Eni

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Eni S.p.A.
Logo
Roma EUR Palazzo uffici ENI.jpg
Il Palazzo ENI all'EUR
Stato Italia Italia
Tipo Società per azioni
Borse valori
ISIN IT0003132476
Fondazione 10 febbraio 1953 a Milano
Fondata da Enrico Mattei
Sede principale Palazzo ENI - Piazzale Enrico Mattei, 1 - Roma
Gruppo Cassa Depositi e Prestiti
Persone chiave
Settore
  • produzione e distribuzione di energia
  • servizi
Prodotti petrolio, gas naturale, energia elettrica, lubrificanti
Fatturato Red Arrow Down.svg90,984 miliardi di [1] (2015)
Utile netto Red Arrow Down.svg8,783 miliardi di €[1] (2015)
Dipendenti 33 389[2] (2015)
Slogan «Diamo all'energia un'energia nuova»
Sito web www.eni.com

L'Eni, acronimo di Ente Nazionale Idrocarburi[3], è un'azienda multinazionale creata dallo Stato Italiano come ente pubblico nel 1953 sotto la presidenza di Enrico Mattei, che fu presidente fino alla morte nel 1962, convertita in società per azioni nel 1992.

Presente in circa 90 paesi con più di 78 000 dipendenti nel 2013 sotto il simbolo del cane a sei zampe, l'Eni è attiva nei settori del petrolio, del gas naturale, della petrolchimica, della produzione di energia elettrica, dell'ingegneria e costruzioni. È il sesto gruppo petrolifero mondiale per giro d'affari, dietro a Exxon Mobil, Shell, BP, Total e Chevron. Il 5 aprile 2008 la rivista Forbes pubblica una classifica sui maggiori 2.000 gruppi a livello mondiale dove l'Eni si classifica al 38º posto, prima tra le aziende italiane. Secondo la classifica Fortune 500 del 2013 è la prima azienda italiana e 22ª nel mondo per fatturato.

Dal 1995 al 2001 lo Stato italiano ha venduto in cinque fasi parte consistente del capitale azionario, conservandone una quota superiore al 30% (sommando le quote del Tesoro e della Cassa Depositi e Prestiti), e detenendo comunque il controllo effettivo della società[4]. In base alla legge 30 luglio 1994, n. 474, lo Stato, tramite il Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, è titolare di una serie di poteri speciali (la cosiddetta golden share) da esercitare nel rispetto di criteri prestabiliti.

Con l'acquisizione, nel febbraio 2006, di Snamprogetti da parte della Saipem, azienda controllata dall'Eni, quest'ultima costituisce un nuovo leader mondiale nei servizi petroliferi per le attività offshore e onshore. Saipem è a sua volta quotata in borsa. Nel 2007 l'Eni ha firmato un accordo con la compagnia petrolifera Gazprom con cui è stato formalizzato il prolungamento delle forniture di gas e il permesso per la compagnia russa di poter vendere il gas in Italia in cambio della concessione per Eni di sviluppare progetti di ricerca ed estrazione di idrocarburi in Siberia.

Il 29 maggio 2008 Eni ha annunciato l'acquisizione della maggioranza azionaria della società belga Distrigas S.A.[5], operante nella commercializzazione di gas naturale in Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi e Lussemburgo[6]. A seguito di questa operazione, Eni ha lanciato un'OPA obbligatoria sulle restanti azioni Distrigas, che si è conclusa positivamente il 25 marzo 2009[7], consolidando in tal modo la propria posizione di leadership nel mercato europeo del gas naturale[6]. Nel 2012 le quote detenute direttamente dal Tesoro sono state cedute alla Cassa depositi e prestiti ed è stata scorporata la Snam e ceduta anch'essa alla CDP (società in mani pubbliche).

È attualmente guidata da Emma Marcegaglia (presidente dall'8 maggio 2014) e Claudio Descalzi (amministratore delegato dall'8 maggio 2014).

La società è quotata sia al New York Stock Exchange (NYSE) che nell'indice FTSE MIB della Borsa di Milano.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il logo Eni da febbraio 1998 fino a novembre 2008 con il cane a sei zampe e la scritta disegnata da Bob Noorda[8]
Cronologia essenziale

Queste le date principali nella storia dell'Eni:

Gli storici dell'economia tendono a mettere in evidenza nella nascita dell'ENI una diversa concezione dell'intervento pubblico rispetto a quella che fu alla base della nascita dell'IRI: se nel caso dell'IRI lo Stato si limitò a intervenire in emergenza per “salvare” le aziende private, in quello dell'ENI lo Stato svolse un ruolo “strategico” e in parte di concorrenza agli interessi dell'industria privata.[9]

Le origini[modifica | modifica wikitesto]

L'ENI fu istituito con legge numero 136 del 10 febbraio 1953, ma l'intervento dello Stato italiano nel settore degli idrocarburi risaliva a prima della Seconda guerra mondiale: l'AGIP era nata nel 1926, l'Anic nel 1936 e la SNAM nel 1941. L'orientamento dei governi dell'immediato dopoguerra era però quello di chiudere e liquidare l'AGIP, a causa degli scarsi ritrovamenti seguiti alle ricerche. Invece proprio a partire dal 1945 vi furono i primi promettenti ritrovamenti di metano in alcuni pozzi scavati dall'AGIP in Pianura Padana. L'appoggio politico di Alcide De Gasperi e di Ezio Vanoni fu determinante nel favorire l'approvazione della legge istitutiva dell'ENI[10] che fu comunque preceduta da un lungo dibattito parlamentare.

La legge concedeva all'ente il monopolio nella ricerca e produzione di idrocarburi nell'area della Pianura Padana; al nuovo ente fu attribuito il controllo di Agip, Anic e Snam e di altre società minori, configurandosi così come un gruppo petrolifero-energetico integrato che potesse garantire lo sfruttamento delle risorse energetiche italiane. L'ENI aveva il compito di “promuovere ed intraprendere iniziative di interesse nazionale nei settori degli idrocarburi e del gas naturale”. La “rendita metanifera” garantita dal monopolio del gas permise all'ENI di finanziare i propri investimenti, anche molto ingenti.

Enrico Mattei fu contemporaneamente presidente dell'ENI e delle principali società controllate. I primi anni di vita dell'ENI furono contraddistinti da grande attivismo a tutti i livelli del ciclo degli idrocarburi.

