Brulotti

La responsabilità del popolo tedesco

Bernard Charbonneau
 
«Wessen Schuld?».  Su tutti i muri diroccati delle città tedesche, questa domanda accompagna le immagini fotografiche dei campi di sterminio. E i giornalisti alleati la pongono ai tedeschi che incontrano. La risposta è sempre la stessa: «Io non sapevo... credete che quel vecchietto dall'aria timida, o quella casalinga che ritorna dal mercato, siano capaci di simili atrocità?». Il viaggiatore straniero non vede attorno a sé volti di assassini, ma una popolazione di persone laboriose e bonarie. Il Daily Herald ci informa: Le autorità britanniche hanno dovuto rinunciare a proiettare il film sulle atrocità di Belsen nei cinema della zona da loro amministrata; il pubblico rideva come davanti ad un'oltraggiosa propaganda e, agli stranieri esterrefatti, i tedeschi rispondevano scrollando le spalle che il film era stato girato nei campi di concentramento inglesi.
Nella maggior parte dei delitti il criminale può negare, pur sapendo nel suo intimo di essere colpevole. Ma qui la colpa non è più su scala umana e il tedesco, evidentemente, non si sente responsabile. Gli viene chiesto: «Wessen Schuld? – Di chi è la colpa? Di certo non è mia, forse dei capi, o del vicino, io ho combattuto, ho lavorato, ho dovuto lottare per sopravvivere attraverso bombardamenti e battaglie, non ho fatto altro, le mie mani non sono sporche di sangue». Come si fa a far pentire un uomo di un crimine di cui si ritiene innocente?
Brulotti

Guastafeste

 

Cosa c’è di più irritante di un compleanno, di un rituale prestabilito che ogni anno ti ricorda che un bel giorno sei nato senza averlo chiesto, rimandandoti a scadenza fissa al tempo che passa fino alla tomba? Per non parlare di quelle cifre tonde che in base all'arbitrarietà del sistema decimale dovrebbero sfociare in una di quelle feste dove l'ipocrisia sociale raggiunge l'acme. Eppure, ciò che vale per l'individuo che può sempre districarsi dalle ricorrenze sparando sull’orologio, assume un’altra dimensione quando il dominio decide di autocelebrarsi. Allora non si tratta più del filo di Crono che si allunga, ma dello spettacolo del padrone che si manifesta per intimare agli schiavi l'enormità della loro servitù. Come un eterno presente il cui solo orizzonte è costituito da catene forgiate col medesimo acciaio: quello dell'autorità.
Le pubbliche commemorazioni di avvenimenti del passato costituiscono un buon esempio del duplice uso degli anniversari da parte dei potenti in carica.
Brecce

Nemesi a Wall Street

«La rivoluzione è guerra, 
e chi dice guerra dice distruzione di uomini e di cose»
Michail Bakunin
 
Per ogni singolo abitante di questo pianeta Wall Street è sinonimo di business, di affari, di mercato. Wall Street è il centro del capitalismo, il potere del denaro. Al numero 11 di quella strada avvengono infatti le contrattazioni della New York Stock Exchange — la più grande borsa valori del mondo — sebbene il palazzo della Borsa si trovi al 18 di Broad Street, tra gli angoli di Wall Street ed Exchange Place. È qui, nel distretto finanziario di Manhattan, che si giocano i destini dell’umanità. Sulle mutevoli cifre di quei tabelloni che indicano il valore di merci e titoli, ogni giorno si calcolano, si comprano, si vendono, si investono e si incassano i proventi dello sfruttamento ed i profitti della guerra. È qui che i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Dove l’avidità, il cinismo e l’arroganza sono di casa, una “chiamata” può decretare la morte di decine, centinaia, migliaia, se non milioni di esseri umani. Può provocare carestie, devastare eco-sistemi, cancellare paesi interi. È qui che è stato liquidato il prezzo del massacro di Ludlow, della deportazione di Bisbee, dello stesso conflitto mondiale — nella dimora del privilegio, nella chiesa del dollaro, nella cassaforte del potere.
Brulotti

Vita offesa

Jean-Michel Palmier

 

