Tutti a parlare di rabbia, di cambiamento, di necessità di dire basta. Siamo la generazione sempre in rete che non sa fare rete, che non sa farsi sentire. Oggi urleremo vendetta, domani non cambierà niente.
La decrescita è un concetto provocatorio. Dovrebbe spingerci ad interrogarci sul modello di sviluppo, sull'economia che vogliamo, sugli stili di vita.
Per una nazione che vive di piccole e medie imprese manifatturiere, le aggregazioni tra imprese per aumentare la dimensione aziendale, l'ammodernamento delle linee di produzione, e le innovazioni tecnologiche, saranno i principali fattori di rilancio competitivo. La diminuzione del carico fiscale su imprese e lavoro, sarà decisiva e dovrà tornare a essere il primo obiettivo del governo italiano.
Insomma, per citare Robert Park, se si potesse edificare una città da zero, "secondo il desiderio del nostro cuore", che aspetto dovrebbe avere, secondo i principali partiti e movimenti italiani? In base a quali principi dovrebbe essere organizzata? E considerato che ogni progetto urbanistico e architettonico dovrebbe essere vincolato ai principi che esso dovrebbe servire, quali spunti ideali e quali soluzioni spaziali sceglierebbero Pd o Cinquestelle, Forza Italia o Lega Nord, per fare delle nostra città una città?
In Leopoldo Pirelli si ritrovavano in sintesi originale la responsabilità imprenditoriale e l'attenzione alle persone. Economia. Cultura. Etica. Né "razza padrona" né razza predona. Un capitalismo di interessi e valori, semmai, pur dentro quel "capitalismo di relazioni" degli anni Settanta e Ottanta, sotto l'ombrello protettivo di Mediobanca per evitare la crisi delle "grandi famiglie". Industria, comunque.
Allo stato dei fatti, sono tre i possibili scenari: 1. Su Generali effettivamente i francesi di Axa stavano studiando un'Opa e quindi la mossa di Intesa, con Allianz, è difensiva. 2. I francesi non stavano studiando un'Opa e quindi la mossa di Intesa è soprattutto preventiva. 3. La mossa di Intesa, in connubio con Allianz, è soprattutto offensiva e delinea una strategia di cui ancora non si sono immaginati i contorni.
Sembra maturo un cambio di politica e di prospettiva. Dopo anni di linciaggio mediatico il settore del trasporto pubblico può e deve essere visto, considerato e promosso per quello che è: un grande motore di crescita e di benessere, su cui vale la pena investire risorse pubbliche e private.
Alcuni analisti e commentatori hanno contestato "Un'economia per il 99%", il rapporto sulla disuguaglianza diffuso dalla nostra organizzazione alla vigilia del World Economic Forum di Davos, basandosi più sugli articoli ottenuti dal rapporto stesso - e ancor più sulla loro sintetica titolazione - che non su un'effettiva e attenta lettura dei dati e delle interconnessioni riportati che andavano a fondare e sostanziare le sue conclusioni più appariscenti.
Sui temi del lavoro si è arrivati a un punto in cui bisogna tirare definitivamente le somme, rendendosi conto che alle parole, evidentemente, non sono seguiti i fatti. Prima abbiamo assistito alla propaganda che stava dietro al tormentone "I giovani non trovano lavoro perché bamboccioni" poi abbiamo assistito alla favola del Jobs Act che faceva ripartire l'economia e produceva posti di lavoro infiniti a tempo indeterminato. La realtà è però ben diversa.
Da lobbista e da consulente, ho un argomento per consigliare vivamente di lasciare da parte la grande illusione dell'attrazione di investimenti: meglio concentrarsi sulle tante imperfezioni nelle quali lo Stato-regolatore inevitabilmente incorre e sul modo più efficace di farvi fronte. Un ritorno alla prosa? Soprattutto un incitamento alla serietà.
Un secolo fa il 1917, l'anno della Rivoluzione sovietica, uno degli spartiacque netti, nell'immaginario generale, tra il prima e il dopo. Dieci anni fa l'inizio della "Grande Crisi" finanziaria ed economica, i cui effetti avvertiamo con forza ancora oggi. In mezzo, una stagione tumultuosa di radicali e spesso drammatici cambiamenti. Se scrivere di storia è "dare fisionomia alle date", secondo l'insegnamento di Walter Benjamin, tenere in gran conto le ricorrenze è scelta puntuale e opportuna.
Se si votasse attraverso il 730, il Pd avrebbe la maggioranza assoluta. Lo dicono i dati che qualche giorno fa il Mef ha diffuso: oltre il 50% dei contribuenti, che possono destinare il 2x1000 del loro reddito a un partito politico, ha scelto il Pd. Sarà interessante verificare questo dato il prossimo anno dato che, scomparendo ogni altra forma di finanziamento pubblico, rimarrà solo questo strumento.