Muro di Berlino

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Muro di Berlino
Barriera di protezione antifascista
(DE) Berliner Mauer
(DE) Antifaschistischer Schutzwall
Berlin Wall 1961-11-20.jpg
Localizzazione
Stato Germania Est Germania Est
Stato attuale Germania Germania
Regione Berlino Berlino
Città Coat of arms of Berlin.svg Berlino
Informazioni generali
Tipo linea fortificata
Altezza 3,6 m
Inizio costruzione 13 agosto 1961
Costruttore Germania Est Germania Est
URSS URSS
Materiale cemento armato
Condizione attuale in gran parte demolito
Visitabile
Sito web http://www.berliner-mauer-dokumentationszentrum.de/
Informazioni militari
Utilizzatore Germania Est Germania Est
URSS URSS
Funzione strategica Il muro circondava Berlino Ovest, al fine di impedire le fughe dall'Est verso l'Ovest.
Termine funzione strategica 9 novembre 1989

[senza fonte]

voci di architetture militari presenti su Wikipedia
Mappa di Berlino Ovest e Berlino Est, valichi di frontiera, reti metropolitane (mappa interattiva)
Resti della Hinterlandmauer vicino al Ostbahnhof, a Friedrichshain (agosto 2006)
Sul graffito Leonid Brežnev ed Erich Honecker che si baciano. La scritta in alto, in russo dice: "Signore! Aiutami a sopravvivere a questo amore letale"

Il Muro di Berlino (in tedesco: Berliner Mauer, nome ufficiale: Antifaschistischer Schutzwall, Barriera di protezione antifascista[1][2][3][4][5]) era un sistema di fortificazioni fatto costruire dal governo della Germania Est (Repubblica Democratica Tedesca, filosovietica) per impedire la libera circolazione delle persone tra Berlino Ovest (Repubblica Federale di Germania) e il territorio della Germania Est. È stato considerato il simbolo della cortina di ferro, linea di confine europea tra la zona d'influenza statunitense e quella sovietica durante la guerra fredda.

Il muro, che delineava Berlino Ovest, ha diviso in due la città di Berlino per 28 anni, dal 13 agosto del 1961 fino al 9 novembre 1989, giorno in cui il governo tedesco-orientale decretò l'apertura delle frontiere con la repubblica federale. Già l'Ungheria aveva aperto le proprie frontiere con l'Austria il 23 agosto 1989, dando così la possibilità di espatriare in occidente ai tedeschi dell'Est che in quel momento si trovavano in altri paesi dell'Europa orientale.[6]

Tra Berlino Ovest e Berlino Est la frontiera era fortificata sia militarmente che da due muri paralleli di cemento armato, separati dalla cosiddetta "striscia della morte", larga alcune decine di metri. Durante questi anni, in accordo con i dati ufficiali,[7] furono uccise dalla polizia di frontiera della DDR almeno 133 persone mentre cercavano di superare il muro verso Berlino Ovest. Alcuni studiosi sostengono che furono più di 200 le persone uccise mentre cercavano di raggiungere Berlino Ovest o catturate e in seguito assassinate.[8][9]

Il 9 novembre 1989, dopo diverse settimane di disordini pubblici, il governo della Germania Est annunciò che le visite in Germania e Berlino Ovest sarebbero state permesse; dopo questo annuncio molti cittadini dell'Est si arrampicarono sul muro e lo superarono per raggiungere gli abitanti della Germania Ovest dall'altro lato in un'atmosfera festosa. Durante le settimane successive piccole parti del muro furono demolite e portate via dalla folla e dai cercatori di souvenir; in seguito fu usato equipaggiamento industriale per abbattere quasi tutto quello che era rimasto. Ancora oggi c'è un grande commercio di piccoli frammenti, molti dei quali falsi.

La caduta del muro di Berlino aprì la strada per la riunificazione tedesca che fu formalmente conclusa il 3 ottobre 1990.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Blocco di Berlino, Guerra fredda e Crisi di Berlino del 1961.

