8 maggio 2017

20 maggio: HIPHOP & DnB / TAZ

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1 maggio 2017

13 maggio benefit al Kavarna

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25 aprile 2017

25 APRILE 2017 : SOFFIANO VENTI DI GUERRA

Solo i pesci morti vanno con la corrente

Soffiano venti di guerra. E la guerra, pur con il mutare di armamenti o strategie, porta con sé il suo inevitabile epilogo: giochi di potere sulla pelle dei poveri. Però porta con sé anche l’ipocrita indignazione di fronte alle immagini di civili e bambini uccisi, torturati. Come se la guerra non fosse tutto ciò. Come se nella nostra stessa provincia di Varese non si fabbricassero armi.

Sono anni di trasformazioni internazionali, di guerre e cambiamenti climatici, e quindi di ingenti flussi migratori. Di fronte ad un mar Mediterraneo trasformato in fossa comune l’Europa continua ad innalzare muri, a ristabilire frontiere. L’Italia per voce del Ministro dell’Interno Minniti (di stampo piddino) ha legiferato sulla riapertura dei CIE, ora chiamati CPR, ma sempre e comunque lager del terzo millennio. E’ prevista la riapertura di un CPR in Lombardia, sarà dunque compito di ogni animo antirazzista impedire che ciò avvenga.

Per i governanti è il momento di mettere a profitto l’insicurezza percepita – instillata ad hoc nella popolazione – e con il decreto Minniti sulla sicurezza – Minniti stesso lo ha definito come decreto di sinistra – sono riusciti nell’ennesimo giro di vite sulle libertà individuali. Con il daspo urbano si concedono al sindaco poteri degni di uno sceriffo, capace ora di allontanare a piacere elementi indesiderati dalla città. Ma dietro la neutralità dell’emergenza sicurezza si cela un progetto più profondo di gestione classista delle città. Il decreto Minniti è palesemente contro i poveri e contro le presenze conflittuali nelle città. L’obiettivo che si pone è quindi il deserto e la pacificazione sociale in tempi di impoverimento degli strati meno abbienti.

Ed è proprio in provincia di Varese, a Gallarate, che il daspo urbano ha trovato il primo sostenitore. Si tratta del sindaco leghista Andrea Cassani che oltre ad averne dati già una decina è riuscito addirittura a lamentarsi della poca severità di questo provvedimento. A Saronno il sindaco leghista Fagioli oltre ad aver militarizzato come non mai la Polizia Locale sta svendendo il centro storico cittadino per poter reinvestire in strumenti repressivi come ad esempio le nuove telecamere di sorveglianza. Sono ormai giornaliere le retate contro i senza documenti, mentre sono non solo tollerate ma sostenute le iniziative dell’estrema destra locale che, sotto diversi nomi, prosegue nella sua propaganda di odio. Sono sempre più frequenti le apparizioni nelle piazze del varesotto dei partiti dell’estrema destra: Forza Nuova, CasaPound, Movimento Etica Tradate, senza dimenticare il tentativo di Lealtà Azione fatto lo scorso anno qua a Saronno.

Ma in questa società sempre più totalitaria e securitaria sarebbe limitante osservare il riorganizzarsi dell’estrema destra, perché i temi dell’estrema destra sono ripresi e sostenuti da tutte le forze politiche in campo. E’ l’incarnazione del pensiero unico, secondo cui, sotto l’ideologia della sicurezza e dell’emergenza, passano come “normali” provvedimenti allucinanti come i due nuovi decreti a firma Minniti, uomo di sinistra.

Soffiano venti di guerra, sia sul fronte esterno che sul fronte interno. Ogni passo ceduto allo Stato, al sindaco-sceriffo, all’ideologia dominante è un passo verso repressione e razzismo, verso la violenza che ogni giorno subiamo e che ogni giorno uccide nel mediterraneo, stupra nelle caserme, tortura nei CPR, arresta i poveri o i mendicanti, reprime chi si oppone.

Tutto ciò che otterremo invece sarà grazie al conflitto e alla solidarietà, nell’aiutare un senza docuumenti a scappare da una retata, ad impedire le violenze poliziesche, a rispedire al mittente la guerra tra poveri e nell’individuare chiaramente chi sono gli sfruttati e chi gli sfruttatori, nel non lasciare solo chi viene colpito dalla repressione.

Contro il pensiero unico che da destra a sinistra mortifica le nostre esistenze!

