(it-en) Aggiornamenti sui processi per la manifestazione del 7 maggio 2016 al Brennero

[Riportiamo un aggiornamento sui processi relativi alla manifestazione “Abbattere le frontiere” del 7 maggio 2016 al Brennero (Trentino)].

Aggiornamenti processo Brennero

L’ultima udienza di “Brennero1” (per intendersi, il primo troncone per i fatti del Brennero che vede imputate 64 persone generalmente per i reati di “travisamento”, “interruzione di pubblico servizio” e “radunata sediziosa”) del 25 gennaio è stata rinviata al 10 maggio per difetto di notifica. In questa udienza è probabile che venga fissato il calendario delle udienze di dibattimento.

Il 12 aprile invece, come da ultimo aggiornamento, ci sarà la prima udienza preliminare di “Brennero2” (che vede imputate 63 persone generalmente per “devastazione e saccheggio”, “radunata sediziosa”, “interruzione di pubblico servizio”, “resistenza”, “lesioni personali”, “violenza privata”, “porto di oggetti atti ad offendere”).

È stata creata una e-mail a cui scrivere per ricevere aggiornamenti specifici. Ad oggi però, non c’è molto più da aggiungere. La e-mail è: torniamoalbrennero[at]anche.no

[Tratto da roundrobin.info].

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[We report an update on the trials related to the “Abbattere le frontiere” demo (7 May 2016 at Brennero, in Trentino, Italy)].

Brennero trials updates

The last hearing of “Brennero1” (to be clear, the first branch for the Brennero events that sees 64 people generally charged for the crimes of “misrepresentation”, “interruption of public service” and “seditious gathering”) of January 25 was postponed as of May 10th due to lack of notification. In this hearing it is likely that the calendar of hearings of hearing will be fixed.

On April 12 instead, as from the last update, there will be the first preliminary hearing of “Brennero2” (which sees 63 people generally charged with “devastation and pillaging”, “seditious gathering”, “interruption of public service”, “resistance”, “personal injuries”, “private violence”, “port of objects suitable to offend”).

An e-mail has been created to write to receive specific updates. However, today there is not much more to add. The e-mail is: torniamoalbrennero[at]anche.no

(it-en) Operazione “Renata”: Un aggiornamento

[Below English translation].

Operazione “Renata”: Aggiornamento

Pubblichiamo, in ritardo per un disguido tecnico, questo aggiornamento ricevuto il 20/03 :

I giudici del riesame hanno considerato insussistenti le accuse di terrorismo, quindi il 270bis e le aggravanti. Il reato ipotizzato ora è quello di 270 ossia associazione sovversiva. Ad ogni modo le compagne e i compagni rimangono per ora in carcere.

Tutti liberi, tutte libere!

[Tratto da roundrobin.info].

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An update on “Renata” operation against anarchists in Trentino (Italy)

[Note of roundrobin.info website]: We are posting, delayed due to a technical problem, this update received on 20/03:

The judges of the review [“giudici del riesame”, in Italian] considered the accusations of terrorism to be non-existent, therefore the 270bis accuse and the aggravating ones. The alleged crime is now of 270 or rather “subversive association”. In any case, the comrades remain in prison for now.

All free!

(it-en) Operazione “Scintilla”: Niccolò trasferito nel carcere di Cuneo

Operazione “Scintilla”: Niccolò trasferito nel carcere di Cuneo

Niccolò Blasi, anarchico arrestato il 7.02.2019 nell’ambito dell’operazione repressiva “Scintilla” – che comportò lo sgombero dell’Asilo Occupato a Torino e l’arresto di sei persone (di cui due successivamente scarcerate a seguito del venire meno dell’accusa di “associazione sovversiva”) -, è stato nuovamente trasferito, questa volta dal carcere di Ivrea a quello di Cuneo. Di seguito l’indirizzo:

Niccolò Blasi
Casa Circondariale di Cuneo
via Roncata 75
12100 Cuneo

Mentre gli altri arrestati il 7.02.2019 ancora detenuti si trovano sempre nelle carceri di Ferrara e Roma Rebibbia femminile. Di seguito gli indirizzi:

Silvia Ruggeri
C. C. di Rebibbia femminile
via Bartolo Longo 92
00156 Roma

Antonio Rizzo e Giuseppe de Salvatore
C. C. di Ferrara
via Arginone 327
44122 Ferrara

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“Scintilla” repressive operation (Italy): Niccolò transferred to Cuneo prison

Niccolò Blasi, anarchist arrested 7.02.2019 in the context of the repressive “Scintilla” operation – which involved the eviction of the Asilo Occupato in Turin and the arrest of six people (two of whom were subsequently released from prison following the fall of the “subversive association” accusation) -, was again transferred, this time from the prison of Ivrea to that of Cuneo. Below is the address:

Niccolò Blasi
Casa Circondariale di Cuneo
via Roncata 75
12100 Cuneo
Italia (Italy)

While the others arrested on 7.02.2019 still in detention are always in the prisons of Ferrara and Rome Rebibbia. Here are the addresses:

Silvia Ruggeri
C. C. di Rebibbia femminile
via Bartolo Longo 92
00156 Roma
Italia (Italy)

Antonio Rizzo and Giuseppe de Salvatore
C. C. di Ferrara
via Arginone 327
44122 Ferrara
Italia (Italy)

Attacco!

Ogni mattina, il suono della sveglia mi strappa al sonno. Atto primo: accendo il mio cellulare.
Tramite satelliti, snodi di comunicazione, antenne e quant’altro, il mio telefono si sincronizza con quelli di tutti gli altri. Viviamo la stessa vita nello stesso tempo. Connesso ad internet, qualcosa di invisibile mi attraversa, il mio telefono invia e riceve incessantemente. Non appena il ritmo della notte viene ucciso dalla suoneria ed io mi sincronizzo con il mondo in rete, è un altro tempo a dominare. Lo staccato di trasmissioni in diretta, di ininterrotta accessibilità, di permanente disponibilità, di tempi ed appuntamenti, di orari e scadenze. Atto secondo: stacco il mio cellulare dalla presa. Senza elettricità, non sarebbe nulla, solo plastica e ferraglia con qualche elemento di terre rare. È grazie alla produzione di elettricità dipendente dal nucleare e dal carbone che una rete globale, un’infrastruttura critica che garantisce la nostra vita quotidiana, può funzionare, con l’ausilio di specialisti protetti dalla polizia e dall’esercito. Dopo aver utilizzato vari dispositivi che necessitano anch’essi di una rete — senza la quale sarebbero completamente inutili — metto piede in strada.

Camminando — in una città dove l’oscurità non esiste più, dove nessun luogo sfugge alla vista — accanto ai lampioni, alle scatole di derivazione elettrica e telefonica, alle luccicanti pubblicità, ai negozi coi loro sistemi di sorveglianza — si insinua in me un’evidenza: l’elettricità serve i rapporti basati sulla proprietà tramite migliaia di chilometri di cavi in ​​fibra ottica e rame che corrono ad appena 50 centimetri sotto i miei piedi; intanto passo su tombini che danno accesso a pozzi in fondo ai quali sono posate le arterie del mondo moderno. Seduto in treno, mi viene in mente che sotto le canaline di cemento che corrono lungo i binari serpeggiano altri cavi, e che ogni 100 metri sono installati sistemi di segnalazione: senza tutto ciò, più niente funzionerebbe, il capitale umano come i beni morti non sarebbero più raggiungibili dove dovrebbero produrre o essere consumati.
Abbandonando la mia osservazione da formica, alzo lo sguardo e scorgo sui tetti i ripetitori per internet, per il telefono, oltre che per le onde radio… comprese quelle della polizia. Il mantenimento della miseria quotidiana ha i suoi canali, che occorre interrompere affinché le persone possano cambiare la propria esistenza quotidiana. La comunicazione di coloro che difendono la proprietà nelle strade — la polizia e l’esercito — passa attraverso le antenne sotto cui sfiliamo da mane a sera. Quando un’antenna-radio cade, quando un fascio di cavi brucia lentamente, quando un piccolo taglio intacca un cavo in fibra ottica o in rame dell’illuminazione, improvvisamente si manifesta una zona di ombra, un momento di confusione per coloro che non hanno imparato e non vogliono imparare ad agire e a pensare in modo autonomo, che obbediscono e sono sempre in attesa di ordini e direttive, ma questo potrebbe pur dare la possibilità ad altri di fare cose che spesso sembrano impossibili.
Se il nostro mondo diventa sempre più una mega-macchina, se le arterie del dominio si fanno sempre più sottili e rivestono l’intero territorio con la loro rete, noi dobbiamo — se intendiamo attaccare — essere in grado di distogliere lo sguardo dalle cose più ovvie e cercare di applicare la nostra analisi sugli attuali sviluppi alle prospettive che vogliamo darci. Più il mondo è aggrovigliato, più è vulnerabile alle interferenze. I nodi di comunicazione e le connessioni tra essi, che sono dappertutto e poco protetti, corrispondono ai punti sensibili da tagliare. In un momento in cui l’aria stessa brucia, non ha senso accendere un fuoco dove le fiamme stanno già danzando e dove sono rivolti tutti gli occhi. Il silenzio radio, il blocco delle comunicazioni, l’interruzione delle catene di comando — e molto altro ancora — sono possibilità che possiamo trovare con uno sguardo creativo e minuzioso quando lo dirigiamo alla ricerca di obiettivi da attaccare.

