favorendo indirettamente l'affermarsi a Milano dello scisma tricapitolino, sottoscritto con Aquileia, attorno al 554, dai suoi predecessori. La chiesa milanese rientrò dallo scisma, nel 573, sotto l'episcopato di Lorenzo II. Il clero minore (decumano) rimasto sul territorio dominato dai Longobardi, rimase di simpatia tricapitolina ancora per diversi anni. Con la conquista da parte di Rotari della Liguria, l'allora arcivescovo Forte fuggì a Roma lasciando la carica a Giovanni Bono (oggi venerato come santo) che nel 649 riportò la sede a Milano.

Affresco raffigurante Anselmo I (raffigurato con le insigne vescovili) e Bernardo d'Italia per la tomba di quest'ultimo nella Basilica di Sant'Ambrogio

La seconda metà del VII secolo vide il ritorno del ruolo dell'arcivescovo in ambito prettamente spirituale, cosa che consentì una coesistenza pacifica con le autorità civili longobarde. Con la discesa in Italia di Carlo Magno, e la conseguente sconfitta dei Longobardi da parte dei Franchi, la situazione subì un ulteriore mutamento. Dato che la politica carolingia aveva forti connotazioni religiose, la nuova classe dirigente preferì assecondare la nomina di figure a lei fedeli la prima delle quali fu Pietro I Oldrati. Seguirono una serie di arcivescovi sempre più attivi nella sfera politica fino ad arrivare a intervenire alla lotta di successione per il Regno longobardo tra l'imperatore Ludovico il Pio e suo nipote Berengario in cui Anselmo I prese le parti di quest'ultimo.

Questo episodio indusse la fazione vincente della contesa (quella di Ludovico) a favorire l'elezione di successivi arcivescovi di origine franca: Angilberto I e Angilberto II. Quest'ultimo, in particolare, assunse un ruolo politico preminente che lo portò a farsi intermediario nel contrasto sorto tra Lotario (allora re d'Italia) e l'imperatore Ludovico. Il successo di tale mediazione fece sì che Angilberto acquisisse, oltre che un notevole prestigio politico, anche numerose donazioni feudali nelle zone d'influenza di Pavia e del Cantone Ticino.

Angilberto fu figura preminente anche durante l'impero di Ludovico II e lasciò ai suoi successori una situazione di grande prestigio. Fu poi Ansperto Confalonieri, anch'egli uomo di fiducia di Ludovico II seppur di origini longobarde, a consolidare definitivamente il potere politico dell'arcidiocesi.

Ansperto divenne messo di Ludovico II ed entrò nel merito della successione dell'imperatore il quale, non avendo figli maschi, aveva designato lo zio Ludovico o uno dei figli di quest'ultimo. Al contrario papa Giovanni VIII appoggiava la candidatura di Carlo il Calvo, appartenente al ramo francese della famiglia. Ansperto, la cui opinione risultò essere determinante, si schierò con il papa e Carlo il Calvo venne incoronato. Ovviamente l'appoggio di Ansperto venne ripagato con nuove donazioni imperiali che, sia in termini di ricchezza sia di forza militare, riportarono Milano in posizione di preminenza nell'Italia settentrionale.

L'influenza politica dell'arcidiocesi si mantenne forte anche dopo l'abbandono di Milano da parte della dinastia carolingia. L'arcivescovo Valperto de' Medici ricevette dall'imperatore Ottone I diverse donazioni di castelli nell'area lombarda, ma i suoi successori cercarono di limitare il potere dei vescovi operandosi per favorire l'elezione di figure a loro più vicine. Questa strategia culminò con l'elezione di Landolfo II, il quale però venne costretto dalla cittadinanza a lasciare la città. In questo periodo iniziò a prendere forma la lotta tra l'autorità religiosa, rappresentata dalla curia, e quella civile, rappresentata dalle famiglie comitali fedeli all'imperatore, per la supremazia del governo delle città, contrasto che sfocerà più tardi nella lotta per le investiture.

Due figure rilevanti di questo periodo furono Arnolfo II e Ariberto da Intimiano. Il primo fu molto vicino a Ottone III, tanto da dare il proprio appoggio militare al figlio Enrico II nella sua lotta contro Arduino d'Ivrea, ottenendone onori e ricompense; con il secondo l'arcidiocesi di Milano arrivò a tenere sotto controllo (sempre con il consenso di Enrico II) gran parte del territorio delimitato dal Po, dall'Adda e dal Ticino.