TeLOS

6 aprile 2017

28 aprile – trash benefit TeLOS al Molino

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28 aprile 2017 – dalle 21.00
al Molino, viale Cassarate 8, Lugano

Trash Party Benefit Spese Legali TeLOS

Dalle 21:00 – DJ Mari & Monti – DJ Camparino – DJ Conte Uzzolino – DJ Latin Lover

10 marzo 2017

UNA FESTA

Oggi, ad un anno di distanza, abbiamo ri-occupato lo spazio in pieno centro storico in piazza Indipendenza/via Giuditta Pasta a Saronno.
L’occupazione sarà temporanea, e durerà limitatamente alla giornata dell’11 marzo, per poter festeggiare come si deve gli 8 anni dall’occupazione del Telos di via Milano.
La scelta della location non è casuale, infatti come scrivevamo lo scorso anno:
il centro di Saronno da qualche decennio sta subendo una lenta ma inesorabile trasformazione: da punto di riferimento per la città, per i giovani, per chi volesse vivere la città e la strada a centro commerciale a cielo aperto; da punto di ritrovo per centinaia di persone ad ogni ora del giorno a punto di passaggio in cui chi sosta viene guardato con sospetto; da spazio condiviso, vissuto e comune a spazio privato, videosorvegliato e arido.
Questa trasformazione non riguarda solo il centro di Saronno, ma anche i centri, o i quartieri, di diverse altre città: si chiama gentrificazione, ci dicono che si tratta di riqualificazione, quello che non dicono è che la presunta riqualificazione comporta l’aumento del costo della vita (affitti, spese, beni primari…) e di conseguenza l’arrivo di portafogli gonfi e l’allontanamento forzato della fetta di popolazione più povera.
In un centro storico di questo tipo non c’è spazio per luoghi di libera socialità e aggregazione, servono solo banche, negozi e videocamere. Perchè? Perchè ogni cambiamento deve essere in funzione del profitto, deve servire ad arricchire i pochi a discapito dei molti. Anche un bar aperto la sera viene visto male, turba il soporifero quieto vivere dei portafogli gonfi che si sono comprati un pezzo di centro. E allora la sera è bene che il centro sia deserto, al pari di come risulta deserto un centro commerciale, salvo qualche apertura serale strategica per aumentare i profitti, e allora ecco i giovedì sera estivi, ecco la notte bianca.
E’ ormai più di un progetto, è praticamente realtà, una realtà escludente e classista.
Ecco spiegate le ordinanze contro chi mangia o beve in giro, su un gradino per esempio; ecco spiegate le multe a chi chiede l’elemosina o l’allontanamento dei venditori ambulanti; ecco il perché dell’allontanamento dal centro cittadino delle manifestazioni, sia mai che oltre al denaro e al consumo si finisca per porsi qualche domanda. […]
Esistono anche altri modi di vivere gli spazi in comune, esistono altri modi per affrontare l’insicurezza diffusa su cui i politici di ogni schieramento fanno leva. Per cercare di incrinare l’isolamento individuale a cui siamo condannati. Perchè restiamo convinti che le città siano di chi le vive non di chi ha i soldi per comprarsele.

Questa sera faremo festa, e come ogni festa che si rispetti ci sarà del via-vai, ci saranno canti, ci sarà musica, ci sarà la gioia dello stare insieme. Anche di questo ci vogliamo riappropriare, in città come Saronno che negli ultimi anni hanno risentito terribilmente del terrorismo mediatico cui siamo ogni giorno bombardati. Ogni forma di vitalità è stata categorizzata e le è stata affiancata il reato specifico: passeggi una sera in centro con gli amici con una birra? Multa! Non si può bere fuori dai bar! Ridi e scherzi la sera ad alta voce? Disturbo della quiete pubblica! Ti rinfreschi ad una fontanella durante una calda giornata estiva? Stai ledendo al decoro della città! Dai alcuni volantini ai passanti contro il razzismo istituzionale e non? Stampa clandestina, distribuzione clandestina, reato! Multa! Giochi a pallone con i compagni di scuola in strada o in piazza? Allontanatevi, non si può!
Tutto è normatizzato, tutto è controllato.

Noi sabato sera faremo festa, la solita festa caotica e strabordante, senza inizio né fine. Lo faremo ancora più felici sapendo di farci beffe di sceriffi e ordinanze, di Questori e moralisti.