[Feuer den Knästen (“Fuoco alle carceri!”), giornale anarchico pubblicato dopo l’arresto del compagno anarchico di Zurigo, marzo 2019].

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[Testo in italiano tratto da finimondo.org].

[Repubblica Ceca]: Processo contro gli accusati nell’operazione “Fenix 2”

r-c-repubblica-ceca-processo-contro-gli-accusati-n-1.pngProcesso contro gli accusati nell’operazione “Fenix 2”

8, 10 e 12 aprile 2019, con l’inizio alle ore 8:30, al tribunale distrettuale di Most, si svolgerà il processo contro 4 anarchici e un ambientalista, accusati nell’operazione Fenix 2.

Siate presenti per sostenerli al processo o con qualunque azione di solidarietà. Fate sapere loro che non siete indifferenti verso il loro futuro, come non lo siete verso la libertà di tutti noi.

Ogni forma di espressione di supporto è benvenuta!

[Tratto da anarhija.info].

[Genova]: Presidio solidale e discussione sull’operazione “Panico” e sulla sorveglianza speciale

https://roundrobin.info/wp-content/uploads/2019/03/MANinternet1.jpgMartedì 26 marzo 2019: Presidio solidale e discussione sull’operazione “Panico” e sulla sorveglianza speciale

Ore 18.00, piazza S. Lorenzo, Genova: Presidio in solidarietà ai/alle compagni/e anarchici/che arrestati/e.

Ore 21.00, presso lo spazio di documentazione e discussione Chelinse (vico della Torre di S. Luca 6, Genova): Approfondimenti e discussione sull’operazione repressiva “Panico” e sulla sorveglianza speciale.

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Mercoledì 27 marzo presso il tribunale di sorveglianza di Genova si terrà la prima udienza per discutere l’applicazione di 15 misure di sorveglianza speciale nei confronti di altrettanti/e compagni/e, richieste dal pubblico ministero di La Spezia. Nel carcere di La Spezia un nostro compagno, Paska, è rinchiuso in regime di isolamento 14bis per non aver abbassato la testa di fronte all’istituzione carceraria. Dopo pestaggi ed isolamento a chi continua a ribellarsi dentro, fermi di polizia, fogli di via e richieste di sorveglianza speciale arrivano dalla questura e dalla procura di La Spezia a chi porta avanti percorsi di solidarietà fuori. La pericolosità sociale, parametro su cui si basa la richiesta di questa infame misura preventiva di origine fascista e altrettanto cara e utilizzata dalla democrazia, è una categoria repressiva applicata dallo Stato verso chi non si adegua o si ribella ad un mondo sempre più simile ad una galera a cielo aperto.

In un mondo fatto di telecamere, sbirri e frontiere rivendichiamo la pericolosa tensione di voler sovvertire questo esistente.

Solidali con tutt* prigionier* anarchic* e i/le ribelli di questa società.

Operazione “Panico”: Paska trasferito nel carcere di Viterbo

Stamattina [22.03.2019, roundrobin.info] si è saputo che Paska, compagno anarchico attualmente imputato nel processo per la cosiddetta operazione “Panico” a Firenze, è stato trasferito dal carcere di La Spezia a quello di Viterbo. Non si sa se si tratta di un trasferimento in previsione di un medio-lungo periodo, non si conosce esattamente il motivo del trasferimento e non si sa se è ancora sotto regime di 14-bis. Seguiranno aggiornamenti. Per scrivere a Paska:

Pierloreto Fallanca
Casa Circondariale di Viterbo
Strada SS. Salvatore 14/B
01100 Viterbo

Mentre Giovanni e Ghespe, anch’essi imputati nel processo per l’operazione “Panico” attualmente in corso a Firenze, restano imprigionati nel carcere di Sollicciano a Firenze. Ecco l’indirizzo:

Giovanni Ghezzi e Salvatore Vespertino
N.C.P. Sollicciano
via G. Minervini 2/R
50142 Firenze

(en-it) Update about anarchists imprisoned following “Scintilla” and “Renata” operations (Italy)

[Sotto c’è il testo in italiano. Below Italian version].

Update about anarchists imprisoned following “Scintilla” and “Renata” operations (Italy)

Some comrades arrested on 19.02.2019 in Trentino as part of the repressive operation called “Renata” were transferred to other prisons (Ferrara, Rome Rebibbia and Tolmezzo, where Giulio and Stecco were already located). We remind that the main accusations against them are “attack with the purpose of terrorism” (article 280 of the penal code) and, not for all the comrades, to have constituted or participated in a “subversive association with the purpose of terrorism or subversion of democratic order” (article 270 bis of the penal code). Here the updated addresses:

Agnese Trentin
C. C. di Rebibbia femminile
via Bartolo Longo 92
00156 Roma
Italia (Italy)

Roberto Bottamedi, Luca Dolce (“Stecco”), Giulio Berdusco
Casa Circondariale
via Paluzza 77
33028 Tolmezzo (Ud)
Italia (Italy)

Nicola Briganti, Andrea Parolari
C. C. di Ferrara
via Arginone 327
44122 Ferrara
Italia (Italy)

While Niccolò, arrested on 7.02.2019 in Turin as part of the “Scintilla” repressive operation, which for some days had not been in the AS2 (“high security 2”) section of the Ferrara prison but in a “normal” section, on 19.03.2019 was transferred to the Ivrea prison (in the province of Turin). We recall that they are no longer accused of having established or participated in a “subversive association” (article 270 of the penal code), but of crimes related to specific facts. Here the updated addresses:

Niccolo Blasi
Corso Vercelli 165
10015 Ivrea (To)
Italia (Italy)

Silvia Ruggeri
C. C. di Rebibbia femminile
via Bartolo Longo 92
00156 Roma
Italia (Italy)

Antonio Rizzo, Giuseppe de Salvatore
C. C. di Ferrara
via Arginone 327
44122 Ferrara
Italia (Italy)

***

Aggiornamento sugli anarchici prigionieri a seguito delle operazioni “Scintilla” e “Renata”

Alcuni compagni arrestati il 19.02.2019 in Trentino nell’ambito dell’operazione repressiva denominata “Renata” sono stati trasferiti in altre carceri (Ferrara, Roma Rebibbia femminile e Tolmezzo, dove già si trovavamo Giulio e Stecco). Ricordiamo che le principali accuse nei loro confronti sono di “attentato con finalità di terrorismo” (articolo 280 del codice penale) e, non per tutti i compagni, di aver costituito o partecipato ad una “associazione sovversiva con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico” (articolo 270 bis del codice penale). Gli indirizzi ora sono i seguenti:

Agnese Trentin
C. C. di Rebibbia femminile
via Bartolo Longo 92
00156 Roma

Roberto Bottamedi, Luca Dolce (“Stecco”), Giulio Berdusco
Casa Circondariale
via Paluzza 77
33028 Tolmezzo (Ud)

Nicola Briganti, Andrea Parolari
C. C. di Ferrara
via Arginone 327
44122 Ferrara

Mentre Niccolò, arrestato il 7.02.2019 a Torino nell’ambito dell’operazione repressiva “Scintilla”, che già da qualche giorno non si trovava più nella sezione AS2 (“alta sicurezza 2”) del carcere di Ferrara ma in una sezione “normale”, il 19.03.2019 è stato trasferito nel carcere di Ivrea (in provincia di Torino). Ricordiamo che non sono più accusati di aver costituito o partecipato ad una “associazione sovversiva” (articolo 270 del codice penale), ma di reati relativi a fatti specifici. Gli indirizzi ora sono i seguenti:

Niccolo Blasi
Corso Vercelli 165
10015 Ivrea (To)

Silvia Ruggeri
C. C. di Rebibbia femminile
via Bartolo Longo 92
00156 Roma

Antonio Rizzo, Giuseppe de Salvatore
C. C. di Ferrara
via Arginone 327
44122 Ferrara

[From 325.nostate.net].

Free and dangerous. A text by Elisa and Gabriel

Free and dangerous

Ardire, Scripta Manent, Operation Buyo… Do they mean anything to you? These are only a few of the police judicial “operations” that our “clan” has lived on its own skin for being and remaining anarchists to the extreme consequence.

We are a nomadic clan that goes from country to country in search of accomplices who practice anarchism without asking for approval or consensus, who act without worrying about the “politically correct” discourse (so much in vogue in our times) that haunts our little shops today. We are also not interested in “aesthetics”, but “ethics”, the practical, the real…

We are looking for an anarchism that dirties our hands, keeps us awake and always on guard (as opposed to any complacency); this anarchism that is not liked by and disturbs the servants of the State, who have not abandoned their efforts to imprison us.

It is not easy to go from one place to another. It’s even more difficult along with our daughter, that little beauty we called Iraultza, and a canine companion that we will never fail to take with us, because she is an integral part of our clan.

Apparently, the Spanish State has not stopped wanting to put me in prison for a “residual sentence” that exists only in its putrid mind and its disgusting papers.

That being how things are, we have decided to live in the shadows, bringing our invisible contribution to all the projects that are of interest to us and with which we feel complicit.

We express all our subversive solidarity for the DESERVING comrades on trial in Italy and the world. We have no declarations to make in the courts of the “gowned” because we don’t give a shit about their theatres and farces, their accusations and acquittals.