Le attività in Italia[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante l'ENI fosse nato per sfruttare le risorse petrolifere della Pianura Padana, i ritrovamenti petroliferi sul suolo italiano (Cortemaggiore, Gela) non si rivelarono particolarmente abbondanti. Nonostante ciò, gli anni '50 furono anni di grande sviluppo per:

I rapporti con i “privati”[modifica | modifica wikitesto]

L'ENI nacque nonostante l'iniziale opposizione degli industriali privati[11], in particolare dei gruppi Montecatini ed Edison e delle compagnie petrolifere estere operanti in Italia. Quella dell'ENI era considerata concorrenza sleale, perché le sue attività di ricerca erano finanziate dallo Stato; in realtà, l'Agip già collaborava con le compagnie private in alcune società di raffinazione. La stampa legata alla Confindustria (in particolare 24 Ore) tendeva a ridimensionare la portata dei ritrovamenti petroliferi dell'Agip e a sottolinearne l'impreparazione dei tecnici. Per controbilanciare gli attacchi che l'ENI riceveva sulla stampa, l'ENI contribuì alla nascita del quotidiano Il Giorno. Politicamente importante fu anche l'Ufficio Studi e Relazioni pubbliche, affidato a Giorgio Fuà e Giorgio Ruffolo, che effettuava ricerche e previsioni sull'evoluzione del mercato dell'energia.

I salvataggi: Pignone, Lanerossi e Sir[modifica | modifica wikitesto]

Nato per operare in un settore ben specifico (ricerca, estrazione e lavorazione degli idrocarburi), già dal 1953 l'ENI allargò il suo campo di attività al settore metalmeccanico, acquisendo il Nuovo Pignone di Firenze: si racconta che la richiesta di intervenire per salvare l'azienda sia arrivata a Mattei direttamente dall'allora sindaco di Firenze Giorgio La Pira, per scongiurare gli oltre mille licenziamenti annunciati dalla proprietà. L'azienda produceva compressori e altri macchinari industriali, e si sarebbe rivelata poi strategicamente importante per l'ENI per la costruzione di pompe di benzina. Nel 1962 l'ENI acquisì l'azienda tessile Lanerossi, anch'essa in condizioni economiche precarie. Nel 1982 assorbì le aziende SIR, Rumianca ed Euteco del gruppo Rovelli.

L'attività all'estero[modifica | modifica wikitesto]

I crescenti consumi petroliferi dell'Italia costrinsero l'ENI a rivolgersi all'estero per garantire al paese gli approvvigionamenti. Il fatto di arrivare per ultimo nei paesi esportatori del Medio Oriente portò l'ENI a concludere contratti molto favorevoli per i produttori, fatto che da una parte fruttò all'ente l'immagine di “amico” dei Paesi in via di sviluppo e dall'altra invece suscitò la contrarietà da parte del cartello internazionale delle Sette sorelle (vedi la voce Enrico Mattei, "Il governo ombra" di Mattei). In effetti fin dai suoi primi anni l'ENI puntò con decisione sull'Africa, dove, oltre a concludere accordi per le ricerche, realizzò raffinerie e reti distributive. Furono strategicamente importanti per l'ENI le competenze ingegneristiche delle sue controllate Snamprogetti e Saipem: la progettazione e realizzazione di oleodotti e raffinerie furono spesso inserite come contropartita negli accordi per la ricerca e lo sfruttamento di giacimenti petroliferi.

Gli anni sessanta[modifica | modifica wikitesto]

Alla morte di Mattei la presidenza dell'ente fu affidata al suo stretto collaboratore Marcello Boldrini, che però esercitava prevalentemente funzioni di rappresentanza; di fatto, Eugenio Cefis era il dirigente con la maggior autorità. Dopo gli anni del frenetico sviluppo impresso da Mattei, l'ENI cercò di:

  • riequilibrare la propria situazione finanziaria: infatti lo sviluppo dell'ente aveva generato forti fabbisogni finanziari che erano stati coperti principalmente da debiti, essendo del tutto insufficiente il patrimonio, cioè il “fondo di dotazione” erogato dallo Stato, che fu effettivamente incrementato nel 1964;
  • migliorare i propri rapporti con le “Sette sorelle” che erano stati forti avversari di Mattei; lo stesso Mattei, poco prima di morire, aveva stipulato un accordo con la Esso per la fornitura di greggio, inaugurando così una fase di collaborazione e non di contrapposizione con i concorrenti.

Le stesse licenze produttive conquistate dall'ENI in Egitto e Iran non furono particolarmente fortunate, non garantendo produzioni di greggio particolarmente rilevanti. La strada scelta dall'ENI in questo decennio fu così quella di stringere contratti di fornitura di petrolio, senza assumersi l'onere della ricerca e dell'estrazione, che comunque continuò, spesso in consorzio con altre compagnie, in molti paesi del mondo. Nel maggio del 1969 un gruppo di tecnici dell'Agip in Nigeria fu attaccato dagli indipendentisti del Biafra; 10 di loro furono uccisi e gli altri rilasciati dopo lunghe trattative (vedi anche Eccidio di Biafra).

Le maggiori attenzioni dei vertici dell'ENI in questo periodo furono dedicate però alla chimica: i programmi di sviluppo dell'Anic (petrolchimico di Gela, stabilimenti di Ferrandina e Manfredonia) avvenivano in parallelo con quelli di Montecatini ed Edison. Si trattava di investimenti ingenti e rischiosi, che garantivano un ritorno solo nel lungo periodo, cui si aggiungeva il rischio di creare inutili duplicazioni di impianti tra azienda pubblica e azienda privata. Questo mise in tensione i concorrenti, che reagirono fondendosi nella Montedison nel 1966; poiché però anche da parte ENI si temevano i rischi di duplicazione di impianti, e i primi tentativi di accordo e coordinamento tra i due gruppi andarono a vuoto, nel 1968 l'ENI acquistò un pacchetto azionario che, per quanto modesto, ne fece il primo azionista di Montedison. La presa dell'ENI sulla Montedison fu sancita dalla sua entrata nel patto di sindacato che amministrava la società e poi, nel 1971, dal passaggio di Cefis dall'ente petrolifero alla presidenza dell'azienda chimica.

