Pop art

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Categoria:Storia dell'arte
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La pop art è una corrente artistica della seconda metà del XX secolo che deriva dalla parola inglese "popular art", ovvero arte popolare (con un'accezione del termine diversa dall'uso comune). Si interessa della forma e della rappresentazione della realtà. I maggiori rappresentanti del genere furono tra gli altri: Roy Lichtenstein, che si richiamò al mondo dei fumetti; George Segal, che costruì a grandezza naturale figure in gesso colte in gesti di vita quotidiana; Claes Oldenburg, che riprodusse in grande scala beni di consumo, o fece apparire molli e quasi in decomposizione oggetti tecnologici; James Rosenquist, con i suoi enormi cartelloni pubblicitari. Maestro riconosciuto della pop art fu Andy Warhol,[1] anche regista cinematografico, che trasformò l'opera d'arte da oggetto unico in un prodotto in serie, come nella celebre serie dei barattoli di minestra Campbell, con la quale egli confermò, di fatto, che il linguaggio della pubblicità era ormai diventato arte e che i gusti del pubblico si erano a esso uniformati e standardizzati. Altrettanto celebri sono David Hockney, Jeff Koons,[1] mentre Jasper Johns e Robert Rauschenberg sono considerati i capiscuola della pop art americana.

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Questa nuova forma d'arte popolare, in netta contrapposizione con il carattere ostico dell'espressionismo astratto, rivolge la propria attenzione agli oggetti, ai miti e anche ai linguaggi della società dei consumi[1] e si è posta la sfida di cambiare dai vincoli delle vecchie tradizioni artistiche[non chiaro] includendo l'immaginario dalla cultura popolare come la pubblicità e le notizie. Il materiale oggetto dell'espressione artistica è, a volte, rimosso visivamente dal suo contesto noto, isolato, e in combinazione con materiale estraneo. Il concetto di pop art si riferisce non tanto all'arte stessa, quanto piuttosto agli atteggiamenti che la determinano. Atta a criticare il consumismo che si diffondeva negli anni sessanta, la pop art respinge l'espressione dell'interiorità e dell'istintività e guarda, invece, al mondo esterno, al complesso di stimoli visivi che circondano l'uomo contemporaneo: il cosiddetto "folclore urbano". È infatti un'arte aperta alle forme più popolari di comunicazione: i fumetti, la pubblicità, i quadri riprodotti in serie. Il fatto di voler mettere sulla tela o in scultura oggetti quotidiani elevandoli a manifestazione artistica si può idealmente collegare al movimento svizzero Dada, ma completamente spogliato da quella carica anarchica e provocatoria.La sfrontata mercificazione dell'uomo moderno, l'ossessivo martellamento pubblicitario, il consumismo eletto a sistema di vita, il fumetto quale unico, residuo veicolo di comunicazione scritta, sono i fenomeni dai quali gli artisti pop attingono le loro motivazioni. In altre parole, la pop art attinge i propri soggetti dall'universo del quotidiano – in specie della società americana – e fonda la propria comprensibilità sul fatto che quei soggetti sono per tutti assolutamente noti e riconoscibili.

La rappresentazione degli hamburger, delle auto, dei fumetti si trasforma presto in merce, in oggetto che si pone sul mercato (dell'arte) completamente calato nella logica mercantile. Ciò nonostante gli artisti che hanno fatto parte di questo movimento hanno avuto un ruolo rivoluzionario introducendo nella loro produzione l'uso di strumenti e mezzi non tradizionali della pittura, come il collage, la fotografia, il cinema, il video e la Musica da quale gli stessi Beatles per alcune canzoni hanno trovato ispirazione.

L'appellativo "popolare" deve essere inteso però non come arte del popolo o per il popolo, ma più puntualmente come arte di massa, cioè prodotta in serie. E poiché la massa non ha volto, l'arte che la esprime deve essere il più possibile anonima: solo così potrà essere compresa e accettata dal maggior numero possibile di persone.[2]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Arte pop per le strade di New York City (autore anonimo)

La Pop Art discende direttamente dal graffiante cinismo della Nuova oggettività e dalla semplicità equilibrata del Neoplasticismo, del Dadaismo e del Suprematismo. Nasce in Gran Bretagna alla fine degli anni cinquanta, ma si sviluppa soprattutto negli USA a partire dagli anni sessanta, estendendo la sua influenza in tutto il mondo occidentale.

Le origini specifiche della pop art vanno quindi ricercate nella crisi attraversata dall'arte non figurativa e in particolare dall'espressionismo astratto, crisi che portò la più giovane generazione di artisti alla ricerca di una nuova espressione figurativa che attingesse nuova linfa dalle forme della vita quotidiana. Le immagini prodotte dal cinema, dalla televisione e dalla pubblicità, gli oggetti commerciali di una società consumistica e i nuovi idoli creati dai mass media divennero i protagonisti e i materiali espressivi di questa nuova forma artistica. Il primo esempio di pop art fu realizzato dal pittore britannico Richard Hamilton nel 1956 (Just what is it that makes today's homes so different, so appealing?).[1] Il movimento ebbe così modo di emergere negli anni cinquanta in Gran Bretagna e all'inizio degli anni sessanta negli Stati Uniti.

A partire dagli anni novanta del XX secolo si è avuta una rivitalizzazione di questa tendenza artistica, che va sotto il nome di neo-pop.

Tecniche[modifica | modifica wikitesto]

Gli artisti della pop art si interrogarono sul problema della riproducibilità dell'arte nell'epoca industriale, sul come e se mantenere il carattere esclusivo dell'opera d'arte, o se invece conciliare la realtà consumistica con il proprio linguaggio. Dalle diverse risposte date a questi interrogativi nacque la diversità di stili e di tecniche tipica della pop art. Da un lato la creazione artistica divenne meccanica, dall'altro vennero recuperate le lezioni delle principali avanguardie del Novecento: dalle provocazioni del dadaismo[1] che per primo mescolò arte e realtà, ai collage di foto o immagini pubblicitarie di sapore ancora cubista, fino agli happening o gesti teatrali, in cui l'artista crea l'opera d'arte direttamente davanti agli spettatori, lasciando spazio all'improvvisazione.

Con sfumature diverse, gli artisti riprendono le immagini dei mezzi di comunicazione di massa, del mondo del cinema e dell'intrattenimento, della pubblicità. La pop art infatti usa il medesimo linguaggio della pubblicità e risulta dunque perfettamente omogenea alla società dei consumi che l'ha prodotta. L'artista, di conseguenza, non trova più spazio per alcuna esperienza oggettiva e ciò lo configura quale puro manipolatore di immagini, oggetti e simboli già fabbricati a scopo industriale, pubblicitario o economico. Questi oggetti, riprodotti attraverso la stampa, sono completamente personalizzati. Nelle mani di un artista pop le immagini della strada si trasformano nelle immagini "ben fatte" dell'arte colta. I temi raffigurati sono estremamente vari: prodotti di largo consumo, oggetti di uso comune, personaggi del cinema e della televisione, immagini dei cartelloni pubblicitari, insegne, foto di giornali, riviste.

Veniva solitamente realizzata utilizzando tecniche di studio.[1]

Documentari[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f (EN) Michael Bird, 1000 Ideas that Changed Art, Laurence King Publishing, 2012, p. 124.
  2. ^ Giorgio Cricco e Francesco Paolo di Teodoro, Itinerario nell'arte, Zanichelli, 2005, ISBN 88-08-22236-5

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