Pensato spesso a questa storia che raccontano i bambini in Algeria: quando si traccia un cerchio con la benzina intorno allo scorpione e vi si dà fuoco, l'artropode, sentendosi prigioniero, si punge da se stesso dietro il segmento toracico. Vero o falso che sia, questo racconto mi colpisce per varie ragioni. Ricordi di catture notturne di scorpioni in Africa, il Pandinus imperator, che spesso supera i quindici centimetri -: anche in posizione di svantaggio l'animale non esita ad attaccare. Da quando sono in ospedale ho la sensazione che l'autentica autonomia si realizzi soltanto nella decisione volontaria di interrompere il processo biologico. Perché a questa autonomia – semplice autogestione dell'handicap – non si dovrebbe preferire la morte? Una morte sdrammatizzata che significa soltanto: «Spiacente, ma questo gioco non mi interessa, amo troppo la vita per accontentarmi del suo pallido fantasma». Giocate senza di me.

Contropelo

La medicalizzazione della vita

Ivan Illich

 

Fino a tempi non lontani la medicina si sforzava di valorizzare ciò che avviene in natura: favoriva la tendenza delle ferite a sanarsi, del sangue a coagularsi, dei batteri a farsi sopraffare dall'immunità naturale. Oggi invece essa cerca di materializzare i sogni della ragione. I contraccettivi orali, per esempio, vengono ordinati «per prevenire un evento normale nelle persone sane». Certe terapie inducono l'organismo a interagire con delle molecole o delle macchine in modi che non hanno precedenti nell'evoluzione. I trapianti implicano la completa obliterazione delle difese immunologiche programmate geneticamente. Perciò il collegamento fra il bene del malato e il successo dello specialista non si può dare per presupposto; ormai dev'essere dimostrato, e l'apporto netto della medicina al carico di malattia della collettività va calcolato dall'esterno della professione. Ma qualunque accusa contro la medicina per il danno clinico ch'essa provoca non è che il primo passo nell'incriminazione della medicina patogena. 

Intempestivi

Oltre la tristezza: rabbia!

«Non ho versato una lacrima. Ho smesso di piangere tanto tempo fa. Sono anni che vedo uccidere la mia gente dalla polizia. 
Le persone mi dicono di essere dispiaciute. Beh, non lo siate. Perché quello che è successo, succede da lungo tempo a chi ho attorno.
Tutti gli uccisi dalla polizia sono miei fratelli e sorelle. Io non sono triste, non sono dispiaciuta. Sono arrabbiata».
Leletra Widman, sorella di Jacob Blake
 
Tre notti fa, nel Wisconsin, un giovane afroamericano è incappato nel solito incontro con sbirri americani. Durante quello che i bravi cittadini definirebbero un normale controllo di polizia, nasce un diverbio. Il giovane, Jacob Blake, viene colpito alla schiena per ben sette volte. Portato in ospedale, i medici sentenziano l'atrocità: non potrà più camminare. L'ennesima vita devastata dall'autorità.
Brulotti

Quando il sole e il vento...

«Se vogliamo che tutto rimanga come è,

bisogna che tutto cambi»

Tancredi, Il gattopardo (1958)

 

Come rendere la società industriale eterna? Ecco una domanda che i dirigenti del mondo sono ormai costretti a porsi in maniera diversa. Costretti, nel senso che certi modelli di sfruttamento rischiano di avvitarsi su se stessi qualora le società continuino a seguire lo stesso schema. Ogni estate le foreste vanno in fiamme in proporzioni sempre più apocalittiche, e fino al circolo artico. Le terre si inaridiscono. Le acque del mare salgono. Gli oceani si svuotano di pesci. L'inquinamento uccide irrimediabilmente la fauna e la flora, rendendo l'essere umano ancora più dipendente dall'industria farmaceutica per far fronte a ciò malgrado tutto. Più la devastazione avanza, e più l'artificializzazione del vivente viene accolta come la sola ed unica soluzione.