Fu però proprio questa presenza di Ariberto a far sì che le città vicine e antagoniste e gli stessi feudatari della città si rivoltassero contro l'arcivescovo. Tali lamentele furono appoggiate da Corrado II che vide un'occasione per poter ridimensionare il peso di Ariberto. L'arcivescovo riuscì però a ricompattare la città con lo spauracchio della perdita di autonomia di Milano rispetto all'impero; resistette all'impero fino alla morte di Corrado e si riconciliò con il suo successore Enrico III. Venuto a mancare il pericolo comune che aveva riunito le componenti della Milano dell'XI secolo, le famiglie più potenti ritornarono a cercare di svincolarsi dal potere dell'arcivescovo per governare la città in maniera autonoma attraverso le istituzioni comunali.

Nel periodo successivo gli arcivescovi milanesi furono coinvolti nella lotta per le investiture e nella rivolta dei Patarini. Si alternarono così elezioni, non sempre considerate legittime, dettate spesso dall'imperatore o dai Patarini (sostenuti questi in chiave anti-imperiale anche da papa Gregorio VII) come ad esempio quelle di Guido da Velate, di Goffredo da Castiglione e di Attone. Tali figure dovettero affrontare spesso rivolte tanto da dover sostenere scomuniche, accuse di simonia, fino a essere persino costretti alla fuga come successe a Tedaldo.

Dopo questo periodo di disordine, la Chiesa milanese tornò a svolgere un ruolo di rilievo nella politica del Nord Italia, riuscendo a sfruttare l'intenzione del papato di farne un avamposto contro l'impero. Il primo arcivescovo che assunse questo ruolo fu Anselmo III da Rho. Egli non volle però rompere in maniera definitiva i rapporti con Enrico IV di cui accettò le regalie, cosa che secondo le regole stabilite da Gregorio VII gli sarebbe dovuta costare la scomunica. La sua posizione, però, si alleggerì con l'elezione del successore di Gregorio, Urbano II, la cui politica più pragmatica gli consigliò di limitarsi a farlo ritirare per un certo periodo in un convento lombardo per poi reintegrarlo nel suo incarico.

Nel XII secolo i successori di Anselmo III, Arnolfo III e Anselmo IV da Bovisio, continuarono la politica del predecessore osteggiando Enrico IV anche mediante l'appoggio dato a Corrado di Lorena, il suo figlio "ribelle". Anselmo IV fu anche promotore della Crociata del 1101 indetta da Urbano II, tanto da raccogliere delle forze armate e partire per la Terra santa per non fare più ritorno.

Le nomine successive furono condizionate da papa Pasquale II (allora in lotta con l'imperatore Enrico V) che fece eleggere prima Grossolano, per poi farlo deporre successivamente a favore di Giordano da Clivio. Tali nomine finirono però per produrre, come un secolo prima, distacco e ostilità della società milanese nei confronti di Roma, che preferì cambiare atteggiamento per non acuire troppo i contrasti con la più importante diocesi dell'Italia settentrionale.

Appena fu allentato il controllo del papato, l'arcivescovo Anselmo V Pusterla sostenne la guerra di Milano contro Como (partecipando persino alle azioni militari) cosa che provocò un forte "raffreddamento" dei rapporti con Roma, che culminò nell'incoronazione da parte di Anselmo V di Corrado di Svevia a Re dei Romani in opposizione a Lotario, la cui nomina a imperatore era stata favorita dal papa. La situazione divenne ancora più confusa nel 1130, anno in cui la morte di papa Onorio II portò a uno scisma con l'elezione di Innocenzo II e dell'antipapa Anacleto II. Quest'ultimo cercò e ottenne l'appoggio di Anselmo, ma con la finale affermazione di Innocenzo II, l'arcivescovo venne scomunicato e deposto.