Gli anni settanta[modifica | modifica wikitesto]

All'ENI Cefis fu sostituito da Raffaele Girotti, che era stato uno dei suoi principali collaboratori; ben presto però i rapporti tra i due si guastarono e l'auspicato coordinamento degli investimenti tra ENI e Montedison non vi fu, nonostante i programmi redatti dal CIPE e l'istituzione di una Commissione Parlamentare di indagine sull'industria chimica. L'Eni cercò di avvantaggiarsi sulla concorrenza cercando di rafforzarsi nella chimica delle specialità e nella farmaceutica, acquisendo numerose piccole e medie imprese.

Lo scontro chimico si concluse con la crisi finanziaria dei gruppi chimici privati SIR e Liquichimica i cui impianti, sovradimensionati e sottoutilizzati, furono rilevati dall'ENI. L'ENI uscì completamente dalla Montedison nel 1980. La crisi petrolifera del 1973 provocò un forte aumento dei prezzi del petrolio greggio, che però non poteva essere scaricato sui prezzi dei prodotti derivati, a causa del blocco dei prezzi imposto dal governo: di conseguenza, i bilanci dell'ENI per le prime volte chiusero in perdita. Inoltre la crisi portò all'abbandono del mercato italiano da parte di alcune compagnie petrolifere straniere, e l'ENI dovette provvedere a rilevarne le raffinerie e la rete di distribuzione, così come avvenne per le attività minerario-metallurgiche dell'EGAM, che l'ENI dovette acquistare su indicazione del Parlamento.

Negli anni settanta quindi si accentuò il ruolo dell'ENI come strumento per il salvataggio di imprese in difficoltà con lo scopo principale di salvaguardare posti di lavoro in Italia; nonostante questo, le attività internazionali proseguirono e portarono, ad esempio alla costruzione nel 1974 dei gasdotti per l'importazione di metano dai Paesi Bassi e dall'URSS. Nel 1971 l'Agip fu l'unica compagnia a “salvarsi” dalla nazionalizzazione delle ricerche petrolifere in Libia, rimanendo per molti anni l'unica a operare in quel paese.

Gli anni ottanta[modifica | modifica wikitesto]

Politicamente, i vertici dell'ENI fino al 1979 furono vicini alla Democrazia Cristiana; ma a partire da fine anni Settanta fu rilevante l'influenza del Partito Socialista Italiano, che indicò alla presidenza Giorgio Mazzanti e alla direzione generale Leonardo Di Donna. Mazzanti si dimise dopo pochi mesi a causa di uno scandalo (caso Eni-Petromin) legato a una fornitura di petrolio dall'Arabia Saudita. Dal 1979 al 1983 si alternarono ai vertici dell'ENI ben tre presidenti e due commissari, che lasciarono l'azienda in seguito a dimissioni, mentre i risultati economici dell'ENI segnavano perdite record. Nel 1983 fu raggiunta una maggior stabilità, con la nomina alla presidenza di Franco Reviglio, che rimase in carica fino al 1989; sotto la sua presidenza furono ceduti il settore tessile (Lanerossi), fonte di molte perdite, e i risultati economici tornarono positivi. Successivamente viene portata a termine la privatizzazione di alcune società del gruppo, guidate dal manager Vito Gamberale[12], operanti nei settori dell'abbigliamento, metallurgico e minerario. La sistemazione del settore chimico rimase un punto irrisolto dell'ENI: a un primo accordo con la Montedison nel 1983, che suddivise tra i due gruppi le principali produzioni chimiche, seguì nel 1989 la costituzione di Enimont, che concentrava tutta la chimica di base italiana. Ma già nel novembre 1990 venne firmato l'accordo che assegnava all'ENI la totalità delle azioni Enimont, per un esborso di 2.800 miliardi di lire.

La privatizzazione[modifica | modifica wikitesto]

Con il decreto legge n. 333 dell'11 luglio 1992 deliberato dal Governo Amato I, l'Eni fu trasformato in una Società per azioni controllata dal Ministero del Tesoro, con Gabriele Cagliari presidente e Franco Bernabè amministratore delegato; questa trasformazione costituì il primo passo del previsto processo di privatizzazione. Dal 1993 il presidente Cagliari e altri dirigenti furono coinvolti nelle inchieste di Tangentopoli; lo stesso Bernabè denunciò all'interno delle società del gruppo l'esistenza di un sistema di “fondi neri” tramite il quale trasferire all'estero denaro destinato al finanziamento di partiti politici[13]. L'Eni subì un profondo processo di ristrutturazione: attività marginali e non strategiche furono cedute; la chimica, che tante risorse e tante energie aveva assorbito, vide di molto ridimensionata la sua importanza all'interno del gruppo, che avrebbe dovuto concentrarsi nelle attività strettamente legate al petrolio e al gas in vista della sua apertura agli azionisti privati. Il processo di ristrutturazione ridusse di molto il numero di dipendenti del gruppo rispetto ai massimi raggiunti negli anni ottanta.

Andamento numero dipendenti[14]
Anno Dipendenti
1954 16.000
1962 56.000
1972 79.000
1982 144.000
1992 128.000
2002 80.700
2007 75.900
2011 78.686
2015 28.246[15]

Nel 1995 una prima quota del capitale di Eni fu collocata sul mercato e l'azienda fu quotata in borsa a Milano e a New York; ulteriori cessioni negli anni successivi hanno portato il Ministero del Tesoro a scendere fino al 30% circa del capitale. Il miglioramento della redditività ha portato l'Eni a garantire all'azionista pubblico buoni dividendi e ad avere le risorse per espandersi anche tramite acquisizioni all'estero (British Borneo 2000, Lasmo 2001, Burren e Dominion 2008).

Dal 1995 al 2001, lo Stato italiano ha venduto in cinque fasi una parte consistente del capitale azionario, conservandone una quota superiore al 30% (sommando le quote Ministero dell'Economia e delle Finanze e della Cassa Depositi e Prestiti), e detenendo comunque il controllo effettivo della società. In base alla legge 30 luglio 1994, n. 474, lo Stato, tramite il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministro dello sviluppo economico, è titolare di una serie di poteri speciali (la cosiddetta golden share) da esercitare nel rispetto di criteri prestabiliti. Il controllo dello Stato italiano avviene così pur non disponendo più della maggioranza assoluta dei voti in assemblea.

