Unione Sovietica

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Unione Sovietica
Unione Sovietica – Bandiera Unione Sovietica - Stemma
(dettagli) (dettagli)
Motto: in russo: Пролетарии всех стран, соединяйтесь!?, traslitterato: Proletarii vsech stran, soedinjajtes'!
Traduzione: "Proletari di tutti i Paesi, unitevi!"
Unione Sovietica - Localizzazione
Dati amministrativi
Nome completo Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche
Nome ufficiale Союз Советских Социалистических Республик
nome ufficiale in altre lingue
Lingue ufficiali Russo e lingue regionali
Lingue parlate Russo e lingue regionali
Inno L'Internazionale (in russo: Интернационал?; 1922-1944)
Inno dell'Unione Sovietica (in russo: Гимн СССР; 1944-1991) ascolta[?·info]
Capitale Mosca
Dipendenze Repubbliche dell'Unione Sovietica
Politica
Forma di Stato Stato socialista federale
Forma di governo Repubblica parlamentare a partito unico
Capo di Stato presidente del praesidium del soviet supremo dell'Unione Sovietica fino al 1989,
dal 1990 Presidente dell'Unione Sovietica
Capo di Governo Primi ministri (de iure dal 1924)
Segretario generale del PCUS (de facto dal 1924)[1]
Organi deliberativi Soviet Supremo dell'URSS (Soviet dell'Unione,
Soviet delle Nazionalità)
Nascita 30 dicembre 1922 con Vladimir Lenin
Causa rivoluzione d'ottobre
Fine 26 dicembre 1991 con Michail Gorbačëv
Causa putsch di Mosca, Accordo di Belaveža, indipendenza della Russia
Territorio e popolazione
Bacino geografico Europa orientale e Asia
Territorio originale Russia europea e Russia asiatica
Massima estensione 22.402.000 km² nel 1991
Popolazione 293.047.571 ab. nel 1991
Economia
Valuta rublo sovietico
Risorse gas, petrolio
Produzioni gas, grano, acciaio, industria pesante
Commerci con COMECON
Varie
TLD .su
Prefisso tel. +7
Sigla autom. SU
Religione e società
Religioni preminenti ortodossia
Religione di Stato ateismo (fino al marzo 1990)
nessuna (1990-1991)
Religioni minoritarie islam, buddhismo, ebraismo, protestantesimo
Unione Sovietica - Mappa
Evoluzione storica
Preceduto da Flag of the Russian SFSR.svg Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa
Flag of Transcaucasian SFSR.svg Repubblica Socialista Federativa Sovietica Transcaucasica
Flag of Byelorussian SSR.svg Repubblica Socialista Sovietica Bielorussa
Flag of Ukrainian SSR.svg Repubblica Socialista Sovietica Ucraina
Succeduto da Armenia Armenia
Azerbaigian Azerbaigian
Flag of Belarus (1918, 1991-1995).svg Bielorussia
Estonia Estonia
Flag of Georgia (1990-2004).svg Georgia
Kazakistan Kazakistan
Kirghizistan Kirghizistan
Lettonia Lettonia
Flag of Lithuania (1988-2004).svg Lituania
Moldavia Moldavia
Flag of Russia (1991-1993).svg Russia[2]
Flag of Tajikistan 1991-1992.svg Tagikistan
Turkmenistan Turkmenistan
Ucraina Ucraina
Uzbekistan Uzbekistan

L'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS) (in russo: Союз Советских Социалистических Республик, СССР?; Sojuz Sovetskich Socialističeskich Respublik, SSSR; ascolta[?·info] /sʌjus sʌ'vʲɛtskɪx səʦɪəlɪ'stiʧɪskɪx rʲɪ'spublɪk/; nelle altre lingue parlate nelle repubbliche sovietiche si veda nomi ufficiali dell'Unione Sovietica), in forma abbreviata Unione Sovietica (in russo: Сов́етский Со́юз?, Sovetskij Sojuz, /sʌ'vʲɛtskɪj sʌjus/) o – secondo una forma diffusa negli anni venti e trenta e poi caduta in disuso – Unione dei Soviet, fu uno Stato federale socialista transcontinentale, che si estendeva tra Europa settentrionale, Europa orientale, Caucaso, Asia centrale e Asia settentrionale.

Sorse il 30 dicembre 1922 sulle ceneri dell'Impero zarista dopo la guerra civile russa e si sciolse ufficialmente il 26 dicembre 1991, in seguito al fallimento delle riforme democratiche e liberali inaugurate dal governo alla fine degli anni ottanta. Dopo la vittoria conseguita contro le potenze dell'Asse nella seconda guerra mondiale diventò una superpotenza economica e militare, riuscendo a imporre il suo sistema politico e sociale anche fuori dei confini nazionali, soprattutto in Europa orientale. Contro il blocco occidentale guidato dagli Stati Uniti d'America, l'altra superpotenza emersa all'epoca, inaugurò la guerra fredda, conclusa formalmente con la dissoluzione dell'Unione Sovietica e l'emersione della sua Repubblica principale, la Russia. Quest'ultima, entrata alla fine degli anni novanta nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite prima e nel G8 poi, ha raccolto gran parte dell'eredità militare e geopolitica sovietica.

La lista delle repubbliche costituenti la federazione subì nel corso del tempo numerose variazioni. Negli anni precedenti il suo scioglimento ne facevano parte quindici Repubbliche Socialiste Sovietiche. La più grande per superficie, economia e popolazione e la più importante sul piano politico era la Repubblica Socialista Sovietica Russa, l'odierna Russia. Anche il territorio dell'Unione Sovietica subì vari mutamenti e nel periodo più recente corrispondeva approssimativamente a quello del tardo Impero russo, senza tuttavia Alaska, Finlandia e Polonia.

L'organizzazione politica del Paese prevedeva un solo partito politico ufficialmente riconosciuto, il Partito Comunista dell'Unione Sovietica, guidato da un segretario generale e dal politburo.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: storia dell'Unione Sovietica e Costituzione dell'Unione Sovietica.

La Russia fu uno dei pochi Paesi europei a non aver vissuto, nel corso del XIX secolo, una trasformazione in senso democratico e liberista delle proprie strutture economiche, sociali e politiche. Le tensioni tra le esigenze di cambiamento espresse da una parte della popolazione e un modello politico statico, basato su una monarchia autocratica, furono all'origine di tre rivoluzioni. La prima, senza esito, ebbe luogo nel 1905, successiva alla sconfitta nella guerra contro il Giappone. La seconda e la terza avvennero invece nel 1917, rispettivamente a marzo (febbraio secondo il calendario giuliano, seguito dalla Chiesa ortodossa russa e a quei tempi in vigore in Russia) e novembre (ottobre), innescate da gravi problemi politico-sociali, da un diffuso malcontento nei confronti della monarchia e dalla tremenda crisi sofferta dall'Impero russo durante la prima guerra mondiale.

La rivoluzione di febbraio[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: rivoluzione di febbraio.

Nel febbraio 1917 Pietrogrado (l'attuale San Pietroburgo) insorse contro il regime zarista e venne costituita la Duma, guidata dal ministro Kerenskij (un governo provvisorio multipartitico), presieduta dal principe L'vov, che rimase in carica solo alcuni mesi: fu la rivoluzione di febbraio. Il 15 marzo lo zar Nicola II fu costretto ad abdicare a causa delle numerose esplosioni di violenza.

