Il lavoro vincolato può presentarsi sotto diverse forme, fra cui la schiavitù per debito. È il caso di una persona costretta a lavorare per ripagare un debito o un altro tipo di obbligazione, per esempio una cifra versata per ottenere il lavoro stesso.
Nel 2008 abbiamo incluso il lavoro vincolato fra le violazioni inammissibili del nostro Codice di condotta dei fornitori, e fissato un limite alle commissioni delle agenzie di collocamento nella nostra filiera pari a un mese di stipendio del lavoratore neoassunto. Si trattava già di uno standard più severo di quelli previsti dalla legge.
Nel 2015 ci siamo spinti ancora oltre vietando qualsiasi richiesta di commissioni per l’assunzione, anche quando la cifra rientra nei limiti fissati dalla legge del Paese in cui opera il fornitore. Oggi, se scopriamo un caso di lavoro vincolato, imponiamo al fornitore di rimborsare al lavoratore tutte le commissioni versate. Svolgiamo anche colloqui di indagine con i dipendenti per verificare che stiano lavorando di loro spontanea volontà. I fornitori responsabili di violazioni che non intraprendono azioni correttive rischiano di essere esclusi dalla nostra filiera.
Nel 2018, Apple è stata premiata con lo Stop Slavery Award della Thomson Reuters Foundation per il suo ruolo in prima linea nella lotta al lavoro vincolato.