Ernst Lubitsch

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Ernst Lubitsch
Statuetta dell'Oscar Oscar onorario 1947

Ernst Lubitsch (IPA: [ˈlubiʧ][1]) (Berlino, 28 gennaio 1892Los Angeles, 30 novembre 1947) è stato un regista, attore, sceneggiatore e produttore cinematografico tedesco naturalizzato statunitense, noto per aver contribuito, anche in virtù del suo caratteristico tocco, a segnare un'epoca per il cinema statunitense; è stato tra i primi registi ad avere l'onore di vedere il suo nome posizionato prima del titolo sui manifesti e negli elenchi del cast.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Lubitsch nacque a Berlino, in Germania, il 28 gennaio del 1892 da una modesta famiglia ebraica, figlio di Simon Lubitsch, un calzolaio russo originario di Hrodna (nell'odierna Bielorussia), e di Anna Lindenstaedt, una casalinga tedesca originaria di Wriezen, città poco distante da Berlino. Iniziò la sua carriera nel 1911 come attore teatrale presso il Deutsches Theater di Berlino. Recitò in innumerevoli ruoli e uno dei registi che lo diresse più spesso fu Max Reinhardt. A partire dal 1913 iniziò a recitare anche nel cinema. Il lavoro con Reinhardt gli permise di imparare molto sulla tecnica cinematografica, così iniziò a dirigere film muti nei quali recitò anche come protagonista.

Prima del 1918 girò soprattutto film slapstick. Interpretò anche la parte di un commesso di negozi di scarpe nella Berlino della prima guerra mondiale, nel film Pinkus l'emporio della scarpa (1916). In Quando ero morto (1916), Lubitsch interpretò la parte di un marito che ricorda il protagonista de Il fu Mattia Pascal di Pirandello. Notevoli furono La bambola di carne (1919), che rimanda a un topos hoffmaniano, e La principessa delle ostriche (1919), divertente parodia dell'american way of life dove vengono messe alla berlina la grossolanità e l'ostentazione della ricchezza dei miliardari americani e delle figlie viziate in cerca di marito.

A partire dal 1919 diresse pellicole di generi diversi, in particolare commedie e film in costume. Affrontò Shakespeare in Romeo e Giulietta sulla neve (1920), gustosa commedia montana. Altrettanto riuscito (anche se misconosciuto) fu Lo scoiattolo (1921) con Pola Negri, in particolare per certe soluzioni scenografiche. Dopo il successo di Madame du Barry (1919) con Emil Jannings (che interpretò anche la parte di Enrico VIII in Anna Bolena), nel 1922 l'attrice americana Mary Pickford invitò Lubitsch a Hollywood per il film Rosita (1923), dove l'ebreo-berlinese iniziò una nuova carriera che lo portò a dirigere le più famose attrici dell'epoca come Marlene Dietrich, Greta Garbo, Carole Lombard e Miriam Hopkins.

In La fiamma dell'amore (1923) e La zarina (1924), Lubitsch lavorò nuovamente con Pola Negri. Nei muti della Warner Bros. con Matrimonio in quattro (1924), assieme ad Adolphe Menjou. In Tre donne (1924) e Baciami ancora (1925) Lubitsch portò alla perfezione la lezione del maestro Charles Chaplin de La donna di Parigi. Ne Il ventaglio di Lady Windermere (1925) creò una versione cinematografica della commedia di Oscar Wilde di grande raffinatezza e perfezione formale.

Ernst Lubitsch nel 1931

Lubitsch trovò nel sonoro il cinema più adatto al suo gusto per la battuta maliziosa e la situazione sottilmente paradossale. Billy Wilder a questo riguardo coniò l'espressione "Tocco alla Lubitsch", per definire il mix calibrato di dosato umorismo e sottile erotismo tipico delle sue commedie sofisticate.

Negli anni trenta diresse alcuni dei suoi capolavori: da Mancia competente (1932), storia di ladri e alberghi di lusso dove bugie e verità si inseguono in un continuo gioco di specchi, a La vedova allegra (1934), ambientato in un fantastico reame d'operetta che testimonia l'origine mitteleuropea del regista; da Angelo (1937), in cui si affaccia una vena di asciutto cinismo, alla satira politica di Ninotchka (1939), il cui celebre lancio pubblicitario recitava: "il film dove Greta Garbo ride" ("Garbo laughs!").

Celebre la sua parodia di Hitler in Vogliamo vivere! (1942), ispirato alla piece teatrale Noch ist Polen nicht verloren del drammaturgo ungherese Melchior Lengyel. Ernst Lubitsch morì a Bel Air (Los Angeles) in seguito a un infarto, durante le riprese di La signora in ermellino, film terminato da Otto Preminger. Lubitsch ottenne tre candidature al Premio Oscar, ma solo nel 1947, poco prima della morte, vinse l'Oscar alla carriera.

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Premio Oscar[modifica | modifica wikitesto]

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

Regista[modifica | modifica wikitesto]

Sceneggiatore[modifica | modifica wikitesto]

Attore[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Emanuela Del Monaco, Alessandro Pamini, Ernst Lubitsch: l'arte della variazione nel cinema, Roma, Ente dello Spettacolo, 1995. ISBN 88-85095-07-0
  • Guido Fink, Ernst Lubitsch, Il Castoro cinema, La nuova Italia ed., Firenze - maggio 1977
  • Marco Salotti, Ernst Lubitsch, Recco, Le Mani-Microart'S, 1997. ISBN 88-8012-060-3
  • Catalogo della mostra Ernst Lubitsch: La magia dell'artificio, Palermo 26 novembre 1998 - 29 aprile 1999, testi a cura di Antonino Runci e Heidi Sciacchitano, 1999, Palermo, Renna.
  • (FR) Bernard Eisenschitz, Jean Narboni (a cura di): Ernst Lubitsch, Cahiers du Cinéma / Cinématèque Française ISBN 2-86642-035-7
  • Guido Fink, Ernst Lubitsch, Milano, Il Castoro, 2008. ISBN 88-8033-451-4 (riedizione)
  • Paul Vecchiali, Le génie américain: Ernst Lubitsch, "La furia umana", n. 2. autumn 2009, www.lafuriaumana.it, http://www.lafuriaumana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=94:paul-vecchiali&catid=39:histoires-du-cinema&Itemid=2
  • Samson Raphaelson, L'ultimo tocco di Lubitsch, Adelphi

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