Struttura del gruppo[modifica | modifica wikitesto]

Struttura prima della trasformazione in SpA[modifica | modifica wikitesto]

L'Eni è stato dalla nascita al 1992 un ente pubblico economico, finanziato dallo stato tramite un “fondo di dotazione” la cui erogazione e incremento erano determinati dal Parlamento. Come ente pubblico economico, l'Eni era sottoposto alla supervisione del Ministero delle partecipazioni statali, dove, almeno fino agli anni ‘70, fu dominante l'influenza della Democrazia Cristiana, che era stata determinante sia nell'istituzione dell'Eni sia in quella del Ministero; in seguito, divenne importante quella del PSI, dal quale era indicato il presidente dell'ente. L'Eni era governato da un consiglio di amministrazione, all'interno del quale era individuata una “Giunta esecutiva” di tre membri più il presidente e il direttore generale; la Giunta esecutiva era l'organo con i maggiori poteri decisionali, e i suoi membri erano scelti su indicazione dei partiti della maggioranza di governo[16].

Struttura del gruppo Eni nel 1991

L'ENI prima della privatizzazione era strutturato in modo simile all'IRI, cioè come una holding che controllava diverse “caposettore” che presiedevano alle diverse attività; le principali caposettore dell'ENI erano:

  • Agip (fino al 1997) e Agip Petroli, che controllavano rispettivamente il settore dell'estrazione e quello della raffinazione di idrocarburi;
  • Snam, che si occupava del trasporto e della commercializzazione (tramite Italgas) del gas;
  • Anic (fino al 1983), poi Enichem, caposettore per la petrolchimica e la chimica;
  • Snamprogetti e Saipem, specializzate nell'impiantistica e nell'ingegneria;
  • Nuovo Pignone, azienda impiantistica e meccanica che controllava altre società meccaniche minori, ceduta dall'Eni nel 1992;
  • Lanerossi, azienda tessile controllata dall'Eni tra il 1962 e il 1986, che a sua volta controllava varie altre aziende tessili;
  • Samim S.p.A., caposettore per il settore minerario-metallurgico, costituita nel 1978 e dal 1991 denominata Enirisorse.

L'Eni operava anche nell'editoria (Il Giorno e l'Agenzia Giornalistica Italiana, quest'ultima ancora di sua proprietà), nei combustibili nucleari (Agip Nucleare), nella farmaceutica (Recordati, Sclavo) e nel settore turistico-alberghiero (catena dei motel Agip). In effetti l'Eni era considerato una delle compagnie petrolifere più grandi al mondo, ma anche tra le più diversificate.[17] Fino alla presidenza di Eugenio Cefis il presidente dell'Eni era anche presidente delle caposettore, mantenendo un elevato grado di controllo sulle diverse attività. A partire dagli anni '70 invece l'influenza dei partiti politici sulle nomine degli amministratori nelle società divenne dominante.[18]

Dopo la trasformazione in SpA[modifica | modifica wikitesto]

Dopo l'avvio della privatizzazione, avvenuta a partire dal 1995, l'Eni si diede una struttura più “snella”: Agip e Snam furono assorbite dall'Eni Spa, che si organizzò nelle tre divisioni. Molte attività considerate non strategiche furono cedute.

Struttura del gruppo Eni nel 2007

Come società per azioni l'Eni si è dato una governance simile a quella di altre aziende private, con un Consiglio di amministrazione di nove membri e un amministratore delegato. Nonostante la sua discesa nel capitale, il Ministero dell'Economia conserva il potere di nominare la maggior parte dei membri del consiglio.

Attualmente l'Eni è organizzata in tre grandi divisioni operative:

  • Divisione E&P (Exploration and Production): ricerca e produzione di idrocarburi
    • La produzione giornaliera di idrocarburi, nel 2005, è stata di 1.737 000 boe (barili di olio equivalenti)
  • Divisione G&P (Gas and Power): vendita di gas naturale, produzione e vendita di energia elettrica
    • Le vendite di gas hanno raggiunto i 96 miliardi di metri cubi, nel 2005
  • Divisione R&M (Refining and Marketing): raffinazione e commercializzazione di prodotti petroliferi
    • Sempre nel 2005 le vendite di prodotti petroliferi sono state di 51,6 milioni di tonnellate.

Partecipazioni[modifica | modifica wikitesto]

Le Società che fanno capo al gruppo Eni sono:

Eni possiede anche l'8,537% di Snam, che a sua volta controlla:

  • Snam Rete Gas, 100% (Trasporto e dispacciamento di gas naturale)
  • Italgas S.p.A., 100% (Distribuzione di gas naturale in ambito urbano, gruppo costituito da 21 società). Il 12 febbraio 2009, ENI ha venduto il 100% di Italgas S.p.A. alla allora Snam Rete Gas S.p.A. (oggi Snam) per 3,07 miliardi di euro[20].
  • STOGIT, (STOccaggio Gas ITalia), 100%. Il 12 febbraio 2009, ENI ha venduto il 100% di Stogit S.p.A. alla allora Snam Rete Gas S.p.A. (oggi Snam) per 1,65 miliardi di euro[21]

Governance[modifica | modifica wikitesto]

Presidenti[modifica | modifica wikitesto]

Consiglio di amministrazione[modifica | modifica wikitesto]

L'Assemblea tenutasi il 5 maggio 2011 ha confermato in 9 il numero dei componenti del Consiglio di Amministrazione, oltre ad aver nominato i consiglieri che sono rimasti in carica fino all'approvazione del bilancio di esercizio 2013.

Nel maggio 2014 l'Assemblea degli Azionisti ha cambiato i vertici aziendali. Gli attuali amministratori sono:

Amministratori delegati[modifica | modifica wikitesto]

Principali azionisti[modifica | modifica wikitesto]

Dati Consob al 6 giugno 2014.[26]

Sedi[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Palazzo ENI.

Eni SpA ha sede a Roma nel quartiere dell'EUR, nell'omonimo Palazzo ENI appositamente realizzato nel 1962 per ospitare gli uffici dell'ente. Un'altra sede storica dell'Eni si trova a San Donato Milanese, realizzata negli anni '50 nelle vicinanze di una stazione di pompaggio del metano. La costruzione della sede si accompagnò a quella di un quartiere residenziale limitrofo che prese il nome di Metanopoli. Storicamente, la Snam l'Agip e l'Anic hanno sempre avuto la sede direzionale a Milano, mentre l'Agip Petroli a Roma. Grandi complessi petrolchimici costruiti dall'Eni tra gli anni '50 e '60 si trovano a Ravenna e a Gela, altri (come a Brindisi) sono stati acquisiti dall'Eni successivamente; molti altri stabilimenti e raffinerie sono stati rilevati dall'Eni da aziende private che si trovavano in difficoltà economiche. Il Centro Ricerche per le Energie Non Convenzionali - Istituto ENI Donegani[27] si trova a Novara.

