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01/04/2019 10:00 CEST | Aggiornato 37 minuti fa

Caravaggio a Napoli: contese e pretese, tra Canova che arriva e Leonardo che va

Ansa

Tra qualche giorno si aprirà a Napoli un'importante mostra sulla permanenza e influenza nella città partenopea dell'artista Michelangelo Merisi da Caravaggio.

Il museo di Capodimonte è all'opera da diverso tempo su questa mostra e i prestiti erano in via di definizione ancora a fine gennaio. A oggi si sa che fra le 20 tele esposte nel percorso espositivo, potrà essere ammirata la commuovente Flagellazione proveniente dal museo di Rouen, in Francia, ma non la prima importante testimonianza dell'operato di Caravaggio a Napoli ovvero le Sette opere di misericordia, tela mirabile di proprietà del secolare Pio Monte della Misericordia, a Napoli.

Per quest'ultima infatti, alla richiesta di prestito per la mostra, il Pio Monte della Misericordia aveva deliberato positivamente, così come la Soprintendenza. Come da prassi la pratica è poi passata al visto della Direzione Generale del Mibac dato che il dipinto pur essendo un bene di proprietà privata è soggetto al vincolo di tutela.

Lì la situazione si è incagliata. Per volontà del Direttore Generale del Mibac, l'avvocato Gino Famiglietti, è stato aperto un tavolo di lavoro tra la proprietà e le autorità coinvolte per trovare l'ottimale articolazione del progetto espositivo che avrebbe potuto anche prevedere la non movimentazione dell'opera e pertanto la sua valorizzazione in sede al Pio Monte con la realizzazione di una mostra diffusa sul territorio partenopeo.

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La riflessione era ancora aperta, quando è iniziata una contesa a suon di articoli di giornale montata dai noti "fucilieri del no" al prestito che, evidentemente, hanno trovato terreno fertile nell'esprimersi in merito a questa tela determinando, per l'ennesima volta, il naufragio di un progetto culturale ampio e soprattutto importante per la città di Napoli.

Il loro rumore e le loro pressioni hanno fatto in modo che il Mibac si esprimesse, il 5 marzo, con un provvedimento ministeriale, in cui si negava la movimentazione e il prestito della tela alla mostra soprattutto per ragioni di sicurezza oltre che per il vincolo pertinenziale che si evince dagli storici documenti, in palese contrasto quindi con quanto determinato dai tecnici e con gli impegni presi dai competenti organi amministrativi.

Tutto ciò mi ricorda quanto accaduto esattamente due anni fa, sempre in merito a questa tela. Il 1 marzo 2016, sul quotidiano Il Mattino di Napoli, facevo il punto chiarificatore sul naufragio di un mio progetto in occasione dell'anno straordinario giubilare dedicato alla Misericordia.

A costo zero per la pubblica amministrazione, il progetto prevedeva due momenti. Nel primo era prevista l'esposizione per due mesi, a favore di pubblico, della tela di Caravaggio all'interno della stessa chiesa del Pio Monte della Misericordia. In questo lasso di tempo avrebbero avuto luogo l'esecuzione di nuove indagini diagnostiche in una sorta di cantiere aperto al pubblico.

Una seconda fase prevedeva la presentazione dei risultati delle ricerche con l'esposizione dell'opera, per la durata di soli 40 giorni all'interno del palazzo del Quirinale a Roma, proprio per omaggiare il Giubileo indetto dal nuovo Papa. Con i costi coperti da partership e sponsor, l'operazione avrebbe garantito al Pio Monte della Misericordia, il completamento dei lavori di una palazzina nel rione Sanità che avrebbe ospitato donne con bambini.

La decisione di abbandonare il progetto fu presa per mettere a tacere le infinite, e spesso inesatte, polemiche sorte. Anche allora, come in questi giorni, nonostante i pareri favorevoli della Soprintendenza e dei tecnici sull'ottimo stato di conservazione della tela, un fronte di studiosi, definiti da allora i "fucilieri del no" si appellò al principio di inalienabilità di quel bene, espresso come un auto-imposto vincolo pertinenziale, in un documento coevo al collocamento della tela nella chiesa.

Mi sento di rispondere su questo punto ora come allora, che il significato giuridico del termine alienazione indica inopinabilmente un trasferimento di proprietà ossia un passaggio di proprietà. L'antico documento dunque determina il divieto di vendita dell'opera e non certo il momentaneo spostamento.

Non può dunque esserci polemica se si parte da questo punto. Tanto che infatti l'opera è stata esposta in passato in diverse mostre in Italia e all'estero tra cui anche a Parigi. Fa sorridere in questo contesto la rassegna fotografica, pubblicata da Repubblica.it il 28 marzo scorso, del rientro proprio della stessa tela il 15 febbraio del 1991 nella sua sede in via dei Tribunali, messa in sicurezza dopo il terremoto del 1980.