Brulotti

La guerra quale costruttrice di città

Lewis Mumford

 

La guerra affrettò tutte queste trasformazioni; fu essa a determinare il ritmo di tutte le altre istituzioni. I nuovi eserciti permanenti, numerosi, potenti, temibili non meno in pace che in guerra, trasformarono la stessa guerra da un'attività spasmodica in una normale. La necessità di più costosi strumenti di guerra mise le città nelle mani di oligarchie usuraie che finanziavano la funesta politica dei governanti, vivevano lussuosamente dei profitti e del saccheggio, e cercavano di rinforzare le loro posizioni spalleggiando il dispotismo che ne derivava. In una crisi economica i fucili della soldatesca mercenaria potevano essere girati contro i miserabili sudditi ai primi segni di ribellione.

Nel Medioevo il soldato era stato costretto a dividere il potere con l'artigiano, il mercante, il prete: ora nel sistema politico degli Stati assoluti ogni legge era in realtà divenuta una legge marziale. Chiunque potesse finanziare l'esercito e l'arsenale era in grado di diventare il padrone della città. Sparare significò l'arte di governo: era una via spiccia per chiudere una discussione imbarazzante. Invece di accettare gli accomodamenti abituali che assicurarono la salutare espressione delle diversità di temperamento, interesse e fede, le classi dirigenti potevano fare a meno di tali metodi di «do ut des»: il loro linguaggio non conosceva il verbo dare che in seconda persona. Il fucile, il cannone, l'esercito permanente contribuirono a formare una razza di governanti che non riconosceva altra legge se non quella della propria volontà e del proprio capriccio, quella bella razza di tiranni talvolta sciocchi, talvolta intelligenti, che sublimarono i sospetti e le delusioni di uno Stato paranoico in un rituale politico.

Brulotti

Morte al Re

Luigi Galleani
 
E maledetto il re! dei galantuomini
dei ricchi il re che viscere non ha!
 
È inteso: l'anarchismo è iconoclasta.
Coltivare sulle tombe dei precursori il culto d'una nuova fede, erigere sui patiboli gli altari e i simboli d'una nuova religione, elevare intorno alle urne dei martiri il te-deum della beatificazione, non è nei nostri desideri, nei nostri propositi, nelle nostre aspirazioni.
E se oggi ravviviamo nell'urna sacra dei nostri cuori la fiamma dell'olocausto di Gaetano Bresci, è per rispondere ad un più virile desiderio: quello di fugare dal tumulo del baldo giustiziere la nera coorte dei gufi che vi si raccolgono ad insultare la memoria di lui; quello di rivendicare l'eroico suo atto, che la bieca turba degli sciacalli insozza della sua lurida bava; quello di ricacciare in gola ai rigattieri della antropologia manutengola l'accusa maramalda che chiunque osi levar la mano sulla sacra ed inviolabile persona del re, non può essere che un criminale; quello di sbugiardare i rauchi menestrelli che dalle bigoncio coloniali, cantano le laudi bugiarde ai savoiardi dai rimorsi gialli.
Brulotti

Pensierino

 

È quello che hanno fatto gli inquirenti che stanno indagando sull'inaspettata fiammata occorsa alla Parsec 3.26 lo scorso 27 aprile, in pieno lockdown, alla periferia di Lecce. E giacché Finimondo ha pubblicato un testo in cui non condannava e non si indignava per quanto avvenuto, anzi tutt'altro, e poiché gli animatori di Finimondo vivono a non troppa distanza dalla sede di quella ditta la cui ragione sociale ed economica è quella di incarnare il Grande Fratello, vuoi vedere che 1+1+…
Così oggi, lunedì 27 luglio, siamo stati tirati giù dal letto di primo mattino. No, non era la sveglia, era la Digos. È venuta ad effettuare una perquisizione e a consegnare ad uno di noi un’Informazione di garanzia. Lo sospettano di essere stato lui a lasciare «una pentola contenente benzina e due bombolette da gas di campeggio» nei pressi della ditta tecno-sbirresca salentina.
Intempestivi