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Il Palazzo dell'ENI all'EUR, sulla destra, sede principale dell'azienda

Dati economici[modifica | modifica wikitesto]

2006[modifica | modifica wikitesto]

  • Capitalizzazione in Borsa (fine esercizio): 93,8 miliardi di euro.
  • Valore per azione: euro 25,48 (per paragone: alla prima offerta al pubblico nel 1995 il prezzo per azione: euro 5,42)
  • Ricavi dell'esercizio: euro 86,1 miliardi (1996: 29,8 miliardi).
  • Utile netto: euro 9,2 miliardi (1996: 2,3 miliardi)
  • Produzione quotidiana idrocarburi (petrolio e gas): 1,77 milioni di barili di petrolio equivalente (boe) (per paragone: l'intero consumo quotidiano italiano di idrocarburi: 2,29 milioni di boe)

2007[modifica | modifica wikitesto]

  • Capitalizzazione in Borsa (fine esercizio): euro 91,6 miliardi.
  • Valore per azione: euro 25,05
  • Ricavi dell'esercizio: euro 87,256 miliardi dalla sua gestione caratteristica: 88,083 con altri ricavi e proventi inclusi.
  • Utile netto: euro 10,011 miliardi
  • Produzione quotidiana idrocarburi (petrolio e gas): 1,736 milioni di barili di petrolio equivalente (boe)
  • Bilancio Eni S.p.A al 31.12.2007 (PDF), eni.it.

2008[modifica | modifica wikitesto]

ENI nel 2008 ha ottenuto ricavi per 108,15 miliardi di euro per quanto riguarda la sua gestione caratteristica, 108,87 con altri ricavi e proventi inclusi, EBIT di 18,64 miliardi, utili per 8,82 miliardi. Patrimonio netto di 44,43 miliardi, indebitamento finanziario netto di 18,37 miliardi, partecipazioni per 26,72 miliardi in 368 controllate, 202 collegate e altre 35 aziende, capitalizzazione di 60,6 miliardi, un'azione vale 16,74 euro.

La produzione quotidiana idrocarburi (petrolio e gas) si è attestata a 1,797 milioni di barili di petrolio equivalente (boe) di cui 1,026 milioni di barili di petrolio (68.000 in Italia) e 125 milioni di metri cubi di gas naturale (21,2 in Italia).

La rete Agip, Divisione Refining&Marketing, ha ottenuto ricavi per 45,83 miliardi, perdite per 1,02 miliardi, 5.956 stazioni di servizio in Europa che hanno venduto 12,67 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi e 8.327 dipendenti.

Ha 3.335 milioni di barili di petrolio e condensati (186 milioni in Italia) e 531 miliardi di metri cubi di gas naturale (81 miliardi in Italia) di riserve certe con 10 anni di vita utile.

2009[modifica | modifica wikitesto]

ENI nel 2009 ha fatturato 83,22 miliardi di euro di ricavi, ha avuto 1,11 miliardi di altri ricavi, Ebit di 12,05 miliardi, utili per 4,36 miliardi. Possiede 63,17 miliardi di immobili, impianti e macchinari, posizione finanziaria negativa per 23,05 miliardi. Ha partecipazioni per 29,37 miliardi di euro.

ENI occupa 78.417 dipendenti.

La divisione Exploration&Production ha raggiunto una produzione quotidiana idrocarburi (petrolio e gas), di 1.769 milioni di barili di petrolio equivalente al giorno, di cui 1.007 milioni di barili di petrolio (56.000 in Italia) e 123,9 milioni di metri cubi di gas naturale (18,5 in Italia).

Divisione Gas&Power ha venduto 103,72 miliardi di metri cubi di gas naturale, 12,9 miliardi di GNL e 33,96 terawatt di energia elettrica, di cui 24,09 TW prodotti tramite le centrali Eni in Italia.

Possiede riserve certe per 3.463 milioni di barili di petrolio e condensati e 508 miliardi di metri cubi di gas naturale con una vita utile di 10 anni.

La rete Agip, Divisione Refining&Marketing, ha ottenuto ricavi per 31,76 miliardi di euro, ha venduto 12,02 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi attraverso un numero medio di 5.986 stazioni di servizio: impiega 8.166 dipendenti. Ha raffinato 34,55 milioni di tonnellate di petrolio. Detiene il 31,5% del mercato di distribuzione italiano.

Fonte: Bilancio Eni S.p.A al 31.12.2009

2010[modifica | modifica wikitesto]

Il gruppo ENI S.p.A. ha fatturato 98,52 miliardi di euro, principalmente dovuti a:

  • 43,19 miliardi da Divisione Refining&Marketing
  • 29,57 miliardi da Divisione Gas&Power
  • 29,49 miliardi da Divisione Exploration&Production
  • 10,58 miliardi da Divisione Ingegneria&Costruzioni
  • 6,141 miliardi da Divisione Petrolchimica

A tali dati sono da sottrarre i ricavi infrasettoriali.

12,05 miliardi di Ebit e 6,31 miliardi di utile netto. Ha debiti per 27,78 miliardi, indebitamento finanziario netto di 26,19 miliardi, patrimonio netto di 55,72 miliardi, occupa 79.941 dipendenti.

Possiede riserve certe per 3.623 milioni di barili di petrolio e condensati e 506 miliardi di metri cubi di gas naturale per una vita utile di 10 anni.

Divisione Exploration&Production ha raggiunto una produzione quotidiana idrocarburi (petrolio e gas), di 1.815 milioni di barili di petrolio equivalente al giorno, di cui 997 milioni di barili di petrolio e 129 milioni di metri cubi di gas naturale.

Divisione Gas&Power ha venduto 97,06 miliardi di metri cubi di gas naturale, 15 miliardi di GNL e 39,54 terawatt di energia elettrica, di cui 25,63 TW prodotti tramite le centrali Eni in Italia (Ferrera Erbognone, Ravenna, Livorno, Taranto, Mantova, Brindisi, Ferrara e Bolgiano).

Divisione Refining&Marketing (rete Agip) ha venduto 46,8 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi, gestendo una rete di 6.167 stazioni in Europa.