Premesse[modifica | modifica wikitesto]

Filo spinato e autoblindo sulla linea di divisione alla Porta di Brandeburgo all'inizio dell'agosto 1961. Il cartello avverte: Attenzione! In questo momento state lasciando Berlino Ovest
Agosto 1961: posa dei primi blocchi del muro

Nel 1945, poco prima della fine della seconda guerra mondiale, nel corso della conferenza di Jalta, venne decisa la divisione di Berlino in quattro settori controllati e amministrati da Unione Sovietica, Stati Uniti d'America, Regno Unito e Francia. Il settore sovietico era il più esteso e comprendeva i distretti orientali di Friedrichshain, Köpenick, Lichtenberg, Mitte, Pankow, Prenzlauer Berg, Treptow e Weißensee.

Nel 1948, il "Blocco di Berlino" da parte dell'Unione Sovietica portò all'attuazione del Ponte aereo per Berlino da parte degli alleati per rifornire di viveri e generi di prima necessità i tre settori occidentali.

Dal 1949 i tre settori controllati da Stati Uniti d'America, Francia e Gran Bretagna (Berlino Ovest), anche se nominalmente indipendenti, erano di fatto una parte di Germania Ovest completamente circondata dalla Germania Est, formandone un'enclave.

Inizialmente ai cittadini di Berlino era permesso di circolare liberamente in tutti i settori, ma con lo sviluppo della Guerra Fredda i movimenti vennero limitati; il confine tra Germania Est e Germania Ovest venne chiuso nel 1952 e l'attrazione dei settori occidentali di Berlino per i cittadini della Germania Est aumentò. Circa 2,5 milioni di tedeschi dell'est passarono ad ovest tra il 1949 e il 1961.

Il 16 dicembre 1958, i Ministri degli Esteri di Francia, Regno Unito, USA e Repubblica Federale Tedesca sottoscrivono (dopo il vertice NATO a Parigi del 14 dicembre) insieme ai membri del Consiglio NATO la Dichiarazione di Berlino [10], in cui si afferma il diritto delle Tre Potenze occidentali a permanere nella città divisa in blocchi, e la libertà di comunicazione fra Berlino e il resto del mondo, posizioni condivise dal voto libero di 2 milioni di abitanti a Berlino ovest. Il Consiglio ritiene che la questione di Berlino può essere risolta soltanto nel quadro di un accordo con l'U.R.S.S. per la Germania nel suo complesso, e che le potenze occidentali si sono dichiarate più volte pronte ad esaminare questo problema, così come quelli di disarmo e sicurezza europea.

Il Gruppo degli Ambasciatori di Washington (WAG) – composto dagli Ambasciatori di Francia e Regno Unito presso gli Stati Uniti, e dal Vice sotto-segretario di stato Robert Murphy – divenne il punto di riferimento per le consultazioni trilaterali, a partire dal Gennaio 1959. Nel mese di aprile, costituirono a Parigi l'unità LIVE OAK per la preparazione di una risposta militare alle possibili restrizioni imposte dai Russi sull'accesso degli alleati a Berlino. Il generale Lauris Norstad fu il primo "comandante LIVE OAK", in aggiunta a quelli di comandante in capo delle forze statunitensi NATO in Europa, e a quello comandante supremo delle forze alleate in Europa (SACEUR)[11].

Per fermare l'esodo delle persone della Germania Est iniziò la costruzione di un muro attorno ai tre settori occidentali, nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961 a Berlino Est.

Il 13 agosto 1961, mentre gli orientali iniziano la costruzione del muro, le truppe del Kampfgruppen presidiano la linea di confine

Inizialmente questo consisteva di filo spinato, ma già il 15 agosto iniziarono ad essere utilizzati gli elementi prefabbricati di cemento e pietra destinati a formare la prima generazione di un vero e proprio muro. Il muro divideva fisicamente la città; quando circondò completamente Berlino Ovest, trasformò in pratica i settori occidentali in un'isola rinchiusa entro i territori orientali.

« Nessuno ha intenzione di costruire un muro. »
(15 giugno 1961, Walter Ulbricht capo di Stato della DDR e Segretario del Partito Socialista Unitario della Germania)
Mappa del muro di Berlino con le aree d'occupazione

La Germania Est sostenne che si trattava di un "muro di protezione antifascista" inteso ad evitare un'aggressione dall'Ovest. Fu chiaro sin dall'inizio che questa giustificazione serviva come copertura per il fatto che ai cittadini della Germania Est doveva essere impedito di entrare a Berlino Ovest e di conseguenza nella Germania Ovest (la Germania Est non controllava completamente il traffico tra Berlino Ovest e il resto della Germania Ovest). In effetti la DDR soffriva di una fuga in massa di professionisti e lavoratori specializzati che si spostavano all'ovest, per non parlare delle diserzioni dall'esercito. Con la costruzione del muro le emigrazioni passarono da 2,5 milioni tra il 1949 e il 1962 a cinquemila tra il 1962 e il 1989. Dal punto di vista propagandistico la costruzione del muro fu un disastro per la DDR e, in generale, per tutto il blocco comunista; divenne infatti un simbolo della tirannia comunista, specialmente dopo le uccisioni di chi aspirava alla libertà sotto gli occhi dei media.

