Ne Il Marconista vi proponiamo alcuni contributi audio che alle nostre orecchie sono sembrati interessanti. Racconti di vicende più o meno distanti nel tempo e nello spazio, rapidi sguardi su piccoli pezzi della realtà che ci circonda e anche approfondimenti su questioni che non siamo soliti affrontare in questo blog. Interessanti, non necessariamente condivisibili in tutte le valutazioni che vengono proposte o nelle suggestioni che queste parole possono suscitare. A fianco di quelli realizzati da compagni o frutto di considerazioni critiche, troverete anche le voci di analisti, studiosi o giornalisti al soldo di qualche ente o azienda. Anche voci del nemico, insomma, che hanno tutto l'interesse a far funzionare questa società organizzata sullo sfruttamento e l'oppressione. Tutte insieme queste voci possono fornire spunti, punti di vista o anche semplici informazioni importanti per chi lotta. Buon ascolto.
Di giorno e di notte
È mezzogiorno e chiunque si trovi all’interno del Cpr di corso Brunelleschi può vedere dei nuvoloni di fumo alzarsi verso il cielo. A bruciare sono tre materassi e delle coperte accatastati sulla porta dell’Area Blu. A far montare la rabbia l’atteggiamento delle guardie del Centro che da giorni si rifiutano di portare in ospedale un ragazzo appena maggiorenne che si è rotto il polso giocando a calcio. In poco tempo il fuoco viene spento con gli idranti e i poliziotti provvedono subito a portar fuori dall’area, attraverso la porta annerita dal fuoco, i presunti responsabili dell’incendio: un paio di reclusi vengono picchiati e diversi finiscono invece in isolamento.
Qualche ora dopo, nel cuore della notte tra mercoledì e giovedì, militari, finanzieri e poliziotti fanno irruzione in gran numero in diverse aree per prelevare 13 tunisini, alcuni di loro appena arrivati in Italia via mare e trasferiti da pochi giorni a Torino da Palermo. Nel piazzale del Centro ad attenderli c’è già un autobus pronto a partire per un aereoporto - probabilmente Malpensa - dove nella prima mattinata è in programma un volo per la Tunisia.
macerie @ Luglio 6, 2017
Al 31 di via Aosta
Ieri, in mezzo alla mattinata, quattro vigili urbani in borghese hanno fatto un giro nello stabile di case popolari in via Aosta 31. Cercavano i nuovi abitanti della palazzina, ovvero chi da venerdì ha occupato alcuni appartamenti vuoti per poterci vivere dentro. Si sono diretti ai primi alloggi, dove hanno incontrato due signore occupanti intente a rassettare; a loro hanno chiesto i documenti per identificarle e poi procedere con la denuncia. La notizia della timida incursione dei civich si è diffusa rapidamente e nel giro di poco una decina di solidali ha raggiunto la palazzina. Gli accorsi hanno così incrociato i vigili urbani andarsene, avevano desistito nella ricerca degli occupanti dopo aver bussato alle porte senza centrare l’obiettivo.
Oggi altri vigili urbani accompagnati da uomini dell’azienda delle case popolari hanno cercato di orientarsi nel condominio e mappare gli appartamenti abusivi. Dapprima hanno provato a bussare, ma al loro “toc- toc” ha risposto solo un’ eco sorda. Poi hanno tentato di aprire le porte con le chiavi in loro possesso, iniziando così a individuare alcuni alloggi occupati. Infine hanno azzardato chiedendo le chiavi direttamente a una signora che si appropinquava verso l’uscio della casa dove vive. La signora ha declinato la richiesta con prontezza.
macerie @ Luglio 5, 2017
Antonio ai domiciliari
Dopo non pochi dinieghi e ostruzionismi Antonio da oggi sarà trasferito agli arresti domiciliari, manco a dirlo con tutte le restrizioni.