Fonte: Bilancio ENI S.p.A. al 31.12.10

2011[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2011 ENI ha conseguito ricavi per 107,69 miliardi di cui:

  • 51,21 miliardi da Divisione Refining&Marketing
  • 33,09 miliardi da Divisione Gas&Power
  • 29,12 da Divisione Exploration&Production
  • 11,84 miliardi da Divisione Ingegneria&Costruzioni
  • 6,49 miliardi da Divisione Petrolchimica
Pubblicità dell'Eni al Gran Premio d'Ungheria 2011

A tali dati sono da sottrarre i ricavi infrasettoriali.

Ebit di 16,80 miliardi, 6,86 miliardi di utile. Indebitamento finanziario netto di 28,03 miliardi, 58 miliardi di capitalizzazione, 72.574 dipendenti. Possiede un patrimonio netto di 60,39 miliardi, valore residuo di immobili, impianti e macchinari pari a 73,57 miliardi, debiti per 29,59 miliardi.

ENI - Divisione Exploration&Production possiede 7,08 milioni di boe di riserve certe per una vita utile di circa 12 anni, ha raggiunto una produzione giornaliera di 1,58 milioni di boe.

ENI - Divisione Gas&Power ha importato e venduto 96,76 miliardi di metri cubi di metano (7,22 miliardi prodotti in Italia), 15,7 miliardi di GNL e 40,28 terawattora di energia elettrica (di cui 25,23 prodotti in Italia). I clienti italiani sono 7,1 milioni.

ENI - Divisione Refining & Marketing ha commercializzato 45,02 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi attraverso una rete di 6.287 stazioni di servizio in tutta Europa. Ha il 30,5% del mercato italiano.

La crescita dell'utile è da ricondurre all'aumento del prezzo del petrolio e a una plusvalenza di 1,04 miliardi dovuta alle cessioni dei gasdotti europei che hanno compensato le perdite delle Divisioni Gas&Power, Petrolchimica e Refining&Marketing.

ENI S.p.A. detiene partecipazioni per un totale di 31,77 miliardi di euro.

Fonte: Bilancio ENI S.p.A. al 31.12.11

2012[modifica | modifica wikitesto]

Eni S.p.A. ha conseguito ricavi per 127,22 miliardi di euro di cui:

  • 62,65 miliardi da Divisione Refining & Marketing
  • 36,20 miliardi da Divisione Gas & Power
  • 35,88 miliardi da Divisione Exploration & Production
  • 12,77 miliardi da Divisione Ingegneria & Costruzioni
  • 6,41 miliardi da Divisione Chimica
  • 1,37 miliardi da Corporate e società finanziarie
  • 0,12 miliardi da altre attività

A tali dati sono da sottrarre i ricavi infrasettoriali.

Ebit di 15,02 miliardi, utili a 7,78 miliardi. L'indebitamento netto calato a 15,11 miliardi per via della cessione del 30% di Snam a Cassa Depositi e Prestiti e conseguente deconsolidamento dei debiti Snam. Patrimonio netto di 62,71 miliardi, capitalizzazione di 66,4 miliardi, 77.838 dipendenti, debiti per 24,46 miliardi.

ENI - Divisione Exploration&Production ha riserve per 7,17 milioni di boe con una vita utile di 11 anni e 6 mesi, ha raggiunto una produzione di 1,70 milioni di boe/giorno, principalmente estratti in Libia, Egitto, Nigeria, Italia (189.000 boe/d), Norvegia, Congo.

ENI - Divisione Gas&Power ha venduto 95,32 miliardi di metri cubi di gas metano e 42,58 terawattora di energia elettrica. In Italia ha 7,45 milioni di clienti. Si è approvvigionata principalmente da Russia, Algeria (incluso GNL), Norvegia, Paesi Bassi, Italia (7,55 miliardi di m³) e Libia.

ENI - Divisione Refining & Marketing ha commercializzato 48,33 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi attraverso una rete di 6.384 stazioni di servizio in tutta Europa. Ha il 31,2% del mercato italiano.

La crescita dell'utile è da ricondurre principalmente ai risultati di Divisione Exploration & Production, tra cui il recupero delle produzioni libiche.

Le Divisioni che per Eni rappresentano criticità, a causa dei risultati economici conseguiti, sono R&M con una perdita di 179 milioni (anche se in miglioramento rispetto all'anno scorso) a causa del calo della domanda e delle vendite in Italia che ha effetti anche sulle attività di raffinazione e Divisione Chimica con -395 milioni, sempre a causa della recessione.

Fonti: Bilancio ENI S.p.A. al 31.12.12

2013[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2013 Eni ha conseguito ricavi per 114,72 miliardi di euro, di cui:

  • 57,32 miliardi da Divisione Refining & Marketing
  • 32,12 miliardi da Divisione Gas & Power
  • 31,26 miliardi da Divisione Exploration & Production
  • 11,61 miliardi da Divisione Ingegneria & Costruzioni
  • 5,85 miliardi da Divisione Chimica
  • 1,45 miliardi da Corporate e società finanziarie
  • 0,08 miliardi da altre attività

A tali dati sono da sottrarre i ricavi infrasettoriali.

Ebit di 8,85 miliardi, utili di 5,16 miliardi di euro.

La diminuzione dei ricavi e dell'Ebit deriva da riduzioni della produzione di idrocarburi in Libia, Nigeria e Algeria per fattori geopolitici, dalla crisi economica che ha causato un abbassamento dei consumi e dal peggioramento di alcune commesse Saipem.

Il confronto con il 2012 va effettuato tenendo conto che su 7,79 miliardi dell'utile, 3,59 erano imputabili a Snam, ora non più consolidata: pertanto l'utile 2012 di Eni, al netto di Snam, è stato pari a 4,2 miliardi.

Indebitamento netto di 15,42 miliardi, 61,17 miliardi di patrimonio netto, capitalizzazione di 63,4 miliardi, valore residuo di impianti, immobili e macchinari di 62,50 miliardi di euro e 82.289 dipendenti.

ENI - Divisione Exploration&Production ha riserve per 6,353 milioni di boe, per una vita utile di 11,1 anni, con una produzione di 1.619 migliaia di boe al giorno.

ENI - Divisione Gas&Power ha prodotto vendite di gas nel mondo per 93,17 miliardi di metri cubi e di elettricità per 35,05 terawattora, servendo 8 milioni di clienti.