Il 7 maggio, durante la VII conferenza panrussa del Partito Operaio Socialdemocratico Russo, la componente bolscevica propose di trasferire tutto il potere ai soviet degli operai, dei soldati e dei contadini che nel frattempo si andavano formando in tutto il Paese. Si formò poi un nuovo governo provvisorio guidato da Aleksandr Fëdorovič Kerenskij, mentre fallì il tentativo controrivoluzionario del generale Lavr Georgievič Kornilov.

La rivoluzione d'ottobre[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: rivoluzione d'ottobre.

La terza rivoluzione, iniziata con la presa del Palazzo d'Inverno il 7 novembre 1917, ebbe successo e passò alla storia sotto il nome di "rivoluzione Russa" (o più precisamente di "rivoluzione d'ottobre"). Venne formato un governo rivoluzionario, il Consiglio dei commissari del popolo, presieduto da Vladimir Lenin.

Il 18 gennaio 1918 venne sciolta l'assemblea costituente e il 3 marzo venne firmata la pace di Brest-Litovsk, che portava il Paese fuori dalla prima guerra mondiale. La decisione di firmare la pace provocò tensioni all'interno del Partito Operaio Socialdemocratico Russo, che si trasformò in Partito Comunista dell'Unione Sovietica e provocò altresì le dimissioni dei commissari non bolscevichi.

Sempre nel 1918 nacque l'Armata Rossa, che sostituì il vecchio e disgregato esercito. La reazione delle forze escluse dal potere e delle potenze straniere non si fece attendere. Nella primavera del 1918 gli inglesi occuparono i porti di Murmansk e Arcangelo, mentre i giapponesi si impadronirono del porto di Vladivostok. In seguito intervennero anche i francesi e gli statunitensi. In Ucraina, Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania si instaurarono regimi nazionalistici con l'aiuto tedesco, mentre in Russia nacquero diciotto governi opposti a quello sovietico. La guerra civile, che durò dal 1918 al 1921, vide l'Armata Rossa, guidata da Trockij, combattere in particolare contro gli eserciti dell'Armata Bianca, guidati dall'ammiraglio Kolčak in Siberia e del generale Denikin nella Russia meridionale. Al conflitto parteciparono anche gli eserciti dell'Armata Verde, che durante il conflitto si alleò sia con l'Armata Rossa sia con l'Armata Bianca e a volte le combatté entrambe; e quelli dell'Armata Nera.

A partire dal 1919 l'Armata Rossa riuscì a prevalere conquistando la Crimea alla fine del 1920 e nel 1921 il Caucaso settentrionale, la Georgia, l'Armenia e l'Azerbaigian. La guerra civile durò però fino al 1923 e si concluse con la sconfitta degli ultimi eserciti contadini dell'Armata Bianca. Mentre dovette soccombere in Estonia, Lettonia e Lituania, che diventeranno Stati indipendenti, anche se poi sarebbero stati occupati e forzatamente annessi all'Unione Sovietica dalla fine della seconda guerra mondiale al 1991.

Dalla fondazione alla morte di Stalin[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: storia dell'Unione Sovietica (1922-1953).

La guerra finì con la vittoria dell'Armata Rossa e la fondazione dell'Unione Sovietica, il primo Stato socialista del mondo, il 30 dicembre 1922, sotto la guida di Lenin. L'Unione Sovietica succedette all'Impero russo, ma la sua estensione fu inferiore a causa dell'indipendenza di Polonia, Finlandia e degli Stati baltici: Estonia, Lettonia e Lituania. Lenin mise in atto una politica per la quale a queste cinque ex-gubernija dell'Impero russo (province dell'Impero russo), i cosiddetti governatorati baltici, venne garantita l'indipendenza, mentre a molte altre entità venne concessa un'ampia autonomia. Già nel 1924 il Regno d'Italia, per volontà di Benito Mussolini, riconobbe ufficialmente l'Unione Sovietica.

Dopo la morte di Lenin (avvenuta il 21 gennaio 1924), ci fu una lotta per la conquista del potere all'interno della leadership del partito tra chi sosteneva che per sopravvivere la rivoluzione avrebbe dovuto estendersi ai Paesi a capitalismo avanzato (soprattutto l'allora Repubblica di Weimar), consentendo così l'intervento armato della classe operaia di quei Paesi al fianco di quella russa per schiacciare i contadini, concepiti come intrinsecamente controrivoluzionari (Trockij);[3] e chi teorizzava la necessità, scaturita dal fallimento dei moti del 1919 in Germania e Ungheria (ma dai primi ritenuta incoerente con il principio marxista dell'internazionalismo), del "socialismo in un solo Paese". Il segretario del partito Iosif Vissarionovič Džugašvili, detto Stalin, fautore del "socialismo in un solo Paese", emerse come nuovo capo contrapponendosi a Lev Trockij. Al fianco di Stalin e contro Trockij si schierò tutta la vecchia guardia bolscevica, con in testa Nikolaj Ivanovič Bucharin e, in un primo momento, Grigorij Evseevič Zinov'ev, in seguito entrambi processati e fucilati come elementi controrivoluzionari. La compattezza del partito nel respingere le tesi di Trockij portò a una sua rapida emarginazione e al suo allontanamento dal partito, culminato nell'esilio iniziato nel 1929.

Stalin avviò un programma di rapida industrializzazione e di riforme agricole, sviluppando rapidamente l'economia socialista, grazie ai successi della pianificazione. Per fare ciò ampliò la portata della polizia segreta di Stato (prima NKVD, poi GPU e infine KGB) e fece sì che durante il suo governo un numero imprecisato di persone che non appoggiavano la sua politica, da alcuni autori stimato in alcune centinaia di migliaia di deportati,[4] da altri in decine di milioni[5] o addirittura fino a centodieci milioni di morti,[6] venissero condannate alla pena capitale o incarcerate nei gulag. Particolarmente famoso è il periodo 1936-1939, conosciuto come periodo delle "grandi purghe".

Tra il 1936 e il 1939 l'Unione Sovietica fu l'unico Paese a fornire aiuto alla repubblica spagnola aggredita dai fascisti del generale Francisco Franco con l'appoggio di Adolf Hitler e Mussolini, in contrasto con il silenzio complice delle democrazie liberali occidentali.

A metà agosto del 1939 l'Unione Sovietica propose alla Germania nazista di Hitler un patto di non aggressione, preceduto da un accordo commerciale fra i due Paesi (quest'ultimo fu firmato a Berlino il 20 agosto 1939).[7] Il 23 agosto veniva firmato a Mosca il patto di non aggressione fra Unione Sovietica e Germania nazista, che divenne famoso con il nome di patto Molotov-Ribbentrop. Il protocollo ufficiale prevedeva l'impegno, di ciascun Paese firmatario, a non attaccare l'altro. Inoltre, se una delle due parti fosse stata oggetto di aggressione da parte di una terza potenza, l'altro firmatario non avrebbe fornito all'aggressore alcun aiuto.[8] Tuttavia il patto comprendeva anche un "protocollo segreto" che definiva fra le parti le rispettive sfere d'influenza nell'Europa orientale. Esso dava quindi mano libera all'Unione Sovietica per sottoporre a controllo le repubbliche baltiche di Estonia, Lettonia, Lituania e della Finlandia, stabilendo il confine delle rispettive aree di influenza nella frontiera settentrionale della Lituania.

