Papiri

Sterpaglia

Per una sfida senza ricorso
 
La preminenza del «distanziamento sociale» nella discussione odierna, sia questa in forma mediatica, scientifica o informale, non potrebbe essere tale senza l’apparato tecnologico di cui oggi disponiamo. Si è quasi tentati di pensare che fuori da questa contingenza, da questo reticolato di infrastrutture molecolari e terminali digitali, ci saremmo forse accontentati del concetto di accortezza – non troppo dissimile dalla cautela che si è soliti adottare quando ci rapportiamo con persone che non sono in salute. Ma sappiamo che non è così, che nel passato le malattie virali sono sempre state accompagnate da specifiche ordinanze di potere: divieto di uscire in determinati orari, divieto di varcare determinati confini, prescrizioni sui comportamenti domestici, sulla dieta, sugli incontri e via dicendo.
Quello che probabilmente non si sarebbe potuto verificare è l’accreditamento dell’idea che si possa vivere bene anche così: confinati geograficamente, recisi da alcuni legami, dipendenti in tutto e per tutto (dal bisogno più materiale alla velleità più immateriale) dalle autorità e dal mercato. Un’estensione smisurata dell’accettazione positiva dell’oppressione impensabile al di fuori dell’attuale industria tecnologica, la quale dietro l’incanto di un sorriso scambiato tra amiche in webcam organizza l’assalto alla possibilità di sorridere gratuitamente alla vita.
Che la libertà risulti inconciliabile tanto con l’invasione dei nuovi dispositivi tecnologici quanto con l’ambiente economico che li rende possibili non può però diventare l’espediente per dimenticarsi che il corpo, l’affetto e l’amore non sono state libere configurazioni del desiderio anche quando per godere del sorriso di un’amica lontana non restava altro che incamminarsi lungo territori inospitali. Saffo canta i dolori del mondo in un tempo in cui il grado di tecnologia disponibile non era nient’altro che la disposizione arbitraria del corpo umano; mentre Artaud è proprio contro l’anatomia del corpo,contro la dislocazione degli organi incastonati al suo interno, che non smetterà di lottare.
La realtà non ci sta dinanzi per essere sacrificata in nome della tecnica o sacralizzata in nome della natura, essa ci circonda come una sfida, la cui scommessa non risiede nel vincerla o nell’essere vinti da essa, ma nel piacere di non darla vinta a nessuno.
Intempestivi

La crisi la paghino i padroni...

che la servitù volontaria la offriamo noi

 

Napoli, Roma, Torino, Milano, Firenze, Palermo, Ancona, Bologna, Livorno, Teramo, Trento... in tutto il paese aumentano le piazze da cui si alza forte l'urlo di protesta contro le misure restrittive decise dal governo: «tu ci chiudi, tu ci paghi». Il «tu» in questione è ovviamente lo Stato, reo di essersi rivelato inetto ed incapace di garantire la normalità quotidiana, dopo aver annunciato l'esistenza di una terribilissima pandemia ed aver proclamato un’emergenza sanitaria di proporzioni inusitate. Se le grandi fabbriche sono rimaste aperte, le piccole e medie imprese sono state costrette a chiudere. Per molti, i conti non tornano più.

Brulotti

Non esiste diritto alla salute

Ivan Illich
 
Ciò che viene definita «salute» è oggi fonte di confusione per molte persone. Gli esperti discettano sapientemente sui «sistemi sanitari». Alcune persone credono che senza accesso a trattamenti elaborati e costosi, le malattie dilagherebbero. Tutti si preoccupano per l'aumento della «spesa sanitaria». Si sente anche parlare di una «crisi delle cure sanitarie». Mi piacerebbe dare il mio parere su questi temi.
Prima di tutto, credo sia necessario riaffermare la verità della condizione umana: sto male. Soffro di alcuni disturbi. È certo che morirò. Alcuni sentono il dolore più intensamente, altri sono affetti da disturbi più debilitanti, ma tutti affronteremo ugualmente la morte.
Brulotti

Trasportati dal vento

Assiduo ricercatore di «un equilibrio tra responsabilità economica, responsabilità Sociale e responsabilità ambientale», il gruppo Agsm di Verona è un'impresa che afferma di avere qualche scrupolo di coscienza. Il suo scopo è ovviamente quello di ricavare profitto, ma lo vuole fare in maniera pulita, si potrebbe azzardare quasi etica. Attiva nel settore energetico, questa azienda non vuole saperne di petrolio, di gas o nucleare. Nossignori, poiché «la sostenibilità è nel dna del Gruppo Agsm» la sua specialità è lo sfruttamento delle cosiddette risorse rinnovabili. Anche il sole, l'acqua e il vento possono alimentare la Mega-macchina che sta devastando il pianeta!