The best way to propagate Anarchy is to live it intensely, not by representing it. We are not for farce or comedy.

There will be no more “communiques” from our clan: We are free and we are dangerous.

For Anarchy!

The nomad-anarchist clan.
Elisa-Gabriel-Iraultza and the quadruped.

 

[From actforfree.nostate.net].
[Italian text here | Spanish text here].

Trasferiti alcuni anarchici arrestati il 19.02.2019 in Trentino

Alcuni anarchici arrestati il 19 febbraio nel corso dell’operazione repressiva denominata “Renata” sono stati trasferiti in altre carceri: Roma Rebibbia femminile, Ferrara e Tolmezzo (Udine), dove già erano detenuti Stecco e Giulio.

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Indirizzi aggiornati:

Agnese Trentin
C. C. di Rebibbia femminile
Via Bartolo Longo 92
00156 Roma

Roberto Bottamedi, Luca Dolce, Giulio Berdusco
Via Paluzza 77
33028 Tolmezzo (Ud)

Nicola Briganti, Andrea Parolari
C. C. di Ferrara
Via Arginone 327
44122 Ferrara

[Indirizzi tratti da Croce Nera Anarchica].

Liberx e pericolosx. Un testo di Elisa e Gabriel

Liberx e pericolosx

Ardire, Scripta Manent, Operation Buyo… Vi suonano? Queste sono solo alcune delle “operazioni” giuridico poliziesche che il nostro “clan” ha vissuto sulla propria pelle per il fatto di essere e rimanere anarchici fino alle estreme conseguenze.
Siamo un clan nomade che va di paese in paese alla ricerca di complici che pratichino l’anarchismo senza chiedere approvazione e consenso, che agiscano senza preoccuparsi del discorso “politicamente corretto” (tanto in voga nei nostri tempi) che oggi infesta le nostre botteghe. Non ci interessa neanche l’“estetica”, bensì l’“etica”, il pratico, il reale…
Cerchiamo un anarchismo che ci sporchi le mani, che ci mantenga sveglx e sempre in guardia (al contrario di ogni autocompiacimento); questo anarchismo che non garba e che disturba i servitori dello Stato, che non rinunciano ai loro sforzi per imprigionarci.
Non è facile andare da un posto all’altro. È ancora più difficile assieme a nostra figlia, quella piccola bellezza che abbiamo chiamato Iraultza, e ad una compagna canina che non rinunceremo mai a portare con noi, perché è parte integrante del nostro clan.
Apparentemente, lo Stato spagnolo non ha ancora smesso di volermi imprigionare per un “residuo di pena” che esiste solo nella sua mente marcia e nelle sue carte di merda.
Stando così le cose, abbiamo deciso di vivere nell’ombra, portando il nostro contributo invisibile in tutti quei progetti che sono per noi di interesse e con cui ci sentiamo complici.
Esprimiamo tutta la nostra solidarietà sovversiva per i/le compagnx DEGNX processatx in Italia e nel mondo. Non abbiamo dichiarazioni da offrire nelle aule dei “togati” perché ce ne infischiamo dei loro teatri e farse, delle loro accuse ed assoluzioni.
Il modo migliore per propagare l’Anarchia è vivendola intensamente, non rappresentandola. Non sono per noi la farsa o la commedia.
Non ci saranno più “comunicati” dal nostro clan: Siamo liberx e siamo pericolosx.

Per l’Anarchia!

Il clan nomade-anarchico.
Elisa-Gabriel-Iraultza e la quadrupede.

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[Qui il testo in spagnolo].

Libres y Peligrosxs. Un texto de Elisa y Gabriel

Libres y Peligrosxs

Ardire, Scripta Manent, Operación Buyo… Os suenan? Son solo algunas de las “operaciones” jurídico-policiales que nuestro “clan” ha experimentado en carne propia por el hecho de ser y estar anarquistas hasta las últimas consecuencias.
Somos un clan-nómada que va de país en país en busca de cómplices que practiquen el anarquismo sin buscar la aprobación y el consenso, que accionen sin preocuparles el discurso “políticamente correcto” (tan de boga en nuestros tiempos) que hoy infesta nuestras tiendas. Tampoco nos interesa la “estética” si no la “ética”, lo práctico, lo real…
Procuramos un anarquismo que nos manche las manos, que nos mantenga despiertx y siempre en guardia (lo opuesto a toda auto-complacencia); ése anarquismo que desagrada e inquieta a los siervos del Estado que no cejan en su empeño de encarcelarnos.
No es fácil ir de un lugar a otro. Aún es más arduo con nuestra hija a cuestas, esa pequeña hermosura que hemos llamado Iraultza y, una compañera canina que jamás renunciaremos a llevar con nosotrxs, porque es parte integral  de nuestro clan.
Al parecer, el Estado español tampoco ha renunciado a quererme encarcelar por un “resto de condena” que solo existe en sus podridas mentes y en sus papeles de mierda.
Estando así las cosas, hemos decidido vivir en la sombra, aportando nuestro granito de arena invisible en todos aquellos proyectos que nos resultan de interés y con los que nos sentimos cómplices.
Expresamos toda nuestra solidaridad subversiva para lxs compañerxs DIGNXS juzgadxs en Italia y en el mundo. No tenemos declaraciones que ofrecer en aulas de “togadxs” porque nos cagamos en sus teatros y sainetes, en sus acusaciones y absoluciones.
El mejor modo de propagar la Anarquía es viviéndola intensamente y, no representándola. No se nos da la farsa ni la comedia.
No habrá más “comunicados” de nuestro clan: Estamos libres y somos peligrosxs.

¡Por la Anarquía!

El clan nómada-anárquico.
Elisa-Gabriel-Iraultza y la cuadrúpeda.

Odio i politicanti

Odio i politicanti

«Il solo espropriatore italo-americano su cui la letteratura anarchica
non ha nulla da dire è Cesare Stami, anarchico individualista selvaggio…»
Nunzio Pernicone
Carlo Tresca and the Sacco-Vanzetti Case