Marciare è sempre marcire

Oggi
Piacenza, 22 luglio 2020. Una caserma intera posta sotto sequestro, dodici carabinieri indagati la maggior parte dei quali in stato d’arresto con l’accusa di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, ricettazione, estorsione, arresto illegale, tortura, lesioni personali, peculato, abuso d’ufficio. Il capo della Procura cittadina, Grazia Pradella, si dice sconvolta: «Mentre la città di Piacenza contava i tanti morti del coronavirus, questi carabinieri approvvigionavano di droga gli spacciatori rimasti senza stupefacente a causa delle norme anti Covid. Siamo di fronte a reati impressionanti, se si pensa che sono stati commessi da militari dell'Arma dei carabinieri. Si tratta di aspetti molto gravi e incomprensibili agli stessi inquirenti che hanno indagato». Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini rincara lo sfoggio d’indignazione, parlando di «accuse gravissime rispetto a degli episodi inauditi e inqualificabili. Fatti inaccettabili, che rischiano di infangare l'immagine dell'Arma».
Intempestivi

Niente, a Nantes

Da quanto tempo ci dicono, ci ripetono, ci ammoniscono che niente sarà più come prima? Che stiamo attraversando un periodo storico inedito, affrontando eventi che muteranno totalmente la nostra vita, nei suoi aspetti maggiori come in quelli minori?
Il lavoro, non sarà più come prima.
Il divertimento, non sarà più come prima.
Andare a far la spesa, non sarà più come prima.
Viaggiare, non sarà più come prima.
La socialità, non sarà più come prima.
Manifestare e protestare, non sarà più come prima… anzi, non sarà proprio più possibile.
Miraggi

La Macchina si ferma

Edward Morgan Forster
 
Pubblicato per la prima volta nel 1909, in largo anticipo sulle celebri opere di Huxley e Orwell, questo lungo racconto è — a detta del suo autore — «una reazione ad uno dei paradisi di H. G. Wells». Lo scrittore inglese Edward Morgan Forster (1879-1970) vi immagina un’umanità costretta a vivere in enormi città sotterranee dopo aver fallito il suo tentativo di soggiogare la natura. Adesso è la Macchina a provvedere a tutti i bisogni degli esseri umani, i quali vivono chiusi all'interno di piccole celle esagonali e trascorrono il loro tempo parlandosi tramite tubi e guardandosi attraverso piastre colorate. Tutto avviene sotto lo stretto controllo della Macchina che, da strumento al servizio dell’essere umano, ne è diventata la dea-padrona a cui rivolgere le proprie preghiere: «La Macchina ci nutre e ci veste e ci dà una casa; grazie a lei possiamo parlarci, grazie a lei possiamo vederci, in lei è custodita la nostra essenza... la Macchina è onnipotente, eterna, benedetta sia la Macchina».
Brulotti

La classe politica

Gaetano Mosca
 
Giurista, politologo, parlamentare nelle file della Destra, Gaetano Mosca (1858-1941) può essere considerato uno di quegli uomini di potere che ha parlato troppo. Principale teorico dell’elitismo assieme a Pareto, la sua analisi della classe politica è stata definita «il maggior contributo italiano alla storia del pensiero politico». Di sicuro, uno dei più schietti. Mosca spiega come ogni sistema di potere, quale che sia l'aspetto formale che assume, sia comunque retto da una oligarchia. In monarchia come in democrazia, è sempre una ristretta minoranza di potenti e di ricchi a decidere, a governare, a difendere i propri privilegi e ad imporre la propria volontà. Tutto il resto sono chiacchiere.
Brulotti

Signori, siete pazzi!

Lewis Mumford
I pazzi governano i nostri affari nel nome dell'ordine e della sicurezza. I capi-pazzi si fregiano col titolo di generale, ammiraglio, senatore, scienziato, amministratore, segretario di Stato e persino Presidente. E il sintomo fatale della loro follia è questo: hanno realizzato una serie di atti che alla fine condurranno alla distruzione dell’umanità, con la solenne convinzione di essere persone normali, responsabili, che vivono una vita equilibrata e perseguono scopi ragionevoli.

Giorno dopo giorno, senza esitazione, i pazzi continuano a percorrere i moti inesorabili della follia: moti così stereotipati, così banali, da apparire moti normali di uomini normali, e non compulsioni di massa di persone protese verso la morte totale. Senza alcun mandato pubblico, i pazzi si sono incaricati di condurci gradualmente verso quell'atto finale di follia che corromperà il volto della terra e spazzerà via le nazioni degli uomini, mettendo probabilmente fine ad ogni forma di vita sul pianeta.

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