Il muro era lungo più di 155 km. Dopo la costruzione iniziale, venne regolarmente migliorato. Nel giugno 1962 venne costruito un secondo muro all'interno della frontiera destinato a rendere più difficile la fuga verso la Germania Ovest: fu così creata la cosiddetta "striscia della morte". In seguito il primo muro fu abbattuto e oggi è difficile riconoscere parti di quel muro. Nel 1965 si diede inizio alla costruzione della terza generazione del muro che avrebbe soppiantato le precedenti. Era composto da lastre di cemento armato collegate da montanti di acciaio e coperti da un tubo di cemento. Il "muro di quarta generazione", iniziato nel 1975, era in cemento armato rinforzato, alto 3,6 metri e composto di 45 000 sezioni separate, di 1,5 metri di larghezza, più semplici da assemblare rispetto al muro di terza generazione, per un costo di 16.155.000 marchi della Germania Est. Per fare un confronto, un panino al tempo costava 1,04 marchi della Germania Est. A partire dal 1975 il confine era anche protetto nella "striscia della morte" da recinzioni, 105,5 km di fossato anticarro, 302 torri di guardia con cecchini armati, 20 bunker e una strada illuminata per il pattugliamento lunga 177 km.[12]

Inizialmente c'era solo un punto di attraversamento per gli stranieri e i turisti, in Friedrichstraße; le potenze occidentali avevano altri due posti di blocco, a Helmstedt sul confine tra Germania Est e Ovest e a Dreilinden sul confine sud di Berlino Ovest. Per i berlinesi erano inizialmente disponibili 13 punti di attraversamento, 9 tra le due parti della città e 4 tra Berlino Ovest e la DDR; in seguito, con un atto simbolico, l'attraversamento della porta di Brandeburgo fu chiuso. I posti di blocco vennero battezzati con i nomi fonetici: Alpha (Helmstedt), Bravo (ancora visibile a Dreilinden sulla A9 appena usciti da Berlino), e Charlie (Friedrichstraße).

Tentativi di fuga verso Ovest[modifica | modifica wikitesto]

Il muro di Berlino nel 1988, è visibile una torre di guardia nel settore orientale
Il muro di Berlino e la "striscia della morte" in Bethaniendamm, fotografia del 1986, si intravede una squadra di pionieri che ripulisce la striscia da rifiuti gettati oltre il muro

Durante il periodo di esistenza del muro vi furono circa 5000 tentativi di fuga coronati da successo verso Berlino Ovest. Nello stesso periodo varie fonti indicano in un numero compreso tra 192 e 239 i cittadini della Germania Est uccisi dalle guardie mentre tentavano di raggiungere l'ovest e molti altri feriti.[13][14]

« Se dovete sparare, fate in modo che la persona in questione non vada via ma rimanga con noi »
(28 aprile 1989, Erich Mielke Ministro per la Sicurezza della DDR)

Finché il muro non fu completamente edificato e fortificato, i tentativi di fuga furono messi in atto da principio con tecniche casalinghe, come passare con una macchina sportiva molto bassa sotto le barricate o gettandosi dalla finestra di un appartamento prospiciente il confine sperando di "atterrare" dalla parte giusta. Con il tempo le tecniche di fuga si evolsero fino a costruire lunghe gallerie, scivolare lungo i cavi elettrici tra pilone e pilone o utilizzando aerei ultraleggeri.