La prima volta che ci siamo imbattuti nella sua ombra è stato oltre una decina di anni fa. Per caso, per puro caso. Eravamo in una biblioteca anarchica e stavamo sfogliando una vecchia rivista, di quelle ingiallite dal tempo, pubblicata alla fine degli anni 20 da individualisti italiani emigrati negli Stati Uniti.
A un tratto l’occhio ci è caduto su un articolo commemorativo in cui si rendeva omaggio ad un anarchico italiano sepolto e dimenticato da tutti. Oltre a venire descritto come un uomo pieno di virtù e di vizi, dal pensiero provocatorio e iconoclasta, insofferente ad ogni morale (compresa quella cara a certi anarchici), veniva anche ricordato per essere stato un temibile fuorilegge, ammazzato alcuni anni prima in un agguato dalla polizia. Ecco perché, sospirava l’autore del testo, «la tacita congiura del silenzio e dell’oblio si è fatta attorno al suo nome».
Il suo nome era Cesare Stami.
Abbiamo sgranato gli occhi. Chi?! Cesare Stami? Mai sentito nominare! Da allora, ogni qual volta ne abbiamo avuto il tempo e l’occasione, ci siamo lanciati all’inseguimento della sua ombra nel tentativo di raggiungerla ed afferrarla, con la speranza di riuscire infine a vedere da vicino il suo vero volto. E più andavamo avanti con le nostre ricerche, più rimanevamo colpiti da quanto scoprivamo. Le poche informazioni sul suo conto presenti negli archivi di Stato, tutte antecedenti la sua partenza per gli Stati Uniti, in un certo senso contrastano con le poche informazioni ricavabili dai due soli omaggi postumi che gli vennero dedicati (il necrologio pubblicato alla sua morte su L’Adunata dei Refrattari e quello che aveva destato la nostra curiosità, apparso quattro anni dopo su Eresie).
Le tracce che Stami aveva lasciato dietro di sé erano scarse, confuse, contraddittorie, e svanivano tutte nel nulla. Anzi, peggio, portavano dritte in mezzo a vere e proprie tenebre, laddove la ragionevolezza consiglia di non addentrarsi. Ogni pista che seguivamo sbatteva contro un muro, composto da una sorta di oblio frammisto a sospetto e rancore, che circondava il suo nome.
Ne risultava che nessuno volesse davvero saperne di Cesare Stami, eroe per pochi, mostro per molti. La sua stessa morte ha un che di misterioso, tenuto conto che il governo italiano continuò per decenni a chiedere informazioni sul suo conto, sul suo possibile nascondiglio, come se egli non fosse affatto morto nell’imboscata tesa dalla polizia a lui ed ai suoi compagni, ma si fosse in qualche modo salvato. Sembra quasi la scena di un film, con il fuorilegge ferito che sparisce tra i flutti del fiume, viene dato per morto anche dai suoi amici, e invece… Invece eccolo lì, il suo giornale maledetto, La Rivolta degli Angeli, uscire con un ultimo numero due anni dopo la tragedia per ricordare i compagni caduti e far udire la voce sibillina dell’ombra.
Ma se Stami era morto in quel conflitto a fuoco nel maggio 1924, perché il governo italiano insisteva a cercarlo? Come è possibile che un paio di anni dopo, il 13 gennaio 1926, il prefetto di Ferrara avesse comunicato al ministero dell’Interno che Stami dimorava ancora a New York? E cosa pensare di quel dispaccio n. 955 del Consolato generale d’Italia di New York, datato 16 marzo 1934, in cui il console Crossardi riportava: «dagli accertamenti effettuati non è risultato che il nominato Stami Cesare sia qui deceduto durante l’anno 1924 e che tutte le indagini effettuate per cercare di ottenere qualche notizia sul suo conto hanno avuto finora esito negativo. Sembra che in questi ambienti anarchici nessuno si ricordi di lui»?
Svanito per sempre, con grande sollievo per tutti. Perché mai?
Di Cesare Stami si sa dunque molto poco. Si sa per certo che nacque a Ferrara nell’aprile del 1884, ma già sul giorno della nascita ci sono versioni contrastanti: il 25 o il 15? Abbandonato alla nascita, non si conoscono i suoi genitori (i quali si erano sbarazzati in fretta e furia del frutto del peccato). Non avendo nessuna vera famiglia, era cresciuto sulla strada dove acquisì «l’irrequietezza, la mobilità e l’agilità, lo spirito sarcastico che tutto scavalca con uno sberleffo o con una ghignata beffeggiatrice». Senza un’istruzione, era un semianalfabeta andato a scuola a malapena fino alla terza elementare. Ma la sua mancanza di cultura, come vedremo, non avrebbe costituito da parte sua motivo di rancore verso gli «intellettuali», quanto piuttosto una sfida continua con se stesso.
Privo di ogni affetto familiare, privo di istruzione, senza santi né padrini, trascorse la sua adolescenza con «solo la compagnia della miseria, della fame, della disperazione tetra. Sul solco aspramente lavorato covava il rancore di mille generazioni del rigagnolo, come lui nate dalla strada, abbandonate alla deriva, vilipese ed oltraggiate».
Bestia da soma predestinata, Stami era costretto a passare da un lavoro di fatica all’altro. Ma, essendo insofferente al basto, si dimostrava «poco assiduo al lavoro» nonché sobillatore.
Il 15 luglio 1904 viene condannato dal Tribunale di Ferrara a 25 giorni di detenzione per «attentato alla libertà del lavoro»: è la sua prima condanna. Quello stesso anno, ormai ventenne, viene preteso dall’esercito per svolgere il servizio di leva e spedito a Padova.
Ovviamente la disciplina militare non fa per lui e, a detta del compilatore questurino di turno, Stami «si fece vedere colà con molta assiduità frequentare i peggiori sovversivi».
Finisce sotto processo, perché compare in una fotografia che ritrae dei giovani socialisti antimilitaristi con la bandiera rossa spiegata in mano, mentre altri in divisa da soldato sono ritratti nell’atto di spezzare le armi e schiacciare i kepì. Per questo sfregio arrecato all’onore dell’esercito, Stami viene internato nella famigerata Compagnia di Disciplina di Peschiera, teatro di abusi ed orrori, da cui sarà liberato nel novembre 1907. È sotto le armi che impara a fatica a leggere e a scrivere, uno sforzo grazie al quale «la sua istintiva rivolta assunse consapevolezza e ragione di vita».
La prefettura di Padova riferisce che Stami è «un convinto e fanatico sovversivo non soltanto capace di fare propaganda, ma anche di ricorrere all’azione».
La sua intolleranza per ogni ordine, il suo odio per le uniformi, il suo disprezzo per le leggi e le morali, tutte queste sue caratteristiche lo potevano portare in un sola direzione: l’anarchismo, nella sua manifestazione più individualista.
«Ribelle nato, reietto e legato alla sorte degli umili, cercò e strinse amicizia coi libertari e divenne anarchico. Da qui la sua passione di libertà acquista coscienza e prosegue dritta nella via maestra della ribellione», riporta l’unico necrologio redatto alla sua scomparsa, quello dell’Adunata dei Refrattari.
Il suo nome sulla stampa anarchica appare per la prima volta nell’aprile 1908, sulla Protesta Umana di Milano, dove firma una violentissima lettera contro le Compagnie di Disciplina ed il militarismo. Nel 1910, dopo essersi trasferito a Milano, la testa calda che gli sbirri descrivono «privo di educazione e cultura… non collabora alla redazione di giornali mancando di capacità e così non è in grado di tenere conferenze», diventa gerente di un paio di periodici anarchici individualisti — prima del settimanale La Rivolta, poi della rivista Sciarpa nera — venendo più volte incriminato per alcuni articoli pubblicati.
A fine settembre, Stami lascia il suo domicilio di Pontelagoscuro diretto verso Milano, dove è richiesta la sua presenza al processo che lo vede imputato in qualità di responsabile editoriale. Ma, non potendo respirare la libertà all’interno di un tribunale, Stami allunga il suo viaggio, varca la frontiera e va a Marsiglia (dove viene subito segnalato come elemento «pericoloso»).
La giustizia italiana procede il suo corso e il 15 ottobre Stami viene condannato a sei mesi di detenzione e 75 lire di multa per apologia di reato (e il 18 novembre la Procura di Milano spicca un mandato di arresto nei suoi confronti). Il 4 febbraio 1911 un altro processo per apologia di reato si conclude con una nuova condanna: un anno di reclusione e 490 lire di multa (e il 18 marzo scatta un nuovo mandato di cattura). Sebbene ad aprile dello stesso anno un’amnistia faccia cadere le pendenze a suo carico, Stami rimane in Francia, dove conduce una vita randagia, fra mille difficoltà. A Marsiglia è ospite dell’anarchico pisano Raffaele Nerucci — il cui ristorante funge da punto di riferimento per tutti i fuoriusciti libertari italiani — con cui i rapporti diventeranno tesissimi. La miseria continua a contraddistinguere i suoi giorni, e per sopravvivere è costretto a fare i lavori più faticosi.
Sorpreso dal controllore del treno senza biglietto e fatto scendere ad Avignone, non riuscirà ad arrivare a Parigi all’appuntamento fissato con Pietro Bruzzi (l’anarchico sospettato di aver partecipato all’attentato al Diana, poi fucilato dai nazisti in quanto partigiano).
Il 30 agosto, a Marsiglia, gli informatori della polizia segnalano una vera e propria rissa tra bande di anarchici. Da una parte ci sono Cesare Stami, Adelmo Sardini e Alfredo Cancellieri; dall’altra Raffaele Nerucci, Mugnai e Bendinelli. L’aria è diventata irrespirabile, Stami lascia la Francia e rientra in Italia. Prima viene ricoverato a Genova in ospedale, poi a dicembre viene arrestato a Ronco Scrivia sul treno, nuovamente senza biglietto. Ritorna a vivere a Pontelagoscuro e la polizia continua a tenerlo sotto controllo, ma in modo meno serrato.
Stami lavora (nel settembre 1912 viene assunto da uno zuccherificio a Bondano come capofacchino), legge la stampa anarchica, frequenta sovversivi, ma non partecipa alla vita di movimento.
Nel bollente 1914 il periodo di quiete finisce. Prima viene segnalato per propaganda astensionista, poi perché, nel corso di una riunione chiusa indetta nello zuccherificio dove lavora, Stami esorta — in caso di sciopero — a compiere atti di sabotaggio che siano inesorabili e tali da fiaccare la resistenza padronale. L’11 giugno, nel bel mezzo della Settimana Rossa, viene denunciato a Pontelagoscuro per aver tenuto un comizio non autorizzato. Quattro giorni dopo invita gli operai dello zuccherificio ad una riunione, al fine di spronarli a scioperare. Il direttore dello stabilimento, venutone a conoscenza, minaccia gli operai e li ammonisce che chiuderà la fabbrica piuttosto che farlo entrare.
Il risultato è che gli operai ripudiano lo stesso Stami, il quale a fine giugno viene licenziato in tronco per scarso attaccamento al lavoro.
Lascia di nuovo il paese e torna in Francia, dove interviene in riunioni e conferenze per scagliarsi contro la borghesia e la guerra. Nel mese di novembre rientra in Italia, sempre sprovvisto di mezzi. Subisce una nuova condanna a 5 mesi di detenzione, questa volta per «istigazione a delinquere».
Nel 1915, sempre a Pontelagoscuro, trova lavoro ancora come facchino in un altro zuccherificio. Il Primo maggio fa uscire un numero unico intitolato Il Demolitore (non reperito). Nell’estate di quell’anno lascia per sempre l’Italia, probabilmente per sottrarsi all’arruolamento. Prima va in Svizzera, poi raggiunge Parigi. A fine agosto dell’anno successivo, il 1916, Stami si allontana da Parigi (dove lascia la sua compagna Rosa Bertolini) diretto a Bordeaux, per salpare in compagnia di Mario Maroncelli verso l’America.
Le tracce di Cesare Stami fiutate dai cani da caccia della polizia italiana si fermano là, su quel molo di Bordeaux. Degli otto anni che gli resteranno da vivere si sa poco, ma si può immaginare molto. E ciò che stupisce maggiormente è che il Cesare Stami che sbarca dall’altra parte dell’oceano, e fa capolino sulla stampa anarchica, appare assai diverso da quello descritto dalle italiche veline poliziesche. L’anarchico che solo un anno prima, a detta delle confidenze degli informatori, ha visto fallire il suo progetto di pubblicare un giornale per mancanza di collaborazione («essendo analfabeta la sua proposta non è stata presa sul serio»), negli ultimi mesi del 1916, fra settembre e dicembre, prende più volte la parola in comizi, tiene affollate conferenze e diventa redattore di una rivista. Non solo, ma diverrà anche un temibile rapinatore di banche assieme ad alcuni suoi compagni.
