Si tratta di un percorso di tipo personale che si concentra su alcuni punti basilari: la veduta come fenditura nel mondo, l'ambiente come struttura articolata di "pieghe", la visione fotografica come principio di esclusione e non di banale inclusione, il rigore della composizione come effetto di sottrazione e non di accumulo, l'atomizzazione dello spazio come straordinaria possibilità dello sguardo.
Un interessante mosaico visivo compone il progetto editoriale, pubblicato da Skira, firmato dal fotografo Ciro Frank Schiappa e dal giornalista Michele Primi: "New York Serenade". L'aspetto che conta di più è la natura semplice, ma non semplicistica, dell'immagine che allude di volta in volta, in modo sottile, a un brano musicale, a un disco, all'incontro tra due musicisti, alla storia del rock.
Tra i diversi autori che hanno fotografato l'Italia a partire dalla metà del XIX secolo, il prussiano di origine francesi Robert Rive è senza dubbio uno dei più interessanti, ma anche uno dei meno analizzati e studiati con l'attenzione che merita.
L'assurdo, parossistico e visionario mondo del circo è, da sempre, spunto significativo nell'ambito delle arti visive tecnologiche. Registi e fotografi da decenni si misurano con il problema della raffigurazione visuale di un ambiente che a sua volta vive già all'interno di un processo di auto-rappresentazione, articolato nelle sue varie forme di spettacolo.
Realizzo all'improvviso che è da qualche tempo che non scrivo delle foto che sono state realizzate in questi ultimi mesi in occasione dei progetti che sto realizzando all'interno dell'istituto di Rebibbia, terza casa e casa circondariale, reparto g9. Queste foto sono una prova che qualcosa c'è stato, è accaduto davvero.
La fotografia documentaristica, in questi ultimi anni codificata in modo molto rigido, può avere uno sviluppo creativo di tipo poetico? E ancora: la relazione visuale tra fotografia e realtà si può articolare anche nell'ambito di un'architettura espressiva in grado di aprire un mondo estetico del tutto soggettivo e allo stesso capace di alludere a tematiche collettive, addirittura universali? La risposta a queste domande è molto semplice: sì!
Il Ciwem, acronimo di Chartered Institution of Water and Environmental Management, è un'associazione londinese che dal lontanissimo 1895 si occupa di ambiente. Detta così, potrebbe apparire come il solito istituto borioso che stila rapporti, spiega perché e per come inquinare il meno possibile, dispensa moniti sull'importanza dei nostri atteggiamenti quotidiani per il bene comune presente e futuro.
Un caso emblematico, in tal senso, è quello di Giulia Marchi. L'artista/fotografa riminese, da tempo, compie un percorso soggettivo di edificazione di un territorio linguisticamente meticcio nel quale riordina secondo un principio personale impulsi che derivano direttamente dai suoi interessi e dagli stimoli che arrivano alla sua mente da altri autori.