Sorrentino mette in scena Dio, lo afferma, lo nega, lo cerca, lo rifiuta, lo invoca, lo "bestemmia", ma Dio rimane il protagonista e con Lui l'uomo e le sue domande. Grande sfida con cui confrontarsi e per quanto mi riguarda il regista ha già vinto.
La vostra legittima posizione per il Sì contraddice il fine unitario. La condizione per aprire un confronto costruttivo è la sconfitta della revisione costituzionale, tappa conclusiva di un percorso regressivo. La sinistra deve stare dalla parte giusta della faglia.
La critica alle fiction poliziesche made in Italy, non ultima quella relativa a "Rocco Schiavone", nasconde, evidentemente, un provincialismo tutto nostrano utile a qualche politico finito ormai nel dimenticatoio per avere visibilità sui giornali e un po' di polemiche sui social
Si tratta di un libro che si presta naturalmente a rinsaldare le posizioni di chi è già propenso a votare No ma rappresenta al tempo stesso un buon esercizio per chi, più orientato al Sì, voglia mettere alla prova le sue seppur non definitive convinzioni...
Clint è stato tra le poche star a difendere anche la "scorrettezza politica"di Trump "perché almeno ha coraggio, è uno tosto". Durante la campagna elettorale si è astenuto da nuove, infelici "interviste alla sedia vuota", così spernacchiate ai tempi di Obama. Si è esposto solo con una intervista a "Esquire". Ma questo film, in anteprima italiana al Torino Film Festival, vale più di un endorsement.
Due avvenimenti sono passati, direttamente, dalla cronaca alla storia: la vittoria della nostra nazionale di rugby e l'esordito in serie A, con la maglia bianconera di Moise Keaj, il primo Millenial, classe duemila: sedici anni, nato a Vercelli da genitori ivoriani...
L'esplosione dei sensi, dall'altissimo all'infinitamente basso, le pulsioni dure e pure, il corpo, l'amore, le bassezze, gli amplessi sognati, dimenticati, rubati. The Young Pope, un film in dieci puntate, riassume lo spirito nella carnalità, dove ogni sentimento si traduce in gesto terreno
Si stima che nel paese dei cedri, oggi un lembo di terra che cerca faticosamente di risollevarsi dopo essere stato troppo a lungo martoriato da conflitti e malaffare, le persone prive di cittadinanza siano decine di migliaia. Il numero esatto è difficile da certificare perché l'ultimo censimento della popolazione è stato svolto nel 1932 e molte persone prive di cittadinanza non sono registrate in alcun modo presso le autorità.
La lotta ai cambiamenti climatici non è vinta. Il clima sta cambiando a ritmi accelerati e il tempo per agire è sempre di meno. Vuol dire pero che oggi è il capitalismo, prima ancora della politica, che può dare il colpo di grazia a un modello di produzione e consumo dell'energia, quello basato sui fossili, che ormai produce costi ambientali, sociali, economici, geopolitici infinitamente superiori ai benefici che porta.
Quasi tutto rimandato. Ma i cambiamenti climatici non aspettano: il 2016 è in corsa per essere l'anno più caldo mai registrato e le parti per milione di Co2 in atmosfera hanno stabilmente superato la soglia 400. Non agire immediatamente e ambiziosamente rischia di compromettere definitivamente il raggiungimento degli obiettivi fissati dell'accordo, e di mettere una pietra sulla possibilità di mettere un freno agli sconvolgimenti climatici.
Durante la sua campagna elettorale, Trump non ha certo risparmiato attacchi a Teheran, evidenziando più di una perplessità a proposito dell'accordo sul nucleare raggiunto da Obama. Quale sarà l'approccio della nuova amministrazione Usa a uno dei dossier più caldi della politica estera statunitense servirà a farci capire molte cose.
Trump prospetta al contempo "una rivoluzione energetica che trasformerà l'America in un netto esportatore di energia" e una politica protezionista che la allontanerà dai Trattati commerciali internazionali; la fine del supporto alle fonti rinnovabili", insieme alla promessa di una "migliore protezione dell'aria e dell'ambiente". Proposte incompatibili che imporranno scelte necessarie che dipenderanno anche dalla nuova squadra di governo.
