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Thursday December 16, 2010 17:07 by Antikapitalistak, CGT, CNT, EPK, Ezker Batua Berdeak
La necessaria rivendicazione di un modello economico e sociale alternativo richiede una minima intesa tra i sindacati maggioritari della parte spagnola di Euskal Herria (Paesi Baschi della penisola iberica) e il resto dello stato spagnolo, almeno per capire come sia possibile per il futuro realizzare la convocazione congiunta di continue mobilitazioni, come è già avvenuto in Iparralde (Paesi Baschi francesi) contro la Riforma delle Pensioni decise dalle stato francese e, puntando ad un obiettivo più ampio, per indire uno sciopero generale ad oltranza a livello europeo. [Castellano] Gipuzkoa: Manifesto per l'unità sindacaleL'attuale crisi del sistema capitalista, causata principalmente dallo scoppio di bolle finanziarie e immobiliari, lungi dal punire i suoi responsabili diretti (le banche e gli speculatori immobiliari) ha innescato un nuovo tentativo, finora con successo, di spostare i suoi costi sull'insieme della classe operaia. In Europa, i governi di tendenze politiche apparentemente diverse, seguendo i dettami dei poteri finanziari ed economici, e delle loro organizzazioni fantoccio (FMI, OIC, Banca Mondiale ...), al servizio dei quali si è posta l'Unione Europea, stanno sferrando una brutale offensiva, senza precedenti negli ultimi decenni, contro i diritti del lavoro e sociali frutto di secoli di lotte di lavoratrici e lavoratori. Le "misure di adeguamento" intraprese per rilanciare il neoliberismo con diversi ritmi ma con contenuti simili per tutti gli Stati europei, sono destinate ad ampliare ancora di più questa offensiva, rendendo permanente una distribuzione della ricchezza più ingiusta, una maggiore precarizzazione dei servizi sociali e delle pensioni ed una ancora maggiore privatizzazione di quanto oggi è ancora pubblico. A questo proposito, nello stato spagnolo, i portavoce della campagna mediatica e istituzionale liberista che preannunciano "altre misure"; i restrittivi bilanci approvati dai parlamenti statali e regionali; le recenti misure del governo (parziale privatizzazione degli aeroporti e delle lotterie e soppressione del sostegno ai disoccupati di lunga durata); e l'imminenza stessa della riforma delle pensioni, suppongono un nuovo "giro di vite" ai nostri diritti e alla concezione stessa dello stato sociale, mettendo in evidenza l'inutilità delle speranze di "concertazione sociale". Tutto questo sta assumendo, tra la classe operaia e ampie fasce della cittadinanza europea, l'inizio di una crisi di legittimità delle istituzioni del continente, smascherando i limiti di sovranità delle loro democrazie a fronte di presunte obiettive "leggi di mercato" e di istituzioni che non sono altro che l'espressione degli interessi delle classi dominanti, rivelando il ruolo della socialdemocrazia europea come forza di alternanza, più che di alternativa, nella gestione degli interessi del capitalismo neoliberista. Tuttavia, le proteste a livello europeo, spesso esemplari (otto scioperi generali in Grecia, il processo di scioperi a tempo indeterminato in Francia, ...) non sono servite a far retrocedere i governi dalle loro misure di "aggiustamento", in quanto né gli scioperi generali del maggio 2009 e giugno 2010 nei Paesi Baschi, né quello del 29 settembre nello Stato spagnolo, sono serviti ad abbattere la Legge di Riforma del Lavoro né l'insieme dei progetti neoliberisti. Ciò rende evidente la necessità che una mobilitazione costante della classe operaia debba ancora crescere a livello continentale europeo; non possiamo affrontare questo attacco globale con lotte sparse e scoordinate, racchiuse nei confini statali e nazionale; occorre muoversi verso la mobilitazione generale, nella prospettiva di uno sciopero generale ad oltranza in tutta Europa. A questo proposito, deve servire come esempio la lotta che si svolge nello Stato francese contro la riforma delle pensioni. Solo l'unità sindacale e la convinzione che sia possibile raggiungere gli obiettivi possono rappresentare una possibilità per fermare l'offensiva del capitale. Un sindacalista francese ha recentemente dichiarato che "questo paese è la punta di diamante della lotta per una società più giusta", ma non possiamo stare fermi ad ammirare gli esempi francesi o greci che devono, anzi, mostrarci la necessità di unità e di continuità delle mobilitazioni, perché i compagni di questi stati non possono combattere per l'intera Europa. In questo contesto, i tre scioperi generali proclamati nei Paesi Baschi negli ultimi due anni non possono non lasciarci un sapore amaro in bocca. A differenza di quanto accaduto nei Paesi Baschi francesi (Iparralde), la mancata effettuazione di mobilitazioni congiunte ha reso evidente ai cittadini il profondo livello di divisione sindacale, e quindi ha reso meno efficace la portata dello sciopero e della mobilitazione. L'esistenza di diverse identità nazionali non può essere motivo di divisione della classe operaia, poiché al di sopra delle nazioni e degli Stati sono in corso l'offensiva capitalista e le istituzioni globali che sostengono il neo-liberismo; per questo la risposta dovrà essere necessariamente europea o non sarà efficace. La Riforma del Lavoro è ancora vigente, i governi e i partiti del sistema, sia quello spagnolo che quello basco, ci hanno annunciato un prossimo futuro cupo, nel quale la riforma delle pensioni non rappresenterà altro che l'inizio di nuove ondate anti-sociali, nel contesto di una crisi di cui nessuno può prevedere la fine, e nella quale né la concertazione sociale né la divisione della classe operaia sembrano metodi adeguati per affrontare questa situazione. La necessaria rivendicazione di un modello economico e sociale alternativo richiede una intesa minima tra i sindacati maggioritari dei Paesi Baschi e quelli dello Stato spagnolo, almeno per consentire future proclamazioni congiunte di mobilitazioni continue, come è già avvenuto in Iparralde contro la Riforma delle Pensioni dello stato francese, e al fine di proclamare a lungo termine uno sciopero ad oltranza a livello europeo. I firmatari di questa dichiarazione non chiedono ai sindacati maggioritari di rinunciare alle proprie strategie, né alle loro rivendicazioni strettamente sindacali, né alla rappresentanza istituzionale o di qualsiasi altro tipo, ma una base di intesa che possa permettere, almeno, la confluenza nel tempo delle iniziative e delle mobilitazioni contro l'attacco alle condizioni di vita delle lavoratrici e dei lavoratori; non farlo sarebbe un grave errore e un atteggiamento contrario agli interessi della classe operaia. La Confederazione Europea dei Sindacati ha convocato mobilitazioni, il 15 e il 18 dicembre prossimi; la necessaria lotta contro la Legge di Riforma del Lavoro, contro la Riforma delle Pensioni, contro i recenti tagli del governo Zapatero, ci presenta la possibilità di muoverci su questa strada: non rifiutiamola. Organizzazioni di Gipuzkoa che sottoscrivono questo manifesto: Antikapitalistak, CGT, CNT, EPK, Ezker Batua BerdeakTraduzione a cura di Roberto Meneghini per FdCA-Ufficio relazioni internazionali |
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