Per quanto riguardava la Polonia il confine fra le due sfere d'influenza dei firmatari del patto venivano stabilite nei corsi dei fiumi Narew, Vistola e San, mentre l'Unione Sovietica dichiarava il proprio interesse sulla Bessarabia (passata alla Romania nel 1917) e riceveva dalla Germania nazista una dichiarazione di "non interesse" a quel territorio.[9] Subito dopo l'Unione Sovietica comunicava a Francia e Gran Bretagna di considerare ormai inutili i colloqui a lungo portati avanti fra le tre potenze, per giungere a un accordo contro la Germania nazista.[9] Fu il patto Molotov-Ribbentrop a dar mano libera a Hitler per procedere all'invasione della Polonia, essendosi questi così garantito il non intervento dell'Unione Sovietica e avendo scongiurato il pericolo di dover combattere su due fronti, nel caso d'intervento di Francia e Gran Bretagna a fianco della Polonia, quando questa fosse stata attaccata dalla Germania, il che avvenne già il 1º settembre di quell'anno senza una dichiarazione di guerra.

Il 17 settembre l'esercito sovietico invadeva a sua volta la Polonia da est e due giorni dopo si fermava all'incontro a Brest-Litovsk con quello tedesco. Germania nazista e Unione Sovietica si dedicarono quindi il 28 settembre a definire nei dettagli la spartizione dell'Europa orientale secondo i criteri generali stabiliti dal patto Molotov-Ribbentrop: il confine fra le parti nel territorio polacco venne confermato e l'Unione Sovietica ebbe mano libera per occupare Lituania, Lettonia ed Estonia. Nel giugno 1940 l'Unione Sovietica invase e annetté Bessarabia e Bucovina settentrionale, sottraendole alla Romania. Per questi atti l'Unione Sovietica fu espulsa dalla Società delle Nazioni.

Il 13 aprile 1941 l'Unione Sovietica strinse con l'allora Impero giapponese un patto quinquennale di "non aggressione" tra i due Paesi (il patto fu firmato a Mosca dall'allora ministro degli affari esteri giapponese Yōsuke Matsuoka e da quello sovietico Molotov).[10]

La seconda guerra mondiale[modifica | modifica wikitesto]

Aggredita dalle truppe di Hitler con l'operazione Barbarossa, iniziata il 22 giugno 1941, l'Unione Sovietica vide la porzione occidentale del territorio rapidamente occupata dal nemico, che vi commise eccidi e devastazioni. Grazie anche al trasferimento a oriente delle industrie belliche, reso possibile dal periodo di pace guadagnato con il patto di non aggressione con la Germania nazista, e ai massicci aiuti in armi e altro equipaggiamento ricevuti da Stati Uniti e Gran Bretagna,[11] l'Unione Sovietica riuscì a bloccare l'invasione e, a partire dalla vittoriosa battaglia di Stalingrado, a respingere le truppe dell'Asse. L'avanzata dell'Armata Rossa si concluse a Berlino nel maggio 1945.

Tra il 4 e l'11 febbraio del 1945 nel palazzo imperiale di Livadia si tenne la conferenza di Yalta, il più famoso degli incontri fra Stalin, Churchill e Roosevelt, nei quali fu deciso quale sarebbe stato l'assetto politico internazionale al termine della seconda guerra mondiale. In particolare a Yalta furono poste le basi per la divisione dell'Europa e del mondo in zone di influenza. In seguito agli accordi di Yalta l'Unione Sovietica dichiarò guerra al Giappone l'8 agosto 1945 (nonostante fosse ancora in vigore con il Giappone il patto di non aggressione del 1941) e il giorno successivo lanciò un milione di soldati veterani del fronte orientale contro la Manciuria, dove erano di stanza circa 700.000 giapponesi.[12]

Entro una settimana la regione, la Corea settentrionale e Sachalin furono occupate; nelle Curili invece la resistenza nipponica fu più aspra, ma il 23 agosto furono parimenti conquistate.[13] La vittoria riportata sulle truppe della Germania nazista, dell'Italia fascista e dei loro alleati ebbe però un elevatissimo costo in vite umane e distruzioni materiali: 25.568.000 di vittime, di cui 8.668.000 soldati e 16.900.000 civili, nonché la distruzione di 1.700 città, 70.000 villaggi e 32.000 imprese industriali.[senza fonte]

Il dopoguerra[modifica | modifica wikitesto]

Sotto Stalin l'Unione Sovietica uscì dalla seconda guerra mondiale (conosciuta in Unione Sovietica come la grande guerra patriottica) come una delle principali potenze mondiali, con un territorio che inglobava gli Stati baltici e una porzione significativa della Polonia ante-guerra, unitamente a una sostanziale sfera d'influenza nell'Europa orientale (vedi Impero sovietico). Il confronto politico tra l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti persistette per molti anni e viene denominato con il termine di guerra fredda.

Da Chruščёv a Brežnev[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: storia dell'Unione Sovietica (1953-1985).

Dopo la morte di Stalin si scatenò una nuova lotta per il potere che vide Nikita Chruščёv come vincitore. Sotto la sua guida l'Unione Sovietica fu protagonista dell'appoggio al processo di liberazione delle nazioni africane e asiatiche dalla dominazione coloniale europea e americana, intervenendo ad esempio, nel 1956, a difesa dell'Egitto di Nasser, minacciato di aggressione militare da parte di Francia e Regno Unito per la sua decisione di nazionalizzare la Compagnia del Canale di Suez.

Uno dei momenti peggiori nelle relazioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica fu la crisi dei missili di Cuba, quando Chruščёv iniziò a installare missili nucleari a medio raggio in difesa dell'isola di Cuba, che aveva proclamato il carattere socialista della rivoluzione vittoriosa nel 1959 ed era stata attaccata nell'aprile 1961, con lo sbarco nella baia dei Porci delle forze contro-rivoluzionarie provenienti dal territorio statunitense su mandato dell'amministrazione americana. L'elevata tensione raggiunta tra le due potenze, che per giorni tenne il mondo sull'orlo della guerra atomica, si risolse in un accordo comprendente lo smantellamento delle postazioni missilistiche sovietiche in territorio cubano. Come contropartita l'Unione Sovietica ottenne l'impegno americano a non aggredire mai la Repubblica di Cuba e lo smantellamento dei missili statunitensi dispiegati da anni in Turchia. La parte dell'accordo concernente i missili statunitensi non venne all'epoca resa nota al pubblico.

Chruščёv, che per tutto il suo periodo al potere oscillò tra i poli opposti di una radicale "destalinizzazione" (conosciuta come distensione) e di una difesa del vecchio ordine (come nel caso dell'invasione dell'Ungheria nel 1956), fu rimosso nel 1964 da un blitz interno al partito, guidato da Leonid Brežnev, che prese il potere e governò fino alla morte nel 1982. Questo evento inaugurò quella che sarebbe stata conosciuta negli anni seguenti come "epoca della stagnazione".

Perestrojka e glasnost'[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: storia dell'Unione Sovietica (1985-1991), perestrojka e glasnost'.

Dopo la prematura scomparsa di Jurij Vladimirovič Andropov e il breve interregno di Konstantin Ustinovič Černenko – esponente della vecchia guardia del partito ed ex braccio destro di Breznev – negli anni ottanta il nuovo presidente Michail Gorbačëv riformò drasticamente il sistema politico sovietico con il suo programma detto glasnost.