Sembra inverosimile, eppure è così. Il 30 settembre Stami partecipa, a New York, al Grande Comizio Internazionale per le vittime della reazione in America. Nella stessa città, il 15 ottobre, tiene una conferenza su “Gli anarchici e lo sciopero generale”. Il 25 ottobre prende parte ad un altro pubblico comizio di protesta, indetto dalla Federazione Anarchica Internazionale. Da New York si sposta nel Connecticut per altre due conferenze. L’11 novembre è a Bridgeport, dove parla sul tema “La guerra e le sue conseguenze” nel locale Circolo di Studi Sociali. Di questa conferenza rimane una testimonianza, che apparirà sul successivo numero di Cronaca Sovversiva, e che vale la pena riportare:
«Assisté un pubblico numerosissimo di lavoratori che il compagno nostro con parola vibrante e sincera riuscì ad interessare dal principio alla fine, cogliendo occasione per evocare i nostri martiri coperti dal disprezzo delle folle per le quali si sacrificarono incitandole con l’esempio alla riscossa. Frustò poi con una critica fine ed imparziale, uomini e partiti che dal ciclone guerresco si lasciarono travolgere. Cesare Stami è un operaio autentico, quasi deformato dal lavoro sfibrante, ma la sua conferenza semplice ed assennata, piena di sano entusiasmo, ha lasciato nei presenti una profonda impressione. Noi confidiamo che tale simpatia non abbia a svanire».
Il giorno dopo, il 12 novembre, Stami è a New Haven a commemorare i martiri di Chicago al Dreamland Theatre. Rientrato a New York, il 29 novembre tiene una conferenza sul tema “La schiavitù della donna di fronte all’attuale legge sociale” nei locali del gruppo Bresci.
Chissà, forse è proprio in virtù di questa «profonda impressione» e «simpatia» che Stami riusciva subito a riscuotere fra i compagni, che il suo nominativo figurava come distributore a cui richiedere il nuovo periodico anarchico lanciato l’1 dicembre 1916, quel L’Uomo Nuovo al cui interno si può leggere che «l’ignoranza è la massima e la peggiore delle povertà».
Il nome di Stami non figurerà mai all’interno dei due numeri della rivista, dove invece si possono incontrare un paio di pseudonimi che ritorneranno alcuni anni dopo su La Rivolta degli Angeli.
Egli firma invece alcuni testi apparsi su Cronaca Sovversiva, il settimanale di Luigi Galleani, con cui collaborerà fino alla fine e da alcuni di questi articoli si intuisce che era al centro di polemiche con altri anarchici. Non sappiamo se anche lui sia stato coinvolto nelle indagini degli agenti federali contro i collaboratori di Cronaca Sovversiva, se anche su di lui pendesse la minaccia della deportazione o cos’altro. Ciò che sappiamo di certo è che smise di usare il suo cognome e che proprio lui avrebbe dato vita a L’Adunata dei Refrattari, il giornale che prese il posto del settimanale di Galleani e che uscì per mezzo secolo. Infatti, in un articolo apparso il 23 aprile 1932, Costantino Zonchello dedica un articolo (a firma: “Gli iniziatori primi”) ai primi dieci anni di esistenza dell’Adunata in cui svela chi fu promotore del settimanale: «Chi avrebbe pensato il 17 aprile del 1922, nel lanciare il primo numero della pubblicazione, che l’Adunata avrebbe vissuto vegeta e rigogliosa per dieci anni? Non certo quell’anima dannata di Cesare Stami, che ad una opera buona di propaganda scocciava il prossimo circostante e rivoltava mezzo mondo e non dava pace a nessuno sino a che il suo proposito generoso non si traduceva in realtà».
Stami scriveva sull’Adunata usando lo pseudonimo di Cesare Protesta, ma la sua collaborazione sarebbe durata ben poco poiché i rapporti con la redazione del giornale si erano presto fatti tesi. Un anno dopo, Stami avrebbe pubblicato il primo numero di un giornale dal cipiglio davvero sfrontato. Il suo titolo era La Rivolta degli Angeli ed era il “Giornale degl’anormali” che «esce quando piace a noi», il cui gerente responsabile era «la ghenga del fil di ferro», avvertiva i «signori lettori che noi si scrive prima di tutto come ci fa comodo, e in secondo luogo come ci riesce, noi non siamo né maestri, né filosofastri», e precisava di poter contare su «un fondo permanente di 3000 dollari».
Va da sé che molti testi erano polemici nei confronti di tutti, dai redattori dell’Adunata al solito Carlo Tresca. Quanto al motivo di tanto furore, rimane più o meno sconosciuto. Ma facilmente ipotizzabile. Sarebbe semplice e comodo attribuire tutto al carattere provocatore di Stami, alla sua mancanza di tatto, ma temiamo che il vero movente sia un altro, assai meno personale e ben più delicato: il caso Sacco e Vanzetti. È infatti a questo unico proposito che il nome di Stami viene ricordato con imbarazzo dagli storici che si sono occupati degli anarchici italiani di quegli anni. Paul Avrich, nel suo saggio Sacco and Vanzetti’s Revenge, riporta un incontro tenutosi a Springfield nel 1924 in cui la figura chiave «fu Cesare Stami, un ultramilitante che partecipava ad attività illegali. Pubblicava un periodico clandestino chiamato La Rivolta degli Angeli (come il titolo di un libro di Anatole France). Il sottotitolo del periodico di Stami era “Giornale degli Anormali”. Oltre alla pubblicazione del periodico, Stami e la sua banda di espropriatori fecero rapine in Pennsylvania, Ohio e West Virginia, così come in una banca di Detroit. Ora egli domandava 5.000 dollari per liberare Sacco e Vanzetti (informazione data all’autore da un anarchico che era presente all’incontro). Ma il gruppo di Springfield non aveva il denaro, e l’accordo saltò. L’anno successivo Stami rapinò un treno in Pennsylvania che stava trasportando un carico d’oro. Ma uno dei suoi scagnozzi si rivelò essere un informatore ed avvertì la polizia. Il treno venne circondato da poliziotti e Stami venne ucciso in una sparatoria, assieme a molti suoi uomini».
L’anarchico che diede una simile informazione ad Avrich era Bartolomeo Provo, la cui testimonianza originale compare in Anarchist Voices: An Oral History of Anarchism in America: «Uno o due anni dopo ci fu un incontro a Springfield per discutere della liberazione di Sacco e Vanzetti. L’idea era di liberarli mentre erano sul treno che li portava dalla prigione al tribunale, quando erano sorvegliati solo da due ispettori. Cesare Stami e la sua banda erano presenti. Volevano cinquemila dollari per fare il lavoro. Avrebbero dovuto farlo, sai, ma noi non avevamo i cinquemila dollari. Stami era coinvolto in molte rapine. Non si sarebbe fermato davanti a niente. Aveva rapinato una banca a Detroit — i suoi uomini sparavano dappertutto. Questo accadde verso il 1924. Più tardi quell’anno rapinarono un treno in Pennsylvania che stava trasportando un carico d’oro. Ma uno degli uomini era un informatore e avvisò la polizia. Il treno venne circondato da ispettori e Stami venne ucciso con altri tre o quattro. Me lo hanno detto ad Old Forge, una città mineraria ad est della Pennsylvania dove viveva e lavorava un certo numero di Galleanisti. Io non sono mai stato d’accordo con quei metodi. Loro dicevano “siamo sfruttati, quindi riprendiamo”, ma la maggior parte di ciò che rubavano era per se stessi e non per l’Ideale».
Se fosse vero quanto riportato da Provo, si capirebbe bene il motivo per cui il nome di Stami è stato sepolto e dimenticato per sempre dagli anarchici. Chiedere soldi per far evadere due compagni condannati a morte? Sarebbe una vera e propria infamia. Ma avendo letto gli articoli su Sacco e Vanzetti apparsi su La Rivolta degli Angeli, ci permettiamo di non credere affatto a una simile testimonianza — poco importa se frutto di ricordi confusi dal tempo o di un rancore ancora vivo — e di ritenere le parole di Provo del tutto inattendibili (d’altronde, a suo dire, Vanzetti avrebbe commesso un attentato fallito a causa di un cane che aveva spento la miccia della bomba urinandoci sopra, rivelazione che l’anarchico piemontese avrebbe fatto a lui solo!?!).
In realtà era proprio Stami a reclamare l’azione diretta audace ed energica per liberare Sacco e Vanzetti, fustigando in più di un’occasione quegli anarchici che si affidavano agli avvocati e alle petizioni. Inoltre, perché mai avrebbe dovuto pretendere del denaro, lui che in quel periodo non ne era certo privo, per fare ciò che sosteneva a voce alta fosse necessario? Quanto al fatto che egli allungasse le mani sulle casseforti delle banche solo per arricchirsi, non è certo ciò che veniva sostenuto all’epoca e pubblicamente — e non confidato decenni dopo ad uno storico — sia da L’Adunata dei Refrattari («Bandito; non per sé. Troppo aveva provato l’afflizione della miseria e lo stimolo del bisogno, perché non ne capisse i roncigliamenti convulsi negli altri. Dove passò lasciò tra le famiglie proletarie bisognose, qualunque il credo e la passione, un coro di benedizioni per l’uomo che toglieva al satrapo avido ed avaro per ridare alla gente umile del lavoro») che da Eresie («Stami, il quale ebbe alle calcagna la polizia di parecchi stati, che ad ogni suo atto d’espropriazione si vedeva descritto con negli occhi un’espressione di ferocia sgominatrice, delle molte decine di migliaia di dollari sottratti all’ingordigia di Creso non abbia mai ritenuto per sé più che il necessario per tentare l’altro colpo e della sua opera d’impenitente bandito la sua famiglia sia quella che meno ne abbia beneficiato, mentre in quanti l’avvicinavano era noto il coro di benedizioni che si elevavano al suo indirizzo»).
Due anni dopo la sua morte sarebbe uscito un ultimo numero di La Rivolta degli Angeli, datato 19 maggio 1926, verosimilmente a cura di Angiolina Algeri: «usciamo ancora una volta per ricordare con passione coloro che furono obliati da tutti, per poi morire senza più resuscitare. Era nostro dovere sorgere ancora una volta perché il nostro spirito irrequieto non poteva starsene in pace… ci sono rimaste troppe cose da dire… troppe osservazioni da fare… quindi squarciamo il velo dell’aldilà e ripigliamo la penna per agitarla come pare e piace a noi, e con questo numero unico diamo a Cesare quel che è di Cesare».
Tra le cose da dire, anche un ultimo omaggio a «Cesare Protesta, Gianni, Terzo, Gabriele, Zara… furono ignoti, sbucati dall’ignoto e scaraventati con violenza nell’ignoto. Vissero giorno per giorno col frutto della loro audacia. La loro vita fu un succedersi di burrasche che li squassarono. Vissero le loro idee come dei passionali e la loro passione scavò solchi profondi e sanguinosi sul loro scabroso cammino. Furono un pugno di reprobi in eterna rivolta pagando col sangue e la vita».
Negli anni 50 Ugo Fedeli descriverà così Stami ed i suoi ultimi anni trascorsi negli Stati Uniti: «Temperamento esuberante, trovò impossibile adattarsi alla clandestinità, a cui le leggi anti-anarchiche del periodo bellico condannavano i militanti, accettò la guerra che lo stato dichiarava senza tregua e in questa cadde combattendo, dopo alcuni anni di esistenza illegale».
Nonostante le nostre ricerche, rese difficili dalla mancanza di indizi più precisi, non siamo riusciti a trovare altro sul conto di Cesare Stami e dei suoi compagni, di cui abbiamo qui raccolto alcuni testi. Che gli amanti delle grandi analisi, dei pensieri profondi e dello stile impeccabile ne stiano alla larga. Nelle pagine che seguono non troveranno nulla di tutto ciò. Ma solo l’urlo di disperazione e rabbia di un vero dannato della terra alla conquista della sua individualità, a dispetto di tutto e tutti.