ENI - Divisione Refining & Marketing ha una quota di mercato in Italia del 27,5% e 6.386 stazioni in Europa.

Solamente Divisione E&P ha generato utili in questo periodo: tutte le altre divisioni hanno chiuso in perdita, sempre per le cause di cui sopra, nonostante un lieve miglioramento di Versalis (-338 milioni).

Fonte: Eni S.p.A., Bilancio al 31.12.13

2014[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2014 Eni ha conseguito 94,2 miliardi di euro di ricavi, con utili per 850 milioni.

2015[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2015 Eni ha conseguito 68,9 miliardi di euro di ricavi, registrando una perdita di gruppo pari a 9,4 miliardi.

Fonte: Eni S.p.A., Bilancio al 31.12.15

Rating[modifica | modifica wikitesto]

Rating Merito Creditizio Rating di Sostenibilità
Moody's S&P Fitch Standard Ethics
Long-term Short-term Long-term Short-term Long-term Short-term Long-term
Aa3 P-1 A+ A-1 A+ F1 EEE-

Vertenze giudiziarie[modifica | modifica wikitesto]

Nell'ottobre 2015 l'azienda ed il suo Ad sono prosciolti dalle accuse di corruzione internazionale in merito ad una ipotesi di tangenti in Algeria[28]. Resta invece in piedi l'accusa di corruzione internazionale in Nigeria[29].

Controversie[modifica | modifica wikitesto]

A Zhanaozen, in Kazakistan il 16 dicembre 2011, gli operai dell'industria petrolifera della Ersai Caspian, controllata dalla Saipem, gruppo ENI, dopo oltre sei mesi di sciopero, hanno manifestato per i propri diritti; sono state uccise dalla polizia locale dodici persone[30]. Human Rights Watch[31] ha pubblicato un dossier sulla vicenda[32]: le indagini condotte da diversi ispettori di Human Right Watch, mettono in evidenza continue violazioni dei diritti dei lavoratori da parte della Ersai Caspian controllata dall'ENI, che per molti mesi hanno rifiutato ogni trattativa sulle richieste salariali dei lavoratori, licenziando gli operai sindacalmente più attivi, arrivando a minacciarli e in qualche caso anche a farli aggredire fisicamente[33],[34].

Alcune ong, come Amnesty International[35], Environmental Rights Action[36], un importante studio di impatto ambientale del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente[37], inchieste giornalistiche[38] hanno denunciato come in Nigeria l'Eni e le sue consociate NAOC (Nigerian Agip Oil Company) e AGIP Nigeria PLC e le tutte le altre compagnie petrolifere presenti in questo paese dell'Africa occidentale (in primo luogo Shell, ma anche Chevron, Total, ELF ExxonMobil[39],[40]) abbiano devastato il Delta del Niger[41],a causa delle fuoriuscite di petrolio dagli oleodotti che hanno contaminato falde acquifere, corsi d'acqua, foreste, formazioni a mangrovie e campi coltivati dai quali le comunità locali traggono il proprio sostentamento (e che sono talvolta aggravate dai ritardi nella bonifica dei siti inquinati)[35]. Tale disastrosa situazione ambientale e sociale del delta del Niger e le responsabilità delle compagnie petrolifere e del governo sono state ribadite dalla sentenza della Corte di Giustizia della Comunità economica degli stati dell'Africa occidentale (Ecowas, dicembre 2012).[35][42] Nello stesso Paese l'Eni pratica il gas flaring, un processo fortemente inquinante per l'atmosfera, che crea un enorme quantitativo di anidride carbonica[43][44].

Ricerche[modifica | modifica wikitesto]

Una ricerca di una società di consulenza ha determinato la classifica delle prime 500 aziende mondiali per indice di presenza su Wikipedia, l'ENI secondo questa ricerca risulta essere l'azienda italiana con la migliore pagina.[45]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

  • Conferita il 11/10/2010:
Medaglia al merito di I classe della Protezione Civile - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia al merito di I classe della Protezione Civile
«Per la partecipazione all'evento sismico del 6 aprile 2009 in Abruzzo, in ragione dello straordinario contributo reso con l'impiego di risorse umane e strumentali per il superamento dell'emergenza.»
— D.P.C.M. 11 ottobre 2010

[modifica | modifica wikitesto]

