Bisognerebbe andarci piano con i parallelismi storici. Molto piano. Per esempio è capitato a molti (qualche volta anche a chi scrive) di rinvenire qualche traccia di affinità tra il Pd dei nostri giorni e la Dc dei nostri padri. Affinità legate per un verso all'ampiezza dello spettro delle diverse opinioni interne e per un altro verso alla comune vocazione di architrave governativo. Il Pd è nato infatti sotto il segno di una certa impazienza. La sua vocazione è stata l'innovazione. La Dc, al contrario, era fondata su di un'idea di coesione.
Sono giorni difficili e delicati quelli che elettori e militanti del Partito democratico stanno vivendo. Sono ore di vera sofferenza per tutti noi, per chi ha contribuito in questi anni a fare il Pd. E tuttavia nessuno più nasconde la parola scissione, termine ben conosciuto nella storia della sinistra italiana e non solo. Nonostante siano passati solo dieci anni dalla nascita del Partito democratico, la scissione non gli è sconosciuta.
Xi Jinping cantore a Davos della globalizzazione del libero mercato? È quello che è successo poche settimane fa, quando il leader cinese si è presentato agli europei come l'unico partner affidabile per difendere la globalizzazione liberista. Quest'ultima, attaccata da tutte le parti proprio in Occidente da populismi, sovranismi e isolazionismi, trova in Pechino una difesa forte ma ambigua: il mercato interno cinese è ancora tra i più chiusi al mondo.
Con il voto favorevole del Parlamento europeo (408 a favore, 254 contrari, 33 astensioni), l'accordo di libero scambio tra l'unione europea e il Canada compie un importante passo in avanti ed entra (provvisoriamente) in vigore. Dopo il travagliato procedimento di firma dello scorso ottobre, il Ceta può ora approdare al vaglio dei singoli parlamenti nazionali dei Paesi dell'Unione.
È accaduto recentemente con la pubblicazione dei dati del 2016 sul commercio internazionale da parte dell'Istat, che ancora una volta hanno confermato un paradosso: il calabrone Italia, come Giacomo Becattini definiva il nostro sistema, continua a volare! Così ancora una volta viene smentita la "saggezza convenzionale" di un sistema imprenditoriale imballato, stretto nella morsa di minore produttività e basso livello di innovazione, destinato sempre a un continuo rosario di declino.
Caro iscritto Pd, ti scrivo queste poche righe perché immagino che in questi giorni leggendo i giornali, guardando la televisione, magari ascoltando i talk show ti sia sentito smarrito e disorientato. E magari proprio arrabbiato. Sappi che ti capisco. Immagino ti stia chiedendo perché da settimane ormai si sia smesso di parlare del Paese e tanti di noi continuino invece a guardare al proprio ombelico e a polemizzare al nostro interno.
L'Italia cresce poco: lo 0,9% nel 2016, un po' meglio del previsto, ma un altro 0,9% per il 2017, secondo le previsioni Ue e cioè la metà rispetto alla media europea dell'1,8% e comunque parecchio meno dell'1,6% tedesco e dell'1,4% francese. E soprattutto questa crescita stentata ha un doppio volto, tra Nord e Sud, tra l'innovazione e il sommerso, l'export e l'asfittico mercato interno, i lavori hi-tech e i voucher.
Ma è anche vero che quello che nacque dopo, la ribattezzata " Seconda Repubblica" non portò in alcun modo ad avere un nuovo sistema istituzionale completamente libero dalla contaminazione della corruzione, in tutte le sue articolazioni ed i suoi gangli.
Nell'immediato, penso che si debba appoggiare con forza la proposta avanzata da Orlando di una "conferenza programmatica" pre-congressuale. Non raccontiamoci che la conferenza potrà produrre l'agognata apertura alla società - non si ricostruisce in un istante un rapporto fiduciario eroso da anni - né che potrà regalarci la nuova strategia.
Non c'è altra risposta, alla situazione drammatica del Pd balcanico, con una sana, cosa buona e giusta, scissione. È una situazione che sta andando avanti da anni, da quando Renzi è andato alla guida del Pd e poi del governo. E continua tuttora dopo le dimissioni. Vedi Bersani &c.; Tanto che uno è portato a chiedersi: ma Bersani ci è o ci fa? Grida un "Fermati" a Renzi dopo tre, quattro anni di vera e propria guerra politica contro l'ex premier e segretario del Pd.
Sarò un inguaribile passatista ma confesso di non trovare opportuno che il presidente di una delle due camere usi il prestigio e l'autorità politica che gli derivano dalla carica ricoperta per partecipare ad iniziative di partito ed ivi svolgere considerazioni politiche.
La politica è alla ricerca di contenuti. Ed è un insospettabile personaggio che si candida a forniglieli: Mark Zuckerberg. È proprio il patron di Facebook che apre, con una lettera al mondo, una sorta di campagna elettorale globale in cui mette in campo tutta la sua artiglieria digitale, nel silenzio di tutti gli occhiuti osservatori che fanno le bucce alle ambizioni della politica.
