Legge Mancino

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La legge 25 giugno 1993, n. 205 è una norma della Repubblica Italiana che sanziona e condanna gesti, azioni e slogan legati all'ideologia nazifascista, e aventi per scopo l'incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. La legge punisce anche l'utilizzo di simbologie legate a suddetti movimenti politici.

Emanata con il decreto legge 26 aprile 1993 n. 122 - convertito con modificazioni in legge 25 giugno 1993, n. 205 - è nota come legge Mancino, dal nome dell'allora Ministro dell'Interno che ne fu proponente (il democristiano Nicola Mancino).

Essa è oggi il principale strumento legislativo che l'ordinamento italiano offre per la repressione dei crimini d'odio.

Contenuto[modifica | modifica wikitesto]

L'art. 1 ("Discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi") dispone quanto segue: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, [...] è punito:

  • a) con la reclusione fino a un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
  • b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni."

L'art. 2 ("Disposizioni di prevenzione") stabilisce che "chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi" come sopra definiti "è punito con la pena della reclusione fino a tre anni e con la multa da lire duecentomila a lire cinquecentomila." Inoltre lo stesso articolo vieta la propaganda fascista e razzista negli stadi, disponendo che "è vietato l'accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche alle persone che vi si recano con emblemi o simboli" di cui sopra. "Il contravventore è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno."

L'art. 4 punisce con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire 400.000 a lire 1.000.000 "chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Se il fatto riguarda idee o metodi razzisti, la pena è della reclusione da uno a tre anni e della multa da uno a due milioni."

Inquadramento sistematico[modifica | modifica wikitesto]

La "legge Mancino" si colloca all'interno di un complessivo quadro normativo volto a sanzionare le condotte riconducibili al fascismo e al razzismo. Le principali fonti normative al riguardo sono le seguenti:

  1. la XII Disposizione transitoria e finale della Costituzione della Repubblica Italiana, al primo comma, stabilisce che "È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista";
  2. in attuazione della predetta Disposizione, la Legge 20 giugno 1952, n. 645, in materia di "Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione", all'art. 1, precisa che si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista:
    • esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica,
    • o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione,
    • o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza,
    • o svolgendo propaganda razzista,
    • ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito,
    • o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista;
  3. la Convenzione internazionale sulla eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966, è stata recepita dall'ordinamento italiano con legge 13 ottobre 1975, n. 654.

Tale Convenzione dichiara nel suo preambolo, fra l'altro, che "gli stati parti della presente convenzione [sono] convinti che qualsiasi dottrina di superiorità fondata sulla distinzione tra le razze è falsa scientificamente, condannabile moralmente ed ingiusta e pericolosa socialmente, e che nulla potrebbe giustificare la discriminazione razziale, né in teoria né in pratica, [e che gli stati stessi sono] risoluti ad adottare tutte le misure necessarie alla rapida eliminazione di ogni forma e di ogni manifestazione di discriminazione razziali nonché a prevenire ed a combattere le dottrine e le pratiche razziali".

In conseguenza la medesima Convenzione, all'art. 4, stabilisce che "gli Stati contraenti condannano ogni propaganda ed ogni organizzazione che s'ispiri a concetti ed a teorie basate sulla superiorità di una razza o di un gruppo di individui di un certo colore o di una certa origine etnica, o che pretendano di giustificare o di incoraggiare ogni forma di odio e di discriminazione razziale".

Sempre nel medesimo art. 4 della Convenzione, gli Stati contraenti "si impegnano ad adottare immediatamente misure efficaci per eliminare ogni incitamento ad una tale discriminazione od ogni atto discriminatorio, tenendo conto, a tale scopo, dei principi formulati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo [...] ed in particolare:

  1. a dichiarare crimini punibili dalla legge, ogni diffusione di idee basate sulla superiorità o sull'odio razziale, ogni incitamento alla discriminazione razziale, nonché ogni atto di violenza, od incitamento a tali atti diretti contro ogni razza o gruppo di individui di colore diverso o di diversa origine etnica, come ogni aiuto apportato ad attività razzistiche, compreso il loro finanziamento;
  2. a dichiarare illegali ed a vietare le organizzazioni e le attività di propaganda organizzate ed ogni altro tipo di attività di propaganda che incitino alla discriminazione razziale e che l'incoraggino, nonché a dichiarare reato punibile dalla legge la partecipazione a tali organizzazioni od a tali attività;
  3. a non permettere né alle pubbliche autorità, né alle pubbliche istituzioni, nazionali o locali, l'incitamento o l'incoraggiamento alla discriminazione razziale."