Contropelo

La tirannia della flessibilità

«L'uomo moderno si è già spersonalizzato così profondamente da non essere più sufficientemente umano da tener testa alle sue macchine. L'uomo primitivo, affidandosi al potere della magia, confidava nella sua capacità di dirigere e controllare le forze naturali. L'uomo post-storico, avendo a disposizione le immense risorse della scienza, ha così poca fiducia in se stesso da essere disposto ad accettare la propria sostituzione, la propria estinzione, piuttosto di dover fermare le macchine o anche solo di farle girare ad una velocità inferiore»
Lewis Mumford, 1956
 
Riassumere un'epoca, descriverne i tratti generali e distintivi, penetrare nei rapporti sociali che la reggono è forse un'impresa impossibile. Potrebbe persino comportare — come spesso accade nelle opere di storici, antropologi, sociologi e compagnia — di pervenire ad un'approssimazione distorta, a genericità che prescindono dal reale rapporto tra società, comunità e individui. In altre parole, quando si parla della cultura di una data epoca si corre fortemente il rischio di lasciare nell'ombra gli individui che se ne distaccano, che se ne separano, che conducono o cercano di condurre un'altra vita, differente.
Brulotti

A distanza dal mondo

tusai-chi
 
Le stagioni cambiano 
i giorni sono simili 
vari epiloghi
 
possibili sogni invisibili 
strade inconoscibili
 
notti imprevedibili
 
Se la vita ha un valore quantitativo è ovvio che scienza e tecnica divengano le religioni del dominio. Il mondo si arma, progredendo verso il baratro. Oggi c'è l'ammissione ineluttabile che esso produca cura e controllo totalizzante di una malattia incurabile. Qualcuno si chiede come mai la tecnologia sembra sempre più all'avanguardia e incontestabile ma altrettanto vulnerabile? Qualcosa di invisibile ed impercettibile sta facendo crollare parte del sistema. E dato che questo mondo è basato sulla relazione millenaria fra potere e servitù, noi stiamo cadendo con esso.
Brulotti

Anarchici a Marsiglia alla fine del XIX secolo

 
Marsiglia la ladra, Marsiglia la violenta.

Marsiglia impregnata dal sudicio delle sue taverne, dagli abiti lerci dei suoi abitanti dannati.

Marsiglia dai vicoli scuri e oscuri, dai bassifondi decadenti e insidiosi.

Marsiglia, l’anarchica.

Questo l’immaginario scomodo della città più mediterranea di Francia, e in special modo del suo centro storico, eredità medievale, costruito sulla calanque Lacydon, sulla sponda settentrionale dell’attuale Vecchio Porto.

Questi bassifondi, ricettacolo di crimine e di costumi amorali, iniziano ad essere stigmatizzati a partire dagli anni Settanta e Ottanta del XIX secolo e intorno ad essi si forgia un immaginario di decadenza eretto a vergogna nazionale.
Brulotti

La religione del dominio

due giorni sullo scientismo e le tecnologie di controllo 

 
31 ottobre – 1 novembre 
Circolo “Amici del Cels” borgata Morlière – Cels, Exilles (TO) 
 
31 ottobre, ore 17 proiezione del documentario 
Fissate le luci, miei cari! di Jordan Brown (2017) 
Viviamo in un mondo di schermi. L’adulto medio trascorre la maggior parte delle sue ore di veglia davanti allo schermo di un dispositivo. Siamo abbacinati, siamo letteralmente dipendenti da Facebook, Google, Instagram, Twitter… 
 
1 novembre, ore 17 presentazione del libro 
Contro lo scientismo di Pierre Thuiller, S-edizioni (2020)
Il nome di Pierre Thuillier, filosofo, epistemologo della scienza, di cui viene qui proposto il saggio breve “Contro lo scientismo” (1980), per la prima volta tradotto in italiano, risulterà sconosciuto ai più, anche a quelle lettrici e a quei lettori familiari con le opere di altri grandi critici della tecnica come Lewis Mumford, Jacques Ellul e Günther Anders...
Brulotti

