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Contro il cyberbullismo, i teenager insegnano agli adulti

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FatCamera via Getty Images
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Non c'entra niente la classe sociale o l'origine etnica. I ragazzi a rischio bullismo sono quelli che stanno passando dalle medie alle superiori e attraversano una fase in cui possono crollare le reti sociali di riferimento e alle difficoltà dell'età puberale si sommano i disagi del cambiamento.

Per la giornata nazionale contro bullismo e cyberbullismo si moltiplicano le iniziative di tutte le istituzioni, prima fra tutte la polizia postale. Ma affidare la soluzione del problema alle forze dell'ordine vuol dire rinunciare a difendere i ragazzi prima che subiscano le violenze. Anche se arresti il colpevole, chi è stato vittima di un attacco o di una vessazione reiterata nel tempo ha il 50 per cento di probabilità in più degli altri di sviluppare un disturbo psicologico.

L'identikit della vittima? È meno attraente, meno assertiva e si adatta meno al contesto sociale. Può avere problemi d'ansia o di depressione, aver vissuto deprivazioni familiari - non solo economiche - essere cresciuta con un solo genitore. L'elemento più preoccupante è che una vittima perpetua la sua condizione: dopo che è stata bullizzata reagisce isolandosi di più, aumentando la sua diffidenza e il suo distacco dagli altri, e dunque rivestendo i panni del perfetto target per ogni nuovo bullo.

Solo nel 30 per cento dei casi la vittima cerca di difendersi - sostiene uno studio britannico, e nel 22% lo dice ai genitori, mentre nel 31 non ha reazioni e nel 22 non lo dice a nessuno.

"Prevenire è meglio che curare" - spiega Domenico Scaringi della cooperativa romana Nostos, che si occupa di servizi psicologici per l'età evolutiva - "Bisogna agire su tutto il contesto, coinvolgere genitori, insegnanti, tutta la scuola fino al bidello. E soprattutto i ragazzi: tutti gli adolescenti avvertono un certo grado di ansia sociale e vogliono saperne di più, c'è tanta curiosità e chi offre informazioni è ben visto. Anzi: il segreto è chiedere proprio ai ragazzi di partecipare all'ideazione di un intervento. È come se ci facessero da consulenti: ci insegnano quali mezzi usano per comunicare e come li usano. Perché conoscono piattaforme diverse da quelle degli adulti - più AskFm e meno facebook - e soprattutto hanno un altro modo di interagire".

Le chat e i social network diventano dunque il luogo principale di azione (e di prevenzione) perché è qui che avvengono gli episodi peggiori, e anche una vessazione che nasce nel mondo fisico spesso si trasferisce in quello virtuale. E viceversa.

"Faccio due esempi" prosegue Scaringi, "una ragazza di 14 anni che si è rivolta a noi era stata presa di mira per una rivalità amorosa. Un gruppo di sue coetanee ha cominciato a offenderla e poi l'ha inclusa su un gruppo whatsapp in cui le offese si sono trasformate in minacce. E poi, quando hanno raggiungo il culmine dell'aggressività, sono andate a cercarla e l'hanno riempita di botte. In un altro caso una ragazza molto carina ma molto timida, studentessa in un liceo "bene", è stata presa in giro proprio per la sua timidezza e su whatsapp inclusa in un gruppo dove i compagni hanno cominciato a caricare foto che le scattavano durante le lezioni, nelle pose o nelle espressioni più imbarazzanti. Lei ha sviluppato un'insicurezza tremenda e si è isolata sempre di più".

Nel mondo virtuale, si sa, i ragazzi diventano più disinibiti, ma soprattutto si galvanizzano gli uni con gli altri. Davanti a un telefono o a un computer si pensa di poter controllare tutto e si fa leva su un'audience che ti sostiene e ti incoraggia a superare il limite. "Ma le tecnologie non hanno solo un ruolo negativo" - conclude il presidente di Nostos - "sono risorse che i ragazzi hanno per informarsi, che i timidi possono sfruttare per aprirsi. Bisogna solo alfabetizzarli, sia loro che gli adulti. Ci deve essere invece un'educazione a usare bene le diverse piattaforme. E i genitori da soli non possono farlo, perché loro stessi hanno ancora dei problemi a gestire la comunicazione attraverso la tecnologia. Basti pensare che episodi di bullismo si verificano anche nei gruppi whatsapp di genitori, dove succede che una mamma venga presa di mira perché non ha ben organizzato una cena di classe".

Gli strumenti ci sono. Anche gli adulti possono informarsi e capire come comportarsi andando sul sito di Sonet bull, un progetto Ue promosso da Fondazione Mondo Digitale insieme a istituzioni di Grecia, Belgio e Irlanda che "coniuga moderni approcci pedagogici (eLearning e apprendimento tra pari) con strumenti tecnologici largamente diffusi (internet, social network, dispositivi mobili), al fine di fornire un supporto tempestivo e continuativo a tutta la comunità degli stakeholders per affrontare il bullismo a scuola.

In pratica fornisce un programma di formazione per tutti, anche per insegnanti e genitori, e offre materiali per condividere episodi di bullismo e consigli su come affrontarli. Per battere il bullismo ci vuole educazione.

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