Questo articolo è stato precedentemente pubblicato
in inglese il 3 marzo 2011 e in tedesco il 9 marzo 2011.
Un conflitto tra municipalità e banche sta avendo luogo
nei tribunali italiani in merito alla sottoscrizione da parte
delle autorità comunali e regionali di strumenti finanziari
derivati. Il caso espone il precario stato della finanza pubblica
e la collusione tra classe dirigente e le istituzioni finanziarie.
Le autorità hanno dato vita ad irresponsabili transazioni
che hanno portato in bancarotta le casse pubbliche, in pratica
trasferendo ingenti perdite sulle spalle della classe lavoratrice.
Tra il 1995 e il 2008, gli amministratori locali, compresa
l'amministrazione sanitaria pubblica e le agenzie di trasporto,
hanno utilizzato fondi pubblici per acquisire strumenti derivati
e simili titoli finanziari, presumibilmente adescati da istituzioni
finanziarie con promesse di riduzione dei costi sui prestiti.
Sono stati riportati casi in cui le banche hanno nascosto commissioni
o imposto agli enti di comprare derivati al fine di ottenere prestiti.
I derivati sono contratti o strumenti finanziari, il cui valore
è derivato dal valore di qualcos'altro. Oggi gli strumenti
derivati sono diventati sempre di più forme esotiche di
speculazione, in quanto sono sempre meno basati sullo scambio
di merci. Nel caso dei credit default swap (CDS), per esempio,
le scommesse possono essere fatte sulla solvibilità di
una ditta, o addirittura di una nazione.
Al fine di premunirsi contro le variazioni dei tassi di interesse
praticati dalle banche sui loro prestiti, molte amministrazioni
locali hanno fatto accordi di swap, in definitiva nascondendo
le nuove forme di indebitamento. Si stima che oltre 600 comuni
italiani ne siano coinvolti.
L'importo totale di questa esposizione non è noto, data
la natura dei derivati e dei molti mercati non regolamentati su
cui sono negoziati. Tuttavia stime parlano di un totale di prestiti
da parte dei comuni pari a 36 miliardi del 2008, cioè
all'inizio della crisi finanziaria innescata dal collasso di Lehman
Brothers.
Molte amministrazioni locali sono sull'orlo della bancarotta,
una situazione aggravata dai tagli massicci che il governo italiano
ha recentemente adottato attraverso la Legge di Stabilità,
che taglia 11,6 miliardi di spesa sociale. Nei casi più
disperati, consiglieri comunali e sindaci hanno fatto ricorso
alla vendita di beni al fine di mantenere la solvibilità.
Sebbene questi numeri siano destinati a crescere considerevolmente,
fino ad ora ci sono almeno 20 indagini penali in corso, oltre
a circa 40 denunce in cui gli amministratori locali stanno tentando
di invalidare i contratti derivati e i relativi costi di cancellazione.
La città di Rimini, lo scorso ottobre, ha vinto una causa
in tribunale su pagamenti di cedole dovute a UniCredit.
Tuttavia, questa non sarà la regola. Secondo ForexPros,
un sito finanziario specializzato, molti comuni sono già
così economicamente devastati che non possono nemmeno permettersi
un avvocato, per non parlare di un consulente finanziario.
L'intero establishment italiano è coinvolto. La città
di Milano si trova in una debacle di 1.700.000.000, con
la Depfa Bank, Deutsche Bank, JPMorgan e UBS accusate di frode.
Altri casi significativi riguardano le regioni di Lazio, Piemonte
e Toscana, nonché i comuni di Torino, Pisa, Verona, Carrara,
Teramo, Fermo, Genova, Reggio Calabria, Biella, Firenze, Benevento
e Pistoia. Sono coinvolte sia amministrazioni di destra che di
"sinistra".
Inoltre, molte cause porranno inevitabilmente la questione
della competenza giuridica. Molti derivati si basano su termini
stabiliti dall'ISDA (International Swaps and Derivatives Association,
Inc.), che sono regolati dal sistema giudiziario di Londra. Questo
vale anche per i molti casi in Germania e in Francia, dove sempre
più amministrazioni locali si stanno trovando in situazioni
simili.
In un articolo intitolato "Sicurezza nazionale e supporto
agli Enti locali", il sito di intelligence Gnosis ha osservato:
"La vulnerabilità della situazione attuale è
elevata: improvvisi default da parte degli Enti locali sottoscrittori
(causati da insolvenze o mancate consegne) potrebbero determinare
effetti negativi (in termini di problemi di liquidità o
creditizi) e comportamenti di panico a catena, gravemente pregiudizievoli
per la stabilità della finanza pubblica non solo locale,
ma anche nazionale". E aggiunge, "L'intreccio economico-finanziario
generato dalla massa di contratti derivati attualmente in essere
è suscettibile di determinare un rischio sistemico afferente
la sicurezza economica-finanziaria dello Stato".
Il quadro giuridico che ha permesso questo sviluppo è
il prodotto di una spinta sistematica da parte di governi sia
di destra che di "sinistra" i quali hanno progressivamente
eliminato quelle restrizioni istituite nel dopoguerra sulle amministrazioni
locali e il loro coinvolgimento nel settore bancario, assicurativo
e nei mercati finanziari.
Una serie di disegni di legge-sia sotto i governi Berlusconi
I (Legge Finanziaria 1995) e Berlusconi II (Legge Finanziaria
2002 e decreto 389/2003) che sotto il governo di "sinistra"
di Prodi (Legge Finanziaria 2007 e 2008), che comprendeva l'"anticapitalista"
Rifondazione-hanno permesso alle amministrazioni locali di ricorrere
a capitali privati per finanziare i loro investimenti, aprendo
le porte agli strumenti derivati e alla speculazione.
