Il boss della Camorra che agisce da direttore sportivo, per orientare il trasferimento di un calciatore suo amico in modo da non favorire le squadre rivali e non far consumare il tradimento. È uno degli episodi riferiti dal sostituto procuratore della dda di Napoli, Enrica Parascandolo, ascoltata oggi dalla commissione Antimafia nell'ambito del ciclo di audizioni sul tema dei rapporti tra società di calcio e criminalità organizzata.
Il magistrato è stato chiamato nei palazzi del Parlamento per riferire sulla nota vicenda che vide il boss della Camorra Antonio Lo Russo assistere addirittura a bordo campo ad alcune partite del Napoli allo stadio San Paolo nella primavera del 2010, poco prima di passare alla latitanza ed essere poi arrestato. E Parascandolo ha spiegato come questo si sia reso possibile per ben cinque match, per i quali l'esponente camorrista ha usufruito di un pass da giardiniere, concessogli come favore personale dal titolare del vivaio Marrone, che aveva l'appalto della manutenzione del prato del San Paolo.
Nessuna responsabilità, quindi, da parte della società calcio Napoli, ma, a detta dello stesso magistrato, qualche "perplessità" sull'operato del GOS della questura napoletana, che all'epoca non ha associato il nome di Antonio Lo Russo (presente nella lista inviata settimanalmente dalla società Napoli alle autorità) al clan camorristico. Ma dalle dichiarazioni che Lo Russo sta rendendo in qualità di collaboratore di giustizia dal novembre dello scorso anno, emerge un quadro più complesso, ruotante attorno ad un'amicizia, quella tra il boss e l'ex-calciatore azzurro Ezequiel Lavezzi (detto "el Pocho", ora in forza a una squadra cinese) solida al punto di giustificare la fornitura di una scheda Sim dedicata da parte di Lo Russo, che al momento del suo arresto raccomandò allo stesso Lavezzi di distruggere.
Un quadro, quello tratteggiato dalla Parascandolo, che scagiona totalmente la società partenopea, almeno su questo fronte, ma che ribadisce l'allarme sull'occupazione e l'influenza dei clan in curva, con modalità anch'esse territoriali: "E' notorio – ha detto il magistrato – che al San Paolo esiste una suddivisione dei tifosi nelle curve a seconda della provenienza territoriale e, ahimé, anche per gruppi camorristici, tra curva A e curva B. Le stesse tifoserie ostentano la suddivisione, ad esempio, tra i clan di Miano e Secondigliano, di cui fa parte Lo Russo, e quelli del centro, di cui fa parte 'Genny la Carogna'". Ed è in questo contesto che l'amicizia tra Lavezzi e Lo Russo risulta decisiva quando il calciatore "commissiona" uno striscione a proprio sostegno e vuole che sia esposto in entrambe le curve, ma per ottenere ciò ha bisogno che il suo sodale parli con gli altri clan (anche quelli rivali). Questo comporta un lavoro diplomatico che il calciatore poi ricompenserà con la promessa (mantenuta) di non andare alla Juventus o all'Inter, ma all'estero (andò ai francesi del Paris Saint Germain).
Una storia che ha fatto trasecolare la presidente della commissione Rosy Bindi, che non accetta di ritenere accettabile un rapporto di questo tipo: "Come si può considerare normale tutto questo? – ha detto la Bindi – vorrei capire un po' meglio. Spero si indaghi su come si può dare per normale che un capoclan fornisca una scheda Sim a un calciatore. Dal punto di vista della giustizia ordinaria non so, ma da quello nostro c'è una zona grigia e la sottovalutazione continua a preoccuparci".
Quanto alle indagini, la Parascandolo ha sottolineato che il calciatore è stato ascoltato a suo tempo per questa vicenda, e ha glissato sulle circostanze della conoscenza con Lo Russo, che invece ha raccontato di aver usufruito della comune conoscenza con un ristoratore molto conosciuto dai vip in città. Il sostituto della dda di Napoli ha anche fatto sapere che è in corso un'indagine sul bagarinaggio al San Paolo e che in passato sono state condotte indagini a 360 gradi che finora hanno sempre escluso rapporti tra il Napoli e la Camorra. Allo stesso modo, incalzata dal presidente Bindi, Parascandolo non ha escluso che la presenza della Camorra sugli spalti possa comportare anche il controllo "militare" e attività illecite, ma ha anche specificato che non esiste un problema di sicurezza, e che "tutti possono andare allo stadio in sicurezza", anche se recentemente la curva A è stata teatro di incidenti dovuti alla contiguità di clan rivali. Il 3 maggio ad essere ascoltato dovrebbe essere il capo della polizia Franco Gabrielli, "padre" delle barriere nelle curve dello stadio Olimpico, recentemente rimosse anche per il forte indirizzo dato in questa direzione dal ministro dello sport Luca Lotti.
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