È disarmante la semplicità che si osserva dalle fotografie di tale spostamento che vedeva la tela movimentata per i vicoli di Napoli senza cassa o alcun tipo di imballo e spesso anche appoggiata per terra nelle diverse fasi del trasporto. Una semplicità direi troppo rischiosa e impensabile oggi giorno. Partendo dal presupposto del rischio, credo che la decisione del ministro Bonisoli di non spostare il dipinto sia stata saggia, evidentemente non volendosi assumere una tale responsabilità e anche per dare una risposta che rispecchiasse la sua nuova politica incentrata prettamente sulla tutela che vede pertanto favorire una valorizzazione entro le mura degli stessi luoghi di conservazione delle opere d'arte. Ma allora perché non pronunciarsi in merito sin dall'inizio e non a due mesi dall'inaugurazione della mostra costringendo i responsabili a una corsa finale per rimodulare il percorso espositivo?

Certo la tela effettivamente è una pala d'altare, ha dunque delle dimensioni importanti, ma non certo eccessive. Continuamente infatti vengono movimentate pale d'altare e opere d'arte in genere, sia per manutenzioni o per prestiti a mostre. D'altronde con i mezzi altamente tecnologici di oggi e quando le condizioni conservative lo consentono è possibile movimentare in totale sicurezza opere imponenti come ad esempio la scultura di oltre due metri, l'Augusto di Prima Porta, arrivata qualche tempo fa a Parigi dai Musei Vaticani.

O come il Torso del Belvedere, che sempre dai Musei Vaticani è approdato, circa un anno fa, per 8 giorni in Senato per omaggiare il 60esimo anniversario della firma del Trattato di Roma. Per portare altri esempi di spostamenti ma di opere di Caravaggio, ricordo la Madonna dei Pellegrini della chiesa di Sant'Agostino a Roma o la Flagellazione della chiesa di san Domenico Maggiore (oggi al museo di Capodimonte) ambedue pale d'altare, che si sono più volte mosse in ultimo sono state esposte alla mostra a Milano nel 2018 Dentro Caravaggio che in soli 3 mesi ha contato due milioni di visitatori da tutto il mondo.

Intanto proprio la scorsa settimana sono giunte nel museo Archeologico Nazionale a Napoli dal museo dell'Ermitage una serie di opere tra cui le Tre Grazie, per la mostra "Canova e l'antico". Mentre molto probabilmente l'Uomo di Vitruvio di Lenardo da Vinci prenderà il volo dalle Gallerie dell'Accademia di Venezia per la straordinaria mostra su questo genio italiano che si terrà al Louvre per i 500 anni della sua morte.

La tutela è sacrosanta e senza di essa non potrebbe esserci valorizzazione. Ma non andrebbe perso di vista il valore significativo sia di testimonianza storico-artistica sia di persuasione che l'arte in genere ha da sempre espresso. Non bisognerebbe smettere di vedere gli artisti e le loro produzioni come degli ambasciatori della nostra cultura. Mi viene in mente una vicenda esemplare in merito; Lorenzo il Magnifico nell'ambito di una politica riconciliativa con gli avversari che avevano appoggiato la Congiura dei Pazzi (1478), tra cui lo stesso papa Sisto IV, inviò i migliori artisti presenti allora sulla scena fiorentina, quali ambasciatori di bellezza, armonia e del primato culturale di Firenze.

Ancora oggi tutto il mondo visita i Musei Vaticani, per ammirare il frutto di quell'operazione: gli affreschi, nella Cappella Sistina, di Sandro Botticelli, del Perugino, di Domenico Ghirlandaio etc., pittori che hanno reso grande Firenze a Roma. Questo per dire che le opere esposte in altri contesti, anche e soprattutto esteri, servono da attrattori nei confronti del nostro paese. Oltre a diffondere la nostra cultura, creano la curiosità di venirla a conoscere. Rendere fruibile il nostro patrimonio culturale favorirebbe sia il turismo ma anche uno sviluppo sociale più consapevole.

Non so quali ragioni, incomprensibili, si celino dietro questo accanimento a non spostare le Sette opere di Misericordia ma mi auguro vivamente che Sylvain Bellenger con Cristina Terzaghi, e tutti coloro che sono al lavoro su questa esposizione riescano a predisporre una valorizzazione di tutto il Pio Monte della Misericordia (che ha una collezione d'arte strepitosa che va ben oltre il dipinto del Caravaggio) collegandolo con il luogo della mostra e creando così un evento diffuso a vantaggio di tutto il territorio.

E credo che su questa possibilità abbiano proprio lavorato, magari elaborando un piano di conoscenza e visualizzazione a favore di pubblico dell'opera nella stessa sua sede che possa andare oltre la promessa fatta di un nuovo impianto di illuminazione.