TeLOS itinerante – la saga continua

9 marzo 2017

SABATO 18 MARZO CORTEO A NOVARA

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Puntello a Saronno per andare insieme in treno: ore 12.45 in stazione
Di seguito le righe condivise nell’assemblea delle realtà di movimento della provincia di Varese:

18 MARZO IN PIAZZA A NOVARA PER LA LIBERTÀ DI DISSENSO

Ritrovo ore 14 in piazza Garibaldi (stazione FS)

Sempre di più il potere tenta di soffocare qualsiasi forma di dissenso, opposizione, contestazione o anche solo di pensiero critico. Le cariche ai cortei e ai picchetti dei lavoratori, la repressione delle lotte sul territorio ne sono solo un esempio. Anche in provincia di Varese sono centinaia le denunce, le multe, i fogli di via che colpiscono chi lotta per la casa, contro razzismo e fascismo, sui posti di lavoro, per gli spazi sociali.
Contro ogni forma di repressione, solidali con chi l’ha subita, saremo in piazza a Novara il 18 marzo.

Assemblea delle realtà di movimento della provincia di Varese

1 marzo 2017

TeLOS b-day: 8 anni!

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18 febbraio 2017

Solidarietà agli studenti e alle studentesse bolognesi e milanesi che lottano

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Riceviamo e pubblichiamo un comunicato scritto dagli imputati nel secondo processo per lo sgombero della Ex-Cuem, libreria autogestita nell’Università Statale di Milano fino a maggio 2013.

Milano, 16 febbraio 2017

Oggi, giovedì 16 febbraio, alle 9.30 ha avuto luogo al tribunale di Milano la terza udienza del processo a 7 ragazzi che parteciparono, nel maggio 2013, alla resistenza contro le forze dell’ordine chiamate dal rettore dell’Università Statale di Milano, Gianluca Vago.
Quel giorno, la polizia in assetto antisommossa entrò violentemente e senza preavviso per sgomberare un’aula occupata in risposta alla distruzione della libreria Ex-Cuem. Quest’ultima, per chi non ne abbia sentito parlare, costituiva da tempo un luogo di libertà e di libera ricerca all’interno delle mura accademiche. Lontano dalle logiche mercantilistiche che hanno piano piano avuto la meglio – in università come altrove – , la libreria si pensava e agiva come un approdo per chi, stanco della situazione stantìa e acritica in cui si trovava il movimento studentesco in tempi di grossi sconvolgimenti sociali (era il periodo delle primavere arabe, della Spagna che si sollevava con il movimento 15-m, di Occupy Wall Street..), si proponeva di effettuare un rivolgimento generale e diffuso a partire dalla critica alla modalità di trasmissione del sapere universitario.
Questo processo che ha visto sette ragazzi (ai tempi dei fatti poco più che ventenni) sul banco degli imputati – con l’accusa di resistenza aggravata a pubblico ufficiale, e il conseguente rischio concreto di scontare mesi di galera per il fatto di avere “scandito cori e urla in direzione della polizia” – non è il primo riguardante i fatti di quel giorno. Altri sei ragazzi e una ragazza sono già stati processati con l’accusa di violenza a pubblico ufficiale, e hanno scontato più di 4 mesi di arresti domiciliari.
Il Pubblico Ministero Basilone ha chiesto, oggi, 8 mesi di reclusione, per una transenna trattenuta e qualche slogan lanciato in direzione delle forze dell’ordine in seguito alla loro violenza.
Caso vuole che proprio oggi, 16 febbraio, sia stata chiamata una giornata di mobilitazione in tutte le università italiane in solidarietà agli studenti e studentesse di Bologna, dove lunedì scorso dei poliziotti sono entrati prepotentemente, stavolta in una biblioteca universitaria, manganelli e scudi alla mano, pestando alla cieca come al solito. Riteniamo che i fatti del 2013 a Milano e quelli di qualche giorno fa a Bologna siano collegati. Il rettore della Statale, permettendo alla polizia in assetto antisommossa di entrare nelle mura universitarie, ha rotto un tabù: era da una trentina d’anni che non succedeva una cosa simile. La polizia, infatti, normalmente non ha alcun diritto di entrare in università, luogo di cultura e quindi ad accesso libero, che gode di uno statuto giuridico speciale. Il rettore è responsabile della protezione dei propri studenti; nel caso di Vago e del rettore di Bologna, questo rapporto si è invertito. Il rettore è diventato uno sceriffo che sfrutta il suo ruolo di potere con il fine di mantenere la sua sicurezza e la sua tranquillità, visto che l’università pubblica – soprattutto nel settore umanistico – ha costi sempre più sproporzionati rispetto alla qualità dell’insegnamento e alla preparazione impartita. Insomma, laddove mancano i soldi, e quindi i servizi e le garanzie, e laddove l’università mostra il fianco scoperto a critiche che mettono radicalmente in discussione la sua funzione, lo Stato risponde con i manganelli. A spese, ovviamente, della libertà di espressione e di circolazione dei corpi.
Il caso del divieto della conferenza di Davide Grasso, ex foreign fighter a fianco delle YPG in Kurdistan, organizzata da un gruppo autonomo della Statale di Milano due giorni fa, è un altro esempio dell’uso sproporzionato del potere da parte della gerarchia accademica, a scapito degli studenti che si organizzano autonomamente –che spesse volte sono proprio i più curiosi, intraprendenti e disinteressati. L’università, luogo di produzione di senso e di immaginario standardizzati perlopiù volti all’affermazione del potere e non alla sua messa in discussione, è un luogo potenzialmente pericoloso per chi comanda, perché tra le sue mura si troverà sempre chi, dagli insegnamenti impartiti dai libri, trarrà delle lezioni che lo condurranno a rivoltarsi. Per questo i movimenti studenteschi sono da anni sistematicamente repressi con attenzione morbosa. Ed è per questo che conviene continuarvi la lotta.