Il complesso delle sue riforme politiche ed economiche, conosciuto con il nome di perestrojka ("ristrutturazione"), portò a forti alterazioni in direzione dell'autogestione della pianificazione centralizzata, con la conseguenza del rapido collasso dell'economia, di pesanti disfunzioni nelle filiere produttive. In politica estera la nuova direzione sovietica negoziò con gli Stati Uniti una riduzione degli armamenti, in un'ottica di riavvicinamento che avrebbe di lì a poco significato la fine del socialismo reale.

L'amministrazione Gorbačëv, con la cosiddetta "dottrina Sinatra", si propose d'instaurare un nuovo atteggiamento di "non ingerenza" verso gli altri Paesi socialisti dell'Europa orientale. Di fatto questa situazione permise una quasi immediata transizione politica che, tra la fine del 1989 e la prima metà del 1990, avrebbe portato al disfacimento del blocco orientale e alla transizione degli Stati che ne avevano fatto parte all'economia di mercato.

I Paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania), invasi da Stalin prima dello scoppio della seconda guerra mondiale e annessi con la forza nel dopoguerra all'Unione Sovietica, videro prevalere al loro interno un forte senso di nazionalismo, che li avrebbe portati a richiedere e ottenere l'indipendenza, prima ancora che la stessa Unione Sovietica si sfaldasse. La Germania Est, dopo la caduta del Muro di Berlino, si staccò dall'influenza sovietica e, sulla spinta della direzione di Gorbačëv che aveva sostituito, con i buoni uffici di Mosca, Erich Honecker e la vecchia direzione della SED, nel 1990 venne unita alla Repubblica Federale.

Il 28 giugno 1991 venne dichiarato sciolto il Consiglio di mutua assistenza economica e il 1º luglio il patto di Varsavia; questi due eventi sancirono quantomeno simbolicamente la fine dell'influenza della Russia sovietica nell'Europa orientale e prelusero agli eventi del mese successivo.

Dissoluzione dell'Unione Sovietica[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: tentato colpo di Stato in Unione Sovietica e dissoluzione dell'Unione Sovietica.
L'ultimo presidente sovietico Michail Gorbačëv

Nell'agosto 1991 (fra il 19 e il 21) l'Unione Sovietica si dissolse dopo un fallito colpo di Stato, tentato da alcuni elementi dei vertici militari e dello Stato (Janaev, Jazov e altri), che osteggiavano la direzione verso cui Gorbačëv stava guidando la nazione e il nuovo patto federativo delle repubbliche sovietiche che doveva essere siglato dopo poche settimane.

Settori politici liberisti e filo-occidentali guidati da Boris Eltsin usarono il colpo di Stato come pretesto per mettere in un angolo Gorbačëv, bandendo il Partito Comunista e spezzando l'Unione Sovietica. L'8 dicembre 1991 i presidenti di Russia, Ucraina e Bielorussia firmarono a Belaveža il trattato che sanciva la dissoluzione dello Stato sovietico.

In seguito l'Unione Sovietica venne sciolta formalmente dal Soviet Supremo il 26 dicembre 1991. Il giorno prima Gorbačëv aveva rassegnato le proprie dimissioni da presidente dell'Unione Sovietica.

L'11 marzo 1990 la Lituania aveva dichiarato la propria indipendenza. La seguirono, nel corso del 1991, prima le repubbliche baltiche e poi le altre repubbliche sovietiche:

L'eredità politica e militare dell'Unione Sovietica fu raccolta dalla Russia, tanto da subentrarle già nel 1991 nelle Nazioni Unite e nel suo Consiglio di sicurezza come membro permanente.

Politica[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la rivoluzione il Partito Comunista dell'Unione Sovietica (PCUS) mise fuori legge tutti gli altri partiti politici. Il governo della nazione doveva, in teoria, essere portato avanti da soviet locali e regionali eletti democraticamente. In pratica invece ogni livello di governo era controllato da un corrispondente gruppo del partito (vedi centralismo democratico). Il più alto organo legislativo era il soviet supremo. Il più alto organo esecutivo era il politburo.

Il capo del Partito Comunista era il segretario generale del PCUS (dal 1953 al 1966 il capo fu il primo segretario), il quale a partire da Stalin divenne l'effettivo capo dell'Unione Sovietica nonostante l'esistenza del presidente del Consiglio dei commissari del popolo (poi presidente del Consiglio dei ministri), carica che poteva talvolta ricoprire così come quella di presidente dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.

Personalità politiche a capo dell'Unione Sovietica[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Segretario generale del PCUS, Capi di Stato dell'Unione Sovietica e Primi ministri dell'Unione Sovietica.

Segretari generali del PCUS (capi effettivi dell'Unione Sovietica)[modifica | modifica wikitesto]

  1. Stalin (1922-1953)
  2. Georgij Malenkov (6 marzo 1953-14 marzo 1953)
  3. Nikita Chruščëv (1953-1964)
  4. Leonid Brežnev (1964-1982)
  5. Jurij Andropov (1982-1984)
  6. Konstantin Černenko (1984-1985)
  7. Michail Gorbačëv (1985-1991)

Presidenti del praesidium del Soviet Supremo (carica che comporta anche le funzioni di capo dello Stato)[modifica | modifica wikitesto]

La carica fu ridenominata "presidente del Soviet Supremo dell'Unione Sovietica" tra 1989 e 1990 e infine "presidente dell'Unione Sovietica" tra 1990 e 1991:

  1. Mikhail Kalinin (1938-18 marzo 1946)
  2. Nikolaj Svernik (1946-6 marzo 1953)
  3. Kliment Vorošilov (1953-1960)
  4. Leonid Brežnev (1960-1964)
  5. Anastas Mikojan (1964-1965)
  6. Nikolaj Podgornyj (1965-1977)
  7. Leonid Brežnev (1977-1982)
  8. Vasilij Kuznecov (1982-1983)
  9. Jurij Andropov (1983-9 febbraio 1984)
  10. Vasilij Kuznecov (1984)
  11. Konstantin Černenko (1984-1985)
  12. Andrej Gromyko (1985-1988)
  13. Michail Gorbačëv (1988-1991)

Presidenti del Consiglio dei commissari del popolo (capi del governo)[modifica | modifica wikitesto]

  1. Lenin (10 novembre 1917-21 gennaio 1924)
  2. Aleksej Rykov (1924-1930)
  3. Vjačeslav Molotov (1930-6 maggio 1941)
  4. Stalin (1941-1946)

Presidenti del Consiglio dei ministri (carica già nota come "presidente del Consiglio dei commissari del popolo")[modifica | modifica wikitesto]

  1. Stalin (1946-1953)
  2. Georgij Malenkov (16 marzo 1953-8 febbraio 1955)
  3. Nikolaj Bulganin (1955-1958)
  4. Nikita Chruščëv (1958-1964)
  5. Aleksej Kosygin (1964-1980)
  6. Nikolaj Tikhonov (1980-1985)
  7. Nikolaj Ryzhkov (1985-1991)
  8. Valentin Pavlov (14 gennaio-22 agosto 1991)
  9. Ivan Silaev (6 settembre-26 dicembre 1991)

Repubbliche[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: repubbliche dell'Unione Sovietica.
Mappa delle repubbliche sovietiche

Nei decenni finali della sua esistenza l'Unione Sovietica era costituita da quindici Repubbliche Socialiste Sovietiche (RSS). La tabella contiene l'evoluzione delle repubbliche sovietiche, gli Stati attuali e l'anno della loro adesione a organismi sovranazionali.

