Intercettazioni, la privacy vale solo per i potenti (che vi piaccia o meno)

di 26.03.2015 13:34 CET
Matteo Renzi
Il segretario Pd apre alla collaborazione con Berlusconi sul tema riforma elettorale Reuters

Nel silenzio, le manovre per evitare un nuovo caso Lupi continuano. Ufficialmente le intercettazioni non sono in cima all'agenda del governo. In realtà ci si sta muovendo in tal senso.

"Matteo Renzi ha preso in mano il delicato dossier sulle intercettazioni ed è convinto che si debba accelerare per arrivare a una riforma del sistema. Il punto non è intervenire sui presupposti che regolano l'uso dello strumento da parte della magistratura, ma porre un argine alla pubblicazione indiscriminata degli atti di un'indagine, specie quelli estranei all'inchiesta" scrive Francesco Verderami sul Corriere.

"Il governo riapre il dossier e punta diritto a impedire che le conversazioni penalmente non rilevanti, ma assai appetibili sul piano del gossip politico, finiscano prima nei provvedimenti delle toghe, e dopo sui giornali. Nessuna stretta però sui magistrati, come fu ai tempi della legge bavaglio di Berlusconi" ribadisce Liana Milella su Repubblica.

Il 'dossier' intercettazioni altro non è che la legge delega di cui parlò il premier già in sede di presentazione lo scorso giugno della 'grande riforma della giustizia'. "Qual è il limite di pubblicabilità" si chiese, dandosi implicitamente una risposta. La norma in questione potrebbe finire in un emendamento "ad hoc", stile falso in bilancio, infilato nella discussa legge sulla diffamazione.

La partita si gioca sul 'penalmente rilevante'. L'idea del governo è vietare alla magistratura di riportare nelle ordinanze di custodia cautelare, sequestro e perquisizione conversazioni "da gossip politico", secondo la definizione (impropria) di Repubblica.

Tutto ciò che non è penalmente rilevante è gossip politico, inteso nella sua accezione negativa? No, affatto.

Prendiamo il caso Lupi (l'ex ministro non è indagato). L'intercettazione in cui Ercole Incalza gli detta' l'intervista da rilasciare al Corriere non è penalmente rilevante. Ma lo è dal punto di vista politico: ne viene fuori un ministro poco competente, ad essere generosi, della materia chiamata a gestire. Materia da miliardi di euro. L'opinione pubblica non ne dovrebbe essere informata? Con la nuova legge sulle intercettazioni, probabilmente no.

Prendiamo il caso Cancellieri, quando l'ex ministro fu indagata solo in un secondo momento per l'ipotesi di false dichiarazione ai PM. Ma quando scoppiò il caso delle telefonate con il 'clan Ligresti' non lo era. La conversazione in cui il ministro della Giustizia dice alla compagna di Salvatore Ligresti "non è giusto, contate pure su di me" non ha risvolti penali. Ma letta alla luce dell'attivismo del ministro con il DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) sulla scarcerazione di Giulia Ligresti, diventa un fatto politico rilevante. Così rilevante che Matteo Renzi, non ancora segretario PD, voleva le dimissioni del ministro. Oggi non fiaterebbe.

Prendiamo il caso Napolitano - D'Ambrosio - Mancino. Nelle telefonate del consigliere giuridico del Quirinale con l'ex ministro (quelle dell'ex Presidente sono state distrutte) non si riscontra alcun illecito penale. Ma viene fuori un mondo, in particolare le pressioni di Mancino sul Quirinale per ottenere l'avocazione dell'inchiesta trattativa e l'attivismo di un prezioso collaboratore del Capo dello Stato che, con Mancino, spende anche il nome di Napolitano ("se l'è presa a cuore la questione" dice D'Ambrosio). L'opinione pubblica doveva essere tenuta all'oscuro ?

Il confine non è sottile: non c'è privacy che tenga di fronte non al dovere dei giornalisti di informare, ma al diritto dell'opinione pubblica di essere informata. Il "gossip" è un'altra cosa. Curioso che tale impostazione di pensiero arrivi dallo stesso governo che ha prodotto lo scempio del decreto antiterrorismo con annesso "grande fratello" sui dispositivi elettronici dei cittadini. Norma stralciata solo dopo che il caso è finito sui giornali a cui il governo vuole imporre il bavaglio sui 'fatti' dei potenti.