La resistenza contro lo sgombero dell'Asilo e contro gli arresti per associazione sovversiva si è propagata dal tetto di via Alessandria 12 alle strade di Torino. E da qui ha raggiunto altre città oltrepassando anche i confini nazionali, alimentata dai nuovi arresti durante i cortei. Quello che segue è una raccolta di tutte le azioni di solidarietà che è appena cominciata.
Inseguendo la chimera
NOTE A PARTIRE DALL’OPERAZIONE SCINTILLA
Dopo mesi concitati, nel tentativo di dare una degna risposta allo sgombero dell’Asilo e all’arresto di sei compagni e compagne, nel tentativo di mantenere viva la voglia di lottare in questa città, ci prendiamo ora il tempo di fare alcuni ragionamenti su questo teorema inquisitorio partorito dalla Questura, fatto proprio dalla Procura e avvallato da una GIP. Un teorema che per il momento non ha retto il primo impatto con il Tribunale del Riesame, dopo tre mesi sono infatti usciti dal carcere cinque compagni, ma che costringe ancora Silvia tra quelle mura e in condizioni di detenzione particolarmente afflittive.
A indagini ancora aperte vale la pena spendere sopra queste carte qualche parola, tra le altre cose perché contiene alcune indicazioni che sono il segno dei tempi su come costringere certi anarchici al silenzio, seppur non del tutto nuove. Già quindici anni fa infatti si poteva leggere in un libretto, dal titolo ‘L’anarchismo al bando’, di come le strategie repressive mirassero a “togliere agli anarchici ogni possibilità di agire in gruppi di più persone articolando anche alla luce del sole il loro intervento, proprio in quanto finalizzato all’insurrezione generalizzata”.
Questo lavoro di analisi uscirà a puntate, una alla settimana, che si concentreranno su alcune specificità dell’operazione Scintilla e della lotta contro i Centri di detenzione per immigrati. A scriverle sono alcuni compagni, alcuni imputati e indagati in quest’inchiesta, altri no, che nel corso degli anni si sono battuti contro la detenzione amministrativa.
Attorno a un perché
Oggetto dell’operazione Scintilla è stata la lotta contro i Centri di detenzione per immigrati senza-documenti. Una lotta che in diverse città, e in special modo a Torino, dura da ormai più di 15 anni, quando gli attuali Cpr si chiamavano ancora Centri di Permanenza Temporanea.
Acronimi cambiati più volte nel corso del tempo, senza alterare la sostanza di questi Centri, la funzione che sono chiamati a svolgere e le ragioni che hanno spinto alcuni compagni a battersi, nel corso degli anni, per la loro distruzione. Ragioni di carattere etico, innanzitutto. A spingerci a lottare è stata certamente l’indisponibilità ad accettare l’esistenza stessa della detenzione amministrativa. L’urgenza di mantenere viva questa tensione la leggiamo tra le righe delle pagine di giornale, nelle parole che fanno eco alle politiche intransigenti del ministro Salvini in materia di sbarchi. Queste non solo ci mostrano quanto massiccia sia la violenza perpetuata dallo Stato, ma guardando anche all’ultimo caso Sea Watch 3 la chiusura dei porti permette di presentare come un gesto di grande umanità la decisione di qualche magistrato di far approdare i profughi nel centro di Lampedusa. Un posto verso il quale, fino a qualche anno fa, persino una certa sinistra si sarebbe domandata se le condizioni di vita nell’hotspot non comportassero una lesione dei cosiddetti “diritti umani”.
La tensione etica che ci portiamo dentro è particolarmente preziosa, specie in tempi come questi costellati di tragedie che molte volte sembrano scivolarci addosso senza suscitare in noi chissà quale sussulto. Le stragi nel Mediterraneo ad esempio si susseguono ormai con un’agghiacciante regolarità e a volte si ha la sensazione che ci si stia quasi abituando, che stanno entrando a far parte della nostra normalità. E se la violenza e gli orrori prodotti dal capitalismo sono destinati a crescere e a farsi sempre più vicini, costellando la quotidianità delle città in cui viviamo, prendersi cura di questo sentimento etico e trattarlo come uno dei beni a noi più cari è di particolare importanza. Una cura fatta di attenzione emotiva, riflessioni e soprattutto di azioni, volte a contrastare l’abbassamento, e la futura potenziale scomparsa, dell’asticella di ciò che siamo disposti a ritenere inaccettabile.
