La critica alle fiction poliziesche made in Italy, non ultima quella relativa a "Rocco Schiavone", nasconde, evidentemente, un provincialismo tutto nostrano utile a qualche politico finito ormai nel dimenticatoio per avere visibilità sui giornali e un po' di polemiche sui social
Massimo Montebove
Blogger, esperto in sicurezza, cultore di psicologia, studioso di scienze umane e sociali
Stanno circolando su tutti gli organi di informazione e sui social network le immagini della reazione avuta dal ministro per le riforme Maria Elena Boschi di fronte alle ripetute contestazioni subite da una signora del pubblico durante un dibattito organizzato a Zurigo sul referendum costituzionale. Il punto è che non doveva essere il ministro a reagire alla contestatrice, ma il suo staff e il moderatore dell'incontro.
Nell'anticamera dell'inferno si sta stretti, fa freddo, fa caldo, c'è attesa e colpa. Si mescolano pianto e sudore, coltelli e rimorsi. L'umanità dipinta da Black Mirror è rappresentata da un mucchio di volti senza espressione, un sorriso allo specchio senza gioia, una risata gracchiante e fasulla, una folla stipata in una viuzza dalle pareti stringenti, estranea, repressa, intristita, debole. In trappola.
Il periodo formale di "par condicio" ha avuto inizio dal 28 settembre, ma tutti sanno che il periodo è diventato più stringente dalla data di pubblicazione del regolamento dell'Agcom e anche di quello della commissione parlamentare per l'indirizzo e la vigilanza. Renzi appare troppo in tv, l'Agicom ha cominciato a fare alcuni richiami formali nei confronti della Rai, di Sky e anche de laLa7.
Roberto Zaccaria
Politico, dirigente pubblico e professore di istituzioni di diritto pubblico
Il grande progetto de I Medici ha avuto il merito di portare sullo schermo un House of cards in salsa medievale, valorizzando al meglio una delle migliori eccellenze del Made in Italy: la Storia.
Un mare pescosissimo, che può ancora regalare libri, film e fiction di altissimo livello
La vittoria nel confronto televisivo non si traduce automaticamente nella vittoria nelle urne, quel che è sicuro è che conviene di meno a chi ha un abbondante margine di vantaggio nei sondaggi e non vuole rischiare di eroderlo sbagliando una frase o incappando in una serata storta.
Roberto Bolle, un essere sovrannaturale a cui manca solo la parola è apparso all'improvviso su Rai Uno, nella prima serata di sabato è ha dimostrato che sì, si può fare. Si può fare uno speciale dedicato alla danza classica che ti lasci incollato davanti all'ingombrante elettrodomestico in salotto. Si può fare di lasciar parlare il corpo per ore senza paura. Si può fare dell'ottima televisione di puro intrattenimento usando una tavolozza di stelle assolute per riempire lo schermo come una tela.
Ogni puntata dura in media quaranta minuti, recuperare stagioni intere si può: basta non dormire, mangiare cibo che si possa raccogliere in una ciotola comoda da cui attingere sul divano senza staccare gli occhi dallo schermo, annullare gli impegni e lo shopping (anche quello web), ignorare ogni altra cosa che non sia il tasto play e ritrovarsi d'improvviso nell'epoca a.f. (avanti facebook) quando l'uso alternativo del cellulare era solo il gioco del serpentello utile nella sala d'aspetto del dentista.
L'informazione resta sempre il "quarto potere" come diceva Orson Wells. Ma proprio perché è un potere, in quanto tale, va bilanciato, moderato ed equilibrato, dando la possibilità più ampia in assoluto a tutti i giornalisti di potersi esprimere nel modo che vogliono. Forse è vero, tra tanti talk si è rischiato di fare indigestione. Ma senza di loro aumenterebbe la fame di una corretta informazione.
E così, parlando di crisi dell'editoria, affanni nei cambi di vertice di direzioni, redazioni, gruppi e scalate, tracolli di vendite, riconversioni pasticciate a edizioni online, la Settimana, zitta zitta, da Mussolini a De Gasperi, da Moro a Craxi, da Andreotti a Renzi è rimasta identica a sé stessa, anelastica ai principi di domanda e offerta, indifferente alle smanie del politicamente corretto.
Per questo dovremmo davvero ringraziare Anna Marchesini e gli altri due professionisti con cui lavorava: per averci insegnato quanto sia antropologicamente fondamentale per l'uomo la risata, al pari della cultura e dell'arte. E credo che il modo migliore per ricordare la grandissima attrice di Orvieto stia proprio qui, nel capire che ridere dell'arte e l'arte di ridere e far ridere sono attività che perseguono il medesimo obiettivo.
Non tanto per una questione di età, perché ci sono persone adulte, e sono parecchie, che fanno sentire una pletora di insulsi giovani come delle briciole virtuali. Ma proprio per il concetto di anzianità insito in Pippo Baudo. Che nella sua pulizia, eleganza, perfezione ossessiva, nel suo risultato giusto, ordinato, complimentoso, è stato in grado di regalare una televisione moribonda già negli anni Settanta.