Dal 21 giugno era in sciopero della fame che ora interromperà.
macerie @ Luglio 4, 2017
Stufi e intrepidi
Nello svolgersi di questa precoce estate l’aria che si respira pare alquanto densa e irrespirabile in città, la normalità è tediosa e asfissiante. L’esasperazione a cui conducono le miserie e i problemi quotidiani, quelli creati dalla brutalità del lavoro, della burocrazia, dell’attesa per un briciolo di assistenza spingono molto spesso a gesti esasperati in solitaria, oppure semplicemente alla lamentela e all’immobilità. Il controllo e la disciplina imposti partoriscono rare esagitazioni solo nell’istante in cui si mostrano chiare, plateali, in altri momenti ci si è assuefatti.
Tra i tanti problemi, spesso intrecciati, quello di mantenersi un tetto sopra la testa è un faccenda che assilla molti, non solo a Torino. Lo si ripete dappertutto. Lo stato sociale che si preoccupava di costruire e distribuire case a modico prezzo alle famiglie proletarie è limpidamente in fase di ristrutturazione. Il mondo del lavoro sempre più flessibile e precario, dove i lavoratori sono un numero nei parametri di competitività delle aziende, muove di riflesso un apparato di riproduzione sociale volto alla messa in moto di capitale umano e di circuiti produttivi dove le persone incluse e valutate sono tante quanto quelle escluse e messe da parte. In breve, oggi, mettersi in lista per la casa popolare e pensare di ottenerla, perdipiù in tempi ragionevoli, è un sogno da illusi.
Il bisogno di casa in città non può essere soddisfatto dall’ente Atc, che, anzi, negli ultimi tempi sta tentando di snellire la propria organizzazione burocratica e aziendale svendendo il patrimonio edilizio.
Per questo le 900 case popolari che rimangono vuote sono un’opportunità per chi decide di non stare a contare le proprie sfighe, ma prova a destreggiarsi sulle faglie della possibilità. Un’opportunità da cogliere in fretta come è successo oggi in via Aosta 31, dove un gruppo di sfrattandi e solidali ha occupato delle ‘case popolari’ lasciate vuote da anni. L’agenzia territoriale per la casa ha fatto presto a diffondere la notizia che sono appartamenti in via di assegnazione, peccato siano le stesse affermazioni diramate anche un paio di anni fa quando due di questi alloggi vennero occupati da alcuni compagni. L’occupazione durò solo un mese e dopo lo sgombero l’Atc ha tenuto per anni gli alloggi non solo vuoti ma persino murati.
macerie @ Giugno 30, 2017
Due su tre
Mentre nell’atrio del Palazzo di Giustizia di Torino si alza uno striscione che dice la sua sugli arresti del 3 maggio scorso, arriva la notizia che per Francisco e Antonio Rizzo sono stati disposti gli arresti domiciliari con tutte le restrizioni e in giornata lasceranno quindi il carcere delle Vallette. Antonio Pittalis, in sciopero della fame dal 21 giugno, dovrà invece attendere ancora un po’ per sapere se potrà varcare il cancellone di via Maria Adelaide Aglietta: per ragioni burocratiche la sua domanda non otterrà risposta prima di qualche giorno.
macerie @ Giugno 29, 2017
11 kg in 8 giorni
Di nuovo sul pratone delle Vallette, a distanza di qualche giorno dal presidio di domenica. Questa volta la temperatura esterna è decisamente più mite e il sole è sostituito da minacciosi nuvoloni neri all’orizzonte. Da dentro la risposta dei detenuti alle urla dei solidali è altrettanto pronta e rumorosa. Le urla da dentro e fuori durano circa una ventina di minuti, con i petardoni utilizzati per riempire i silenzi tra un coro e l’altro. Le notizie più significative della giornata arrivano però dai colloqui dei compagni rinchiusi alle Vallette. Antonio ci fa sapere che ha perso 11 kg negli 8 giorni di sciopero della fame e che ogni giorno il medico gli misura la pressione e lo pesa. Un gran sostegno gli arriva dai compagni di detenzione, che tra l’altro hanno apprezzato particolarmente la sua lettera, molto precisa sulla descrizione di una giornata tipo nel blocco C. Tuttavia, in attesa dell’ennesima risposta all’ennesima istanza al Gip Arianna Busato, spetta a noi rincarare il sostegno ad Antonio che ostinato sta continuando lo sciopero della fame.
