La disabilità, che per molti è una disgrazia, ritengo che in questo mondo sia un patrimonio per chi la vive, ma non perché sono fuori di testa, ma perché ho la convinzione che vivere un disagio arricchisce il tuo mondo come esperienze e patrimonio di emozioni. Ai disabili servono sono solo i servizi pubblici adeguati che garantiscano la quotidianità.
Aver voluto insistere, come sempre senza ascoltare non solo i dubbi delle opposizioni ma anche quelli di molti esponenti del Pd e della stessa maggioranza, espone tutti noi e lo stesso sistema bancario ad un ulteriore rischio caos. Da lunedì bisognerà anche su questo tema è più in generale sulle politiche bancarie dare delle risposte chiare ai mercati, provando ad avere più umiltà nell'aggiustare le tante cose che non funzionano.
Prima Berlusconi per il No. Ora Prodi per il Sì. È l'eco degli scontri di un decennio fa, Popolo delle Libertà contro Ulivo. Gli eserciti sono sfatti - molti vanno per loro conto, in mezzo ci stanno i grillini -, invecchiati e con un po' di fard sul viso (solo di Berlusconi) però il copione si ripete, all'ultimo minuto, per questo referendum costituzionale.
Per questo il 4 dicembre è un giorno molto importante: voteremo non solo sul futuro di Renzi, ma sulla capacità del nostro Paese di ricordare il passato e farne tesoro per provare a cambiare, in meglio, il futuro. Se pensiamo che non ci sia già oggi un grave problema democratico, se vogliamo conservare l'Italia così com'è, bloccata, immobile, rabbiosa, decadente da vent'anni, votiamo No. Io voto Sì.
Ma perché nessuno fa mai una domanda semplice al presidente del Consiglio? "Scusi, presidente Renzi, ma Lei, come ha votato nel referendum costituzionale del 2006?". Se Lei ha votato No, come immagino voglia confermare, in un altro referendum costituzionale, abbia rispetto per chi vota No in questo. Compreso il rispetto dovuto a molti esponenti del suo partito.
Il referendum, se molti dei miei colleghi scendessero in strada come me, non sarebbe solo un modo per aiutare o distruggere il Pd, ma tornerebbe alla sua vera essenza di riforma. I cittadini hanno bisogno di capire per votare e questo tour, a oggi, mi sembra essere una delle soluzioni migliori per dotarli di strumenti politici e non partitici.
Lo si sapeva dall'inizio che la campagna elettorale referendaria si sarebbe trasformata nella "caciara" di questi giorni, in un rodeo di "tutti" contro Renzi. Anche le critiche, pure le nostre, a un premier che trasforma la consultazione del 4 dicembre in un referendum "o con me o contro di me", erano chiaramente errate.
La vostra legittima posizione per il Sì contraddice il fine unitario. La condizione per aprire un confronto costruttivo è la sconfitta della revisione costituzionale, tappa conclusiva di un percorso regressivo. La sinistra deve stare dalla parte giusta della faglia.
Questa riforma costituzionale mi sta molto a cuore. Sono tra quelli che voteranno Sì al referendum del 4 dicembre perché ritengo le modifiche introdotte un miglioramento complessivo dell'impianto costituzionale. Ma non voglio entrare nel merito delle ragioni del Sì. Intendo soffermarmi sulle modalità con le quali si sta svolgendo la campagna referendaria, perché a mio avviso sta segnando un punto di svolta.
La legge "Sfasciaparchi" va avanti minacciosa in Parlamento. E poiché è lo stesso Pd a farla sua dopo che le modifiche incisive della legislazione esistente erano partite dal centrodestra, è probabile che pure alla Camera non incontri soverchie difficoltà.
Il fatto che un uomo come Trump sia stato eletto a capo del paese faro dell'occidente ci fa temere per gli equilibri globali, nonché per la sicurezza e la tenuta economica dell'intero sistema. È probabile che lo tsunami pro-Trump sia stato originato dalla stessa rabbia che percepiamo anche qui da noi. Ritengo perciò che le elezioni americane parlino anche all'Italia, specie a questa Italia che così animatamente discute e si divide.
Avere sete, un bicchiere davanti ghiacciato con acqua fresca e non poterlo prendere, questo è il limite. Avere la necessità di star bene e non poter acquistare la magica "polvere" che in pochi attimi fa sparire tutto il disagio e ti fa entrare nella sfera della felicità, questo è il limite. Sono tanti i limiti con i quali fare i conti ogni giorno ma a monte del limite c'è la dipendenza
Farà Renzi la stessa fine di Hillary Clinton? Se è vero che l'assunzione del rischio Donald è stata la risposta della classe media americana impoverita alla supponente candidata di Wall Street, qualche timore per il destino del nostro Matteo dovrebbe affiorare in casa Pd. Allo stesso tempo sono quasi sicuro che le sinistre politiche formalizzate dell'Occidente non si sono interrogate abbastanza su chi sia Mark Zuckerberg. Che c'entra? C'entra tantissimo.
La vittoria di Donald Trump non è più un campanello d'allarme, ma il compimento. Tutto questo accade perché c'è una cosiddetta sinistra che da oltre venti anni ormai non impara la lezione e si affanna nel frequentare i luoghi dell'establishment finanziario, proponendo come medicina al disastro sociale combinato dal neoliberismo: privatizzazioni selvagge, regali alle grandi imprese, Jobs Act, le riforme che riducono la democrazia.
Occorre che tutti noi del Partito Democratico abbassiamo i toni. Abbiamo lavorato una vita per dare alla sinistra italiana, ai riformisti progressisti, una casa comune. Al termine di questa strada, se continuiamo a percorrerla, non c'è una vittoria del Pd o di una sinistra: ci sarebbe la consegna del nostro paese a quei populismi che spesso già mostrano in Europa il loro carattere avventurista e reazionario.
Diciamolo con franchezza: la firma di Cuperlo sulla bozza del nuovo Italicum non cambia di una virgola l'esito del referendum del 4 dicembre. Il no di Bersani è imperdonabile. All'ex segretario del PD lasciamo, come riflessione, il messaggio e lo scenario inglese, dove malgrado le disgrazie interne e la crisi di consensi, il labour si è comportato con senso istituzionale, con l'occhio rivolto al futuro migliore degli inglesi.