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Il collasso di Rifondazione Comunista

Il prezzo dell’opportunismo

Di Peter Schwarz
1 maggio 2008

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Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in tedesco il 25 aprile 2008 e in inglese il 24 aprile 2008.

Il disastroso fallimento della Sinistra Arcobaleno alle recenti elezioni passerà alla storia come un esempio per antonomasia di opportunismo politico e del suo caro prezzo. L’alleanza elettorale dell’Arcobaleno formata da quattro partiti ha perso tre quarti del suo elettorato nel giro di solo due anni.

Alle elezioni del 2006, Rifondazione Comunista, il Partito dei Comunisti Italiani (PdCI) e i Verdi riuscivano a vincere un totale di circa 4 milioni di voti. Alle recenti elezioni del 14 e 15 aprile 2008, gli stessi partiti insieme alla Sinistra Democratica (scheggia seceduta dai Democratici di Sinistra) hanno ottenuto un totale di solo 1.100.000 voti—insufficienti per una rappresentanza parlamentare. Ciò significa che, per la prima volta dalla caduta del fascismo, in parlamento non vi è piú un partito che si associa alla tradizione comunista.

Nei due anni decorsi fra le due elezioni, i partiti facenti parte dell’Arcobaleno erano alleati attivi nel governo di Romano Prodi, offrendo supporto a politiche che in ogni senso erano dirette contro gli interessi della gente ordinaria.

Prodi è riuscito a ridurre il deficit dello stato dal 4,6 per cento del PIL all’1,9 per cento attraverso un rigido programma di austerità. Trovava il consenso delle oligarchie finanziarie italiane e europee mentre la classe lavoratrice pagava il conto vedendosi ridotti i salari e aumentata l’età pensionabile.

In politica estera, Prodi ha mantenuto truppe italiane in Afganistan, ha inviato ulteriori truppe in Libano, ha sostenuto l’espansione della base militare americana a Vicenza nonostante enormi opposizioni della popolazione, e ha aumentato la spesa militare.

Prodi ha intensificato anche gli attacchi ai diritti democratici piú elementari. Il suo governo ha passato una legge che autorizza le forze di sicurezza a deportare qualsiasi straniero che sia giudicato pericolo pubblico. Il decreto è cosí vago che ripone nelle mani delle forze di stato poteri virtualmente arbitrari.

Tutte tali misure hanno ottenuto il supporto della Sinistra Arcobaleno con la giustificazione che questa era l’unica maniera per prevenire un ritorno al potere di Silvio Berlusconi. Mentre gli elementi piú di destra del governo Prodi dettavano l’indirizzo politico, la cosiddetta “sinistra” si consolidava pugnalando alle spalle i propri elettori.

Claudio Grassi, senatore di Rifondazione, ha ammesso recentemente: “Una volta battuto Berlusconi, tutte le forze che erano state all’opposizione hanno fatto promesse che però hanno completamente disatteso. Suscitando grande malcontento, una grande delusione. La gente ha pensato: ecco, quando stanno all’opposizione fanno promesse e poi al governo si comportano come gli altri. E noi del Prc abbiamo pagato più degli altri. In diciotto mesi abbiamo votato il rifinanziamento della missione in Afghanistan quando precedentemente avevamo votato contro; Prodi ha dato il via libero alla base di Vicenza, quando nel programma si parlava di riduzione delle spese militari. Per non parlare dei temi sociali: basta pensare al protocollo sul welfare.”

Il ripudio di massa della Sinistra Arcobaleno da parte dell’elettorato è la giusta ricompensa per tale opportunismo senza scrupoli, per la sua mancanza di principio nell’inadempienza di promesse a favore di una poltrona ben pagata. L’atteggiamento di Bertinotti, promosso da segretario PRC a terzo in carica come presidente della Camera, è tipico, in questo senso.

Alfonso Pecoraro Scanio, leader dei Verdi dimessosi in seguito al risultato elettorale, ha dovuto ammettere il caro prezzo pagato a causa della sua partecipazione al governo Prodi. Ha inoltre concesso di essersi mischiato nella burocrazia istituzionale e gli elettori lo hanno punito.

Analisi preliminari del risultato elettorale mostrano che circa metà di coloro che precedentemente avevano votato per i partiti dell’Arcobaleno sono restati a casa durante le elezioni, scegliendo di non votare. La Sinistra Arcobaleno è in gran parte responsabile per la diminuzione dell’affluenza alle urne, dall’83 all’80 per cento. Il 40 per cento di elettori che precedentemente sceglievano un partito dell’Arcobaleno hanno votato in favore del Partito Democratico (PD) di Walter Veltroni, mentre solo il 5 per cento è passato al fronte di Berlusconi.