macerie @ Giugno 28, 2017
Un pensiero d’estate
Tagli sul corpo e tentativi di impiccagione. Ad alcuni in queste settimane sembra l’unico modo per riuscire a farsi ascoltare nel Cpr torinese. L’aspettativa viene piuttosto delusa quando, non di rado, con qualcuno appeso al cappio, il lavorante di Gepsa si volta dall’altra parte con un annoiato “fa finta“. Sono i reclusi a salvarsi la pelle tra di loro, a loro il compito di capire come giocarsi le strade per la libertà nella consapevolezza generale che è meglio che giocarsi la vita.
Certo, questo caldo e le condizioni detentive non assicurano la miglior prontezza di spirito, ci si aggiungono poi anche i continui pestaggi delle forze dell’ordine. Un racconto tra i tanti: qualche giorno fa un ragazzo tunisino è stato picchiato da diversi agenti dopo che, avendo ricevuto l’ennesimo diniego a una richiesta fatta ai gestori del centro, chiedeva spiegazioni. “La polizia gli ha detto: vieni a vedere. E lui è caduto nella trappola“. “L’hanno massacrato di botte”, dice chi ha visto. “Chiusi qui dentro senza motivo- le persone stanno impazzendo. Tanti motivi. Solo quando sei in una stanza buia con loro capisci le cose. Due volte a settimana, tre, dipende, ci sono pestaggi. Tutti i giorni litighiamo per il cibo. Verso 8,30-9 di sera litighiamo sempre con loro. Ora ci danno sempre solo pane olio, una coscia di pollo, basta. Una zuppa da schifo. Così non puoi andare avanti.”
macerie @ Giugno 26, 2017
Un caldo sabato tra grano e cemento
La giornata inizia nel caldo torrido del tardo pomeriggio torinese sul pratone davanti ai blocchi B e C del carcere delle Vallette. Il tempo di montare l’impianto e salutare i detenuti con qualche slogan e petardone e da dentro molti reclusi fanno subito sentire la propria voce unendosi all’urlo: «Libertà».
macerie @ Giugno 25, 2017
Da tenere a mente
Dopo parecchie settimane dagli ultimi arresti arrivano alcune parole retrodatate sul prelievo del Dna, coatto e non, da una compagna ancora reclusa. La normalizzazione del campionamento del nostro corredo cromosomico e di quello della popolazione che è costretta a transitare per le stanze della questura continua a far riflettere e immaginare modi per opporsi.
«Il 3 maggio 2017, poche ore dopo gli arresti avvenuti all’Asilo, all’occupazione di corso Giulio Cesare e quella di Borgo Dora, ci siamo dovuti confrontare con il prelievo del Dna in questura prima di essere portati in carcere. Alcuni di noi volevano sapere cosa si intendeva con il “prelievo coatto” e/o non volevano cedere così, in ogni caso. Un testo di un compagno su questo è già apparso qualche giorno dopo e non ho l’intenzione di ripetere la descrizione poiché ho vissuto sensazioni simili: l’esitazione dei poliziotti dato che era una delle prime volte che gli capitava di fare un prelievo coatto, piuttosto che la messa in scena teatrale della funzione dell’estrazione del campione. Scrivo solo alcune parole per aggiungere un racconto e mantenere un’attenzione tra di noi su questo nuovo strumento di schedatura, con cui prima o poi tutti i compagni dovranno confrontarsi.
macerie @ Giugno 24, 2017
L’aria che si respira
Ecco una lettera inviataci da Antonio in cui descrive le condizioni di reclusione all’interno del blocco C delle Vallette. Ne approfittiamo per ricordarvi che il nostro compagno ha iniziato uno sciopero della fame ad oltranza mercoledì 21 giugno, per protestare contro la Gip Arianna Busato che gli ha negato la possibilità di uscire agli arresti domiciliari. Nelle motivazioni si afferma che la casa scelta è troppo piccola e che la ragazza che dovrebbe ospitarlo non è in possesso di un contratto di lavoro.