Una costante litania ha accomunato in questi ultimi mesi vari esponenti del governo Renzi, impegnati nel cercar di convincere gli italiani che, in fatto di salvaguardia del clima, il nostro Paese ha già raggiunto gli obiettivi fissati dall'Europa per il 2020 ben prima della scadenza. Questa litania, però, si basa su dati sostanzialmente scorretti.
Ogni anno, in Italia, a oltre 350 mila persone viene diagnosticata una patologia oncologica; in base agli ultimi dati Istat, i decessi attribuibili al tumore sono 177 mila. Numeri impressionanti, collegati a fattori complessi come gli stili di vita, l'alimentazione e, non ultimo, l'aumento dell'età media della popolazione. È in questo contesto che interviene la Fondazione ANT, nata nel 1978 a Bologna.
La riforma costituzionale voluta dal governo è talmente mal pensata e scritta da produrre, sotto diversi profili, risultati opposti a quelli auspicati dai suoi fautori. Un caso emblematico è l'incredibile pasticcio normativo relativo al nuovo Senato. Lungi dal semplificare il sistema costituzionale, il nuovo Senato, qualora la riforma dovesse entrare in vigore, produrrà complicazioni. Davvero quel di cui abbiamo bisogno è complicarci la vita?
Parisi è ancora in campo, forse più di prima, ma deve pedalare. Qui (come altrove) nessuno regala niente. La verità è che il futuro è ancora da scrivere. Il progetto di Toti, Salvini, Meloni è un centro destra radicalizzato, non vincente ma molto pragmatico: mettere insieme ciò che c'è per un onesto terzo posto. Al momento, sondaggi alla mano, questa è la prospettiva.
Ma di che diavolo vi meravigliate? Che Dylan non vada a Stoccolma? Ma davvero pensate che ciò dimostri per la seconda volta come la commissione si sia proprio sbagliata? Dylan mostra il dito medio con le sue parole e la sua musica da sempre. Signori di Stoccolma, se non gli avete dato il Nobel per questo, non so per cosa glielo abbiate dato.
Oggi l'Italia è importante e "seguita" nel mondo. Il voto sul referendum costituzionale ha amplificato ancora di più questa tendenza ed è crescente l'attenzione al 4 dicembre, in molti ambienti percepito come appuntamento allo stesso livello delle elezioni americane o della brexit per impatto e conseguenze che potrebbe avere.
L'insulto è sempre stato al centro del dibattito politico, dall'Ottocento fino ai giorni nostri. Le punte di diamante dei due schieramenti sono oggi Vincenzo De Luca e Alessandro Di Battista, in una triste escalation di offese e provocazioni. Uno schema assorbito e replicato sui social dove o i troll o i webeti mutuano i linguaggi e o comportamenti dei propri leader. Tutto si riduce al derby, cieco e sordo, tra "pidioti" e "grullini".
Questa riforma costituzionale mi sta molto a cuore. Sono tra quelli che voteranno Sì al referendum del 4 dicembre perché ritengo le modifiche introdotte un miglioramento complessivo dell'impianto costituzionale. Ma non voglio entrare nel merito delle ragioni del Sì. Intendo soffermarmi sulle modalità con le quali si sta svolgendo la campagna referendaria, perché a mio avviso sta segnando un punto di svolta.
Non riesco a staccarmi dal libro di Michele Corradino "È normale... lo fanno tutti" nelle quali l'autore separa, la professione del lobbista dalla deprecabile pratica del Facilitatore, colui che promette di risolvere i problemi con un paio di telefonate a quelli che contano. Laddove il lobbista vede un processo decisionale ormai definito, il Mr. Wolf nostrano vede porte da aprire, amici da contattare e una grandiosa visione onirica da vendere.
Dopo la sconfitta, Hillary una di noi. Stanchezza, delusione, dolore, fatica, rabbia, imbarazzo, scritti qui senza virgole così come senza trucco si palesano sul suo viso provato. Ha parlato per venti minuti, riuscendo a commuovere il suo pubblico e invitando i suoi sostenitori a "credere nel Paese", "lottare per i propri valori" e "mai, mai rinunciare". Quando a un politico mancano le parole è il momento di ascoltarlo. Bello. Triste ma bello.