La prima persona a pagare con la vita il suo tentativo di fuggire fu Ida Siekmann che il 22 agosto del 1961 aveva tentato di salvarsi, saltando dal suo appartamento nella Bernauer Straße. L'ultimo morto fu Winfried Freudenberg, morto l'8 marzo del 1989; aveva intrapreso una fuga spettacolare con una mongolfiera autocostruita, caduta poi sopra il territorio di Berlino Ovest. Sovente vengono nominati Günter Litfin come prima vittima del Muro e Chris Gueffroy come ultima; in realtà erano il primo e l'ultimo uccisi a colpi di armi da fuoco dai soldati di confine. Chris Gueffroy venne ucciso il 6 febbraio 1989 mentre cercava di scavalcare il muro presso Nobelstraße. Aveva poco più di vent'anni, era nato il 21 giugno 1968: una croce lo ricorda, insieme a tante altre, in piazza 14 marzo alle spalle della porta di Brandeburgo.

Prevalgono, tra i morti del Muro, gli uomini, in particolare quelli piuttosto giovani. Ma tra i casi noti sono ricordati anche Olga Segler, morta all'età di 80 anni, la diciottenne Marienetta Jirkowsky (25 agosto 1962 – 22 novembre 1980), uccisa con 27 colpi[15], altre donne di diverse età, nonché i bambini Lothar Schleusener (di 13 anni) e Jörg Hartmann, di dieci anni - uccisi entrambi, a colpi di arma da fuoco dai soldati di confine, nel tentativo di fuga intrapreso insieme - Cengaver Katranci, di nove anni, Giuseppe Savoca, di sei anni, Siegfried Krobot, di cinque anni, Cetin Mert, morto il giorno del suo quinto compleanno, e Holger H. che aveva 18 mesi.

Uno dei più noti tentativi falliti fu quello del diciottenne Peter Fechter, prima ferito da proiettili sparati dalle guardie di confine della DDR il 17 agosto 1962 e poi lasciato morire dissanguato nella cosiddetta striscia della morte, il tutto davanti all'occhio dei media occidentali.

Tra i fuggitivi si contano anche molti soldati addetti allo stesso Muro di Berlino - nota in tutto il mondo è la foto del giovane Conrad Schumann che salta sopra il filo spinato alla Bernauer Straße. Anche tra le vittime del Muro risultano soldati e poliziotti della DDR, come il giovane Burkhard Niering, ucciso nel 1974 in un tentativo di giungere a Berlino Ovest.

Conrad Schumann, riparatosi in Baviera dove trovò impiego come operaio metalmeccanico presso l'industria automobilistica Audi di Ingolstadt, tornò dopo la caduta nella DDR per rivedere famigliari ed ex colleghi ma ebbe accoglienza gelida. Caduto in depressione si uccise impiccandosi nel 1998.

« L'obiettivo del muro: evitare che il popolo della Germania socialista potesse scappare nel mondo normale. Il muro fu costantemente perfezionato e rinforzato, trasformato da un normale muro in un sistema insormontabile di ostacoli, trappole, segnali elaborati, bunker, torri di guardia, tetraedri anti carro e armi a sparo automatico che uccidevano i fuggitivi senza bisogno di intervento da parte delle guardie di confine.
Ma più lavoro, ingegnosità, denaro e acciaio i comunisti mettevano per migliorare il muro, più chiaro diventava un concetto: gli esseri umani possono essere mantenuti in una società comunista solo con costruzioni impenetrabili, filo spinato, cani e sparandogli alle spalle. Il muro significava che il sistema che i comunisti avevano costruito non attraeva ma repelleva.
 »
(Viktor Suvorov, L'ombra della Vittoria capitolo 7)

Anche fughe dall'Ovest all'Est[modifica | modifica wikitesto]

Il famoso cartello: "State lasciando il settore americano".

Si sono verificate anche "violazioni di frontiera" al contrario, da Ovest verso Est.

Negli anni settanta un berlinese dell'Ovest scavalcò cinque volte il Muro in direzione Est, e fu conseguentemente arrestato in ogni occasione. Durante l'interrogatorio, alla consueta domanda sul perché non usufruisse dei passaggi di frontiera, lui rispondeva regolarmente che abitando lui a Kreuzberg e i suoi conoscenti proprio di fronte, la via più breve era semplicemente quella più diretta. A questa logica le guardie di frontiera non trovavano nulla da ridire e il "violatore" della frontiera veniva rimandato a Ovest. Fino alla volta successiva.[16]

Per alcuni di questi "scavalcatori" il Muro era un oltraggio personale o una sfida sportiva. Come il diciottenne Rainer W. che all'inizio degli anni settanta scavalcò gli sbarramenti a Potsdam-Babelsberg in direzione Est. Mentre i politici occidentali lavoravano per ottenere una maggiore penetrabilità del muro, alcuni contestatori ribelli dell'epoca avevano dichiarato la loro personale guerra al mostro.[16]