Solidarietà agli studenti e alle studentesse bolognesi e milanesi che lottano.

Alcuni compagni della ex-cuem

7 febbraio 2017

PRESIDIO CONTRO I C.I.E || 12/02, a Saronno, ore 15

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L’anno nuovo è iniziato con la notizia eclatante annunciata dal ministro degli interni Minniti dell’intenzione governativa di aprire in ogni regione italiana un CIE. I Centri di Identificazione ed Espulsione sono strutture di detenzione amministrativa, nelle quali vengono rinchiuse persone sprovviste di documento identificativo valido, finalizzate all’espulsione coatta nei rispettivi paesi d’origine. Già questo ci appare inaccettabile, il tutto è però aggravato dal fatto che le condizioni all’interno sono terribili: dalla qualità del cibo, spesso corrotto con psicofarmaci, alla mancanza di cure mediche, supporto legale e standard igienici accettabili.
Nel tentativo di uscirne non sono mancate proteste individuali (scioperi della fame e della sete, atti di autolesionismo) né collettive: evasioni e rivolte incendiarie hanno infatti portato all’inagibilità parziale o definitiva di questi centri, al punto che dei 13 iniziali solo 4 sono attualmente funzionanti, e a capacità ridotta, dimostrando che i CIE
si chiudono con il fuoco.
Minniti ha dichiarato la necessità di rendere più efficiente il meccanismo delle espulsioni, al fine di aumentare la sicurezza nelle strade e migliorare le relazioni fra italiani e stranieri, espellendo soggetti probabilmente detentori di stili di vita criminosi (lavoro nero, spaccio, prostituzione, furti e furtarelli, accattonaggio, occupazioni abusive, elemosine, insomma tutto ciò che è tipico di chi è costretto alla clandestinità. Ma l’argomento cardine del ministro per la riapertura dei CIE è l’allarme terrorismo: cavalcando la paura dei recenti attentati in Europa, sostiene la funzionalità delle espulsioni nel creare un argine sicuro contro lo jiadismo, a fronte di un flusso migratorio massiccio per il quale il sistema fino ad oggi applicato non è sufficiente.
Questo atto, oltre alla propaganda politica, ha come fine l’aumento del controllo: nell’impossibilità statale di gestire le persone migranti (obiettivo irraggiungibile ma soprattutto per noi non auspicabile), l’aumento della capacità di espulsione funge da deterrenza per chi vive una condizione di clandestinità. Chi è identificato come illegale è più facilmente ricattabile in quanto non si deve far notare e non deve creare problemi, e di conseguenza diviene sfruttabile dal mercato nero inteso in senso lato: dalla raccolta della frutta alla prostituzione.
Un individuo non bianco che arriva in Italia, si deve subito confrontare con gli Hotspot, strutture nelle quali i migranti vengono identificati, schedati, catalogati. In base alla possibilità di sfruttamento le opzioni sono: essere smistati in centri di seconda accoglienza sul territorio nazionale (CAS, CARA, SPRAR), portati direttamente in un CIE o rilasciati con decreto d’espulsione obbligatorio, quindi papabili per una futura deportazione; le persone divengono così pura merce da barattare, differenziare, smistare, gestire e smaltire se in eccesso o difettosa.
Il consiglio regionale lombardo, per parola del suo stesso assessore alla sicurezza, ha pensato a tre possibili città adatte alla costruzione di un CIE: Milano, Como o Monza.
Noi, nemici di ogni frontiera e di ogni prigione, non abbiamo intenzione di stare a guardare mentre c’è chi si arricchisce e specula sulla pelle delle persone, soltanto perché individui sacrificabili, capro espiatorio sociale o mezzi propagandistici.
Opporsi alla riapertura dei Centri d’Identificazione ed Espulsione non significa soltanto battersi per la libertà delle persone migranti, ma anche lottare per non rendere ancora più prigione tutto ciò che ci circonda; significa contrastare apertamente le logiche securitarie e militariste, cercando di aprire brecce per liberarsi di tutto il vecchio mondo; in poche parole, sfidare apertamente l’esistente per riprendersi la libertà che ci spetta.