Cesare Stami
ODIO I POLITICANTI
pp. 104, 5 euro
(3 euro dalle 5 copie)
Gratis
www.gratisedizioni.org

per richieste:
trrivio[at]gmail.com
grotesk[at]libero.it

[Tratto da finimondo.org].

Manifestazioni a Trento e a Torino

Corteo
Sabato 16 marzo 2019
Piazza Dante – Trento
Ore 15.00

Dopo l’operazione “Scripta Manent”, gli arresti a Firenze e a Torino, ora la repressione colpisce duro anche in Trentino.
Imprigionando alcuni anarchici, si vogliono mettere all’angolo le lotte, la solidarietà, l’azione diretta.
Di fronte alla violenza dello Stato e dei padroni devono rimanere solo il silenzio o gli applausi.
I rapporti di forza sono sproporzionati?
“Bisogna lottare e lottare perché la sproporzione sia stroncata”.
Che ognuno ci metta qualcosa, perché qualcuno non debba metterci tutto.

Libertà per i compagni arrestati.
Terrorista è lo Stato!

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Sabato 30 marzo 2019
Corteo a Torino

Di seguito i manifesti:

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[Zurigo, Svizzera] Dal carcere di Zurigo

Nota:
Il testo che segue è una lettera dell’anarchico arrestato a Zurigo il 29 gennaio 2019. A questo link il testo riguardo l’arresto e le perquisizioni e a quest’altro link un aggiornamento riguardo l’imposizione di tre mesi di detenzione preventiva.

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Dal carcere di Zurigo

Cari compagni, cari amici,

È ormai passato un mese da quando, il 29 gennaio, sono stato bloccato da alcuni poliziotti in borghese in auto e da altri due in bici che mi sono piombati addosso, mentre pedalavo in bicicletta dalla Langstrasse in direzione della Josefstrasse.
Tra gli agenti in borghese che erano in bici, ricordo una donna che deve avermi seguito fin da quando ho lasciato il mio appartamento. Successivamente, in compagnia di una quindicina di intrusi, hanno fatto un’ultima visita al mio appartamento, alla mia auto e alla biblioteca anarchica Fermento, dove hanno prelevato ogni disco rigido, materiale cartaceo e quant’altro.
Così ora sono atterrato in questa altra dimensione, costituita da spazi angusti, da mobili fatti in serie, da lunghi corridoi, da sbarre e ancora sbarre e porte d’acciaio, a cui il via vai di chiavi nelle serrature detta il ritmo quotidiano. A poche centinaia di metri da luoghi e persone che mi sono familiari ma lontano dalla violenza di un’intera società, che preferisce il regime dei muri e delle leggi al regno della libertà e della coscienza. All’esterno, è possibile sognare, sperimentare, ribellarci per la dignità negata davanti alle atrocità che sostengono questo mondo e a poco a poco le nostre esperienze e idee formano un tutt’uno e ci chiariscono, col pensiero e l’azione, le condizioni del dominio per liberarcene, rifiutando il catalogo di modelli prestabiliti, compresi quelli definiti anarchici. Un progetto rivoluzionario in cui la teoria e l’azione si intrecciano e si scontrano costantemente si sviluppa in noi e, come per magia, cresciamo arrivando quasi a credere di poter abbracciare il mondo e poi, crack!, in un attimo tutto si riduce a pochi metri quadrati! Ogni anarchico lo sa e lo ha sempre più o meno presente in un angolino della propria testa. E il fatto stesso che esista questa possibilità, che è emblematica e sta alla base di questo ordine sociale, costituisce più di una semplice ragione per non rendere la nostra vita una prigione già fuori dalle mura: quella delle convenzioni e dei pregiudizi, dei crescenti compromessi e delle soddisfazioni superficiali che il giorno dopo ci portano ad agire per costrizione e per la paura di sentirci minuscoli.
Questo progetto rivoluzionario che ogni anarchico sviluppa in sé, continua a progredire anche quando si finisce in prigione. Per favorire la solidarietà rivoluzionaria, e non soltanto antirepressiva o, com’è comprensibile, umana — che è quella che sento anche nei confronti di chiunque langue nelle galere dello Stato —, non dobbiamo sacrificare la nostra iniziativa ai diktat della repressione.
Potremmo essere tentati a concentrarci solo sul manganello e sul carcere. Ma in fondo, repressione è anche sottomettersi a contenuti e rituali simbolici che ci rinchiudono in un ghetto culturale, è rimanere al di fuori della realtà della guerra sociale, offrire soluzioni partecipative per piccoli compromessi, rimproverare e assillare in generale con riprovazioni e informazioni che hanno un’importanza sempre meno reale, perdere il linguaggio con cui formuliamo le nostre idee per renderle più comprensibili a noi stessi e agli altri. Tutto ciò d’altronde contribuisce forse molto più a reprimere una rivolta contro l’ordine vigente e le relazioni instaurate. Penso che dovremmo quanto meno intravedere un legame fra questi problemi.
Per quanto mi riguarda, considerate le circostanze, posso dire di stare bene. Mi rattrista essere stato strappato all’improvviso dai miei cari e dai miei amati sogni. Ma riesco perfettamente a trovare una dimensione dentro di me e attorno a me. Uso il mio tempo anche libero per leggere e scrivere, imparare e studiare. Ci sono alcune persone, qui, con le quali riesco a intendermi. Avrei davvero piacere di ricevere notizie e analisi sugli accadimenti in tutto il mondo, pubblicazioni anarchiche (in buste appropriate) e naturalmente lettere di amici e compagni.
Capisco il tedesco, il francese, l’italiano, l’inglese e un po’ lo spagnolo e il turco. Ovviamente, i miei accusatori partecipano anch’essi alla lettura di ciò che mi viene inviato. Infine, vorrei ringraziare calorosamente tutti coloro che mi sostengono con i mezzi che hanno a disposizione.
Auguro forza e coraggio a voi che siete fuori — ce n’è più bisogno che dentro.
La salute è in voi, come si diceva una volta. Vi abbraccio con tutto il cuore!

1 marzo 2019, prigione di Zurigo

[13/3/19]

Per scrivergli utilizzare come tramite la Biblioteca anarchica Fermento di Zurigo:

Anarchistische Bibliothek Fermento
Zweierstrasse 42
8005 Zürich
[Switzerland]

e-mail: bibliothek-fermento[ät]riseup.net

[Tratto da finimondo.org].

Dichiarazione finale al tribunale di Torino

Nota:
Ricordiamo che al termine della propria requisitoria nel corso del processo per l’operazione “Scripta manent” il P. M. Roberto Sparagna ha esposto le richieste di condanna per una ventina di anarchici imputati nel processo (complessivamente circa 200 anni di carcere). A questo link maggiori informazioni.