Nell’esprimere la nostra solidarietà ai reclusi, nello sforzo continuo di sostenere da fuori la loro lotta affinché di questi Centri non rimangano che macerie, siamo consapevoli che queste macerie non rappresentano soltanto la libertà per i tanti uomini e donne che vi sono rinchiusi, ma sono un pezzo importante della nostra possibilità di lottare.
Questi Centri sono infatti un tassello fondamentale nella gestione dei flussi migratori, uno dei problemi in cima all’agenda dei governanti di ogni dove. La loro funzione è da un lato di rinchiudere e permettere l’espulsione di un buon numero di immigrati irregolari, togliendo dalle strade una parte di quell’eccedenza umana che è di troppo rispetto alle esigenze capitaliste; dall’altro i Centri fungono da deterrente per chi resta fuori, instillando la paura e favorendo così l’imposizione di condizioni di vita e salariali sempre più al ribasso ai tanti cui manca o potrebbe mancare un documento valido in tasca. Una dinamica che, a cascata, è destinata poi a peggiorare le vite di molti altri, italiani compresi, naturalmente.
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macerie @ Maggio 25, 2019
Incendio al carcere, Boba arrestato
Nella notte di ieri sera, mercoledì 22 maggio, dopo le ore 23:00 la polizia ha bussato alla porta di Boba, Mitzi e Victor con il pretesto di notificare un avviso orale alla compagna. Una volta dentro però, oltre alle carte per lei hanno sfilato dalle borse anche un mandato di arresto per Boba.
L’episodio sotto inchiesta risale alle prime iniziative messe in campo dopo l’operazione Scintilla, in particolare al saluto nel pratone delle Vallette avvenuto al termine della manifestazione antifascista contro la commemorazione annuale delle foibe. In quell’occasione aveva preso fuoco la pasticceria del carcere. L’accusa è di incendio (art.423), la cui pena prevista va da tre a sette anni, con l’aggravante (art.425) di aver commesso il fatto su “edifici pubblici […], destinati a uso di abitazione […], su ammassi di materiale combustibile o esplodente”. Inoltre gli viene contestato il reato di accensioni pericolose (art.703) per aver usato, secondo l’accusa, un razzo nautico, che tuttavia prevede un pena pecuniaria o l’arresto fino a massimo un anno.
Durante l’operazione la polizia ha effettuato una perquisizione sequestrando tutti i computer presenti in casa. Per assicurarsi di non avere ficcanaso tra i piedi ha richiesto l’intervento di tre volanti che hanno tenuto lontani i primi amici accorsi sul posto.
In attesa di aggiornamenti per chi volesse scrivergli indirizzate lettere e telegrammi a :
Marco Bolognino - C/o C.c. Lo Russo e Cutugno - via M.A.Aglietta 35 - 10151 Torino
macerie @ Maggio 23, 2019
Ai turisti puzza il culo
Ormai oltre l’ora dell’aperitivo, un gruppetto di persone ha fatto una veloce capatina al già decadente Mercato Centrale di Torino. Sicuramente non per degustare un formaggio di Occelli, né per vedere se i sigilli messi dall’Asl alla macelleria di carni piemontesi fossero ancora lì, e nemmeno per sondare gli umori dei lavoratori che si sono visti dimezzare i turni dato che l’affluenza dei visitatori-consumatori sta diventando sempre più scarsa. Ma per lasciare uno striscione volante, per ricordare che cos’è la riqualificazione, per lanciare una pioggia di volantini che paragonavano i prezzi del cibo dentro quel polo gastronomico alla paga di chi carica e scarica cassette all’ortofrutta. Un modo per rammentare gli interessi neocoloniali tramati da progetti come Eatnico, un modo per rammentare, come è ovvio, che ai turisti puzza il culo.
Mentre gli avventori cercavano di afferrare un volantino, i lavoratori tentavano di raccoglierli prima che venissero presi dai curiosi. Intanto qualcuno si defilava dalla porta d’emergenza, per essere rincorso da un cuoco e un tuttofare in divisa del Mercato Centrale. Le due auto-proclamate guardie lanciavano imprechi assieme a bottigliette piene d’acqua, salvo poi rivelare, dopo un paio di vie, che non avevano nemmeno chiaro il motivo dell’inseguimento. A loro era stato semplicemente ordinato.
