Miraggi

Budapest 1956

Georges Henein

Uno sconosciuto ha dato risata alle polveri
La vita non è più intrecciata come un quaderno di rughe
Un turbamento mattutino scioglie la chioma del vissuto

 

Gli uomini posano le loro mani a caso
Ora su un seno ora su una foresta in fiamme
Avanzano nella nudità di un mondo che si compie

Brulotti

Il mio differente

Ernest Coeurderoy

Lavoro come il seminatore. Egli mette dell'amor proprio nel suo lavoro che non gli parrebbe più buono se altri al suo posto lo toccassero.

L'uomo è fatto così. Si crede diverso da tutti quelli che lo avvicinano e tuttavia li chiama propri simili. Non c'è individuo che non si consideri superiore al proprio vicino in tutte le attribuzioni. Nessuno acconsentirebbe a scambiare la propria nuda persona con un'altra ugualmente sprovvista di titoli, prestigio, fortuna.

L'uomo è proprio fatto così. Questa buona opinione che ha di se stesso salvaguarda la sua propria libertà e mantiene l'armonia nel nostro piccolo mondo a mezzo della varietà.

Dal momento che ci scostiamo da questa nozione di diversità, arriviamo a quella di similitudine, dalla nozione di similitudine passiamo a quella di uguaglianza con un piccolissimo sofisma alla maniera di Babœuf, Condorcet, Jean-Jacques, Licurgo, Robespierre, Luigi XIV e Loyola, il livellatore di cadaveri!

Contropelo

La forza delle idee

Paul Gille

Certo, l'uomo non è puro spirito, e le sue idee, come i suoi sentimenti, subiscono largamente l'influenza dell'ambiente materiale in cui si evolve, del regime economico sotto cui vive. Ma per quanto profonda, per quanto notevole sia quest'influenza, essa non è esclusiva, non è onnipotente. «L'uomo non vive di solo pane». Vi sono altre relazioni oltre quelle economiche. Vi sono altri bisogni, oltre i bisogni materiali. E se l'uomo è, come l'hanno chiamato, «figlio della bestia», la sua natura è tuttavia lontana dalla semplicità del bruto, che giustificherebbe — sino ad un certo punto — la tesi materialista. La sua natura è complessa. Vicino ai suoi bisogni materiali, egli ha dei bisogni affettivi e dei bisogni intellettuali. Gli uni e gli altri intervengono — o possono intervenire — nelle azioni con cui l'uomo reagisce all'ambiente e che testimoniano del suo grado di elevazione nella scala della vita.

Autopsia

Dal rivoluzionario braccato Ret Marut allo scrittore di successo B. Traven

Charles Reeve

Oggi, tra i lettori de La nave morta e La rivolta degli impiccati, quanti sanno che Traven fu anche Ret Marut, associato alle correnti radicali degli avvenimenti rivoluzionari degli anni venti in Germania? Nel 1926, in una lettera all'editore tedesco de La nave morta, Traven scriveva: «Diciamolo chiaramente. La biografia di un creatore non ha la minima importanza. (...) L'uomo creativo non dovrebbe avere altra biografia che le sue opere». Poiché, alla vigilia della sua morte, B. Traven riconoscerà di essere Ret Marut, è impossibile leggerlo senza tener conto dell'itinerario di Ret Marut e dei testi che ha scritto sotto questo nome. La sua biografia deve includere il periodo della rivoluzione tedesca degli anni 20. E ci vuole un sacco d'ignoranza, di stupidità o di malafede per continuare a presentarlo in primo luogo come «uno scrittore senza biografia, senza identità, come molti dei suoi personaggi» (Le Monde, 29 ottobre 2004).

Brulotti

Finzioni e realtà

André Prudhommeaux

Allora la soluzione è chiara: che l'operaio si ribelli contro il lavoro indegno che lo abbassa al livello delle cose, che chi è soggetto ai poteri sociali assume egli stesso le proprie responsabilità, e la fatalità del sistema sarà rotta nel punto stesso dove può esserlo. Rotta essa lo è di già, dal momento che interviene la critica, con il risveglio delle coscienza addormentata, con l'analisi per mezzo della quale il lavoratore realista vede finalmente che è «il meccanico che fa la macchina» e che sono i «contribuenti, i soldati e i funzionari che fanno lo Stato».
Ritrovare le realtà viventi, e in seguito rimettere al loro posto le responsabilità, risvegliare le coscienze, riunificare e rivivificare le individualità malate (in preda ai corpi senza anima ed alle anime senza corpo d'un mondo di macchine e di fantasmi); rifare per conseguenza degli uomini; ecco un problema al quale il materialismo dialettico o storico non porta nessuna soluzione. Anzi esso continua nell'errore, dato che mistifica la macchina come il Dio o il Demonio del mondo sociale e la «dialettica delle classi» come il Dio o il Demonio del mondo politico o della storia.