“Da quale cervello feroce impazzito dalla rabbia, da quale spirito sadico vigliacco e snaturato, nacque l’idea terribile della gabbia, dove l’uomo rinchiude l’uomo e lo tiene murato?”
Alexandre Marie Jacob

Alcuni nemici ed alcune
nemiche delle frontiere

1 febbraio 2017

Sugli arresti e sullo sgombero a Firenze

Stamani, contemporaneamente allo sgombero di Villa Panico, a seguito di un’indagine condotta da polizia e carabinieri, sono stati effettuati tre arresti domiciliari e altre otto misure cautelari. Gli indagati sono 35.
A 9 compagni e compagne viene contestata un’associazione a delinquere.
Così, ad Aprile 2016, veniva descritta la situazione fiorentina dagli occupanti di Villa Panico:

“Villa Panico, nella sua attuale sede di San Salvi, è un’occupazione anarchica che esiste dal 2007: ha subìto uno sgombero, è stata occupata nuovamente, ha resistito sui tetti a un nuovo tentativo di sgombero nel 2009, è sopravvissuta a incendi, crolli e uragani. Ci hanno definito teppisti, punkabbestia e soprattutto violenti. Noi siamo innanzitutto individui che lottano contro ogni autorità, che sperimentano forme di vita collettiva in direzione ostinata e contraria al destino impostoci di docili produttori-consumatori atomizzati e segregati ognuno nei propri cubicoli. Siamo individui che rovinano i piani di chi vorrebbe una città completamente rassegnata al ruolo di cartolina per turisti, linda e decorosa, riqualificata ed esclusiva, ovvero un lucroso luna park per ricchi. Non ci facciamo abbindolare dai climi terroristici sempre utilizzati (se non creati) dai media di regime, che ci vogliono presentare i militari in città come un indispensabile incremento della sicurezza pubblica, consapevoli del fatto che altro non sono che una delle massime espressioni della volontà dello Stato di conservare il proprio potere tramite la violenza delle armi. Sappiamo riconoscere il ruolo degli sbirri nella dittatura della maggioranza e le responsabilità di politici, banchieri e dirigenti che hanno reso questa città invivibile e ci batteremo sempre contro questi e contro ogni forma di repressione\oppressione e sorveglianza, perché abbiamo la nostra vita da difendere. In un mondo in cui lo Stato, nell’ottica di preservare la propria autorità detiene il sedicente “legittimo” monopolio della violenza, che chiama legge, mentre invece l’azione o reazione violenta dell’individuo contro tutti i loro organi e ingranaggi lo definisce crimine, ci rivendichiamo fieramente sia l’illegalità che la violenza, chiarendo che quest’ultima non è mai fine a se stessa o indiscriminata, ma impiegata quando necessario in un percorso che mira alla nostra liberazione individuale e collettiva.
A chi stiamo a cuore chiediamo di tenersi pronti a qualsiasi eventualità.
A chi crede che uno sgombero basterà per eliminarci da questa città vogliamo ricordare che siamo determinati a resistere e a lottare.”
(http://www.informa-azione.info/firenze_sullo_sgombero_annunciato_di_villa_panico)

Libertà per Carlotta, Michele e Filomena!
Solidarietà a tutt* gli/le occupant* e gli/le inquisit*.

Saronnesi Solidali