URSS Repubblica dell'Unione Sovietica Stato attuale CSI CSI NATO NATO Europa EU EURASEC GUUAM OSC
Flag of the Russian SFSR (1918-1920).svg
RSFS Russa
1922-1956 Flag of the Russian SFSR.svg
RSFS Russa
1956-1991 Russia
Russia
1991 2002 1996
Flag of the Karelo-Finnish SSR.svg
RSS Carelo-Finlandese
1940-1956
Flag of Byelorussian SSR.svg
RSS Bielorussa
1922-1991 Bielorussia
Bielorussia
1991 2002
Flag of the Estonian Soviet Socialist Republic.svg
RSS Estone
1940-1941
1944-1991
per occupazione
Estonia
Estonia
2004 2004
Flag of Latvian SSR.svg
RSS Lettone
1940-1941
1944-1991
per occupazione
Lettonia
Lettonia
2004 2004
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RSS Lituana
1940-1941
1944-1991
per occupazione
Lituania
Lituania
2004 2004
Flag of Moldavian SSR.svg
RSS Moldava
1940-1991 Moldavia
Moldavia
1991 Oss. 1997
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RSS Ucraina
1922-1991 Ucraina
Ucraina
1991-2014 Oss. 1997
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RSFS Transcaucasica
1922-1936
Flag of Armenian SSR.svg
RSS Armena
1936-1991 Armenia
Armenia
1991 Oss.
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RSS Azera
1936-1991 Azerbaigian
Azerbaigian
1991 1997
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RSS Georgiana
1936-1991 Georgia
Georgia
1993-2008 1997
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RSS Kazaka
1936-1991 Kazakistan
Kazakistan
1991 2002 1996
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RSS Kirghiza
1936-1991 Kirghizistan
Kirghizistan
1991 2002 1996
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RSS Tagica
1929-1991 Tagikistan
Tagikistan
1991 2002 1996
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RSS Turkmena
1925-1991 Turkmenistan
Turkmenistan
1991-2005
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RSS Uzbeca
1925-1991 Uzbekistan
Uzbekistan
1991 1999-2005 2001

Geografia[modifica | modifica wikitesto]

L'Unione Sovietica copriva l'area di quindici nazioni per una superficie totale di 22 402 200 chilometri quadrati (in totale circa un sesto delle terre emerse del pianeta) e si estendeva su undici fusi orari. I Paesi baltici erano stati occupati e annessi forzatamente nel 1940, più le annessioni della Carelia (precedentemente appartenente alla Finlandia), un quarto della Prussia orientale (precedentemente appartenente alla Germania), la metà orientale della precedente Polonia (annessa nel 1940 grazie al patto Molotov-Ribbentrop), la Moldavia orientale (precedentemente appartenente alla Romania), più l'estrema parte estremamente orientale della Cecoslovacchia (Galazia). Il territorio sovietico si estendeva per 5.571.000 km² in Europa e 16.831.000 km² in Asia.

L'Unione Sovietica era composta da quindici repubbliche e, con oltre 290 milioni di abitanti a fine anni ottanta, era un mosaico di popoli di oltre cento diverse nazionalità differenti tra loro per origine, storia, cultura, tradizioni e caratteristiche fisiche. Fra i tanti gruppi etnici appartenenti all'etnia dei bianchi e dei mongolidi predominava quello degli slavi, che raggruppava più del 75% della popolazione.

Economia[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: economia dell'Unione Sovietica.
Un rublo sovietico

L'Unione Sovietica fu la prima nazione a basare la sua economia sui principi del socialismo in cui lo Stato possedeva la maggior parte dei mezzi di produzione e l'agricoltura era collettivizzata.

Dai primi articoli della costituzione si ha un'idea precisa di come funzionava il sistema economico in Unione Sovietica:

« ARTICOLO 4 - La base economica dell'Unione Sovietica è costituita dal comunismo allo stadio primario e dalla proprietà socialista degli strumenti e mezzi di produzione, affermatisi in seguito alla liquidazione del sistema capitalista, all'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e scambio e all'eliminazione dello sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo.

ARTICOLO 5 - La proprietà socialista nell'Unione Sovietica ha la forma di proprietà di Stato oppure la forma di proprietà cooperativa.

ARTICOLO 6 - La terra, il sottosuolo, le acque, i boschi, le officine, le fabbriche, le miniere, le cave, i trasporti ferroviari, acquei e aerei, le banche, i mezzi di comunicazione, le grandi aziende agricole organizzate dallo Stato e così pure le aziende comunali e la parte fondamentale del patrimonio edilizio nelle città e nei centri industriali sono proprietà dello Stato sovietico.

ARTICOLO 7 - Le aziende sociali dei kolchoz e delle organizzazioni cooperative, con le loro scorte vive e morte, la produzione fornita dai colcos e dalle organizzazioni cooperative, come pure i loro immobili sociali, sono proprietà socialista, dei kolchoz e delle organizzazioni cooperative. In conformità con lo statuto dell'artel agricolo, ogni famiglia appartenente a un kolchoz, oltre al provento fondamentale dell'economia collettiva del kolchoz, ha in godimento personale un piccolo appezzamento di terreno attinente alla casa e ha in proprietà personale l'impresa ausiliaria impiantata su tale appezzamento, la casa d'abitazione, bestiame produttivo, animali da cortile e l'attrezzamento agricolo minuto.

ARTICOLO 8 - La terra occupata dai kolchoz viene loro attribuita in godimento gratuito e per una durata illimitata, cioè in perpetuo.

ARTICOLO 9 - Accanto al sistema socialista dell'economia, che è la forma economica dominante nell'Unione Sovietica, è ammessa dalla legge la piccola azienda privata dei contadini non associati e degli artigiani, fondata sul lavoro personale, escludente lo sfruttamento del lavoro altrui.

ARTICOLO 10 - Il diritto di proprietà personale dei cittadini sui proventi del loro lavoro e sui loro risparmi, sulla casa di abitazione e sull'impresa domestica ausiliaria, sugli oggetti dell'economia domestica e di uso quotidiano, sugli oggetti di consumo e di comodo personale, come pure il diritto di eredità della proprietà personale dei cittadini – sono tutelati dalla legge.

ARTICOLO 11 - La vita economica dell'Unione Sovietica viene determinata e diretta da un piano statale dell'economia nazionale, allo scopo di aumentare la ricchezza sociale, di elevare costantemente il livello di vita materiale e culturale dei lavoratori, di consolidare l'indipendenza dell'Unione Sovietica e di rafforzare la sua capacità di difesa. »

(Dalla Costituzione dell'Unione Sovietica)

Demografia[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: demografia dell'Unione Sovietica.
Popolazione dell'Unione Sovietica (in rosso) e degli Stati post-sovietici (in blu) dal 1961 al 2009

L'Unione Sovietica fu una delle nazioni più diversificate del mondo dal punto di vista etnico, con oltre cento distinte etnie nazionali che vivevano all'interno dei suoi confini. La popolazione totale venne stimata a 293 milioni nel 1991. L'Unione Sovietica era talmente estesa che anche dopo che tutte le sue repubbliche ottennero l'indipendenza la Russia rimase la più grande nazione per superficie ed è ancora abbastanza differenziata dal punto di vista etnico, comprendendo ad esempio minoranze di tatari, udmurti e molte altre etnie non russe.[14]