Tra i più sfrontati c'era sicuramente John Runnings che nel 1986/87 attaccò diverse volte il muro. Nell'estate del 1986 arrivò a Berlino e scavalcò il muro con una scala. Né i poliziotti di frontiera dell'Ovest né le guardie dell'Est riuscirono a convincerlo ad abbandonare l'impresa di camminare in equilibrio sul muro per circa 500 metri, tra Potsdamer Platz e la zona vicina al Checkpoint "Charlie", osservato da numerosi presenti che incitando lo applaudivano. Alla fine le truppe della DDR lo indussero a scendere e lo presero in custodia. Per evitare ulteriore scalpore e imbarazzi diplomatici le autorità lo rimandarono nell'Ovest dopo un breve interrogatorio. Runnings però non si lasciò intimidire e pochi giorni dopo iniziò un'altra azione, durante la quale si sedette a cavalcioni sul muro e lo prese simbolicamente a martellate. Venne immediatamente arrestato dalle truppe della DDR e alcuni giorni dopo rimandato all'Ovest. La sua terza "passeggiata" gli costò 53 ore di prigione nella DDR.[16]

Il Muro e la Striscia della Morte, in parte originali, in parte ricostruiti, di fronte al Centro di Documentazione nella Bernauerstraße

Il triangolo di Lenné[modifica | modifica wikitesto]

Nel marzo del 1988 Berlino Est e il Senato di Berlino Ovest si accordarono su uno scambio di terreni in seguito al quale il triangolo di Lenné sarebbe diventato territorio di Berlino Ovest. Finché però l'accordo non entrò in vigore questa area rimase extraterritoriale e venne quindi sfruttata da giovani "autonomi" di Kreuzberg (tacitamente tollerati da Berlino Est) che eressero un villaggio di baracche, battezzandolo con il nome di "Kubat-Dreieck", in occasione del 1º anniversario della morte del manifestante Norbert Kubat, suicidatosi in cella dopo essere arrestato, per protestare contro alcune misure edilizie del Senato di Berlino Ovest. Nelle settimane successive i berlinesi assistettero al gioco del gatto col topo tra poliziotti e occupanti delle baracche che, dopo ogni scontro, si rifugiavano regolarmente nel triangolo di Lenné, dove la polizia occidentale non aveva accesso. Una delle particolarità topografiche create dal muro era che in alcuni punti rossi non si trovava esattamente sulla linea di demarcazione del confine. A volte la frontiera si trovava 1-2 metri davanti al muro, in alcuni punti anche molto di più.

Proprio in mezzo alla città a Potsdamerplatz c'erano circa 4 ettari di terreno compresi tra Lenné, Bellevue e la Ebertstrasse, il triangolo di Lenné appunto, che apparteneva a Berlino Est ma che si trovava al di fuori del muro. La mattina del 1º luglio 1988 le guardie di frontiera dell'area della Potsdamer Platz si trovarono di fronte a una "sfida" molto speciale, una "fuga di massa" nell'Est. Più di 200 punk berlinesi dell'Ovest, abitanti della baraccopoli del cosiddetto triangolo Lenné, scapparono in direzione di Berlino Est per sfuggire ad una carica dei poliziotti occidentali. Puntuali, all'entrata in vigore dell'accordo sullo scambio dei territori, circa 900 poliziotti occidentali si diressero al triangolo Lenné caricando con gas lacrimogeni. Gli occupanti si sottrassero all'arresto saltando il muro in direzione Est. Per le truppe di frontiera della DDR non fu un evento inatteso e accolsero i "violatori di frontiera". I punk vennero trasportati in luogo di ristoro e dopo una colazione e il controllo dei documenti vennero rimandati a Ovest attraverso diversi passaggi di frontiera.