macerie @ Maggio 21, 2019
Presidio Contro FORZA NUOVA
Mentre Forza Nuova è a caccia di voti nelle periferie parlando di mafia nigeriana e il popolo democratico agita la bandiera dell’ antifascismo sconcertandosi per presenze scomode al grande salone (del business) del libro, in tanti continuano a resistere e sopravvivere nei quartieri della riqualificazione. Forza Nuova ha indetto un presidio vicino a via Alessandria 12 per “liberare definitivamente Aurora, per restituirla definitivamente agli italiani”. Un programma insomma in piena regola rispetto alla loro storia, un misto tra imbecillità megalomane e il solito ruolo di lacchè del capitale spacciato per eroico: secondo loro arrivare a dare l’ultimo colpo di scopa nella pulizia che i padroni hanno iniziato a fare nei quartieri interessati dai loro investimenti. I fascisti non mancano in questo certo di una certa coerenza, la loro propaganda, in maniera complementare ai discorsi di Comune e imprenditori, alimenta la guerra tra poveri in una logica razzista. I cortei contro il degrado promossi da queste realtà non sono che uno specchietto per le allodole che distoglie lo sguardo dai reali fautori del malessere e dello sfruttamento, dalla guerra padronale. In continuità con la loro storia, i neofascisti non sono che avvoltoi che cercano di agire dove le politiche capitalistiche fanno i loro scempi.
Di certo non permetteremo che partano dall’ex Asilo occupato.
Presidio contro FORZA NUOVA, martedì 18.30 corso Brescia angolo via Alessandria, davanti l’ex Asilo Occupato.
Gli unici stranieri sbirri e fasci nei quartieri.
macerie @ Maggio 20, 2019
Dal Cpr alle politiche globali
Quattro giorni di lotta e discussione organizzati dall’assemblea contro detenzione amministrativa e frontiere che si vede settimanalmente in via Tollegno.
Giovedì 30 maggio, Campus Luigi Einaudi, ore 18: discussione sui decreti sicurezza e le loro conseguenze con gli avvocati Gianluca Vitale e Laura Matrinelli; a seguire aperitivo.
Sabato 1 giugno, Giardino Schiapparelli (quello della Smat), ore 18: “Le cause internazionali e politiche delle migrazioni”, dibattito con professor Pietro Basso. In caso di pioggia l’incontro si terrà in via Tollegno 83.
Domenica 2 giugno, Piazza Castello, ore 15: biciclettata fino al CPR dove alle 17 inizierà il PRESIDIO contro il centro per “irregolari”.
Giovedì 6 giugno, Via Tollegno 83, ore 18: discussione sl Cpr e sul sistema dell’accoglienza, a seguire aperitivo.
macerie @ Maggio 18, 2019
Promenade e democrazia
Abbiamo deciso di accompagnare anche noi, metaforicamente parlando, l’ex ministro Minniti nella sua passeggiata attraverso Aurora, durante la quale come nella migliore tradizione peripatetica ha dispensato ampie lezioni a tutti i presenti, quelle pillole di democrazia per le quali è tristemente famoso. Insieme a lui, a fargli da Cicerone o da uditori, il senatore Stefano Esposito, la consigliera Nadia Conticelli, il presidente di Circoscrizione Luca Deri e i membri dei comitati di quartiere. Questi ultimi, invero, più patetici che peripatetici.
La sua testa lucida come una lampadina ha saputo abbagliare i riflettori dei giornalisti proprio nel punto culmine di questa promenade: manco a dirlo ai giardini di via Alimonda, teatro del disagio e dell’insicurezza più assoluta! Minniti ha sostenuto che la formula perfetta per la riqualificazione della zona è un cocktail di tre fattori: presidio delle forze dell’ordine, risanamento dell’area da parte dei civich con l’obiettivo di scovare ogni povero che si annida in subaffitti e negozi trasformati in abitazioni e molte più telecamere. Insomma nulla di nuovo, forse solo detto meglio, in modo più completo e tutto assieme: controllo diretto, controllo remoto!
macerie @ Maggio 18, 2019
Canzone di maggio
Corso Brunelleschi, arriva la primavera, se non fosse per le alte e verdeggianti fronde degli alberi che superano la cinta di mura, dentro alla prigione per senza documenti non se ne accorgerebbero.