Repubblica Popolazione della Repubblica 1979 1989  % pop. urbana 1979 Titolari di nazionalità (1989) Russi (1989)
Unione Sovietica 262.436.000 286.717.000 67 - 51,4
RSFS Russa 137.551.000 147.386.000 74 81,3 81,3
RSS Ucraina 49.755.000 51.704.000 68 72,7 22,1
RSS Bielorussa 9.560.000 10.200.000 67 77,9 13,2
RSS Moldava 3.947.000 4.341.000 47 64,5 13,0
RSS Azera 6.028.000 7.029.000 54 82,7 5,6
RSS Georgiana 5.015.000 5.449.000 57 70,1 6,3
RSS Armena 3.031.000 3.283.000 68 93,3 1,6
RSS Uzbeka 15.391.000 19.906.000 42 71,4 8,3
RSS Kazaka 14.685.000 16.538.000 57 39,7 37,8
RSS Tagika 3.801.000 5.112.000 33 62,3 7,6
RSS Kirghiza 3.529.000 4.291.000 38 52,4 21,5
RSS Turkmena 2.759.000 3.534.000 45 72,0 9,5
RSS Lituana 3.398.000 3.690.000 68 79,6 9,4
RSS Lettone 2.521.000 2.681.000 72 52,0 34,0
RSS Estone 1.466.000 1.573.000 72 61,5 30,3

Religione[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: religione in Unione Sovietica e repressione della Chiesa ortodossa in Unione Sovietica.

La separazione tra Stato e Chiesa venne decisa nel territorio dell'Unione Sovietica il 23 gennaio 1918 dai soviet, poco dopo la fine della rivoluzione russa.[15][16] Lo Stato divenne laico e ufficiosamente ateo, sostenendo l'ateismo di Stato,[17] anche se ciò non venne mai sancito esplicitamente nelle Costituzioni, che si limitavano a nominare la religione solo affermando la divisione netta tra Chiesa e Stato e la libertà di culto e coscienza;[16] l'ateismo di Stato venne attuato in forma di politica governativa anticlericale e antireligiosa, dal punto di vista pratico e culturale, tramite leggi ordinarie e propaganda.[18][19][20][21][22] La religiosità venne ridotta a semplice scelta privata, secondo l'ideologia di Lenin e del marxismo, da considerare lecita, ma da scoraggiare al di fuori della sfera personale.[23][24] La Chiesa ortodossa russa fu costretta a rinunciare a tutti i privilegi, come l'esenzione dalle tasse e dal servizio militare per i sacerdoti e i monaci; e per un certo periodo venne anche perseguitata.[20] Con la Costituzione sovietica del 1918, emanata per la Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa e poi estesa alle altre repubbliche federate, venne permesso di svolgere formalmente "propaganda religiosa e non-religiosa",[16] anche se svolgere attiva propaganda di religione o di idee ritenute "superstizioni" in luogo o edificio pubblico (come la propaganda religiosa nelle scuole, l'esposizione di immagini religiose nei luoghi di lavoro e le processioni) poteva essere sanzionato con multe, reclusione o lavori forzati fino a un anno.[18] Di contrasto chi ostacolava lo svolgimento di riti religiosi autorizzati poteva anche essere punito con sei mesi di lavori forzati.[25] Queste pene, come quelle per altri reati che prevedevano un periodo breve, non venivano scontate tramite deportazione in gulag, campo di lavoro forzato o colonie, o con la detenzione in carcere; il condannato poteva avere la libertà condizionale; altrimenti restava al suo posto di lavoro, venendo talvolta trasferito ad altro ente, con stipendio o salario ridotto sensibilmente e in alternativa doveva svolgere lavori aggiuntivi senza essere pagato (cosiddetto lavoro forzato "senza scorta").[26]

Coloro i quali non svolgevano lavori socialmente utili (non solo ecclesiastici, ma anche ex agenti zaristi, privati, ad eccezione di artigiani e contadini dei kolchoz)[27] venivano esclusi dal voto e non pagati,[27] restrizione poi eliminata nel 1936.[28] Quindi questi ultimi, una volta esaurite le risorse di cui erano dotati, dovettero svolgere un altro lavoro per sostentarsi, secondo il principio "chi non lavora non mangia".[29] Venne introdotto il matrimonio civile e negata validità legale a quello religioso,[30] vennero distrutte alcune chiese che occupavano suolo pubblico,[31] altre vennero convertite in uffici e musei pubblici[32] e vennero inoltre abolite tutte le feste religiose come ad esempio il Natale o lo Yom Kippur ebraico.[33]

Con Stalin il processo antireligioso dello Stato fu completato: la Costituzione sovietica del 1924 non conteneva esplicitamente norme sulla religione, in quanto era stata votata come integrazione per sancire la nascita dell'unione federale delle repubbliche come Unione Sovietica,[34] mentre per quanto riguarda i diritti e doveri dei cittadini restò in vigore la relativa parte della Costituzione del 1918. Infine solo in alcune località remote venne concesso di svolgere cerimonie religiose. Secondo fonti ortodosse nel 1917 erano attive circa 80.000 chiese,[35] mentre è stato calcolato che erano circa 20.000 nel 1954 e 10.000 nel 1965.[36] La Costituzione sovietica del 1936 sancì la libertà di culto privato e di praticare la religione, ma autorizzò esplicitamente solo la propaganda antireligiosa, ribadendo nuovamente la netta divisione tra Chiesa e Stato.[37] Restarono valide le normative penali del 1922 contro le "superstizioni religiose" diffuse in pubblico.[18] Nel 1927 venne approvato l'articolo del codice penale che sanciva, tra l'altro, che svolgere propaganda religiosa in tempo di guerra o crisi, se considerato fatto con lo scopo preciso di abbattere il regime comunista o danneggiare direttamente o indirettamente lo Stato, poteva essere punito anche con la pena di morte.[38]

Durante la seconda guerra mondiale, nel 1943, Stalin diede una tregua alla campagna antireligiosa e chiese al patriarca Sergio I di Mosca (in seguito a un incontro avvenuto tra i due) di supportare moralmente i soldati al fronte contro i nazisti. Nello stesso periodo Sergio I rientrò a Mosca e morì nel 1944. Stalin concesse poi alla Chiesa ortodossa la possibilità di celebrare funzioni religiose, ma solo all'interno delle chiese autorizzate e nel privato.[39] Con Nikita Khruščёv ripresero le misure più restrittive verso la Chiesa e si riprese anche la propaganda attiva dell'ateismo di Stato dopo la tregua iniziata nel 1943 e durata sino al 1954.[40] Soltanto negli anni ottanta, dopo la continuazione della politica antireligiosa dei governi Breznev, Andropov e Cernenko,[41] vi fu una nuova tregua nella lotta attiva contro la religione, a partire dall'ascesa al potere di Michail Gorbačëv.[42] La situazione di tolleranza pratica perdurò fino al 1990, quando Gorbačëv permise la libera propaganda religiosa e instaurò la libertà di culto in via ufficiale, al posto dell'ateismo di Stato.[43] Il governo sovietico istituì inoltre l'Istituto per l'ateismo scientifico di Leningrado, che durò fino allo scioglimento dell'Unione Sovietica nel 1991.[44]

Legislazione su matrimonio, aborto, eutanasia e omosessualità[modifica | modifica wikitesto]

Nell'Unione Sovietica vennero introdotti il divorzio (1º dicembre 1917)[45] e l'aborto nel 1920 (reso molto più difficile da Stalin nel 1935, poi reintrodotto nel 1955)[46] e negata la validità del matrimonio religioso (dicembre 1917).[30] In relazione alle pene sostanzialmente basse, rispetto ai reati politici, per il reato omicidio volontario, l'omicidio del consenziente effettuato «per compassione» era depenalizzato e non punibile, legalizzando nei fatti l'eutanasia e il suicidio assistito.[47] L'omosessualità, depenalizzata subito dopo la rivoluzione, tornò illegale a partire dal 1933.