Uno slogan popolare sul Muro vicino alla East Side Gallery: "Niente più guerre. Niente più muri. Un mondo unito"

La caduta del muro[modifica | modifica wikitesto]

Muro di Berlino (16 novembre 1989)

Il 23 agosto 1989 l'Ungheria rimosse le sue restrizioni al confine con l'Austria e a partire dall'11 settembre 1989 più di 13 000 tedeschi dell'Est scapparono verso l'Ungheria; all'annuncio che non sarebbe stato consentito di attraversare la Cortina di ferro ai cittadini non ungheresi, i profughi inondarono le ambasciate tedesco-occidentali a Budapest e Praga[17]. Dopo giorni di sconcerto e l'arrivo del ministro degli esteri di Bonn Hans-Dietrich Genscher, con la mediazione di questi si ottenne che i profughi arrivassero in Occidente, ma con l'obbligo di riattraversare inizialmente la frontiera tedesco-orientale. La scelta si rivelò un boomerang fatale per l'immagine stessa della Germania comunista[18]: i treni contenenti i rimpatriati attraversarono senza fermarsi le stazioni tedesco-orientali, tra lo sconcerto dei concittadini[19].

Le dimostrazioni di massa contro il governo della Germania Est iniziarono al passaggio dei primi treni provenienti dall'Ungheria e dalla Cecoslovacchia, nell'autunno del 1989. Il leader della DDR Erich Honecker si dimise il 18 ottobre e venne sostituito pochi giorni dopo da Egon Krenz. Honecker aveva predetto nel gennaio dello stesso anno che l'esistenza del muro sarebbe stata assicurata per altri cent'anni. Era invece l'inizio della fine. Il nuovo governo di Krenz decise di concedere ai cittadini dell'Est permessi per viaggiare nella Germania dell'Ovest. Günter Schabowski, il ministro della Propaganda della DDR, ebbe il compito di dare la notizia; però egli si trovava in vacanza prima che venisse presa questa decisione e non venne a conoscenza dei dettagli delle nuove "regole di viaggio".

Il 9 novembre 1989, durante una conferenza stampa convocata per le 18, gli fu recapitata la notizia che il Politburo della SED aveva deciso che tutti i berlinesi dell'Est avrebbero potuto attraversare il confine con un appropriato permesso, ma non gli furono date informazioni su come trasmettere la notizia. Dato che il provvedimento era stato preso poche ore prima della conferenza, esso avrebbe dovuto entrare in vigore nei giorni successivi, dando così il tempo di dare la notizia alle guardie di confine e regolamentare la procedura di concessione dei permessi. Alle 18,53 il corrispondente ANSA da Berlino Est, Riccardo Ehrman, chiese[20] da quando le nuove «Reiseregelungen» ("regole di viaggio") sarebbero entrate in vigore[21]. Schabowski cercò inutilmente una risposta nella velina del Politburo, ma, non avendo un'idea precisa, azzardò:

« Per accontentare i nostri alleati, è stata presa la decisione di aprire i posti di blocco. (...) Se sono stato informato correttamente quest'ordine diventa efficace immediatamente. »
(9 novembre 1989, Günter Schabowski, Membro del Politburo del Partito Socialista Unitario della Germania e Ministro della Propaganda della DDR)

Decine di migliaia di berlinesi dell'Est, avendo visto l'annuncio di Schabowski in diretta alla televisione, si precipitarono, inondando le GÜSt e chiedendo di entrare in Berlino Ovest. Le guardie di confine, sorprese, iniziarono a tempestare di telefonate i loro superiori, ma era ormai chiaro che, laddove non vi era stato adempimento spontaneo all'annuncio pervenuto via etere[22], non era più possibile rimandare indietro tale enorme folla vista la mancanza di equipaggiamenti atti a sedare un movimento di tali proporzioni.

Furono allora costretti ad aprire i posti di blocco e, visto il gran numero di berlinesi, nessun controllo sull'identità fu eseguito. Gli estasiati berlinesi dell'Est furono accolti in maniera festosa dai loro fratelli dell'Ovest, spontaneamente i bar vicini al muro iniziarono a offrire birra gratis per tutti. Il 9 novembre è quindi considerata la data della caduta del Muro festeggiata l'anno seguente, il 21 luglio 1990 con il mega concerto di Roger Waters (ex bassista dei Pink Floyd) con l'esecuzione di The Wall dal vivo.

Nei giorni e settimane successive molte persone accorsero al muro per abbatterlo e staccarne dei souvenir: queste persone furono chiamate Mauerspechte (in tedesco significa letteralmente "picchi del muro"). Il 18 marzo 1990 furono tenute le prime e uniche libere elezioni della storia della Repubblica Democratica Tedesca; esse produssero un governo il cui principale mandato era quello di negoziare la fine stessa dello Stato che rappresentavano.