Dopo un altro periodo d'instabilità, con l'elezione di Oberto da Pirovano si riformò l'unità delle componenti della società milanese. Oberto, seppur riavvicinatosi al papato, era riuscito a mantenere i tradizionali rapporti di vicinanza dell'arcidiocesi con l'impero. La situazione era però destinata a cambiare con la salita al trono di Federico Barbarossa. Questi infatti, deciso a ridimensionare l'influenza di Milano nell'ambito dell'Italia del nord, accolse le proteste delle città vicine e si dimostrò immediatamente ostile alla metropoli. In seguito poi alla contesa tra Alessandro III e Vittore IV (sostenuto da Federico), che si contesero il soglio papale alla morte di Adriano IV, Oberto decise di appoggiare Alessandro contro Vittore, ponendosi così definitivamente in contrasto con l'autorità imperiale. Si creò quindi un conflitto aperto tra Alessandro III e Milano da una parte e Federico, Vittore IV e le città antagoniste di Milano dall'altra. Tale conflitto sfociò negli assedi e nella resa e distruzione totale di Milano da parte del Barbarossa del marzo 1162. Oberto si rifugiò a Genova da Alessandro III e non fece mai più ritorno a Milano.

La distruzione di Milano diventò il simbolo della dominazione imperiale sul Nord Italia e in reazione a essa si organizzò l'opposizione a Federico, che si concretizzò in seguito nella Lega Lombarda. Tale opposizione fu sostenuta da Alessandro III e quando, in seguito alla battaglia di Legnano e ad altre sconfitte subite, Federico stipulò il trattato di Costanza, Milano poté godere di nuovo della sua autonomia (pur riconoscendo formalmente l'autorità dell'impero). L'arcivescovo di Milano divenne così la figura di riferimento per le relazioni tra Milano e Federico (e quindi tra il papato e l'impero).

Il successore di Oberto, Galdino della Sala (oggi venerato come santo), si assunse questo importante compito, divenendo il referente di Alessandro III e una delle figure più influenti del suo tempo in tutto il Nord Italia: curò infatti le alleanze formatesi nella Lega Lombarda e anche per sua iniziativa venne fondata la città di Alessandria per contrastare il Marchesato del Monferrato, fedele a Federico. La sua opera pastorale fu tale che Galdino venne presto nominato compatrono della città insieme ad Ambrogio, sia per la sua opera di defensor civitatis (difensore e addirittura "ricostruttore" di Milano dopo la distruzione della città), sia per quella di pater pauperum ("padre dei poveri") attraverso opere di carità e di assistenza rivolte nello specifico ai poveri e a quanti erano finiti in prigione per debiti non saldati.[12]

Dopo la fine dello scisma con l'affermazione definitiva di Alessandro III, Milano firmò nel 1185 un trattato con Federico in cui le era permesso di espandere la propria influenza verso sud (Pavia e Cremona), purché si impegnasse a sostenere l'impero nella sua lotta per il riottenimento dei beni che aveva perso in Italia durante lo scisma e il cui possesso non era stato definito dai trattati precedenti.

Milano si trovava quindi di nuovo tra impero e papato. Per questo motivo il clero milanese elesse arcivescovo il cardinale Uberto Crivelli, deciso sostenitore del papato. La figura di Uberto si rivelò tanto forte da imporsi anche nella successione al soglio pontificio dopo la morte di papa Lucio III, il cardinale arcivescovo divenne così papa con il nome di Urbano III, senza però per questo lasciare l'arcidiocesi di Milano. La città venne così, pur avendo siglato un trattato che la legava all'impero, a trovarsi sede di una delle arcidiocesi più impegnate nella lotta anti-imperiale. Ciò fece sì che gli organismi comunali segnassero il loro progressivo distacco dalla curia. In risposta Urbano III diede il proprio appoggio a Cremona (avversaria di Milano e dell'impero). Il contrasto tra curia e Comune si arrestò solo con la morte di Urbano III, a cui fece seguito l'elezione ad arcivescovo di Milone da Cardano, già vescovo di Torino.

Milone, che faceva parte della curia Milano già all'epoca della sua distruzione da parte del Barbarossa ed era stato al seguito di Alessandro III, si dimostrò più diplomatico del predecessore riuscendo a ricomporre i dissidi creatisi in precedenza con la classe nobile che dominava il Comune. Anche i suoi successori, continuando sulla stessa linea, si avvicinarono sempre più al ceto dominante e vennero trascinati nei conflitti con l'allora nascente Partito del Popolo, perdendo in questo modo autorità anche in campo ecclesiastico. Solo nella seconda metà del XIII secolo, con l'ascesa di Ottone Visconti e la definitiva sconfitta del Partito del Popolo, si riaffermò il potere dell'arcidiocesi a Milano, anche se in una forma totalmente diversa, legata all'inizio del periodo delle Signorie.

