Huffpost ha dato e continuerà a dare spazio alle voci del Sì e del No, ma alla fine della campagna elettorale vi spiego perché scelgo il No
Dedichiamo almeno un giorno al "canto della partenza" di Holland. Non è stato un inno alla vittoria come quello scritto da Méhul e Chenier nel 1794. Ma nella sua malinconia è stato, come ha osservato giustamente Christiane Taubira "un momento di dignità, cosa che la politica raramente ci concede"
Aver voluto insistere, come sempre senza ascoltare non solo i dubbi delle opposizioni ma anche quelli di molti esponenti del Pd e della stessa maggioranza, espone tutti noi e lo stesso sistema bancario ad un ulteriore rischio caos. Da lunedì bisognerà anche su questo tema è più in generale sulle politiche bancarie dare delle risposte chiare ai mercati, provando ad avere più umiltà nell'aggiustare le tante cose che non funzionano.
La disabilità, che per molti è una disgrazia, ritengo che in questo mondo sia un patrimonio per chi la vive, ma non perché sono fuori di testa, ma perché ho la convinzione che vivere un disagio arricchisce il tuo mondo come esperienze e patrimonio di emozioni. Ai disabili servono sono solo i servizi pubblici adeguati che garantiscano la quotidianità.
Arrivato all'Eliseo nel 2012 come "presidente normale" Hollande si è congedato ieri in maniera inedita di fronte alle telecamere. Una decisione sofferta ma lucida, che prende atto di una distanza incolmabile con l'opinione pubblica, di un magro bilancio politico del quinquennato e dell'impossibilità di riunire la sinistra attorno alla sua figura. Quella di Hollande rischia di essere una nobile ma inutile uscita di scena.
Il 4 dicembre, referendum o meno, si rivota per le presidenziali austriache, dove un candidato con simpatie verso la destra pangermanica degli anni '30, che magari vorrebbe riprendersi il Sud Tirolo, rimpiazzando il primo ministro socialdemocratico e uscendo, nel frattempo, dall'Ue, potrebbe vincere. Quale evento vi sembra più rilevante per il futuro della nostra vecchia Europa cosmopolita?
Domenica voterò Sì al referendum. Perché credo che cambiare la seconda parte della nostra Costituzione sia fondamentale, oggi, per rimanere davvero all'altezza dei valori e dei principi scolpiti solennemente della prima parte della nostra Carta. Grazie a questi mesi, in tanti hanno forse scoperto quello che ancora poco conoscevano. Della nostra Costituzione. Delle nostre istituzioni. Apriamoci una spazio di novità, insieme.
Fin dove è lecito controllare e, nel caso, oscurare un contenuto pubblicato su una qualsivoglia piattaforma (carta, tv, radio, web etc.)? Le censure, perfino quelle finalizzate a tutelare i minori o le minoranze, non vanno a ledere il diritto all'informazione?
La campagna referendaria sulla revisione costituzionale del 2016 passerà certamente alla storia della televisione come l'esempio più clamoroso di occupazione degli spazi televisivi da parte di un presidente del Consiglio.
Ora hai davanti questa scelta del referendum: non ti spaventare ma soprattutto non di irritare se non avviene come lo avresti voluto o previsto. Giunge ora, da dove forse non te lo aspettavi: ma è pur sempre quell'occasione di cambiare. Allora non guardare indietro.
Al termine del mandato di Hollande, la Francia oggi è la perfetta rappresentazione della teoria del caos, dove si insediano voci fuori dal coro. Le stesse che in queste ore parlano di un addio studiato a tavolino per individuare un candidato unico, tra il centrodestra e il centrosinistra, che riesca a fronteggiare l'avanzata di Marine Le Pen. Se queste sono le premesse, la strada per una vittoria del Front National alle prossime elezioni è già tracciata.
E se avessimo già votato per il referendum sui social network? Le ultime rilevazioni sulla diffusione e la capacità delle piazze virtuali di influenzare non solo i consumatori ma anche i cittadini, non lo escludono affatto. I dati sulla penetrazione degli smartphone nel pianeta sono impressionanti. Ormai in Cina, Africa e India la mattina si accendono solo quei dispositivi per parlarsi, informarsi, comprare.