Macchianera

Finale scontato

Il nostro male viene da più lontano
Alain Badiou
Einaudi, 2016

Ci sono libri che, prima di iniziare a leggerli, sai già dove andranno a parare, e quale sia lo scopo del loro autore. Questo libretto del filosofo francese è uno di quei casi. Non si tratta in realtà di un libro vero e proprio, bensì della trascrizione di un seminario tenuto in un teatro francese il 23 novembre 2015; a dieci, giorni, quindi, dai massacri parigini per mano degli islamisti. Ed è proprio questo lo spunto del seminario: analizzare l'ondata di violenza che ha appena scosso le coscienze francesi e mondiali, e cercare di comprenderne le radici profonde.

Non deve essere stato facile affrontare la questione a caldo, provando a dare una visione differente da quella scatenata dalla canea mediatica di quei giorni, ricordando che massacri del genere l'Occidente li compie, ogni giorno, in vari angoli del mondo. Badiou spiega quindi che gli attentati di Parigi, che hanno colpito degli occidentali, tendono a sollecitare un riconoscimento identitario che, a sua volta, porta a stringersi attorno allo Stato e questa «idea trasforma la giustizia in vendetta» tanto che «la polizia […] uccide gli assassini appena li trova».

Brulotti

Propaganda e mitopoiesi

George Orwell
 

Mi ricordo che una volta ho detto ad Arthur Koestler: «La storia si è interrotta nel 1936», al che egli ha immediatamente annuito con un cenno del capo. Pensavamo entrambi al totalitarismo in generale, ma in particolar modo alla guerra civile spagnola. Nella mia vita mi sono presto accorto che un avvenimento non viene mai riportato in modo corretto su un giornale, ma in Spagna per la prima volta ho visto giornali riportare cose che non avevano più nulla a che fare con i fatti, nemmeno il genere di relazione implicita in una comune bugia.
Ho visto riportare grandi battaglie laddove nessun combattimento aveva avuto luogo, e un silenzio completo laddove centinaia di uomini erano stati uccisi. [...] Ho visto i giornali di Londra spacciare queste menzogne ​​ed intellettuali zelanti costruire sovrastrutture emotive su avvenimenti che non si sono mai verificati. Ho visto, di fatto, venire scritta la storia non in base a quello che era successo, ma in base a quello che sarebbe dovuto accadere secondo le varie «linee di partito».

Miraggi

Poema petrolifero

Geo Bogza

Vi parlerò degli uomini del petrolio
e del loro animo più nero
e più infiammabile del petrolio.

 

Vi parlerò di me,
perché nessuno più di me può essere un uomo del petrolio
e il mio animo nero e infiammabile
mi fa parlare a voi altri con tutta la brutalità possibile.

 

Così bisogna parlare del petrolio: con brutalità.

Brulotti

Gli indifferenti

C. Aronica

Costoro sono nati per far numero ed ombra; sono la massa bruta che intralcia il cammino dell’umanità; sono la palla di piombo ai piedi del progresso.
Giustamente scrisse Inkyo nel dramma Giustizia è fatta: «Non è provato che gli indifferenti non siano peggiori degli altri. È in grazia loro che tanti mali si perpetuano e diventano destino di tutti.
La loro indifferenza alle ingiustizie, la loro insensibilità alle sofferenze di chi è oppresso e che anela al loro aiuto per scuotere il giogo e sollevarsi alla vita, è bene una responsabilità.
Perché questa gente non sa mai dire una parola contro i prepotenti che dominano, in appoggio ai deboli che si dibattono?
Questa gente che vive la piccola vita materia di egoismi e di tornaconti e non alza mai gli occhi per accorgersi della miseria del vicino, perché dovrebbe salvarsi quando questi scuote la sua pazienza e urla la sua protesta?».

Brulotti

«Nello specchio nero dell'anarchismo»

André Breton
 
A cinquant'anni esatti dalla scomparsa di André Breton, fondatore ed animatore di quel surrealismo la cui retorica politica marxista non riuscì mai a nascondere del tutto l'essenza libertaria, riproponiamo qui due suoi testi apparsi negli anni 50 sul settimanale anarchico che vedeva la partecipazione dei surrealisti. Nel primo testo Breton ricorda senza mezzi termini come, nonostante una lunga e brontolante militanza a fianco della sinistra rivoluzionaria, è nell'anarchismo che il surrealismo affonda le proprie radici; il secondo testo è un suo pubblico intervento in solidarietà con alcuni anarchici all'epoca imprigionati e condannati in Spagna. Dalla loro lettura fuori tempo si potranno forse scorgere riferimenti senza tempo: sia sull'urgenza di «risalire ai princìpi» che hanno permesso ad un ideale umano di costituirsi — laddove «si incontrerà l'anarchismo ed esso soltanto» — e sia su «come in ogni azione di resistenza, sarebbe imperdonabile voler dissociare coloro che hanno agito con il più grande coraggio da coloro che l’accusa mischia ai primi per colpire in essi la semplice opposizione passiva al regime».
Fuoriporta