La legge Mancino si richiama esplicitamente alle predette normative di riferimento[1].

Il dibattito sulle modifiche[modifica | modifica wikitesto]

Da tempo si discute in merito ad una possibile estensione della Legge Mancino ai reati basati sulla discriminazione in base all'orientamento sessuale e all'identità di genere[2][3]. La proposta, anche in alternativa all'introduzione di una legge specifica[4], più volte votata in parlamento e mai passata, è stata sostenuta da Idv[5][6] e Pd[7], oltre che da tutte le principali associazioni LGBT italiane[8].

Un tentativo di estensione della legge Mancino ai reati di omofobia e transfobia è tuttora in corso[9], grazie all'accordo PD PDL e Scelta Civica, il dibattito in aula inizia il 26 luglio 2013 e trova la forte opposizione di tutta la Lega Nord. La proposta è stata presentata da più di 220 parlamentari e porta la prima firma dei deputati Scalfarotto (PD), Chimienti (M5S), Tinagli (Scelta civica), Zan (SEL). (rif. http://www.retelenford.it/node/895). La legge è stata approvata alla Camera il 19 settembre 2013 con 228 voti favorevoli e 57 contrari[10], ed è attualmente in discussione al Senato.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Sebbene la paternità della legge 205/1993 sia ormai comunemente attribuita dalla opinione pubblica all'ex Ministro Nicola Mancino, la sua responsabilità nella stesura finale del testo fu in realtà assai marginale e limitata alla proposta di un Decreto Legge in grado di perseguire penalmente la diffusione di ideologie relative al razzismo. Un contributo importante al testo finale della legge attualmente in vigore è da attribuirsi alla attività parlamentare svolta dell'allora Deputato Enrico Modigliani (Partito Repubblicano Italiano)[11].

Il partito politico di estrema destra Forza Nuova ha nel suo programma l'abolizione di questa legge[12].

La Lega Nord ha proposto nel 2014 un referendum per abrogarla.[13]

I critici della legge Mancino asseriscono fra l'altro che essa sarebbe incostituzionale, in quanto in contrasto con l'art. 21 della Costituzione[senza fonte], che garantisce la libertà di manifestazione del pensiero. La Corte costituzionale, ad oggi, non ha avuto occasione di pronunciarsi su tale asserito contrasto fra l'art. 21 Cost. e la legge Mancino, tuttavia in due sentenze risalenti agli anni '50 (la n. 1 del 1957 e la n. 74 del 1958) dichiarò infondate le questioni di legittimità costituzionale di norme analoghe a quelle di cui si discute, contenute negli artt. 4 e 5 della sopra citata legge 645/52, con la motivazione che "il legislatore [...] dichiarando espressamente di voler impedire la riorganizzazione del disciolto partito fascista, ha inteso vietare e punire non già una qualunque manifestazione del pensiero, tutelata dall'art. 21 della Costituzione, bensì quelle manifestazioni usuali del disciolto partito che [...] possono determinare il pericolo che si è voluto evitare. [...] Il legislatore ha compreso che la riorganizzazione del partito fascista può anche essere stimolata da manifestazioni pubbliche capaci di impressionare le folle; ed ha voluto colpire le manifestazioni stesse, precisamente in quanto idonee a costituire il pericolo di tale ricostituzione."

Soggiacente all'impianto della legge Mancino è possibile rintracciare un argomento classico del liberalismo europeo, vale a dire quello secondo cui le opinioni che apertamente incitano alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici o religiosi, non debbano godere della tutela riservata alla libertà di manifestazione del pensiero. Tale argomento fu formulato per la prima volta da John Locke il quale, con riferimento alle pratiche autoritarie del cattolicesimo a lui contemporaneo, asserì che "I papisti non devono godere del beneficio della tolleranza, perché, dove hanno il potere, si ritengono obbligati a negare la tolleranza agli altri"[14]. Nel secolo scorso una simile argomentazione fu riproposta da Jean-Paul Sartre il quale, polemizzando contro gli antisemiti, dopo aver rilevato con sfavore che "In nome delle istituzioni democratiche, in nome della libertà d'opinione, l'antisemita reclama il diritto di predicare ovunque la crociata antiebraica", e dopo aver definito pericolosa e falsa tale pretesa, sapidamente commentò: "Ammetterei a rigore che si abbia un'opinione sulla politica vinicola del governo [...]. Ma mi rifiuto di chiamare opinione una dottrina che prende di mira espressamente persone determinate, che tende a sopprimere i loro diritti e a sterminarle"[15].