La vita nel Cpr non scorre ma friziona e urta, sbatte contro il perimetro della gabbia e torna indietro. La vita nel Cpr è costretta in una struttura che cade a pezzi, con la beffa dell’incuranza che s’accompagna al danno della reclusione. Il decreto sicurezza inizia a farsi sentire anche dentro a centri come questo peggiorando la situazione per i reclusi. È ragionevole pensare che i tagli voluti dal Ministero siano andati a incidere celermente nella gestione dei servizi: se Salvini riduce la spesa, il gestore Gepsa, la multinazionale francese specializzata nella detenzione privata, continua a tenere stabili i suoi lauti utili mentre spreme fino allo stremo i ragazzi rinchiusi facendo scarseggiare persino il cibo; anche i cosiddetti charlie, ovvero i lavoranti civili, sono sempre meno. E se è vero che ai reclusi fa piacere togliersi dalla vista certi personaggi in pettorina che esercitano il potere quasi come gli sbirri stessi, è tuttavia esasperante essere tenuti in gabbia senza neanche il numero di inservienti sufficiente a servire i pasti.
Centri di permanenza che sembrano ambire a diventare vere gabbie di morte, lager di una guerra sempre più esplicita, senza più pudore. Pian piano il Cpr diventa una struttura oltre la prigione, oltre il campo di una guerra globale, diviene recinto di nudo controllo.
macerie @ Maggio 16, 2019
Buchi neri
Un paio di compagni dopo aver navigato attraverso il corteo del 1° maggio hanno deciso di mettere giù alcune considerazioni parziali su quello che hanno visto e vissuto in quella giornata.
Che il primo maggio da lunghi decenni sia una giornata controversa, per usare un dolce eufemismo, è pacifico nel cuore di molti, se non altro nella sua declinazione a festa sindacale e politica in cui sotto l’egida del lavoro - neanche più quella dei lavoratori - le becere rappresentanze possono aggiornare il portfolio al mercato della politica, mostrarsi come guida per l’elettorato, consiglieri nello sfruttamento, forza del sociale. Tuttavia, in questo periodo in cui il centro della città è difeso da ordinanze prefettizie e ogni grossa manifestazione con delle dichiarazioni minimamente bellicose viene completamente blindata, la “festa dei lavoratori” pare ancora un’occasione per incontrarsi in strada con la volontà di mettersi di traverso. Politici e istituzioni che decidono sulle nostre teste, rintanati nei palazzi, sfreccianti nelle corsie dei tram sulle loro autoblu, si affacciano nelle vie del centro in mezzo al popolino, seppur circondati da cordoni di celere.
Ci si domanda allora che senso abbia partecipare alla manifestazione del primo maggio se non per cogliere l’occasione di avvicinarsi a tal punto ai potenti da tirargli almeno un sonoro e ribaltante coppino alla nuca. Che questo avvenga nello slancio di un disoccupato solitario, in un piccolo gruppo di lavoratori incazzati o in una forza d’urto ancora più collettiva dipende dal coraggio contagiatosi nelle esperienze quotidiane di lotta. Ma su questo fronte, purtroppo, le difficoltà sono evidenti da tempo.
macerie @ Maggio 4, 2019
Ultime da carceri e tribunali
Da ormai più di una settimana Silvia, Agnese e Anna, sono state trasferite dalla sezione AS2 (Alta Sicurezza) del carcere di Rebibbia a quella dell’Aquila. Un carcere, quello del capoluogo abruzzese, in cui la quasi totalità della popolazione carceraria è sottoposta al 41 bis. Un regime di carcere duro che prevede l’isolamento 23 ore al giorno, la riduzione delle ore d’aria, l’impossibilità di cucinare in cella, dove l’ingresso della luce è limitato dalla presenza di pannelli opachi di plexiglass, dove c’è una sola ora di colloquio con i familiari che per di più avviene attraverso vetri divisori senza la possibilità di alcun contatto. Non si ha inoltre la possibilità di tenere più di quattro libri in cella, la corrispondenza è sempre sottoposta a censura, è impossibile partecipare ai processi se non attraverso la videoconferenza. Nelle carceri dove è presente il 41 bis, l’ombra di questo regime si estende ben al di là di queste sezioni andando a modificare le condizioni di detenzione del resto dei prigionieri.