Come asserragliati sulla Torre d'avorio del Campidoglio i "gladiatori dalle 5 Stelle" stanno perdendo il rapporto con quell'ampia maggioranza che pure li aveva portati a un successo clamoroso, facendo eleggere sindaco Virginia Raggi. Liti intestine, gelosie personali, scellerate scelte dei collaboratori e, da ultimo, il "via libera" alla costruzione di uno stadio in terra alluvionale con annessa calata di cemento e, infine, la chiusura del primo "mercato a Km zero" della Capitale, che da anni accoglieva centinaia di migliaia di acquirenti italiani e stranieri.
Quale migliore spin doctor per Zuckerberg se non Donald Trump? È questa la prima domanda da porci per far partire una disamina sullo scenario futuro che si potrebbe intravedere all'orizzonte. L'ultima lettera del magnate californiano è chiara e spiega punto per punto quali sono i cardini su cui la new society si erigerà e, a tutt'oggi, Donald Trump ha dato poca attenzione a quel fermento globale nato grazie al successo algoritmico innescato da Zuckerberg.
In casa mia ho due cani, Ettore e Aldo: taglia grande, affettuosi, amici per me inseparabili, con il pelo lungo e biondissimi. Ogni volta che sento o leggo di esperimenti su animali penso a loro e mi si stringe il cuore: ho provato la stessa sensazione nel sapere della proroga di tre anni per la sperimentazione su animali per ciò che concerne i danni provocati da alcool, tabacco e droga, nonché per gli xenotrapianti effettuati tra animali di specie diverse.
Ho visto un film che mi ha turbato più di tutto il mainstream attualmente disponibile sui nostri schermi. È il documentario di due ragazzi francesi, "Alla ricerca di un senso", ed è a forte rischio di semiclandestinità. In questi anni ho visto documentari ambientalisti straordinari, ma nessuno mi ha coinvolto così profondamente. I documentari mi piacciono, ma di norma riservo le lacrime ai film di finzione. È che "Alla ricerca di un senso" registra una presa di coscienza in progress, con freschezza, senza pretese, senza finanziatori.
In parecchi anni di militante sharing culturale ho molto peccato in pensieri, parole, immagini e post. Facebook in fatto di linea editoriale ha scelto di condannarmi una decina di volte. Forse andrebbe detto a Facebook che ogni volta che una foto viene censurata, senza l'uso della ragione, la statua di Galileo Galilei, piange. E anche io, per la verità, non mi sento molto bene.
Diciamoci la verità: il ritorno di Zeman al Pescara evoca il ricordo grottesco di Oronzo Canà che, annoiato dalla routine della vita domestica, decide di recarsi alla Longobarda nella speranza rivivere i vecchi fasti. L'assenso di Zeman ha sollevato gli animi, e ha rievocato una serie di ricordi smarriti: l'altalena di emozioni vissute insieme, l'ebrezza del calcio champagne, la poderosa cavalcata verso una storica promozione in Serie A. Ovunque va, Zeman semina bei ricordi.
Tutti la cantano, tutti la ballano. Occidentali's Karma è riuscita a farci venire la scimmia, quell'incontrollabile desiderio di ripeterne ossessivamente il ritornello e, per i più coraggiosi, lanciarsi nel gioco virale di far circolare in rete la propria interpretazione danzereccia. Ma perché Francesco Gabbani è riuscito dove praticamente tutti gli altri cantanti in gara a Sanremo 2017 hanno fallito?
A poco meno di una settimana dalla presentazione della nuova Ferrari che disputerà il campionato di F1 2017, ho deciso di cedere anche io alla irrefrenabile e compulsiva voglia di scrivere sul "silenzio Ferrari". Voglio solo condividere un ragionamento ad "alta voce" semplice semplice, lo faccio da appassionato e da chi, nel suo piccolo, da molti anni segue con grande passione e interesse questo sport straordinario.
Tanto per essere chiari e fugare ogni dubbio ci sono soltanto tre aggettivi per descrivere il film di Sydney Sibilia: intelligente, esilarante, bello. "Masterclass" è uno di quei film che ti fa uscire dal cinema sazio di immagini e parole, di personaggi e situazioni, di attori e regia e sceneggiatori in stato di grazia in cui tutto, ma proprio tutto, va a beneficio dello spettatore. E se qualcosa sfugge, pazienza. Non c'è capolavoro che non abbia le sue imperfezioni.
Hellen ed Ellie sono due gemelle identiche d'aspetto, ma molto diverse d'indole: tanto sveglia e intraprendente la prima, quanto lenta e passiva la seconda. La gente lo sa bene, perfino la madre è abituata a elogiare sempre Hellen e rimproverare seccata la maldestra Ellie. Ma, un giorno, le due bambine decidono di tentare un gioco diverso: si scambiano le parti e imbrogliano tutti, aiutate dall'aspetto fisico, essendo due gocce d'acqua.