Perché vivere, è vero, non è un dovere. È un tentativo costante di far fronte a tutto nel migliore dei modi possibili. È una scelta: vado avanti o mi fermo? Michele si è fermato ha scelto di fermarsi. Ma la colpa non è del ministro Poletti, non è del lavoro che manca o dell'amore che latita. Non si tratta di distribuire colpe, ma di assumersi responsabilità. Non può essere che una lettera da cui trapela la sconfitta di un essere umano diventi la bibbia su cui decodificare la sua generazione.
La lettera di Michele è avvolta nell'illusione - o speranza, ancora una volta il tragico gioco delle prospettive - che queste parole non cadano nel vuoto. Ma la realtà è un'altra: queste parole verranno inghiottite dalla cronaca, dalla routine che è la vita, dall'egoismo che ci naviga intorno. Queste parole scompariranno. Resterà il dolore degli amici, il dolore dei genitori. Qualche ricordo.
In Italia, paese nel quale la classe dirigente si ricorda di essere classe dirigente solamente quando c'è da sentenziare e sindacare sul lavoro altrui, la scuola ha perso centralità negli anni perché è stata semplicemente svuotata di contenuti. Schiacciata dalle contingenze del presente, oberata da mille problematiche, non riesce più a programmare il futuro. Nel contenitore scuola, più volte delegittimato dai suoi stessi operatori, troviamo un'apatia generalizzata difficile da scalfire.
Ahmadreza Djalali sceglie ad aprile 2016 di partecipare anche a un convegno nella sua Tehran. Un errore che paga carissimo: dal 24 di quel mese, data del suo arresto, di Ahmad arrivano in Italia notizie a singhiozzo. Frammenti di verità misti a speculazione del regime. Torture, prigione, minacce, spionaggio. Di Ahmad non si sa più nulla.
Sono rimasta molto colpita dall'attacco portato al Papa pochi giorni fa, tramite dei manifesti tesi a denigrare l'idea stessa alla base del suo - per me straordinario - pontificato: quella misericordia, cioè, che troppo spesso la Chiesa ha dimenticato di mettere al centro del proprio operato nel corso della sua storia. Il riformismo di Francesco spaventa molte persone che, dietro un generico concetto di "conservatorismo", vivono con sofferenza quelle che sono le scelte e le decisioni di Bergoglio.
Mi ha fatto davvero piacere leggere l'appello accorato dei docenti universitari che chiedono un intervento urgente al governo e al Parlamento. Dicono che bisogna ripartire dai fondamentali: grammatica, ortografia, comprensione del testo. Hanno ragione. Nelle tesi di laurea, trovano errori da terza elementare. Non è strano, è un andamento che va avanti almeno da due generazioni. Si vuole dare la colpa ai nuovi media, ai cellulari, al linguaggio di Internet? Io non credo che sia cosi.
Sarà durissima per tutti quelli che sono rimasti con uno spazio vuoto che è fisico prima ancora che emotivo. Sarà durissima imparare che quel vuoto non si riempirà mai, che resterà occupato dal rimpianto di una vita che avrebbe potuto essere e non è stata. E allora alzare gli occhi al cielo e provare a prenderlo a pugni sarà il giusto tentativo di sfogare il dolore. Che quello, mi dicono, piano piano si addormenterà.
Pischedda era, orgogliosamente, "uno della Stradale" e si era fatto ben volere sin da subito per la sua disponibilità e la sua simpatia. La luce che accendeva lo sguardo di Francesco Pischedda tornerà presto a brillare negli occhi di un'altra persona. L'ultimo grande dono che Francesco e la sua famiglia hanno fatto a tutti noi è quello delle cornee.
Qui i fatti: un 25enne nigeriano entra negli uffici di un Centro per Migranti e mostra il pistolino a un'impiegata facendole delle avances e impedendo...
A Roma, cala il sipario sul "Circolo Il 48 Raimondo Di Neris" - dal nome di un deportato e dall'anno di nascita dello Stato di Israele - fortemente voluto da Angelo Sermoneta, detto il "Baffone", vera istituzione degli ebrei di Roma. Ci sono delle responsabilità frutto di miopie ed errori grossolani. Sarebbe elegante assumersele.
Subito dopo la condanna per la strage di Viareggio, il consiglio di amministrazione di Finmeccanica, cioè il governo italiano che quella società controlla, ha espresso piena fiducia in Mauro Moretti. Per questa gente una condanna per omicidio colposo plurimo è un normale incidente nell'attività di un top manager. E magari quelli che ora garantiscono la loro fiducia sono gli stessi che chiedono il licenziamento in tronco di un dipendente pubblico che non timbra il cartellino, prima ancora che siano condannate le sue violazioni.
A Cogne si deve l'aver scoperchiato la parte in ombra della maternità, spiazzando di chi pensa che questo rapporto sia sempre perfetto. Stupore, indignazione, ma anche pietà. L'Italia si è interrogata su temi che molto spesso vengono sottaciuti, quelli della donna che diventa madre, della difficoltà di gestire il complesso fenomeno della nascita, che non è soltanto un fenomeno "naturale", ma è al contrario un'esperienza che non sempre viene vissuta in modo sano e positivo.