Silvia, Agnese e Anna si trovano quindi in celle singole, con i blindi chiusi, nello spazio che era la vecchia sezione 41bis femminile. La loro giornata è scandita da una sveglia alle 7 con l’apertura dello spioncino, alle 8 le guardie passano a battere le sbarre delle finestre per testarne la resistenza, hanno due ore d’aria al mattino e due al pomeriggio. Ogni spostamento da fuori a dentro la cella è cadenzato da un controllo con il metal detector, vengono scansionate in media 12 volte al dì, inoltre ogni giorno subiscono una perquisizione generale personale. Hanno una sola ora di socialità in una stanzetta angusta. Le loro celle sono attrezzate con televisione e bagno, ma non hanno un armadio per riporre vestiti, cibo, libri e oggetti. Hanno in dotazione un armadietto fuori dalla cella in cui possono riporre al massimo 7 capi di ogni tipo di vestiario, quando rimuovono o posano qualcosa viene controllato e ricontato ciò che rimane. In cella possono tenere solo tre libri. Le loro radio sono state piombate, nella televisioni presenti nelle celle è stata oscurato l’orario dal monitor della tv. E’ praticamente impossibile avere cognizione di che ora sia. Le secondine che le sorvegliano sono del corpo dei Gom, donne abbruttite dell’organo speciale di picchiatori della penitenziaria. Le compagne in poco più di una settimana hanno preso nove richiami disciplinari. Una di loro ha appoggiato un piede sul muro della saletta della socialità, un’altra è uscita all’aria con una penna.
Il carcere ha disposto sin da subito il blocco della posta per tutte e tre in entrata e in uscita. Ad oggi rimane in vigore solo per Silvia, dal giorno del loro trasferimento, sabato 6 aprile, si è vista recidere quel filo - già fino per colpa della censura - di comunicazioni fatto di lettere, telegrammi e pieghi libri con fuori. Legame che è fondamentale per infrangere l’isolamento a cui il carcere costringe, ancor più in una sezione di AS2 in cui ci sono quattro prigioniere.
Qualche giorno fa Agnese, in videoconferenza dal carcere aquilano durante un’udienza del processo per la manifestazione al Brennero, ha descritto le condizioni a cui sono sottoposte definendo la sezione As2 come una tomba.
macerie @ Aprile 17, 2019
Non c’è posto
Ha aperto i battenti nella serata di sabato la sede torinese del Mercato Centrale. L’evento, pubblicizzato da giorni da un po’ tutte le testate locali, ha richiamato una gran folla di curiosi disposti a una lunga fila per vivere l’esperienza di un panino alla mortadella da 8 euro all’interno di questo distretto eno-gastronomico. Nonostante i locali siano stati apparecchiati celermente - i lavori sono partiti a fine estate 2018 - con strutture di cartongesso, con la qualità di una scenografia usa e getta, a brindare tra i vari stand e cucine a vista c’erano anche i signori della città. La loro presenza in questo palinsesto scenografico mostra con nettezza l’intento del rinnovo del Palafuksas, una potente opera immobiliare di rinnovo urbano, il salotto dove i politici ringraziano gli investitori che mettono a produzione parti di città.
L’impreditore Umberto Montano con sfacciataggine presenta i prodotti della sua opera con un megafono - speriamo che non sia lo stesso che gli sbirri hanno sequestrato ai contestatori ai piedi del palazzo color melma. A fianco di Cortilia, il mercatino dentro il mercato, dove si può fare “la spesa più composita”, un esaltato Marcello Trentini, chef stellato che al suo Mago Rabin fa mangiare a suon di centinaia d’euro, annuncia che farà una cucina popolare delle verdure. Non suona tutto così stonato a fianco di un mercato dove trovi di tutto senza tanti giri di parole? La gente compra quello di cui ha bisogno, riconoscendo la forma, il colore e il prezzo, lo stesso mercato dove centinaia di uomini e donne si spaccano la schiena per due spicci per sopravvivere, lo stesso luogo in cui gente senza nulla fruga in mezzo al putrido per racimolare cibo per sfamarsi.
Questi investitori hanno cercato di lavarsi la faccia, ma la pummarola très chic che vendono ha fatto un disastro. Sul blog del Mercato Centrale un’articolista che potrebbe aver frequentato il corso Corporate Storytelling della Holden scrive “L’abilità (di una città e di chi la fa) è quella di saper trovare il giusto equilibrio. C’è un confine da non superare ed è l’abilità nel rispettarlo che fa la differenza: chi vuole i colori e i sapori dell’etnico deve essere effettivamente in grado di rispettare la multiculturalità e saperla abbracciare. La gentrificazione è per definizione esclusiva e diventa inclusiva quando l’offerta vale per tutti: è qui che entra in ballo il cibo. Chi ama valorizzare la tradizione e gli ingredienti poveri, con lo sguardo attento dell’ecologista e l’expertise di chi fa la lotta agli sprechi, chi dagli scarti crea capolavori d’alta cucina, può non cadere nella trappola del criticismo anti-gentrificazione. Restituire qualcosa di buono e autentico a una città – riqualificarla senza snaturarla e renderla accessibile a tutti – è ancora possibile.“
macerie @ Aprile 16, 2019
Della solidarietà, degli errori e di come avanzare
Assemblea pubblica per discutere di come è andato il corteo del 30 marzo
Giovedì 4 aprile ore 18:00
via Tollegno 83
Scambiamoci opinioni, valutazioni e critiche su una giornata importante e difficile, per poter continuare ad avanzare nonostante gli sbarramenti militari in cui siamo incappati sabato scorso.