A Marsiglia un grande cantiere è in corso nella prigione di Baumettes

 
Il pretesto ostentato dallo Stato è di porre fine alla vetustà di questa vecchia galera, e di creare «condizioni di reclusione più degne» per i detenuti. Dietro il linguaggio umanitario, il vero obiettivo di questa ristrutturazione è chiaramente poter rinchiudere più persone, e in modo più sicuro (rafforzare l’isolamento di detenuti e detenute, limitare i contatti tra di loro, impedire la solidarietà, gli ammutinamenti e le evasioni).
Parallelamente al cantiere di Baumettes, altre due prigioni stanno per sorgere nella regione, quella di Aix (Luynes 2) e quella di Draguignan. Le stesse si inscrivono in un più vasto piano di costruzione e di rinnovamento che mira ad accrescere ancor più la capacità di reclusione, mentre le pene si allungano inesorabilmente. Senza contare le misure e i dispositivi che si moltiplicano e si aggiungono alla incarcerazione in quanto tale: controlli giudiziari, sorveglianza, braccialetti elettronici, arresti domiciliari…
Contropelo

I sindacati contro la rivoluzione

Benjamin Péret

Il primo sindacato sorge solo nel 1864. Ogni idea di lotta di classe ne è assente giacché nasce, al contrario, proponendosi di conciliare gli interessi dei lavoratori e quelli dei padroni. Tolain stesso non gli riconosce altro scopo. Bisogna anche constatare che il movimento sindacale non sorge affatto dagli strati più sfruttati della classe operaia — dal nascente proletariato industriale — bensì dai lavoratori appartenenti alle professioni artigianali. Esso riflette quindi direttamente i bisogni specifici e le tendenze ideologiche di questi strati operai.
Il sindacato, nato da una tendenza riformista all'interno della classe operaia, è l'espressione più pura di questa tendenza. È impossibile parlare di degenerazione riformista del sindacato, esso è riformista dalla nascita. In nessun momento esso si oppone alla società capitalista ed al suo Stato per distruggere l'una e l'altro, ma unicamente con lo scopo di conquistarsi un posto in essi e installarvisi.

Brulotti

Contro il gasdotto TAP

Trasportando gas naturale dall’Azerbajgian, “il gasdotto Tap consentirebbe una diversificazione delle fonti energetiche”, dicono i suoi sostenitori, “e tale trasporto consentirebbe un affrancamento dalle risorse russe”; ma a parte l’opinabilità di tale fatto, smentito dagli accordi tra la russa Gazprom e l’azera Socar proprio sul gas naturale, a sentire le parole un po’ troppo accorate di esponenti del governo italiano, Tap risulta essere strategico.
Un termine ripetuto come un mantra decine di volte ma che ha ormai assunto un significato ben più ampio.
Tap non è solo strategico per via delle ragioni esposte sopra, ma perché la sua realizzazione è emblema del funzionamento dell’economia capitalista. La sua costruzione e funzionamento prevede un introito di miliardi di euro. Ad essere coinvolte nell’opera sono grandi multinazionali energetiche quali, tra le altre, British Petroleum (proprietaria insieme ad altri anche dei giacimenti nel Mar Caspio) e Eni, colossi responsabili di guerre, massacri, devastazioni in giro per il mondo, cioè alcune delle cause che costringono migliaia di persone a fuggire dalla propria casa e cercare una possibilità di sopravvivenza altrove.
Infine il gas naturale che questo grosso tubo trasporterà, servirà soprattutto alle esigenze delle industrie e quindi all’economia e ai suoi apparati, produttivi, repressivi, militari.

Brulotti

Distruttore di macchine?

Günther Anders

Pensare, come avevano fatto i nostri padri, che le macchine possano e debbano sostituire noi e il lavoro che svolgiamo, è assolutamente antiquato. Dove siamo rimasti noi stessi a lavorare, perlopiù lavoriamo non «ancora», bensì «nuovamente»: in questo caso infatti, noi sostituiamo le macchine. O perché talvolta queste difettano nel funzionamento, oppure perché – e qui parlare di «ancora» sarebbe legittimo – le macchine che ci dovrebbero «davvero» essere non sono ancora scandalosamente state inventate. In questo caso noi «sostituiamo» il non-ancora-esistente. Naturalmente la nostra prestazione sostitutiva è sempre miserabile. Se gli apparecchi che sostituiamo potessero osservare il nostro sforzo di sostituirli, riderebbero dei nostri goffi tentativi.

Brulotti

A Paterson

Zo d'Axa
 
Dalla riva destra dell'Hudson, dopo aver superato Jersey City, una ferrovia elettrica si lancia sull'esile via consolidata che attraversa la pianura paludosa, in direzione di Paterson — Paterson, che i giornali del pianeta hanno molte volte definito «la capitale dell'Anarchia», dove gli evasi dal vecchio continente vanno ad affilar pugnali e a masticare palle di piombo contro la tranquillità dei sovrani.
Attentati e complotti, tutti gli atti della Rivolta sono stati decisi laggiù.
Vi si preparano regicidi come a Pithiviers ciambelle.

I giornali bene informati d'Europa e d'America hanno decorato di questa leggenda la piccola città industriale perché Gaetano Bresci, prima di sparare sul re d'Italia, aveva lavorato per mesi in una fabbrica di Paterson; e perché durante il loro passaggio in America parecchi esuli, da Kropotkin a Malatesta, sono andati là a stringere la mano a qualche compagno espatriato.

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