Vi ricordiamo poi l’indirizzo cui è possibile scrivere ai tre compagni rinchiusi nel carcere delle Vallette:
Antonio Pittalis
Antonio Rizzo
Francisco Esteban Tosina
c/o casa circondariale Lorusso e Cutugno
via Maria Adelaide Aglietta 35
10151 Torino
«Ciao a tutti/e,
vi scrivo dal blocco C del carcere Lorusso e Cotugno di Torino, vi spiego un pò in che situazione mi trovo e che aria si respira qua dentro.
Nella mia sezione, la 11a, la maggior parte delle celle sono inagibili e ci sono alcune persone in isolamento, siamo pochi.
L’aria la facciamo insieme alla sezione 3a, un’ora e mezzo il mattino e un’ora e mezzo il pomeriggio; il resto della giornata la passo in cella da solo, niente attività – la nostra è la sezione più punitiva di tutto il carcere –.
Le celle puzzano di morto ed è pieno di blatte e topi, le blatte cadono anche dal soffitto.
Quando piove tanto, la mia e altre celle si allagano, entra acqua dai muri e da sotto la finestra, l’ultima volta sono rimasto in piedi su una sedia perché c’era troppa acqua e non si poteva stare, si allagano anche alcuni corridoi , piove proprio dentro.
macerie @ Giugno 23, 2017
Quando è troppo, è troppo
C’è un detto che dice che anche la pazienza ha un limite superato il quale non si è più disposti a tollerare. E così, da un po’ di tempo a questa parte, Antonio, Fran, Antonio, Giada, Cam e Fabi, dato l’atteggiamento volutamente vessatorio e arrogante del gip che ha firmato i loro arresti lo scorso 3 maggio, hanno cominciato ad immaginarsi in quali modi provare a smuovere la propria situazione repressiva. Dopo lo sciopero della fame di 24 ore di Fran e quello di Antonio Rizzo delle scorse settimane anche Antonio Pittalis ha dato il via alla propria protesta. La motivazione scatenante, manco a dirlo, sta nel secondo rigetto dell’istanza per gli arresti domiciliari rifilato dalla sopracitata giudice, la dottoressa Arianna Busato - ci teniamo a ricordarlo - , giustificato dalle solite argomentazioni assurde e notificato negli scorsi giorni a tutti e tre i compagni ancora rinchiusi.
E quindi da ieri Antonio è in sciopero della fame ad oltranza fintanto che la condizione detentiva sua e dei suoi coimputati ancora incarcerati non subirà dei miglioramenti e contro la paraculaggine, che ha tutto il sapore della presa per il culo, messa in campo dalla giudice delle indagini preliminari.
Se chi sta dentro prova come può a lottare e farsi sentire con i limitati strumenti a disposizione, a chi sta fuori il compito di portare solidarietà a chi protesta, di estendere la lotta e diffonderla in città.
Intanto fuori, per le vie cittadine, la faccenda dell’ordinanza anti-vetro ha messo in risalto il ruolo della polizia ai più, anche a quelli che volevano semplicemente bere una birretta seduti su un gradino.
macerie @ Giugno 22, 2017
In Santa Giulia, oltre Santa Giulia
Il giorno dopo i fatti di Piazza Santa Giulia con sguardo superficiale sembrerebbero rimanere solo i tavolini scassati dei dehors e la montagna di immondizia ammassata; non ci si riferisce di certo alle bottiglie frantumate a terra durante la confusione, ma a quella prodotta all’unisono dalle piccole e grandi testate giornalistiche sulla “movida incontrollata torinese”.