macerie @ Aprile 2, 2019
Una città sotto assedio
Il corteo di sabato 30 marzo resterà certamente impresso nella memoria di tanti. Per contrastare una manifestazione che voleva bloccare la normalità cittadina, le autorità locali hanno pensato bene di militarizzare una considerevole porzione di Torino. Per tutta la giornata di sabato hanno istituito una gigantesca Zona Rossa, che superava l’intero centro cittadino estendendosi fino ai quartieri di Aurora, Barriera di Milano e di San Salvario. Per farlo hanno schierato circa duemila agenti, oltre a blindati, elicotteri e idranti, chiuso tutti i ponti sulla Dora con camionette e grate, e bloccato per sei ore corso Novara e via Aosta per impedire a duecento compagni di raggiungere il corteo. Hanno sospeso le corse di molti tram, disposto la chiusura dei dehors di numerosi bar e anticipato quella di alcuni mercati rionali. Per alcune ore sono state poi chiuse le fermata della Metro di Porta Nuova e gli stessi ingressi centrali della stazione. Persino la raccolta dei rifiuti è risultata sconvolta da questo dispositivo militare, i cassonetti di un bel pezzo della città sono stati infatti rimossi diverse ore prima l’inizio della manifestazione. Continua a pag. 33525
macerie @ Aprile 2, 2019
Nicco libero!
Nel pomeriggio Niccolò è uscito dal carcere di Cuneo e dovrà recarsi tutti i giorni a firmare presso il commissariato più vicino a casa sua.
Resta invece ancora in sospeso la situazione di quattro compagni, che si stavano recando a Torino per il corteo del 30, fermati venerdì sera nei pressi del casello di Rondissone. Accusati di detenzione di materiale esplodente, si trovano da allora nel carcere delle Vallette dove questa mattina hanno avuto l’udienza di convalida dell’arresto. Non appena ne conosceremo l’esito ve lo faremo sapere.
macerie @ Aprile 1, 2019
20 centesimi - Nicco ancora trasferito
Venti centesimi è il costo del foglio formato F4, dalla grammatura della carta da fotocopie, un foglio prestampato da allegare al pacco di viveri e biancheria che i parenti fanno entrare a colloquio ai loro cari detenuti nel carcere di Cuneo. Dopo aver attraversato pezzi d’Italia con il treno, dopo aver camminato dalla stazione alla periferia campagnola e assolata per trenta minuti, ecco lo sportello del penitenziario in lasciare l’obolo dorato per avere il prezioso prestampato, indispensabile per inoltrare il pacco.
Le norme che regolamentano il contatto tra dentro e fuori al carcere - se può entrare la cioccolata oppure no, se i soldi per permettere a chi è recluso di farsi la spesa si possono versare direttamente allo sportello del carcere oppure dalla banca, se i colloqui si prenotano almeno con tre giorni d’anticipo o meno - sono quelle che s’imparano andando a trovare i propri cari reclusi. Ma non pensate di aver capito tutto sulla detenzione quando potrete consigliare la foggia delle calzamaglie ammesse e la marca dei salumi impacchettati a dovere, i trasferimenti rimettono le vostre conoscenze a soqquadro.
Ogni carcere ha le sue regole.
E ci vuole una manciata di colloqui prima di capire come comportarsi e non tornare a casa senza aver visto il viso desiderato oppure rimanere con in mano una borsa piena di cibo che non ha passato il varco.
E una buona dose di pazienza.
Oggi Niccolò, dopo una settimana passata a Ivrea, è stato nuovamente trasferito.
Per continuare a scrivergli indirizzate le lettere a Niccolò Blasi, Via Roncata, 75, 12100 Cuneo.
macerie @ Marzo 28, 2019