Lo scrittore Wu Ming 1 ha formulato una critica "da sinistra" alla legge Mancino, sostenendo che la stessa ha fallito nel suo intento di contrastare l'estremismo di destra e si è anzi rivelata controproducente, in quanto, agli occhi di molti giovani, ha conferito ai neonazisti un'ingannevole attrattiva di martiri ribelli: secondo Wu Ming 1, già all'epoca della sua approvazione era possibile prevedere che "la legge avrebbe contribuito a peggiorare le cose, conferendo ancor più fascino maligno a naziskin e camerateria. Chi va in cerca di un'attitudine 'antisistema' non si scoraggerà per la sua messa al bando, anzi, è probabile che la cosa lo entusiasmi. Al primo riluttante sequestro di volantini, alla prima perquisizione all'acqua di rose in una sede d'ultradestra, la legge avrebbe trasformato in ribelle e finto martire anche il più scalzacane dei nazistelli di quartiere [...] Se ad impedire a David Irving di tenere una conferenza non sono i compagni, la gente, gli ebrei autorganizzati, ma la Polizia che lo blocca all'aeroporto, allora l'ultimo dei cretini rapati lo penserà un reietto, un perseguitato, etc... E si crederà antagonista e trasgressivo per il fatto di stare dalla sua parte"[16].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ In quanto dispone fra l'altro la sostituzione del testo dell'art. 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e dell'art. 4 della legge 20 giugno 1952 n. 645.
  2. ^ Gay: Arcigay Firenze, si' a estensione legge Mancino ad atti omofobia - - liberoquotidiano.it
  3. ^ La Nazione - Firenze - Barducci, "Contro l'omofobia applichiamo la legge Mancino"
  4. ^ Il movimento lgbt non riconosca come sua la legge contro l'omofobia | PUTA. A QUEER INVADER
  5. ^ OMOFOBIA: IDV, INSERIRE NORME IN LEGGE MANCINO. Per Grillini occorre riprendere la MOBILITAZIONE
  6. ^ OMOFOBIA: PALOMBA (IDV), PD SOSTENGA PROPOSTA IDV SU ESTENSIONE LEGGE MANCINO - AgenParl - Agenzia Parlamentare per l'informazione politica ed economica
  7. ^ Omofobia, legge Mancino via maestra | Partito Democratico
  8. ^ arcigay - Omofobia. Bene rilancio Legge Mancino. Possibile rapida calendarizzazione - Forum Terzo Settore
  9. ^ Proposta di legge presentata il 15 marzo 2013 (PDF), Camera dei Deputati.
  10. ^ Omofobia, sì alle aggravanti. Ma è scontro nella maggioranza - Repubblica.it
  11. ^ Intervista video a Enrico Modigliani, parte IV, in Banca della memoria ebraica, a cura del Centro di Cultura Ebraica della Comunità Ebraica di Roma (Modigliani ne parla a partire dal minuto 5:40 della suddetta quarta parte del video, reperibile su YouTube).
  12. ^ Gli otto punti | Forzanuova Milano
  13. ^ Referendum - Lega Nord Padania
  14. ^ John Locke, Saggio sulla tolleranza, in: Lettera sulla tolleranza, a cura di Carlo Augusto Viano, Laterza, Roma-Bari 2006, p. 82.
  15. ^ Jean Paul Sartre, L'antisemitismo. Riflessioni sulla questione ebraica, Edizioni di Comunità, Milano 1964, pp. 7 e 8, corsivi nostri.
  16. ^ Wu Ming 1, Chi fabbrica i nazisti? Violenza nera, fascino del male e fallimento della Legge Mancino, http://www.carmillaonline.com/archives/2006/12/002046.html

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