ENI, a partire dal 2010, desidera valorizzare e rafforzare la sua presenza nel campo delle competizioni motoristiche. Da questo progetto, l'azienda partecipa come title sponsor al Gran Premio motociclistico di Germania 2010 e al Gran Premio di Ungheria 2010 di Formula 1. Inoltre l'impegno di ENI non si ferma alla semplice visibilità dei circuiti sportivi: rifornirà anche la nuova classe intermedia del campionato di MotoGP, la Moto2, per il triennio 2010-2011-2012. In aggiunta Eni è sponsor del Team Pramac in MotoGP e del team Aprilia Racing nel campionato mondiale Superbike. Eni ha sponsorizzato anche il team Astra e il pilota Toni Gardemeister al Rally di Montecarlo 2010.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Conto economico 2015
  2. ^ (EN) Our people, eni.com. URL consultato l'11 novembre 2016.
  3. ^ Dal 1995, data della privatizzazione, la sigla non ha più senso, ma il nome Eni è rimasto. Cfr. Cosa vuol dire Eni?, eni.com
  4. ^ http://www.eni.com/it_IT/investor-relations/eni-borsa/azionariato/partecipazioni-significative/partecipazioni-significative.shtml
  5. ^ articolo Il Sole 24 ore, Il Sole 24 ore. URL consultato il 17 gennaio 2011.
  6. ^ a b comunicato stampa eni, eni.com. URL consultato il 17 gennaio 2011.
  7. ^ comunicato stampa eni, eni.com. URL consultato il 17 gennaio 2011.
  8. ^ http://www.eni.com/it_IT/azienda/storia/storia-eni-marchio/marchio-1998/marchio-1998.shtml
  9. ^ così ad esempio Toninelli in Energy supply and economic development in italy: the role of the state-owned companies, Dipartimento di Economia Politica, Università di Milano Bicocca, ottobre 2008
  10. ^ così sostiene Italo Pietra in Mattei, la pecora nera, SugarCo Edizioni, 1987
  11. ^ così sostiene, fra gli altri Valerio Castronovo in L'industria italiana dall'Ottocento a oggi, Arnoldo Mondadori Editore, 2007
  12. ^ Vito Gamberale
  13. ^ R. Chiaberge, Bernabè: all'Eni abbiamo spazzato via 300 manager, Corriere della Sera, 10 gennaio 1994
  14. ^ da F.Amadori, F.Barca, Storia del capitalismo italiano, Il Mulino, Bologna, 2002
  15. ^ Our people, web.archive.org, 21 luglio 2016.
  16. ^ Marcello Colitti, manager Eni fin dai tempi di Mattei, descrive la giunta esecutiva in carica 1975 in questo modo: “[…]fu varata la Giunta, che constava di Sette, Mazzanti, Lorenzo Necci del PRI, Franco Piga della DC e il prof. Orlandini per i socialdemocratici”. Da M. Colitti, Eni – Cronache dall'interno di un'azienda, EGEA, 2007. Anche le ricostruzioni giornalistiche degli anni '80 tendono a collegare a ciascun membro della Giunta una designazione partitica; si veda ad esempio l'articolo “Politici” estromessi dalle Spa, Corriere della Sera, 8 agosto 1992
  17. ^ Pier Angelo Toninelli, Energy supply and economic development in Italy: the role of the state-owned companies, Dipartimento di Economia Politica, Università di Milano Bicocca, ottobre 2008
  18. ^ Eni Spa: Building an International Energy Major.
  19. ^ Sito internet Enipower, enipower.eni.it. URL consultato il 18 gennaio 2011.
  20. ^ Yahoo! Finanza - Borsa, Azioni, Economia, Valute, Obbligazioni, Mutui
  21. ^ Eni cede il 100% di Stogit e Italgas a Snam Rete Gas - Eni
  22. ^ Chiusa la partita delle nomine. Nuovi presidenti per Eni e Enel.
  23. ^ http://www.telecomitalia.it/content/dam/telecomitalia/documents/Governance/it/biografie/Bernab%C3%A8_Franco_ITA.pdf
  24. ^ http://www.unioneindustriali.roma.it/frontend/pagine/pagina.do?preview=false&id=83
  25. ^ Paolo Scaroni, Amministratore Delegato - Eni
  26. ^ Consob, consob.it.
  27. ^ Centro Ricerche per le Energie non Convenzionali - Eni
  28. ^ Eni e Scaroni prosciolti dalle accuse di corruzione internazionale La Stampa
  29. ^ Eni, Descalzi indagato per tangenti in Nigeria. Mazzetta da un miliardo Il Sole 24 Ore
  30. ^ Kazakistan, la rivolta del petrolio fa 10 morti, Corriere della sera, Esteri, 17 dicembre 2011.
  31. ^ Xenofobia, discriminazioni, respingimenti: l'Italia bocciata da Human Rights Watch, Repubblica. Solidarietà. 24 gennaio 2011.
  32. ^ (EN) Striking Oil, Striking Workers, Human Rights Watch, 10 settembre 2012.
  33. ^ Human Rights in Kazakhstan, Human Rights Watch, 10 settembre 2012.
  34. ^ Kazakistan: il massacro dei rivoltosi,
  35. ^ a b c Io pretendo dignità - Responsabilità delle aziende - Nigeria
  36. ^ Eni in Nigeria: “Scaroni mente” - Nigrizia.it
  37. ^ Nigeria
  38. ^ Report smaschera Eni e Shell: hanno rovinato il Delta del Niger - Pianeta.it
  39. ^ L'Eni, il delta del Niger e gli scempi ambientali delle multinazionali | Multinazionali - ilCambiamento.it
  40. ^ http://www.missionaridafrica.org/news.asp?t=04%2F10%2F2012+5.18.47&anno=2011&p=108
  41. ^ Appello - Delta del Niger: "Strappa un impegno a Eni!"
  42. ^ http://www.courtecowas.org/site2012/pdf_files/decisions/judgements/2012/SERAP_V_FEDERAL_REPUBLIC_OF_NIGERIA.pdf
  43. ^ Eni in Nigeria: “Scaroni mente” - Nigrizia.it
  44. ^ Diritti Globali - Il Delta del Niger irrompe nell'assemblea degli azionisti Eni
  45. ^ (EN) Lundquist_Wikipedia_Fortune_Global_500_executive_summary (PDF), lundquist.it. URL consultato il 13 aprile 2013.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Bilancio Eni S.p.A. al 31.12.2007 (PDF), eni.it.
  • Sabino Cassese, La «privatizzazione» dell'Eni, in “Il Ponte”, 1966, n. 4, pp. 463-480.
  • Marcello Boldrini, Mattei, in Enciclopedia del petrolio e del gas naturale, Colombo, Roma, 1969
  • Luigi Bruni, Marcello Colitti, La politica petrolifera italiana, Giuffré, Milano, 1967
  • Giovanni Buccianti, Enrico Mattei: assalto al potere petrolifero mondiale, Giuffrè, Milano, 2005
  • Marcello Colitti, Energia e sviluppo in Italia: la vicenda di Enrico Mattei, De Donato, Bari, 1979
  • Marcello Colitti, ENI - Cronache dall'interno di un'azienda, EGEA, Milano, 2007
  • Giorgio Galli, La sfida perduta: biografia politica di Enrico Mattei, Bompiani, Milano, 1976
  • Nico Perrone, Mattei, il nemico italiano: politica e morte del presidente dell'Eni attraverso i documenti segreti, 1945-1962, Leonardo (Mondadori), Milano, 1989 ISBN 8820018063
  • Nico Perrone, Enrico Mattei, Il mulino, Bologna, 2001 ISBN 88-15-07913-0
  • Italo Pietra, Mattei, la pecora nera, Sugarco, Milano, 1987
  • Sergio Terranova, La Pira e Mattei nella politica italiana. 1945-1962, Oasi Editrice, Troina, 2001
  • Francesco Venanzi, Massimo Faggiani, ENI. Un'autobiografia, Sperling & Kupfer, 1994, ISBN 8820018063
  • Daw Votaw, Il cane a sei zampe, Mattei e l'Eni. Saggio sul potere, Feltrinelli, Milano, 1965
  • Enrico Mattei, scritti e discorsi. 1953-1962, Comune di Matelica & Fondazione Enrico Mattei & Università di Camerino
  • Giorgio Steimetz, Questo è Cefis, Effigie, Milano, 2010

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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