Cultura[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: cinema russo e Grande enciclopedia sovietica.
Manifesto del film L'uomo con la macchina da presa (1929)

La cultura in Unione Sovietica fu influenzata in modo significativo dalle varie fasi politiche che il Paese attraversò nei circa settant'anni della propria esistenza. Durante il decennio che seguì la rivoluzione d'ottobre prevalse un clima di libertà espressiva in campo artistico e culturale e l'esplicito incoraggiamento da parte di Lenin all'accesso alla cultura da parte delle masse operaie e contadine che fino ad allora ne erano state escluse.

Il governo in questi primi anni permise o incoraggiò la nascita di varie correnti artistiche sia sperimentali sia di stampo più tradizionale, all'interno delle quali emersero personaggi di spicco quali Maksim Gorky o Vladimir Mayakovsky. Anche il cinema beneficiò dell'appoggio statale in quanto veniva considerato un mezzo di comunicazione in grado di influenzare profondamente la società, al tempo ancora in larga parte analfabeta. Molti dei capolavori del regista Sergej Ėjzenštejn risalgono a questo periodo.

Più tardi, durante il periodo di Stalin, la cultura sovietica fu caratterizzata da una maggiore uniformità imposta dall'alto e il classicismo socialista divenne l'elemento stilistico dominante in vari campi artistici ed espressivi. Molti intellettuali dissidenti furono uccisi o incarcerati.[48] Tra i progetti culturali più ambiziosi nati in quei decenni va ricordata la Grande enciclopedia sovietica, la cui prima edizione fu completata tra il 1926 e il 1947.

Con l'avvento alla guida del Paese di Khrushov nei tardi anni cinquanta la censura fu allentata e progressivamente il conformismo perse terreno lasciando emergere una certa pluralità di correnti artistiche e letterarie e autori che, come ad esempio Yury Trifonov, erano concentrati più sulla vita quotidiana che sull'edificazione del socialismo. Un fenomeno tipico dell'Unione Sovietica di quegli anni fu lo sviluppo di una letteratura dissidente che si esprimeva tramite riviste clandestine conosciute come samizdat. In campo architettonico nell'era Khrushoviana si passò dal precedente stile sovraccarico di decorazioni alla realizzazione di edifici più sobri e funzionali. Nella seconda metà degli anni ottanta la politica della perestroika e la glasnost portarono infine a una significativa espansione della libertà di espressione anche sulla stampa e sugli altri mezzi di comunicazione di massa.[49]

Scienza e tecnologia[modifica | modifica wikitesto]

Il primo satellite artificiale sovietico, lo Sputnik 1

L'Unione Sovietica possedeva un ben organizzato sistema educativo. Molti furono gli scienziati formatisi negli istituti universitari statali e sedici cittadini sovietici furono nel corso degli anni insigniti del premio Nobel.

Nel 1957 l'Unione Sovietica realizzò e mise in orbita il primo satellite artificiale nella storia dell'umanità: lo Sputnik 1. Nel 1961 il sovietico Jurij Gagarin fu il primo uomo nello spazio. L'Unione Sovietica vantava anche un moderno esercito, anche se spesso carente di fondi. Le unità antiaeree e corazzate probabilmente erano tecnologicamente superiori a quelle statunitensi nella seconda metà della guerra fredda. Negli anni ottanta l'Unione Sovietica mise in orbita la prima vera e propria stazione spaziale a lunga durata: la MIR, che in russo significa sia "mondo", sia "pace". La MIR era stata progettata per durare massimo cinque anni, ma nonostante i carenti fondi e le mille difficoltà la MIR rimase in orbita per quindici anni. Gli ICBM sovietici (come quelli russi oggi) erano i più potenti e potevano coprire distanze maggiori di qualsiasi altro missile.

Nel campo delle tecnologie edilizie e dell'ingegneria civile il Paese ebbe per alcuni decenni un ruolo di primo piano; ad esempio l'edificio principale dell'Università statale di Mosca, inaugurato nel 1953, fu per molto tempo il grattacielo più alto al di fuori dell'area di New York[50] e mantenne il primato di edificio più alto d'Europa fino al 1991, anno in cui fu completata la Messeturm di Francoforte.

L'Unione Sovietica fu a lungo all'avanguardia anche nello sfruttamento civile dell'energia nucleare e varò nel 1957 la prima nave di superficie a propulsione atomica, il rompighiaccio Lenin. Come in altri campi della scienza e della tecnologia anche in quello nucleare il declino economico dell'Unione Sovietica provocò ritardi e malfunzionamenti che culminarono, almeno a livello mediatico, nel disastro di Černobyl' del 1986.

Festività[modifica | modifica wikitesto]

Data Nome italiano Nome locale Note
1º gennaio Capodanno Новый Год  
23 febbraio Giorno dell'esercito sovietico День Советской Армии и Военно-Морского Флота Inizio della rivoluzione di febbraio 1917 (secondo il calendario giuliano)
Costituzione dell'Armata Rossa nel 1918
8 marzo Giornata Internazionale della Donna Международный Женский День Marcia delle donne di Pietrogrado che sancì l'inizio della rivoluzione di febbraio (secondo il calendario gregoriano)
12 aprile Giorno del primo volo nello spazio День Космонавтики Giorno in cui Jurij Gagarin fece il primo volo nello spazio
1º maggio Festa del lavoro Первое Мая - День Солидарности Трудящихся  
9 maggio Giorno della vittoria День Победы Capitolazione della Germania Nazista nel 1945
7 ottobre Giorno della Costituzione dell'URSS День Конституции СССР Proclamazione della nuova Costituzione sovietica nel 1977
7 e 8 novembre Festa della grande rivoluzione socialista di ottobre Седьмое Ноября La rivoluzione d'ottobre del 1917 (novembre per il calendario gregoriano)
Viene attualmente chiamata День Примирения ("giorno della riconciliazione")