La riduzione di supporto per l’Arcobaleno si è manifestata particolarmente fra strati della classe lavoratrice. Basti rilevare i dati pervenuti dal quartiere Mirafiori di Torino, ove molti operai della FIAT risiedono. Nel 1996 i partiti dell’alleanza Arcobaleno prendevano 5865 voti; nel 2006 3657; quest’anno solo 1124.

Un portavoce di una corrente d’opposizione all’interno di Rifondazione, Leonardo Masella, ha concluso: “La causa principale della perdita di 3 milioni di voti sta nella partecipazione al governo, nel crollo di fiducia del nostro elettorato, lavoratori, giovani, donne, precari che si sono sentiti traditi dalla politica del governo.” Riferendosi alla responsabilità diretta di Bertinotti: “Avete tradito gli operai, i lavoratori, i precari, i ceti più deboli. Avete tradito i giovani del grandioso movimento contro la guerra in Iraq. Avete tradito i giovani di Genova. Avete tradito le popolazioni della Val di Susa. Avete tradito la popolazione di Vicenza.”

Vuoto politico

Mentre, nell’immediato, la destra di Berlusconi ha tratto i maggiori profitti del collasso dell’Arcobaleno emergendo cosí con una solida maggioranza, tale collasso mostra anche un cambiamento politico importante fra i lavoratori e i giovani. Ne hanno avuto abbastanza di partiti e politici di pseudo-sinistra che sono pronti solo a fare discorsi radicali e promesse gratuite durante le campagne elettorali per poi tradire senza pietà gli elettori una volta raggiunta la poltrona.

Gli elettori non credono piú che sia possibile cambiare la situazione all’interno degli schemi istituzionali o attraverso i partiti esistenti e stanno cercando una prospettiva che gli permetta di intervenire nella vita politica come forza indipendente. Ciò diverrà sempre piú evidente con l’intensificarsi degli imminenti conflitti di classe che inevitabilmente si verificheranno come conseguenza della crisi sociale e dell’impatto della crisi finanziaria internazionale. La classe dirigente italiana e i suoi rappresentanti di “sinistra” sono pienamente al corrente di ciò e ne sono preoccupati. Sin dalla caduta del regime di Mussolini hanno contato sul Partito Comunista Italiano (PCI) al fine di mantenere la classe lavoratrice sotto controllo. Dopo la caduta del duce, la borghesia italiana è stata in grado di ripristinare il proprio dominio con il supporto del PCI. Palmiro Togliatti, leader storico del PCI, partecipò al governo fra il 1944 e il 1946. Fu responsabile per il disarmo della Resistenza e, in qualità di ministro di giustizia, implementò un’estesa amnistia per crimini commessi dalla dittatura fascista.

Durante la Guerra Fredda, il PCI veniva forzato nella sfera dell’opposizione, ma quando alla fine degli anni ’60 un’ondata di scioperi militanti e ribellioni giovanili mise in crisi il paese, il partito oppose vigorosamente tale movimento e in seguito cercò, ma senza successo, di formare una coalizione con la Democrazia Cristiana attraverso il Compromesso Storico.

Oggi, gli ex quadri politici del PCI sono la struttura portante del Partito Democratico, il quale vede nel Partito Democratico americano il suo modello, rinunciando quindi a qualsiasi pretesa di politica socialista. Il ruolo del vecchio PCI—l’abbinamento di politica borghese con simbolismo “comunista”—veniva assunto da Rifondazione, emersa nel 1991 da un’ala del PCI. Assorbiva in sé una larga fascia della sinistra piccolo-borghese radicale.

Lotte di fazione

Il fallimento elettorale ha causato un dibattito molto acceso sul futuro di Rifondazione. Il suo leader, il veterano Fausto Bertinotti, si trova in minoranza. Intende formare un nuovo partito al di fuori dell’Arcobaleno, rompendo definitivamente qualsiasi legame con il retaggio comunista. Lo scorso fine settimana, la sua proposta si scontrava con una maggioranza a lui opposta, durante una riunione del comitato politico nazionale di partito. Solo 70 membri votavano a suo favore, con 98 contro.