Incisione raffigurante Giovanni Visconti

Dopo la morte di Leone da Perego nel 1257, che aveva cercato invano di ricomporre i dissidi interni tra la fazione dei nobili e quella popolare (tanto da essere costretto all'esilio a Legnano), l'elezione del successore risultò essere problematica.

La figura politica di spicco di Milano a quel tempo era Martino della Torre, Capitano del Popolo e successore del fratello Pagano, il quale fu di fatto il primo dei governanti di Milano a dare al comune la forma di signoria. Di ispirazione guelfa, nominò però, per mantenere un ampio consenso all'interno della città, il ghibellino Oberto Pallavicino come capitano delle milizie, più vicino alla fazione nobiliare.

Tale nomina provocò una certa frizione con Roma e finì con l'impedire l'elezione ad arcivescovo sia di Raimondo della Torre (nipote di Martino), appoggiato dai popolari, sia di Francesco da Settala appoggiato dai nobili, così nel 1262 papa Urbano IV nominò arcivescovo Ottone Visconti.

La reazione dei Della Torre si esplicitò nella confisca dei beni dell'arcidiocesi e nell'attacco da parte del Pallavicino dei numerosi castelli e possedimenti dei Visconti nell'area del lago Maggiore. In questo modo però, Ottone divenne il punto di riferimento per gli oppositori dei Della Torre e del partito del popolo. Gli scontri si protrassero per anni, ben oltre la morte sia di Urbano IV sia di Martino della Torre che del Pallavicino.

Nel 1277 la battaglia di Desio segnò la vittoria definitiva di Ottone che sconfisse il partito del popolo e ridusse in prigionia l'allora signore di Milano Napoleone della Torre, ottenendo così di fatto, oltre l'arcivescovato, la signoria. L'affermazione di Ottone ebbe come effetto l'avvicinamento della curia alla fazione nobile, egli infatti con la Matricula nobilium familiarum[13] sancì che l'accesso alle maggiori cariche ecclesiastiche del clero milanese dovesse essere riservato a chi provenisse dalla cerchia della nobiltà locale. Nel 1287 poi Ottone indicò il nipote Matteo come capitano del popolo, istituendo di fatto la dominazione viscontea su Milano.

La morte di Ottone coincise con un momentaneo ritorno in auge dei Della Torre che potevano contare sull'appoggio di Raimondo (nel frattempo diventato patriarca di Aquileia), ma il controllo ottenuto dai Visconti su Milano permise loro di superare il momento interlocutorio culminato con la cacciata da Milano di Matteo Visconti e l'elezione ad arcivescovo di Cassono della Torre. Dopo qualche anno l'arcidiocesi ritornò ai Visconti nella persona di Giovanni Visconti.

Nel 1787 le parrocchie di Calolzio, Carenno, Castelrossino, Erve, Lorentino, Somasca e Vercurago, già dipendenti dalla pieve di Olginate, vennero aggregate alla diocesi di Bergamo.[14]

Nella seconda metà del XIX secolo l'arcivescovo Paolo Angelo Ballerini fu impedito dall'autorità civile a esercitare la sua attività pastorale; la diocesi venne di fatto retta da mons. Carlo Caccia Dominioni (1859-1866) nella sua duplice veste di vicario capitolare di fronte allo Stato italiano e di vicario generale di mons. Ballerini di fronte alla Santa Sede.

Il 1º settembre 1884 l'arcidiocesi perse il territorio delle Valli Superiori (Blenio, Riviera e Leventina), nel Cantone Ticino, che vennero annesse all'erigenda amministrazione apostolica del Canton Ticino (oggi diocesi di Lugano). Le tre valli ticinesi seguono il rito ambrosiano.

Dal 31 agosto al 6 settembre 1895 Milano ospitò il terzo Congresso eucaristico nazionale italiano. Fu anche sede del XX congresso eucaristico nazionale dal 14 al 22 maggio 1983, a cui intervenne come legato pontificio il cardinale Carlo Confalonieri.

