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Monti prepara ulteriori tagli per 26 miliardi di euro

Di Marianne Arens
16 luglio 2012

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Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 10 luglio 2012

“Spending review" è il termine dato dal premier italiano Mario Monti al suo ultimo pacchetto di austerità, approvato dal suo governo la settimana scorsa. Il bilancio dello Stato dovrà essere ridotto di ulteriori 26 miliardi di euro nei prossimi due anni.

La spesa pubblica deve essere ridotta di altri 4,5 miliardi di euro entro la fine di quest'anno. In primavera erano già state drasticamente tagliate le pensioni, mentre sono aumentati i prezzi al consumo e le tasse.

Gli ultimi dati ufficiali del maggio 2012, pubblicati dall'agenzia governativa di statistica ISTAT, mostrano che la disoccupazione giovanile (persone dai 15 ai 24 anni) è salita ad un incredibile 36,2 per cento. In questo periodo, secondo i rapporti di due associazioni dei consumatori pubblicati pochi giorni fa, il costo della vita di una famiglia media è aumentato di quasi 2.500 € all'anno.

Nel 2013 il bilancio dello Stato verrà ridotto di altri 10,5 miliardi di euro e nel 2014 di ulteriori 11 miliardi di euro. Nel settembre del 2013 l'IVA passerà dal 21 al 23 per cento, aggravando la situazione per la classe operaia e le famiglie a basso reddito.

Ci sarà una riduzione del 10 percento dei posti di lavoro nel servizio pubblico. Per ogni cinque dipendenti statali che andranno in pensione, solo uno verrà sostituito. Questo colpirà duramente il settore della sanità pubblica in particolare. Sono in discussione la chiusura di 150 ospedali e la soppressione di 80.000 posti letto negli ospedali.

L' organizzazione amministrativa delle Regioni verrà ristrutturata per motivi finanziari. Delle attuali 107 province resteranno solamente 59 delle più grandi (dovranno comprendere almeno 50 comuni, avere una superficie di 30.000 chilometri quadrati e una popolazione di almeno 350.000 abitanti). Dieci province urbane saranno trasformate in cosiddette aree metropolitane.

Il Ministero dell'Interno chiuderà una prefettura su cinque; 40 dei 200 prefetti attualmente in carica verranno pensionati. Più di 3.000 organizzazioni, uffici amministrativi e imprese parzialmente gestite dallo Stato saranno eliminati. In Emilia Romagna, per esempio, questo colpisce più di 360 organizzazioni.

La regione Emilia Romagna è particolarmente toccata dalla politica della "spending review” di Monti, perché poche settimane fa è stata colpita dal peggior terremoto della sua storia. Fra medici, infermieri e assistenti sociali, già solamente in questa zona saranno eliminati 6.500 posti di lavoro, e verranno soppressi 4.000 posti letto.

Il pacchetto di austerità ha lo scopo di soddisfare le condizioni del patto fiscale europeo, prima ancora che il governo italiano lo abbia approvato. Monti ancora una volta ha invitato i membri del parlamento ad accettare il patto fiscale e il meccanismo di stabilizzazione europeo (ESM) entro la fine di luglio. Ha fatto riferimento al suo "successo" all'ultimo vertice dell'Unione Europea a Bruxelles. (vedi in inglese “EU summit measures mean deeper attacks on the working class”)

Il governo Monti non è stato eletto democraticamente. Si tratta di un governo delle grandi imprese e delle banche. E' stato messo al potere nel novembre 2011 dal presidente della repubblica, l'ottantasettenne ex-membro del Partito Comunista Giorgio Napolitano, in seguito alle pressioni dei mercati finanziari. Da allora, Monti ha sistematicamente lavorato al fine di smantellare tutte le conquiste del dopoguerra della classe operaia e a rendere certo che questa sostenga i costi della crisi bancaria.

Il nuovo pacchetto di austerità sarà sottoposto al parlamento il 31 luglio. Tutti i partiti parlamentari e i sindacati sono d'accordo su tutti i punti essenziali del pacchetto.

Il partito di Berlusconi, il PdL (Popolo della Libertà), ha sostenuto il decreto e ha osservato che conteneva molte misure che Berlusconi stesso aveva in programma. Osvaldo Napoli, un rappresentante della PdL, ha detto alla radio: " Credo che la spending review sia necessaria al Paese, era già nel programma del governo Berlusconi. Monti deve andare avanti e non deve guardare la politica."