Dal canto nostro non c’è l’intenzionalità di riportare l’ennesima cronostoria di come si sia evoluta la serata d’inizio estate, né tantomeno di fare il gioco poco felice dell’identificazione di chi, tra polizia e coloro che alla sua presenza si sono opposti, sia il “vero violento”. Ci piace poter dire fuor dai denti che ogni volta che le forze dell’ordine prendono anche solo qualche ceffone ce la ghignamo, se si riesce a cacciarli da una piazza o impedire loro un controllo non possiamo che rallegrarcene. In realtà è ben poco ma, di questi tempi, a quanto pare, non è scontato sottolineare anche le quisquilie sulla rivendicazione della propria di violenza, seppur sia un granello di sabbia rispetto a quella prettamente detta del monopolio statuale e degli interessi che difende.
Andando oltre le piccole certezze, troppe sono le domande su cosa trarre dall’accaduto, sia per quanto riguarda il dispositivo poliziesco in sé e sui suoi cambiamenti nell’ultimo periodo, sia, con una lente un po’ più ampia, sui contesti in cui è chiamato a intervenire direttamente e in gran parata. Insomma ci chiediamo come discernere i nuovi elementi di gestione dell’ordine pubblico da quelli usuali, tenendo per buona l’ipotesi che vi sia, anche per una serie di narrazioni sull’emergenzialità della messa in sicurezza delle città europee, una diffusione ed espansione in tutto lo spazio urbano di procedure già di routine in luoghi periferici e ritenuti sensibili. Se certe procedure repressive non sono nuove, nuovi sono però gli strumenti giuridici che ne permettono la riproduzione in spazi fisici e sociali altri.
macerie @ Giugno 22, 2017
Verranno al contrattacco con elmi e armi nuove
Le procedure giudiziarie sono sostanzialmente farraginose, soprattutto quando in ballo c’è la detenzione: istanza, attesa di risposta da parte del giudice, attesa delle motivazioni della risposta. Una serie di lungaggini snervanti che talvolta vengono rese ancor più insopportabili dai Gip che rifilano rifiuti a qualunque richiesta senza neanche leggere le carte o persino, per partito preso, traspongono paro paro l’argomentazione accusatoria dei Pm trasformandola in ordinanza di privazione della libertà. Del resto per loro è la burocrazia del copia-incolla, timbro, firma e poco più.
Non si vuole qui certo fare l’apologia del giudice accorto e diligente, sappiamo bene quanto il diritto sia in un certo modo flessibile e soprattutto passibile delle attitudini personali e delle interpretazioni di chi è addetto alla sua applicazione. Certo però che di togati che ci fanno pruder ancor più le mani, anche rispetto a quanto già l’odio ordinario verso i tribunali non riesca a fare, ne vediamo davvero troppi. Uno di questi è Arianna Busato, giudice per le indagini preliminari nell’ultima inchiesta, che ha portato all’arresto di sei compagni. La signora, dopo aver nelle settimane passate rifiutato qualsiasi istanza fatta dai compagni arrestati financo impedire loro di sentire i parenti, ha firmato l’ennesimo “no” alla richiesta di trasferimento ai domiciliari per Fran, Antonio e Antonio.
macerie @ Giugno 21, 2017
Presidio al Cpr torinese
La settimana scorsa il Cpr (ex Cie) di Torino ha ricevuto visite. Una delegazione di persone ben vestite che parlavano inglese, francese, alcuni anche arabo, è venuta a passeggiare tra le mura di Corso Brunelleschi. Non si capisce bene cosa volessero né se fossero politici, funzionari o personale di qualche Ong. Sembra che qualche giorno prima avessero fatto visita anche a Lampedusa.