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Dichiarazione finale al tribunale di Torino

Oggi più che mai, dopo due anni dall’inizio di questo processo che mi vede imputato insieme agli altri miei compagni, fratelli e sorelle anarchici e dopo aver lasciato parlare e raccontare con una non sorprendente fantasia malata il qui presente pubblico ministero, riaffermo con più forza di prima il mio essere anarchico, individualista e per l’insurrezione.
L’aver letto migliaia di pagine di atti giudiziari, scritte a più mani dai vari inquisitori napoletani e torinesi, ha fatto crescere in me, ancor più di prima, la convinzione che ogni tanto è meglio passare un guaio giudiziario che pensarla come voi.
Mi tengo stretto le mie idee che a voi non piacciono perché mirano alla distruzione di tutto ciò che ha a che fare con il vostro miserabile mondo.
Fosse stato per me non sarei mai nato, ma altri hanno deciso per me e allora a questo mondo non mi resta che starci a modo mio.
Non farò mai parte del gregge a cui voi assegnate il tragitto per il pascolo…
Io sono diverso, preferisco eludere i sentieri e camminare con i lupi.

Colpevole o innocente?
No, grazie. Lascio a voi questo lurido giochetto.
Sono anarchico e quindi sarò sempre vostro nemico!
Io sto con i miei fratelli e le mie sorelle che tutt’ora tenete rinchiusi nei vostri lager di Stato.
Sono solidale e complice con Alfredo, Nicola, Alessandro, Danilo, Marco, Anna, Valentina e tutti i compagni anarchici detenuti anche per altre inchieste in tutto il mondo… dal Sud America alla Grecia!
Non sarà la minaccia della lama di una condanna che mi pende sulla testa a farmi allontanare da loro.
Mi ha fatto male non potergli scrivere in questi due anni, ma avevo deciso di non regalare più perle ai porci…e sia chiaro che i porci non sono i miei fratelli e le mie sorelle prigioniere ma quelli che mi hanno pedinato per sei anni; quelli che hanno ordinato di posizionarmi una microspia in camera da letto e quelli che ascoltavano ogni cosa avvenisse nella mia camera da letto.
Fortunatamente avevo tappato gli occhi al vostro caro e fottutissimo “Agente Elena” che tutt’oggi vegeta nel mio computer.
Spero di avervi regalato solo materiale per farvi fare “seghe mentali” e non per altro…

Lo ritengo un complimento l’essere definito “terrorista” da parte di uno Stato che, attraverso il suo braccio armato, uccide nelle sue questure, nelle sue caserme e nelle sue carceri; che da sempre è la facciata istituzionale della Mafia, della Camorra, della ‘Ndrangheta e della Sacra Corona Unita, nonché autore di stragi di piazza, sui treni, sugli aerei ed ultimamente affonda barconi carichi di persone che scappano dai loro territori natii a causa delle guerre che l’occidente ha portato nei loro paesi.
Ebbene si, voglio sovvertire tutto questo!

Così come ho dichiarato ad inizio processo, rivendico come mio e solo mio il progetto di RadioAzione sul cui sito è stato pubblicato tutto ciò a cui mi sento affine, complice e solidale.
Rivendico i testi a firma “RadioAzione” come testi scritti di mano mia, ribadendo che quello che pensavo allora lo penso ancora oggi. Rivendico ogni singola parola detta in radio.
Rivendico la volontà di aver voluto tradurre testi di rivendicazione di azioni dirette compiute dai compagni anarchici in tutto il mondo. Perché io sono per l’azione diretta!
Rivendico di aver tradotto i testi dei compagni anarchici rinchiusi nei lager di tutto il mondo.
Rivendico l’aver appoggiato, aver collaborato ed aver organizzato iniziative per Croce Nera Anarchica.
Rivendico l’aver sempre sostenuto i compagni detenuti anche attraverso iniziative finalizzate al loro sostegno economico.
Rivendico il mio essere antiautoritario, individualista, per l’insurrezione e per la distruzione di questo lurido e fetido esistente e dello Stato-Capitale!
Per sempre nemico vostro!
Per l’Anarchia!

Gioacchino Somma

[Tratto da anarhija.info].

[Verona] Sulla sorveglianza speciale, repressione e proposte di collaborazione

Sulla sorveglianza speciale, repressione e proposte di collaborazione

Nel gennaio dello scorso anno mi è stata notificata la misura preventiva della sorveglianza speciale con obbligo di dimora della durata di un anno. Da qualche mese avevo spostato la mia residenza da Verona a un piccolo paese della provincia, dove probabilmente degli anarchici ne avevano solo sentito parlare in tivvù. Sarà per questo che i birri incaricati di controllarmi si sono fin da subito dedicati a questo compito con particolare costanza e impegno. Scampanellando nel cuore della notte 4, 5 volte a settimana, anche più volte nella stessa notte, ben sapendo di buttare giù dal letto chi all’alba si svegliava per andare a scuola o al lavoro. Spesso presentandosi alla porta con atteggiamento arrogante e provocatorio, a volte pure cercando di entrare di forza. Irrompendo nel bel mezzo di un pranzo o una cena tra amici chiedendo i documenti a tutti i presenti e, di fronte al loro diniego, identificandoli tramite le targhe delle macchine e facendoli convocare dalle questure delle loro città. Inviando segnalazioni al tribunale sull’atteggiamento aggressivo nei loro riguardi e dichiarando di non avermi trovato a casa in un paio di occasioni in cui ero polleggiato sul divano davanti a un film. Fermandomi a 500 metri da casa per chiedermi i documenti…

Tutte queste cosucce che elenco rientrano più o meno nelle loro prerogative, poi si sa, a loro un po’ di elasticità è sempre concessa. Poco prima che mi affibbiassero la sorveglianza avevo iniziato un corso della regione per operatore socio-sanitario (a pagamento) organizzato da una cooperativa a Verona. Avendo l’obbligo di dimora al paesello, per poter continuare a frequentare ho dovuto attendere un’autorizzazione del giudice di Catania (città da cui è partita la richiesta di sorveglianza speciale). Così anche per ogni tirocinio, spostamento di orario o sede. Tempo medio di risposta 20 giorni, più i giorni di permanenza sulla scrivania dei carabinieri di paese. Con disagi immaginabili. I miei instancabili controllori si presentavano in classe in divisa, interrompendo le lezioni per chiedere il registro presenze, facendo pressioni sugli organizzatori del corso perché fossi espulso informando loro e gli insegnanti dei miei precedenti penali e della mia pericolosità sociale. A questo in realtà aveva già provveduto una corsista che (per inclinazione personale alla sbirritudine o per incarico ricevuto in virtù di questa) tra l’altro mi ha procurato delle denunce apponendo sua manu delle correzioni ai miei orari sul registro ufficiale. Per farla breve: per poter continuare a seguire questo corso senza essere discriminato, ostacolato o addirittura espulso con pretesti assurdi, ho dovuto ricorrere all’intervento di un avvocato.

Ci sarebbero tante altre storielle da raccontare… mi sto dilungando sui particolari per far capire come la sorveglianza speciale sia un’ottima occasione per i nostri nemici per sabotare da dietro le quinte la vita di una persona in ogni suo aspetto e portare all’esaurimento chi non è fortemente determinato e preparato a tutto questo o chi non ha una solida rete di supporto. Ora, come ben sappiamo, i tutori dell’ordine agiscono sempre su diversi piani: quello “pubblico” con fermi, denunce, provvedimenti, arresti e quello “occulto” con pedinamenti, intercettazioni, infiltrazioni, ricatti e/o richieste particolari alla persona direttamente interessata o ai suoi conoscenti. E questo è proprio ciò che è successo nel mio caso. Sul finire della sorveglianza speciale, un’operatrice della struttura dove stavo svolgendo tirocinio (con cui avevo stretto un buon rapporto di amicizia) viene in un primo momento fermata per strada dalla digos e interrogata informalmente sulla sua conoscenza con me. Successivamente viene avvicinata da un’altra digossina che le menziona amicizie in comune e, con fare amichevole e sinceramente preoccupata, la mette in guardia dal sottoscritto: terrorista, bombarolo, criminale, pazzo a tal punto da rappresentare un serio pericolo non solo per lei ma anche per i suoi figli e sua madre. A suo dire sarei capace di metterle microspie in casa (!!!) piazzare bombe nella sua macchina o nella sua abitazione. Ma subito dopo la rassicura (ci siamo noi a proteggerti!) e le offre un lauto compenso in denaro per starmi appresso, farmi parlare ed estrapolarmi tutte le informazioni possibili. La mia collega fortunatamente rifiuta la proposta e qualche giorno dopo mi informa dell’accaduto. Tuttora viene avvicinata per strada e al lavoro da strani personaggi con telefono in mano e domande improbabili e, pur non essendo anarchica, sta subendo conseguenze per non essersi prestata ad uno sporco gioco e per aver mantenuto i rapporti con me. Per pura casualità scopro nome cognome e che faccia ha quella serpe digossina.