Il 23 maggio 1978 ha ceduto il territorio di Riozzo, facente parte della parrocchia di San Giovanni Battista in Melegnano, alla diocesi di Lodi;[15] il 15 gennaio 1979 il territorio del comune di Torrevecchia Pia è passato alla diocesi di Pavia,[16] mentre il 3 marzo 1989 ha ceduto le parrocchie di Colturano e Balbiano alla diocesi di Lodi.[17] Il 27 giugno 1995 e il 16 giugno 2006, rispettivamente, le parrocchie di Sant'Antonio abate in Vedeseta e di San Bartolomeo in Brumano sono passate dall'arcidiocesi ambrosiana alla diocesi di Bergamo.[18][19]

Cronotassi dei vescovi[modifica | modifica wikitesto]

Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.

Cronotassi degli arcivescovi della Chiesa milanese murata all'interno del Duomo di Milano

La cronotassi dei vescovi è incerta per i primi secoli; la tradizione vuole che l'apostolo san Barnaba abbia fondato la diocesi nel 52.[20] Una lapide con l'elenco dei vescovi è presente nel Duomo nella navata meridionale. Secondo una tradizione plurisecolare, iniziatasi nel Basso Medioevo e durata fino a un approccio più critico alle fonti storiche nel XIX e XX secolo, alcuni degli arcivescovi del primo millennio erano considerati membri delle antiche famiglie capitaneali di Milano. Queste attribuzioni possono esser ritrovate nelle singole voci in riferimento a ogni arcivescovo.

Cinque arcivescovi sono stati eletti papi (Uberto Crivelli, Pietro Filargo - eletto dal Concilio di Pisa, oggi considerato antipapa -, Giovanni Angelo Medici, Achille Ratti e Giovanni Battista Montini).

Santi e beati legati all'arcidiocesi[modifica | modifica wikitesto]

Statistiche[modifica | modifica wikitesto]

L'arcidiocesi nel 2019 su una popolazione di 5 558 412 persone contava 5 078 297 battezzati, corrispondenti al 91,4% del totale.

anno popolazione sacerdoti diaconi religiosi parrocchie
battezzati totale % numero secolari regolari battezzati per sacerdote uomini donne
1950 ? 3.500.000 ? 2.100 2.100 ? ? ? 11.500 879
1970 4.210.000 4.250.000 99,1 3.611 2.443 1.168 1.165 1 2.181 12.945 1.044
1980 4.918.500 5.123.416 96,0 3.556 2.371 1.185 1.383 1 1.779 11.500 1.120
1990 4.858.000 5.060.400 96,0 3.375 2.337 1.038 1.439 7 1.546 9.400 1.140
1999 4.755.013 5.058.545 94,0 2.615 2.244 371 1.818 23 754 8.800 1.109
2000 4.773.478 5.078.189 94,0 2.638 2.266 372 1.809 29 756 8.833 1.108
2001 4.789.148 5.089.148 94,1 3.188 2.248 940 1.502 32 1.344 7.238 1.108
2002 4.922.597 5.134.285 95,9 3.168 2.242 926 1.553 45 1.269 7.238 1.108
2003 4.903.686 5.116.686 95,8 3.128 2.209 919 1.567 54 1.262 6.751 1.108
2004 4.860.053 5.107.053 95,2 3.129 2.216 913 1.553 67 1.245 6.804 1.108
2009 4.886.406 5.296.393 92,3 2.885 2.055 830 1.693 110 1.114 6.180 1.107
2013 4.970.975 5.451.090 91,2 2.783 1.964 819 1.786 131 1.108 6.210 1.108
2016 5.032.130 5.512.245 91,3 2.648 1.861 787 1.900 149 1.043 4.924 1.108
2019 5.078.297 5.558.412 91,4 2.552 1.779 773 1.989 151 1.052 4.439 1.108