Arrivati in mattina, hanno passato tutto il pomeriggio a tentare il dialogo con i reclusi, a far domande su come si vive dentro, come si mangia e sul loro stato di salute. In molti tra i ragazzi rinchiusi hanno però rifiutato il dialogo. “Che dobbiamo dirgli. Qui è uno schifo, e niente cambia. A cosa serve parlargli”. Alcuni pare avessero il timore di riferire le violenze, il cibo da schifo e le botte che passano dal Cpr torinese per non subire poi ritorsioni da parte dei poliziotti. Qualcuno ha fatto persino finta di dormire pur di evitare le insistenti quando ininfluenti domande che i signorotti bene vestiti volevano porre. A rimarcare l’inutilità della passeggiata è la risposta data a chi, tra i reclusi, chiedeva un contatto per restare aggiornato e sapere se avrebbero fatto qualcosa al riguardo: “State tranquilli, ci faremo vivi noi”. Chiuso il dialogo; abito buono, faccia da culo.
macerie @ Giugno 20, 2017
Di verità, interpretazioni e certezze
Una mattina qualunque a Porta Palazzo, il sole cocente di mezzogiorno incombe su dei manifesti freschi che riportano le foto del pestaggio di ieri e sulle chiacchiere accaldate degli avventori tra un banco e l’altro di scarpe, proprio là al ridosso del mesto PalaFuksas. Qualche bancarellaro si fa sfuggire quanto sia stata terribile la scena di ieri, del ragazzo picchiato dalla polizia dopo una concitata fuga, qualcun altro - invece - con tono sornione afferma di non aver visto nulla e con un’asserzione secca impone questa valutazione anche ai vicini di attività “noi non abbiamo visto niente, eh!”. Di lui, il giovane senegalese, si sa ben poco tranne che dopo esser stato portato al pronto soccorso è stato tradotto alle Vallette.
Dopo la diffusione massiccia del video che riprende abbastanza eloquentemente l’operato di ieri dei signori in divisa, la questura si è apprestata a mandare le veline alle testate locali elargendo la sua Verità: il fatto non è avvenuto, il ragazzo ha sbattuto la testa cadendo contro la struttura di un banco e per questo perdeva sangue. Di come esattamente siano andati i fatti non possiamo essere sicuri, che abbia anche sbattuto o meno la testa, certo è che in molti hanno visto come è stato menato mentre era già immobilizzato e sanguinante nella morsa dell’ordine pubblico.
Non crediamo che negli ultimi giorni alla polizia torinese abbia fatto male il caldo e sia per questo sopra le righe, conosciamo bene la sua violenza quotidiana, quella procedure in strada o quella meglio celata nelle stanze dei commissariati con la legittimazione del monopolio sul sangue altrui sgorgato. Capita però talvolta che qualcosa vada storto, che in tanti vedano, che qualcuno filmi, che ancor meglio si metta in mezzo ai loro controlli o provi a resistere, che chi subisce le percosse negli edifici della legge abbia la possibilità di raccontarle e organizzarsi per reagire.
macerie @ Giugno 15, 2017
Assassate
Sotto le scaffalature tra i banchi di scarpe di Porta Palazzo restano solo delle vistose macchie di sangue, a testimoniare del lavoro svolto da alcuni agenti di Polizia qualche ora prima. I poliziotti hanno rincorso tra le bancarelle un ragazzo senegalese e, una volta raggiunto, lo hanno gettato a terra, ammanettato e picchiato senza troppi complimenti. Si sono calmati solo quando il suolo ha cominciato ad essere troppo rosso e più di un passante ha iniziato a gridargli di smetterla. Un agente è rimasto quindi sopra di lui per bloccarlo fino all’arrivo dell’ambulanza. Al momento non sappiamo come stia il ragazzo e che fine farà una volta uscito dall’ospedale.
Qui sotto potete vedere con i vostri occhi una scena purtroppo non così eccezionale tra le strade di questa città.
https://www.youtube.com/watch?v=Kuwx3izxXAM
macerie @ Giugno 14, 2017