Riparliamone

 
Credevamo che non ne avremmo più sentito parlare. Dopo tutto, a questo servono le consultazioni popolari. O no? Sì, forse ci eravamo illusi che il tempo delle ipotesi sul nucleare fosse definitivamente concluso. Da Cheliabinsk (1957) a Tokaimura (1999), passando per Three Mile Island (1979) e Chernobyl (1986), i fatti avevano parlato. L’industria nucleare è l’esempio più estremo delle disastrose conseguenze provocate dallo sviluppo della scienza, ormai sottoposta esclusivamente agli imperativi della politica e dell’economia, con una totale noncuranza per la vita. Le catastrofi che accompagnano la sua storia ne dimostrano l’assoluta nocività, e smentiscono tutte le assicurazioni fornite sul conto della sua “sicurezza”. Non esiste, non può esistere un nucleare sicuro, pulito, immune da scorie tossiche e da rischi di guasti o di errori. Chi decanta le meraviglie dei reattori di terza o quarta generazione, chi esalta la fusione nucleare perché «più sicura» della fissione, mente sapendo di mentire; sa che le sue parole potranno essere prese per buone solo fino al prossimo incidente. E allora, com’è possibile che qui in Italia si torni a progettare l'utilizzo dell’energia dell’atomo? 
Brulotti

Evviva l'etnologia!

Jean Monod
 
La «scomparsa» degli Indiani ed il relativo sviluppo dell'antropologia sono i due aspetti indissolubilmente legati dello stesso dramma. Certo non si può negare le diverse attitudini del Conquistador, del missionario e del falso scienziato rispettivamente. Il primo si impadronisce di territori e sottomette le popolazioni con la forza delle armi, il secondo si preoccupa di convertire le anime, il terzo cerca di ritrovare altrove la sua ragione. Ma ciò che è fondamentale non sono queste differenze; ma bensì che questi tre diversi tipi di uomo si sono trovati concordi, al momento della Conquista e durante il Rinascimento, nello spingere l'Occidente, al momento della sua espansione, a portare fino in fondo l'esperienza della sua contraddizione fondamentale di cui ciascuno di essi era il portavoce.
Tutti fecero dono del loro oggetto al soggetto che essi veneravano sopra ogni altro: il re, Dio o la ragione; ecco in che cosa essi erano fratelli.
Brulotti

La responsabilità del popolo tedesco

Bernard Charbonneau
 
«Wessen Schuld?».  Su tutti i muri diroccati delle città tedesche, questa domanda accompagna le immagini fotografiche dei campi di sterminio. E i giornalisti alleati la pongono ai tedeschi che incontrano. La risposta è sempre la stessa: «Io non sapevo... credete che quel vecchietto dall'aria timida, o quella casalinga che ritorna dal mercato, siano capaci di simili atrocità?». Il viaggiatore straniero non vede attorno a sé volti di assassini, ma una popolazione di persone laboriose e bonarie. Il Daily Herald ci informa: Le autorità britanniche hanno dovuto rinunciare a proiettare il film sulle atrocità di Belsen nei cinema della zona da loro amministrata; il pubblico rideva come davanti ad un'oltraggiosa propaganda e, agli stranieri esterrefatti, i tedeschi rispondevano scrollando le spalle che il film era stato girato nei campi di concentramento inglesi.
Nella maggior parte dei delitti il criminale può negare, pur sapendo nel suo intimo di essere colpevole. Ma qui la colpa non è più su scala umana e il tedesco, evidentemente, non si sente responsabile. Gli viene chiesto: «Wessen Schuld? – Di chi è la colpa? Di certo non è mia, forse dei capi, o del vicino, io ho combattuto, ho lavorato, ho dovuto lottare per sopravvivere attraverso bombardamenti e battaglie, non ho fatto altro, le mie mani non sono sporche di sangue». Come si fa a far pentire un uomo di un crimine di cui si ritiene innocente?
Brulotti

Guastafeste

 