Il prossimo 4 dicembre saremo chiamati a esprimerci sulla riforma costituzionale, ecco allora le 10 ragioni per cui al referendum voterò Sì.
Voto No perché in ambito costituzionale non vale il principio "piuttosto che niente, meglio piuttosto" o di un gattopardesco "cambiamento per il cambiamento": se quel "piuttosto" è peggiorativo rispetto allo stato presente va respinto perché la Costituzione non è un regolamento di condominio. Rifiuto alla radice questa logica e penso che il peggiore populismo che possa esistere sia quello promosso dall'alto e da chi governa.
Questa lunga e faticosa campagna referendaria è giunta al termine. Sono state settimane trascorse a riportare sul merito un dibattito largamente segnato da spudorate tattiche di disinformazione volte ad alimentare paure e apprensioni nell'opinione pubblica. Se ne sono sentire di tutti i colori. Vorrei ora motivare in modo molto sintetico perché reputo importante la vittoria del Sì.
Schaeuble se fosse in Italia voterebbe Sì. Il governo Renzi programma investimenti per 46 miliardi ma deve rinviare la spesa di 35 miliardi a dopo il 2020. L'austerità di Schaeuble consente una cassa per investimenti di soli 2,6 miliardi (su 46) per il 2017. Poiché dobbiamo raggiungere il pareggio di bilancio nel 2019 mancano 6 miliardi per concludere la ferrovia alta capacità Napoli-Bari- Lecce-Taranto.
Se ci mettiamo davanti il caso Caivano e le violenze inflitte ai bambini del Parco Verde, se tentiamo quella stessa discesa agli inferi nella mente dei colpevoli, risulta impossibile aprirci un varco, trovare moventi, spiegazioni, per quanto aberranti. Perché tutta quella storia inscena un mondo alla rovescia in cui è impossibile penetrare con gli strumenti della ragione. È ora di rompere quel silenzio omertoso.
In mezzo a un vergognoso appiattimento dei media italiani sul referendum renziano, ogni tre o quattro giorni riesce a farsi largo una notiziola su Siria e Iraq. Non quelle sui massacri di civili, per carità: il pubblico si è ormai assuefatto ai bombardamenti, e anche se a essere uccisi non sono gli stessi di un mese fa, anche se sono morti nuovi, la notizia è vecchia.
Caro Matteo, sono un ragazzo appeso a un filo. A quel filo chiamato identità. Mi ritengo italiano, parlo come prima lingua l'italiano, viaggio molto e all'estero mi definiscono "il ragazzo italiano". Sono cresciuto in Italia, ma purtroppo a causa della mancanza di una legge sulla cittadinanza per noi figli di immigrati che siamo cresciuti e abbiamo sempre vissuto in Italia non mi viene riconosciuto il diritto a essere cittadino italiano.
Quella pietra rotola ancora fortissimo. Gli Stones dopo undici anni di silenzio discografico escono con Blue & Lonesome, un album sostanzialmente perfetto e una lezione di musica. Ci si trova spiazzati da tanta energia, sferzati e incalzati da riff e shuffle, un vero bombardamento di musica di qualità. Un modo come un altro, anzi il migliore, per dire "ci siamo, gente, e siamo ancora i migliori".
Il popolo dei click è, in primo luogo, popolo. Un popolo un po' diverso ma che è ha l'occasione di uscire dalle sabbie mobili del populismo per diventare popolo davvero. Popolo, parola che è sinonimo di nazione e non di recipiente di voti. E il voto, non il click, deve essere l'unico potere e privilegio di cui essere ricchi.
A pochi giorni dal 4 dicembre il dibattito sul referendum sale di intensità, con toni sempre più forti, politicizzando ancora di più lo scontro tra chi vuole Renzi a palazzo Chigi e chi invece non vede l'ora di mandarlo a casa. Il fronte del Sì cresce su twitter aumentando il divario con il blocco del No che sembra essersi fermato. Su facebook il comitato del Si è riuscito ad agganciare dopo circa due mesi il comitato del No.