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Vescovo titolare di Dusa.
  2. ^ Vescovo titolare di Musti di Numidia.
  3. ^ Vescovo titolare di Feradi Maggiore.
  4. ^ Vescovo titolare di Torri della Concordia.
  5. ^ I compatroni dei milanesi dal sito ufficiale della Chiesa di Milano.
  6. ^ Ha oltre il 22% in più di preti rispetto alla seconda della lista, ossia la diocesi di Roma, e il 44% in più della terza della lista, la diocesi di Tarnów in Polonia.
  7. ^ Con un notevole distacco dalla successiva, l'arcidiocesi di Cracovia, che ha 2.147 sacerdoti rispetto ai 2.648 di Milano.
  8. ^ In Italia è, per estensione, tra i primi posti, dopo Bolzano-Bressanone, Trento, Udine, Brescia, Novara e Como
  9. ^ Editori a Milano (1900-1945). Repertorio, Patrizia Caccia (a cura di), FrancoAngeli, Milano 2013, p. 256
  10. ^ Note sui vescovi di Milano, su chiesadimilano.it. URL consultato il 25 marzo 2009 (archiviato dall'url originale il 16 novembre 2004).
  11. ^ a b Rito Ambrosiano: la centralità dell'opera di Sant'Ambrogio per la Chiesa di Milano, su chiesadimilano.it. URL consultato il 27 settembre 2021.
  12. ^ I Compatroni dei milanesi: San Galdino e San Carlo, su chiesadimilano.it. URL consultato il 7 settembre 2009 (archiviato dall'url originale il 15 novembre 2004).
  13. ^ Va tuttavia precisato che, secondo recenti studi, la datazione della Matricula Nobilium non possa essere anticipata prima del 1377. Cfr.: Grado Giovanni Merlo, Ottone Visconti e la curia arcivescovile di Milano. in Maria Franca Baroni (a cura di), Gli Atti dell'Arcivescovo e della Curia Arcivescovile di Milano nel sec. XIII. Ottone Visconti (1262-1295), Milano, Università degli Studi di Milano, 2000, IX.
  14. ^ Pieve di Sant'Agnese, su lombardiabeniculturali.it. URL consultato il 26 settembre 2021.
  15. ^ (LA) Congregazione per i Vescovi, Decreto De animarum, AAS 70 (1978), p. 436.
  16. ^ (LA) Congregazione per i Vescovi, Decreto Quo aptius, AAS 71 (1979), pp. 377-378.
  17. ^ (LA) Congregazione per i Vescovi, Decreto Quo aptius, AAS 81 (1989), pp. 889-890.
  18. ^ Modificazioni alle circoscrizioni territoriali dell'arcidiocesi di Milano e della diocesi di Bergamo, in Gazzetta Ufficiale, 12 febbraio 1997. URL consultato il 3 marzo 2021.
  19. ^ Modifica delle circoscrizioni territoriali dell'Arcidiocesi di Milano e della Diocesi di Bergamo, in Gazzetta Ufficiale, 9 novembre 2007. URL consultato il 3 marzo 2021.
  20. ^ Sorta dalle esigue fondamenta di una breve notizia tramandata da alcuni cataloghi bizantini dei discepoli di Cristo (VIII secolo), la leggenda che attribuiva alla Chiesa di Milano un'origine apostolica a opera di san Barnaba svolse nel medioevo un rilevante ruolo politico nelle vicende della sede lombarda, divenendo presupposto teorico della sua eccellenza e della sua preminenza sulle rivali Aquileia e Ravenna, presidio delle sue prerogative metropolitiche e, in qualche periodo, vera arma polemica nei confronti della sede romana. È stato merito di Paolo Tomea, professore di agiografia all'Università Cattolica di Milano, l'avere ricostruito per la prima volta, muovendo su una base documentaria sfaccettata e in larga parte inedita, la storia di questa tradizione nell'arco completo della sua parabola, analizzandone la nascita, le metamorfosi, le diverse implicazioni e la fortuna, e tracciando un ampio quadro del grande dibattito storiografico che, dalla fine del Seicento, si accenderà su di essa.
    Cfr. Paolo Tomea, Tradizione apostolica e coscienza cittadina a Milano nel medioevo: La leggenda di san Barnaba, Milano, Vita e Pensiero, 1993, ISBN 978-88-343-0491-4.
  21. ^ Nel 569, quando i Longobardi occuparono Milano, si rifugiò a Genova.
  22. ^ a b c d e f Risiedette a Genova.
  23. ^ Ritornò a Milano.
  24. ^ A partire da Teodoro II, i vescovi di Milano vengono detti arcivescovi. Non è da escludere, però, che questo titolo possa essere già stato attribuito al suo predecessore san Benedetto.
  25. ^ Durante il suo episcopato per la prima volta la Chiesa di Milano fu chiamata "Chiesa ambrosiana".

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