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Grillo-Cassimatis, un caso di non politica

11/04/2017 16:34 CEST | Aggiornato 7 ore fa
Pierpaolo Scavuzzo / AGF

Che fine ha fatto la politica? Che cosa c'entra il tribunale per stabilire chi può fare il candidato sindaco a Genova? Sono interrogativi pesanti che nascono dalle ultime vicende dei grillini.

Marika Cassimatis, insegnate, che sfida Beppe Grillo (lei stessa – magari esagerando - ha parlato di "Davide contro Golia"), secondo me entra nella storia delle prossime elezioni comunali, come un caso emblematico proprio della crisi della politica tout court. Eh si, perché quando la politica per farsi ragione deve mettersi nelle mani di un giudice, vuol dire che la politica non c'è più, che è finita in soffitta, peggio che è caduta irrimediabilmente nell'inconsistenza, nell'incapacità di scegliere, di assumersi responsabilità in proprio, responsabilità di cui avrebbe bisogno per pretendere di governare, anche solo una città.

Ora non c'è dubbio che dal punto di vista strettamente legale, la decisione del giudice Roberto Braccialini di Genova di dare ragione a Marika Cassimatis, vincitrice delle "comunarie", contro Beppe Grillo che l'aveva comunque voluta cancellare dalla corsa a sindaco di Genova per il Movimento Cinquestelle, mettendo al suo posto un altro candidato più gradito, Luca Pirondini, non fa una piega. In 18 pagine di sentenza Braccialini argomenta dettagliatamente i torti di Grillo. Sarà anche il grande Capo, sarà anche "il garante", ma non è nei suoi poteri annullare un voto della rete, un voto locale non può essere sconfessato da un voto nazionale per di più improprio. Confesso che leggendo l'ordinanza ho provato grande solidarietà per il giudice che si è sottoposto allo sforzo non indifferente di navigare fra il "non statuto", il regolamento dei Cinquestelle e il loro codice etico.

Lo stesso Braccialini scrive: "Non risulta particolarmente agevole la ricostruzione delle regole organizzative del Movimento 5 Stelle e dei procedimenti di selezione dei candidati". E poi: "Al 'capo politico' è riconosciuto un ruolo d'indirizzo e impulso particolarmente penetrante che però, proprio nella specifica materia della selezione delle candidature, non si identifica nel "diritto di ultima parola". Alla fine il giudice ha deciso. Ha annullato l'efficacia "della decisione assunta il 14 marzo da Grillo di escludere la lista Cassimatis dal percorso selettivo interno e dal procedimento elettorale relativo al rinnovo del Consiglio comunale e all'elezione del sindaco del Comune di Genova". E poi, ancora, ha sospeso l'efficacia "della deliberazione/votazione del 17 marzo con lui l'assemblea in rete degli iscritti certificati ha deciso la presentazione del signor Luca Pirondini come candidato".

Per Grillo e per il suo Movimento è gran una brutta lezione di democrazia. E per la Cassimatis? Avrà vinto, come dice lei. Sarà anche riuscita a farci capire che fra i 5Stelle non sono tutte rose e fiori, che in teoria potrebbe continuare a essere lei la candidata sindaco. E tuttavia a me sembra che anche lei alla fine della fiera abbia perso. Difficile immaginare che i 5Stelle l'appoggino. Difficile pensare che i genovesi vedano in lei il futuro sindaco. Insomma il caso Cassimatis-Grillo dovrebbe insegnare che chi fa politica – se sa che cosa è la politica – non deve chiedere aiuto ai giudici, che il futuro del governo passa dalle scelte politiche, programmatiche. Se passa dai tribunali vuole dire che la politica si è arresa. Non c'è più. E allora non ci si può meravigliare troppo se il comune cittadino non sa più che pesci pigliare.