Bertinotti si era già dimesso dai suoi incarichi di partito la sera delle elezioni. Le sue dimissioni venivano seguite da quelle del segretario di partito, Franco Giordano, insieme a tutto il segretariato nazionale. Il ministro di Solidarietà Sociale del governo Prodi, Paolo Ferrero, è stato selezionato come segretario provvisorio, fino al congresso di partito che si terrà questa estate. Il fatto che Ferrero sia a capo dell’opposizione contro Bertinotti dice molto sulla sua natura politica. Come unico membro di Rifondazione a detenere un ministero nel governo Prodi, Ferrero condivide in pieno le responsabilità delle politiche di governo.

In un’intervista sull’Unità, giornale del Partito Democratico, Ferrero rifiuta qualsiasi responsabilità personale per il risultato disastroso del suo partito alle elezioni. Al contrario, ha affermato che la strategia di partecipazione al governo è fallita perché le forze della sinistra moderata—cioè i democratici di sinistra—non hanno mantenuto il loro programma e i sindacati non hanno sufficientemente protetto i loro interessi. Per sindacati, Ferrero intende prima di tutto i loro membri—quindi biasimando la classe lavoratrice per le responsabilità che lui non intende assumersi.

Inoltre, c’è un centinaio di intellettuali che si oppone alla dissoluzione di Rifondazione in un partito “Arcobaleno”. Essi hanno firmato un appello preparato dal professore di filosofia Domenico Losurdo. Questo gruppo vuole ripristinare la tradizione stalinista del Partito Comunista Italiano che ha giocato un ruolo cosí vitale nel passato per la classe dirigente.

L’appello punta alla “ricostruzione di un partito comunista forte e unificato che corrisponde alle esigenze dei tempi”, basato sull’unificazione di Rifondazione con i Comunisti Italiani. Questi ultimi, con a capo lo stalinista di carriera Armando Cossutta, si erano separati da Rifondazione dieci anni fa. In un’intervista per il giornale tedesco Junge Welt, Losurdo esprimeva la sua preoccupazione per il fatto che “tre liste trotskiste” si erano presentate alle elezioni e avevano “intercettato voti”. Da parte sua, Losurdo si identifica nella tradizione di Togliatti.

Copertura di sinistra

Alcuni dei gruppi che avevano funzionato come una copertura di sinistra per Rifondazione negli ultimi anni avevano già abbandonato la nave prima del naufragio elettorale. Due di essi, il Partito Comunista dei Lavoratori (PCdL) e la Sinistra Critica, si sono presentati con le loro liste di candidati alle elezioni. In totale, hanno ricevuto quasi 400mila voti—ossia un terzo dei voti ottenuti dalla Sinistra Arcobaleno.

Sinistra Critica è guidata da membri del Segretariato Unificato, l’Internazionale pablista, il cui leader storico in Italia, Livio Maitan, era membro del comitato esecutivo di Rifondazione per 10 anni e, fino alla sua morte nel 2004, fu uno dei consiglieri chiave di Bertinotti. Vari membri di questa tendenza venivano eletti nel 2006 su liste di Rifondazione e diedero il loro supporto al governo Prodi. Solo a dicembre scorso, alla luce di crescenti conflitti con la dirigenza di Rifondazione, si distaccavano da essa per costituire Sinistra Critica come organizzazione indipendente.

Come la sua consorella francese, la Ligue Communiste Révolutionnairee (LCR), Sinistra Critica ha come obiettivo quello di costituire un partito che ostacoli l’avvicinamento di una nuova generazione al Marxismo. Rifiuta categoricamente di trarre conclusioni dal collasso di Rifondazione e il suo ruolo come copertura di sinistra. Cosí facendo, Sinistra Critica si sta preparando per il prossimo disastro.

Nella sua relazione introduttiva alla conferenza costituente di Sinistra Critica, Salvatore Cannavò parlava con compiacenza di “un ciclo politico finito”, di un’esperienza che si conclude, come se non ci fosse nulla da imparare da essa. Ha asserito con tutta serietà che Rifondazione aveva rappresentato gli interessi della classe lavoratrice per piú di 10 anni, cessando di giocare un ruolo anti-capitalista solo quando entrava nel governo due anni fa. Cannavò è stato eletto alla Camera su lista di Rifondazione ed è un membro portante del Segretariato Unificato.

Il PCdL, costituito nel 2006, è altrettanto implausibile quanto Sinistra Critica. Il suo leader, Marco Ferrando, è passato attraverso una serie di organizzazioni, incluso il Segretariato Unificato per un periodo, ed era membro di Rifondazione per 15 anni prima di separarsi da esso nel 2006. Come Sinistra Critica, il suo obiettivo è quello di riempire il vuoto politico risultante dal collasso di Rifondazione, al fine di precludere lo sviluppo di una vera alternativa politica.