Dietro a questi disegni di legge una figura ha svolto un ruolo
particolarmente rilevante, Giulio Tremonti, attuale Ministro dell'Economia
e delle Finanze, che viene considerato da sezioni della borghesia
come probabile successore del primo ministro Silvio Berlusconi.
Ha occupato la stessa carica in ogni governo Berlusconi ed è
stato il principale fautore di queste iniziative. Fa da ponte
tra la destra e la "sinistra", dato il suo passato di
affiliazione al Partito Socialista (PSI) e all'ex primo ministro
Bettino Craxi, così come la sua esperienza di scrittore
per il quotidiano radical piccolo-borghese Il Manifesto.
Tremonti ha sempre considerato il sistema bancario italiano
perfettamente sano. L'anno scorso, quando l'Irlanda ha dovuto
affrontare una crisi finanziaria che ha quasi mandato in bancarotta
il paese, ha elogiato le banche italiane per aver limitato la
loro esposizione "solo a 22 miliardi. Siamo i meno
esposti, gli altri hanno un'esposizione enorme".
La scorsa estate, lo stress test delle banche italiane è
stato utilizzato per nascondere ulteriormente il vero stato delle
istituzioni finanziarie. In tale occasione, egli ha detto: "Nel
complesso, i risultati confermano la capacità delle banche
italiane di assorbire l'impatto di un significativo deterioramento
delle condizioni macroeconomiche e di mercato".
Ora Tremonti, il principale architetto di questo castello di
sabbia, che nel 2008 fu costretto a sospendere alcune delle disposizioni
che hanno permesso agli amministratori locali di trattare derivati,
sta promuovendo un attacco a ciò che lui definisce "doping
finanziario". Accusando soprattutto i banchieri tedeschi,
ha dichiarato: "L'attuale crisi non è solo una crisi
dei debiti pubblici ma anche della finanza privata, delle banche
(...) in questi 10 anni alcuni paesi sono cresciuti molto drogati
dalla finanza". I tedeschi, spiega "hanno quote enormi
di deroghe alle norme UE"
La pretesa che l'establishment italiano sia l'unico immune
alla speculazione finanziaria è assolutamente falsa. Nella
debacle attuale che coinvolge i comuni, per esempio, banche italiane
come Unicredit e BNL-BNP sono altrettanto coinvolte come le altre.
Ci sono diversi motivi per cui Tremonti sta cercando di diffondere
questa assurda idea di eccezionalismo del sistema finanziario
italiano.
In primo luogo, è un tentativo di nascondere la gravità
della crisi che sta attraversando l'economia italiana. Con un
tasso di crescita anemico nel quarto trimestre 2010 di solo lo
0,1 per cento secondo quanto riportato dall'OCSE, Tremonti ci
tiene a difendere il sistema bancario italiano come baluardo dell'ortodossia
finanziaria.
In secondo luogo, la promozione di sciovinismo anti-tedesco
di Tremonti è una misura delle tensioni internazionali
che stanno crescendo all'interno dell'Unione Europea. Tremonti
sta cercando di limitare la pressione dei mercati finanziari sulla
situazione italiana e difendere spazi di manovra fiscale da parte
dello stato, ma solo nell'interesse della aristocrazia finanziaria.
Il suo obiettivo è quello di dare a tale elite maggiore
latitudine per effettuare massicci tagli alla spesa sociale. I
tagli saranno l'inevitabile risultato di una politica capitalista
che lascia intatte le fortune dei ricchi-soprattutto in considerazione
del gigantesco debito italiano, che ammonta a quasi il 120 per
cento del PIL.
In terzo luogo, Tremonti sta cercando di nascondere la propria
responsabilità in questa vicenda. Ha contribuito a istituire
il sistema stesso che ora sta denunciando-in particolare con il
suo decreto 389, scritto nel 2003, in cui ha consegnato la supervisione
delle operazioni di strumenti derivati da parte degli enti pubblici
alle agenzie internazionali di rating. Queste agenzie, tuttavia,
si sono rivelate del tutto inaffidabili, in quanto molte di esse
hanno finito per dare a beni ipotecari privi di valore il più
alto rating AAA.
Il WSWS ha parlato con Marco Tedone, un consulente finanziario
con sede a Roma che ha offerto consulenza sui derivati a vari
enti. A suo parere, "ci sono modelli derivati che possono
mettere il cliente in una condizione di perdita. Se il cap o il
floor sono troppo alti o troppo bassi rispetto all'andamento reale
delle tariffe e non si ha familiarità con questi termini,
senza la consulenza di un esperto si corrono grossi rischi".
Tedone spiega che: "i derivati sono una massa finanziaria
che si muove, ma non corrisponde all'economia reale. Essi si basano
sul concetto che si sta costruendo su future opzioni di acquisto
o vendita, ma che tuttavia stanno scaricando un debito sulle generazioni
future, visto che a volte sono operazioni a 20 anni".
"È difficile valutare il reale impatto di questo
fenomeno per l'economia dello stato, visto che molti amministratori
locali prendono il loro tempo per reagire alla situazione, sperando
forse in qualche soluzione legislativa. Tuttavia in base alla
mia esperienza vedo grosse difficoltà. Si parla di federalismo,
ma fondamentalmente stanno dividendo il nord dal sud. Parlando
con gli amministratori, non vedo alcuna stabilità nei loro
libri contabili, al contrario ho percepito sofferenza e difficoltà".
Egli ha poi osservato, "ci sono molte persone, inclusi
capi di stato, che non sanno cosa sia un derivato. Al di là
dello strumento in sé e i rischi finanziari, ci sono notevoli
implicazioni sociali".
Il presente reporter ha contattato uno svariato numero di amministrazioni
locali chiedendo un'intervista. Nessuna risposta è mai
pervenuta.