Ma non finisce qui… Una settimana dopo, finito il turno in struttura, chiedo ai colleghi se qualcuno può darmi un passaggio verso casa e una di loro, che si faceva chiamare Franca, mi dice “non c’è problema Peppe, ti accompagno io!”. Avevo conosciuto Franca qualche mese prima, era una “jolly” quindi lavorava un po’ in tutti i reparti, e durante i tirocini mi aveva affiancato parecchie volte. Una tipa amichevole e simpatica. Insosopettabile. Una volta partiti in macchina, dal modo confidenziale di un attimo prima passa ad un freddo e impersonale “lei”, chiamandomi per cognome mi indica una donna ferma fuori da un bar poco distante da noi. Chi sarà mai? La guardo bene ed è proprio lei, la serpe digossina! (la stessa persona che ha cercato di spaventare e trasformare in una spia prezzolata la mia collega ha un ruolo anche qui). Poi mi informa di non appartenere alla digos ma a qualcosa più in alto, mi dice di calmarmi, visto che ovviamente mi stavo innervosendo parecchio… Le dico di farmi scendere immediatamente dalla macchina, che con gente come lei non ho nulla di cui parlare. Mi dice che non vogliono niente da me, che hanno già tutto scritto… (cosa? e da chi?) al che le urlo sul muso che sarà una delle loro infami montature, che facciano il loro lavoro di merda ma che non provino mai più ad avvicinarsi né a me né alle persone a me più care… Visto che dal mio atteggiamento non si intravvedeva nessuna possibilità di dialogo, anzi un’aperta ostilità, accosta e mi fa scendere. Nei minuti e nelle ore successive mille emozioni e pensieri dentro di me, uno su tutti… ma perché proprio io? Posso aver commesso molti errori nella mia vita ma non credo di aver mai dato modo di pensare di poter collaborare con chi da sempre è mio nemico… Speriamo che in eventuali casi futuri questi esseri viscidi e striscianti possano ricevere sempre la stessa risposta, un invito più o meno cortese a dirigersi verso la tazza del cesso.

A fine dicembre mi viene revocata la sorveglianza: dopo 10 mesi si sono accorti che per la sua applicazione mancava il presupposto dell’attualità… Ma nonostante ciò i fermi per strada e le provocazioni sbirresche sono all’ordine del giorno. Dimenticavo di dire che qualche mese prima dell’inizio della sorveglianza abbiamo trovato la porta del garage forzata dall’esterno e richiusa male e in un’altra occasione, tornando a casa ad un orario insolito, la macchina aperta con i fari accesi e dei fili penzolanti sotto il volante… Forse lorsignori pensano che controllo, sorveglianza e repressione bastino per farmi paura, per farmi abbassare la testa, per farmi cambiare direzione… ma si sbagliano di grosso!!! Più mi stanno appresso e più mi sale l’odio verso di loro: cani ammaestrati, servi in divisa, in borghese, in toga o in doppiopetto… non mi avrete mai docile e sottomesso!

Niente potrà mai farmi dimenticare chi è il mio nemico: lo Stato-capitale, qualunque esso sia, criminale e terrorista, diretto responsabile della miseria, dell’oppressione e dello sfruttamento, della privazione della libertà di molti, moltissimi, delle missioni di pace a suon di bombe, dei migranti affondati in mare, della devastazione dei territori, della guerra ai poveri in ogni angolo del mondo.
E per questo cercherò sempre, con ogni mezzo possibile, di mettere bastoni tra le tante ruote degli infiniti ingranaggi di questa macchina nefanda. Se questo fa di me un individuo socialmente pericoloso, un sovversivo, ebbene sì, lo sono!E se alcuni dei suoi rappresentanti o servitori si sono occupati di me… significa che negli anni gli ho portato davvero fastidio e di questo non posso che rallegrarmi. Recentemente io e la mia compagna abbiamo fatto visita ai compagni in varie città per raccontare queste storie e per organizzare un’iniziativa qui a Verona per la fine di marzo, contro la sorveglianza speciale e l’accanimento dei servi dello stato e per rendere pubbliche le loro sporche manovre. Ma tante cose sono successe nel frattempo e, anche se la sorveglianza resta purtroppo un problema più che mai attuale, in questo momento la testa e il cuore, le energie nostre e di tutti sono altrove, vicino ai compagni arrestati nelle ultime operazioni repressive… Per questo abbiamo deciso di rimandare l’iniziativa a data da destinarsi.

Sempre per la libertà, per l’anarchia!

Peppe

[Tratto da roundrobin.info].

[Firenze] Processo per l’operazione “Panico”: Presidio spostato al 20 aprile 2019

Presidio a Firenze spostato al 20 aprile 2019

Siccome la sentenza per l’operazione panico è slittata al 18 aprile [2019], il presidio “Senza Tregua per l’Anarchia” chiamato a Firenze il 23 marzo viene rimandato al 20 aprile. Se la data dell’udienza dovesse nuovamente slittare, il presidio comunque rimarrà fissato per quella data.

Fate girare la voce. Seguiranno aggiornamenti!

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Senza tregua per l’anarchia

Ad aprile verrà pronunciata la sentenza contro i/le nostri/e compagni/e inquisiti/e per l’operazione “Panico”.
Disertiamo il tribunale!

Sabato 20 aprile
Presidio in solidarietà a tutti/e i/le prigionieri/e anarchici/e
Ore 16.00 a Firenze

Sortie de «Des Ruines» n°3/4

Sortie de la revue anarchiste apériodique «Des Ruines», n°3/4.

Nous sommes heureux d’annoncer, après une longue absence, quelques complications et un travail de plusieurs années, la sortie d’un double numéro de la revue anarchiste apériodique mais loin d’être prématurée Des Ruines, au format A4 relié et avec cette fois-ci 308 pages et trois grands dossiers.
Des Ruines se donne toujours pour ambition de remuer les réflexions, recherches et débats autour des perspectives révolutionnaires anarchistes et antiautoritaires ; certains débats vifs et d’actualité, certains autres intemporels ou laissés de côté et exhumés pour l’occasion.

Sur le site de la revue, on pourra télécharger les quinze premières pages au format PDF (couverture + édito + sommaire):
https://desruines.noblogs.org/files/2019/02/Extrait-ruines-3-4-15p.pdf

Pour plus d’infos sur ce double numéro, son contenu, comment se le procurer et sur les commandes :
https://desruines.noblogs.org/post/2019/03/05/numero-3-4-double-debut-2019/

Des Ruines,
Revue anarchiste apériodique.

(it-en-fr) Richieste di condanne del P. M. al processo “Scripta Manent”

[Below English and French translations].

Scripta Manent: Richieste di condanna del P. M.

Le richieste di condanna fatte dal P.M. Roberto Maria Sparagna della procura di Torino per gli imputati del processo Scripta Manent sono:

Alfredo Cospito: 30 anni.
Anna Beniamino: 29 anni.
Gioacchino Somma: 7 anni e 6 mesi.
Valentina Speziale, Marco Bisesti, Pasquale Valitutti, Omar Nioi, Erika Preden, Alessandro Mercogliano, Daniele, Stefano, Claudia, Sergio: 6 anni e 6 mesi.
Alessandro A., Francesca G.: 8 anni.
Nicola Gai: 10 anni.
Danilo Cremonese: 10 anni.
Patrizia Marino: 7 anni e 3 mesi.
Carlo Tesseri: 8 anni e 3 mesi.
Gabriel Pombo Da Silva, Stefano Fosco, Elisa Di Bernardo: 7 anni.

Per nessuno le attenuanti generiche.
Nessuna recidiva contestata.

[Tratto da sito internet di Croce Nera Anarchica].

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“Operation Scripta Manent” – Prosecutor sentencing requests (Italy)

The Turin Public Prosecutor Roberto Maria Sparagna made the following requests for sentencing of those accused in the ‘Scripta Manent’ trial:

Alfredo Cospito: 30 years
Anna Beniamino: 29 years
Gioacchino Somma: 7 years and 6 months
Valentina Speziale, Marco Bisesti, Pasquale Valitutti, Omar Nioi, Erika Preden, Alessandro Mercogliano, Daniele, Stefano, Claudia, Sergio: 6 years and 6 months
Alessandro A. , Francesca G.: 8 years
Nicola Gai: 10 years
Danilo Cremonese: 10 years
Patrizia Marino: 7 years and 3 months
Carlo Tesseri: 8 years and 3 months
Gabriel Pombo Da Silva, Stefano Fosco, Elisa Di Bernardo: 7 years

For none any extenuating circumstances.
No contested recidivism.

[actforfree.nostate.net].

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Procès Scripta Manent: Les requêtes du parquet

Les condamnations demandées par le Procureur Roberto Maria Sparagna, du parquet de Turin, pour les inculpés du procès Scripta Manent sont :

Alfredo Cospito: 30 ans
Anna Beniamino: 29 ans
Nicola Gai et Danilo Cremonese: 10 ans
Carlo Tesseri: 8 ans et 3 mois
Alessandro A., Francesca G.: 8 ans
Gioacchino Somma: 7 ans et 6 mois
Patrizia Marino: 7 ans et 3 mois
Gabriel Pombo Da Silva, Stefano Fosco, Elisa Di Bernardo: 7 ans
Valentina Speziale, Marco Bisesti, Pasquale Valitutti, Omar Nioi, Erika Preden, Alessandro Mercogliano, Daniele, Stefano, Claudia, Sergio: 6 ans et 6 mois

Aucune circonstance atténuante n’a été retenue pour personne, ni aucune récidive.

[attaque.noblogs.org].