Non solo i partiti di destra, ma anche quelli del centro-sinistra sono totalmente d'accordo sulla necessità dei tagli. Quando la "spending review" è stata resa pubblica venerdì scorso, alcuni di questi politici ne ha criticato qualche dettaglio, ma ha sostenuto la linea generale.

Pier Luigi Bersani, segretario dei Democratici (PD, successore del Partito Comunista), era particolarmente entusiasta nel sostenere Monti. Venerdì scorso ha criticato alcune misure, ma poi ha concluso: "Nel decreto ci sono cose buone e le appoggeremo con convinzione."

Anche Antonio di Pietro, del piccolo partito Italia dei Valori, ha concordato con la linea generale: "Una correzione, una riduzione delle spese pubbliche deve essere fatta.”

I partiti presenti in parlamento avevano già attivamente sostenuto Monti due settimane fa, subito prima della sua partenza per il vertice UE a Bruxelles, approvando la sua riforma della legislazione del lavoro. La Camera dei Deputati a Roma, il 28 giugno, ha approvato questa legge a grande maggioranza. La legge attacca le conquiste storiche della classe operaia italiana in materia di flessibilità del lavoro. (vedi in inglese “Monti government deregulates Italian jobs market”)

La riforma della legge sul lavoro rende più facile licenziare i lavoratori per motivi economici ed è un regalo da parte del governo a datori di lavoro come il capo della Fiat Sergio Marchionne, che da tempo chiedeva un tale provvedimento e che ha più volte minacciato di spostare la produzione di automobili fuori dal Paese.

Il governo Monti e i datori di lavoro sono in grado di far passare i loro attacchi

ai posti di lavoro, alla qualità di vita e alla posizione sociale dei lavoratori perché la classe operaia non ha voce né alcun rappresentante che parli a suo nome. Le organizzazioni che subentrarono dopo lo scioglimento del Partito Comunista, come Rifondazione Comunista (l'ultima volta in parlamento nel 2008), come pure i sindacati, sostengono gli attacchi della borghesia, infatti li considerano vitali per la sopravvivenza dell'economia italiana.

Il 3 luglio, alcuni giorni prima della pubblicazione della "spending review", Susanna Camusso, a capo del più grande sindacato italiano, CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro), ha partecipato a Palazzo Chigi ad una consultazione con il governo e le sue "parti sociali". Non ci può essere alcun dubbio che in questo incontro lei sia stata messa al corrente delle linee fondamentali della "spending review" di Monti.

Fu solo a marzo che la CGIL, insieme al FIOM, il sindacato dei lavoratori metalmeccanici tradizionalmente legato all'ex Partito Comunista Italiano, aveva annunciato che il sindacato avrebbe indetto uno sciopero generale se la riforma del mercato del lavoro fosse passata in parlamento. Tuttavia, la riforma del lavoro è stata approvata e lo sciopero generale non si è verificato.

Camusso, invece, è apparsa in pubblico insieme al nuovo capo della Confindustria, Giorgio Squinzu, e ha commentato sulla "spending review ". Fianco a fianco con il capo dei datori di lavoro, ha chiesto le revisioni in nome dell'“interesse nazionale” italiano.

Il Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola (ex membro di Rifondazione, oggi membro della Sinistra Ecologia e Libertà, SEL), ha pateticamente criticato la "review" come un attacco alla costituzione italiana. Vendola ha definito il decreto "ammazza Italia", annunciando che avrebbe fatto appello al Presidente Napolitano contro questo pacchetto di austerità.

Tutto questo è un miserabile tentativo di deviare ogni lotta di principio contro il programma del governo. Vendola si è accorto che gli attacchi susciteranno una massiccia opposizione da parte della popolazione ed è in prima fila, insieme con i sindacati, per incanalare la rabbia del pubblico in azioni innocue.

Vendola è interessato soprattutto a promuovere se stesso come successore di Napolitano. Le prossime elezioni sono previste per la primavera del 2013 e Vendola è considerato come il candidato preferito del centro-sinistra. Egli è conosciuto come un ardente sostenitore dell’eurobond e accanito sostenitore degli interessi economici italiani in seno all'Unione europea.

Quanto al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al quale Vendola vuole fare appello, egli ha già firmato la "spending review" venerdì scorso, poche ore dopo la sua pubblicazione.