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Dopo la morte di Lenin nel 1924, il vero potere nell'Unione Sovietica era detenuto dal Politburo, all'interno del quale la posizione chiave era quella di segretario generale.
  2. ^ Successore legale dell'Unione Sovietica.
  3. ^ N. Bucharin, Sulla teoria della rivoluzione permanente, in AA.VV. La "rivoluzione permanente" e il socialismo in un paese solo Editori Riuniti, Roma, 1970.
  4. ^ J. Ellenstein, Histoire de l'URSS, Parigi, Editions Sociales 1973, t. II, p. 170 e segg. e 224 e segg.
  5. ^ A. Glucksmann, La cuoca e il mangia-uomini: sui rapporti tra Stato, marxismo e campi di concentramento, Milano, L'erba voglio, 1977
  6. ^ M. Voslensky, La nomenklatura. La classe dominante in Unione Sovietica, Longanesi, Milano, 1980
  7. ^ William L. Shirer, Storia del Terzo Reich, Torino, Einaudi, 1963, p. 573
  8. ^ William L. Shirer, Storia del Terzo Reich, Torino, Einaudi, 1963, p. 586.
  9. ^ a b William L. Shirer, Storia del Terzo Reich, Torino, Einaudi, 1963, p. 587.
  10. ^ William L. Shirer, Storia del Terzo Reich, Torino, Einaudi, 1963, p. 948.
  11. ^ (EN) Winston Churchill, The second World War, London, Cassel & Company Ltd, 1964: vol. 6 (War comes to America), pp. 84-89; ibidem, vol. 8 (Victory in Africa), pp. 312-313; ibidem, vol. 12 (Triumph and Tragedy), pp. 191-192.
  12. ^ Martin Gilbert, La grande storia della seconda guerra mondiale, 1989, p. 818, ISBN 978-88-04-51434-3.
  13. ^ AA.VV., La seconda guerra mondiale, II, Verona, Mondadori, 2010, p. 292.
  14. ^ (EN) Richard Sakwa, Soviet Politics in Perspective, Londra, Routledge, 1998, pp. 242-250, ISBN 0-415-07153-4.
  15. ^ URSS: dibattito nella comunità cristiana: Quattordici documenti dei cristiani sovietici: «È noto che il 23 gennaio 1918 venne promulgato il decreto del Governo Sovietico [...] che riconosce il fatto dell'esistenza autonoma della Chiesa ortodossa nel nostro Paese».
  16. ^ a b c art. 13, Costituzione sovietica del 1918.
  17. ^ David Kowalewski, Protest for Religious Rights in the USSR: Characteristics and Consequences, jstor.org. URL consultato il 24 febbraio 2014.
  18. ^ a b c art. 119-124, Codice penale russo del 1922, riportato qui
  19. ^ Anti-religious Campaigns, loc.gov. URL consultato il 3 maggio 2014.
  20. ^ a b The Russian Orthodox Church - Library of Congress, countrystudies.us. URL consultato il 24 febbraio 2014.
  21. ^ Sabrina Petra Ramet, (Ed) (1993). Religious Policy in the Soviet Union. Cambridge University Press. p. 4.
  22. ^ John Anderson (1994). Religion, State and Politics in the Soviet Union and Successor States. Cambridge, England: Cambridge University Press. p. 3. ISBN 0-521-46784-5.
  23. ^ Vladimir Lenin, L'atteggiamento del partito operaio verso la religione, pubblicato su Proletari [Il proletario], n. 45, 26 (13) maggio 1909, riportato in: Lenin, Opere complete, IV ediz., vol. 15, pp. 371-381; testo dell'articolo consultabile qui
  24. ^ «La religione dev'essere dichiarata un affare privato», in AA. VV., La religione nell'URSS, Feltrinelli, prima edizione, a cura di Alessandro Bausani, prefazione di Ernesto de Martino, introduzione di A. Usakowski, nota del traduttore. pp. XXII-418, Milano; Nota introduttiva
  25. ^ Articolo 125 C.P.
  26. ^ Articolo 35 del Codice penale della RSFSR del 1922
  27. ^ a b art. 64, Cost. 1918
  28. ^ Art. 135, Costituzione sovietica del 1936
  29. ^ Art. 18 Cost. 1918, ribadito nell'art. 12 del 1936.
  30. ^ a b Decreti del 18 (31) dicembre 1917 e del 23 gennaio 1918: «Viene riconosciuto soltanto il matrimonio contratto presso gli organi dello stato civile. Il rito religioso del matrimonio, come pure gli altri atti religiosi, non hanno valore giuridico», citato in: Giovanni Codevilla, Dalla rivoluzione bolscevica alla Federazione Russa: traduzione e commento dei primi atti normativi e dei testi costituzionali, ed. Franco Angeli, 1996, pag. 262.
  31. ^ La cattedrale di Cristo Salvatore
  32. ^ Paweł Malecha, Edifici di culto nella legislazione canonica: studio sulle chiese-edifici, 2002, pag. 61
  33. ^ Marco Messeri, I crimini del comunismo, necropolisgulag.altervista.org. URL consultato il 24 febbraio 2014.
  34. ^ Cfr. il testo della Costituzione.
  35. ^ Storia della chiesa ortodossa russa, orthodoxworld.ru. URL consultato il 24 febbraio 2014.
  36. ^ Bohdan Nahaylo & Victor Swoboda (1990). Soviet Disunion: A History of the Nationalities Problem in the USSR. London: Hamish Hamilton. p. 144. ISBN 0-02-922401-2.
  37. ^ «Allo scopo di assicurare ai cittadini la libertà di coscienza, la Chiesa nell'Unione Sovietica è separata dallo Stato e la scuola dalla Chiesa. La libertà di praticare culti religiosi e la libertà di propaganda antireligiosa sono riconosciute a tutti i cittadini», (art. 124, Cost. 1936); articolo che riprende comunque, sostanzialmente, quello della Cost. del 1918.
  38. ^ Articolo 58 del Codice penale della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, comma 58-10 - «propaganda controrivoluzionaria o agitazione (ovvero propaganda o agitazione con incitamento a sovvertire, minare, indebolire lo stato o a compiere le attività controrivoluzionarie indicate negli altri articoli o distribuzione o preparazione di scritti che contengono tali incitamenti): almeno 6 mesi di prigione. In caso di guerra, stato d'emergenza o con sfruttamento di pregiudizi religiosi o nazionalisti: fino alla pena di morte con confisca dei beni».
  39. ^ Stalin e la Chiesa ortodossa durante la seconda guerra mondiale, instoria.it. URL consultato il 24 febbraio 2014.
  40. ^ Ma Alessio II denuncia la Chiesa di Roma, in la Repubblica, 17 aprile 2003. URL consultato il 24 febbraio 2014.
  41. ^ Gli ortodossi che sfidarono Stalin e l'URSS, in la Repubblica, 20 settembre 1999. URL consultato il 24 febbraio 2014.
  42. ^ Gorbaciov si allea con la Chiesa, in la Repubblica, 30 aprile 1988. URL consultato il 24 febbraio 2014.
  43. ^ Con Gorbaciov un'era di libertà per i fedeli russi, in la Repubblica, 27 aprile 1988. URL consultato il 24 febbraio 2014.
  44. ^ James Thrower, Marxist-Leninist "scientific Atheism" and the Study of Religion and Atheism in the USSR
  45. ^ Il divorzio in URSS, storicamente.org. URL consultato il 3 maggio 2014.
  46. ^ "Aborto, piaga russa", in URSS crolla un tabù, in la Repubblica, 26 settembre 1987. URL consultato il 24 febbraio 2014.
  47. ^ Art. 143, C. P.
  48. ^ Donald Rayfield, Stalin and His Hangmen: An Authoritative Portrait of a Tyrant and Those Who Served Him, Viking Press, 2004, pp. 317-320, ISBN 978-0-375-75771-6.
  49. ^ "Gorbachev, Mikhail." Encyclopædia Britannica. 2007. Encyclopædia Britannica Online, [1]
  50. ^ Moscow State University, scheda su www.emporis.com (consultato il 16 luglio 2012)

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Graziosi, Andrea, Cos'è l'Urss? : interpretazioni, storiografie, mitologie, Storica : rivista quadrimestrale : XIII, 37, 2007 (Roma : Viella, 2007).
  • Cinnella, Ettore, Il compromesso storiografico : il PCI e il giudizio storico sull'URSS. Nuova rivista storica : XCVIII, 1, 2014 (Roma : Società editrice Dante Alighieri, 2014).

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