Cosa c’è di più irritante di un compleanno, di un rituale prestabilito che ogni anno ti ricorda che un bel giorno sei nato senza averlo chiesto, rimandandoti a scadenza fissa al tempo che passa fino alla tomba? Per non parlare di quelle cifre tonde che in base all'arbitrarietà del sistema decimale dovrebbero sfociare in una di quelle feste dove l'ipocrisia sociale raggiunge l'acme. Eppure, ciò che vale per l'individuo che può sempre districarsi dalle ricorrenze sparando sull’orologio, assume un’altra dimensione quando il dominio decide di autocelebrarsi. Allora non si tratta più del filo di Crono che si allunga, ma dello spettacolo del padrone che si manifesta per intimare agli schiavi l'enormità della loro servitù. Come un eterno presente il cui solo orizzonte è costituito da catene forgiate col medesimo acciaio: quello dell'autorità.
Le pubbliche commemorazioni di avvenimenti del passato costituiscono un buon esempio del duplice uso degli anniversari da parte dei potenti in carica.
Brecce

Nemesi a Wall Street

«La rivoluzione è guerra, 
e chi dice guerra dice distruzione di uomini e di cose»
Michail Bakunin
 
Per ogni singolo abitante di questo pianeta Wall Street è sinonimo di business, di affari, di mercato. Wall Street è il centro del capitalismo, il potere del denaro. Al numero 11 di quella strada avvengono infatti le contrattazioni della New York Stock Exchange — la più grande borsa valori del mondo — sebbene il palazzo della Borsa si trovi al 18 di Broad Street, tra gli angoli di Wall Street ed Exchange Place. È qui, nel distretto finanziario di Manhattan, che si giocano i destini dell’umanità. Sulle mutevoli cifre di quei tabelloni che indicano il valore di merci e titoli, ogni giorno si calcolano, si comprano, si vendono, si investono e si incassano i proventi dello sfruttamento ed i profitti della guerra. È qui che i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Dove l’avidità, il cinismo e l’arroganza sono di casa, una “chiamata” può decretare la morte di decine, centinaia, migliaia, se non milioni di esseri umani. Può provocare carestie, devastare eco-sistemi, cancellare paesi interi. È qui che è stato liquidato il prezzo del massacro di Ludlow, della deportazione di Bisbee, dello stesso conflitto mondiale — nella dimora del privilegio, nella chiesa del dollaro, nella cassaforte del potere.
Brulotti

Vita offesa

Jean-Michel Palmier

 

Pensato spesso a questa storia che raccontano i bambini in Algeria: quando si traccia un cerchio con la benzina intorno allo scorpione e vi si dà fuoco, l'artropode, sentendosi prigioniero, si punge da se stesso dietro il segmento toracico. Vero o falso che sia, questo racconto mi colpisce per varie ragioni. Ricordi di catture notturne di scorpioni in Africa, il Pandinus imperator, che spesso supera i quindici centimetri -: anche in posizione di svantaggio l'animale non esita ad attaccare. Da quando sono in ospedale ho la sensazione che l'autentica autonomia si realizzi soltanto nella decisione volontaria di interrompere il processo biologico. Perché a questa autonomia – semplice autogestione dell'handicap – non si dovrebbe preferire la morte? Una morte sdrammatizzata che significa soltanto: «Spiacente, ma questo gioco non mi interessa, amo troppo la vita per accontentarmi del suo pallido fantasma». Giocate senza di me.

Contropelo

La medicalizzazione della vita

Ivan Illich

 

Fino a tempi non lontani la medicina si sforzava di valorizzare ciò che avviene in natura: favoriva la tendenza delle ferite a sanarsi, del sangue a coagularsi, dei batteri a farsi sopraffare dall'immunità naturale. Oggi invece essa cerca di materializzare i sogni della ragione. I contraccettivi orali, per esempio, vengono ordinati «per prevenire un evento normale nelle persone sane». Certe terapie inducono l'organismo a interagire con delle molecole o delle macchine in modi che non hanno precedenti nell'evoluzione. I trapianti implicano la completa obliterazione delle difese immunologiche programmate geneticamente. Perciò il collegamento fra il bene del malato e il successo dello specialista non si può dare per presupposto; ormai dev'essere dimostrato, e l'apporto netto della medicina al carico di malattia della collettività va calcolato dall'esterno della professione. Ma qualunque accusa contro la medicina per il danno clinico ch'essa provoca non è che il primo passo nell'incriminazione della medicina patogena. 

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