La Germania fu ufficialmente riunificata il 3 ottobre 1990 (questa è la data designata per il "Giorno della riunificazione"), quando i cinque Länder già esistenti nel territorio della Repubblica democratica tedesca ma aboliti e trasformati in province (Brandeburgo, Meclemburgo-Pomerania Occidentale, Sassonia, Sassonia-Anhalt e Turingia) si ricostituirono e aderirono formalmente alla Repubblica federale tedesca (Germania ovest).

Dal momento in cui i nuovi cinque Länder entrarono nella Repubblica Federale, in conformità all'articolo 23 attivo in quegli anni, l'area di applicazione del Grundgesetz (Legge fondamentale) fu semplicemente ampliata includendoli. L'alternativa sarebbe stata di aderire all'unione formalmente, in vista della scrittura di una nuova costituzione per la Germania unificata. Delle due scelte quella adottata fu obiettivamente la più semplice, quella consentita dal trattato 4+2 (con cui le ex potenze occupanti abbandonarono i diritti conquistati con la vittoria sul nazismo e la conferenza di Potsdam), ma anche quella criticata da parte della dottrina giuridica[23] e della storiografia[24]: si sarebbe trattato di una soluzione istituzionale in virtù della quale vennero confermati i timori[25] secondo cui i tedeschi dell'est non sarebbero stati riunificati ma semplicemente "annessi" alla Germania Ovest.

Secondo la dottrina del diritto internazionale in materia di successione tra stati, la sopravvivenza della costituzione, delle istituzioni, e dei trattati internazionali (per esempio l'adesione alla NATO e alla CEE) della Germania Ovest, e la loro estensione al territorio dell'ex Germania Est, rendono la riunificazione tedesca un'"incorporazione" di quest'ultima da parte della prima.[26] È bene ricordare peraltro che nella Repubblica federale tedesca era stata adottata nel 1949 una Grundgesetz (Legge fondamentale) e non formalmente una "Costituzione", proprio a significare che di Costituzione si sarebbe potuto parlare solo in una Germania unita.

L'impatto e i risvolti sociali del muro[modifica | modifica wikitesto]

Ricordo dei caduti nella "striscia della morte". La prima croce a sinistra è in ricordo di Peter Fechter

Non molto è rimasto oggi del Muro di Berlino; l'abbattimento ufficiale iniziò il 13 giugno 1990 nella Bernauer Straße ad opera di 300 guardie di frontiera della DDR, per poi essere terminato da 600 soldati dell'esercito tedesco utilizzando 13 bulldozer, 55 ruspe, 65 gru e 175 camion. A novembre dello stesso anno l'intero muro all'interno della città era stato abbattuto ad eccezione di 6 punti che furono mantenuti come monumento. I blocchi di cemento furono distrutti ed utilizzati per la costruzione di strade. 250 di questi blocchi furono messi all'asta a prezzi oscillanti tra 10 000 e 250 000 marchi tedeschi. Il muro è stato fisicamente distrutto quasi ovunque, ad eccezione di alcuni punti. I più visitati dai turisti sono: una sezione di 80 metri vicino a Potsdamer Platz, una seconda, la più lunga, sulla riva della Sprea, vicino all'Oberbaumbrücke (L'East Side Gallery) ed una terza a nord in Bernauer Straße, che è stata trasformata in un memoriale nel 1999. Il centro di documentazione del muro[27] offre interessantissime guide in italiano, che spiegano in dettaglio il sistema di frontiera.

In altri punti della città è possibile invece trovare parti di muro semplice, note per i loro graffiti. Qui, le parti rimaste non rappresentano interamente l'aspetto originale del muro: sono state pesantemente danneggiate (perché in molti tentarono di prendersi come ricordo dei pezzi originali del Muro di Berlino), e gli odierni graffiti sono più visibili sul lato orientale del muro, in particolare la famosa East Side Gallery in Mühlenstraße lunga più di 1 km, che non era ovviamente raggiungibile quando il muro era sorvegliato dalle guardie pesantemente armate della Germania Est. In origine, infatti, i graffiti erano solo sul lato occidentale.

Il Muro di Berlino ebbe ovviamente un forte impatto emotivo, sociale e culturale, non solo sui cittadini di Berlino o della Germania, ma anche nel resto del mondo. Al momento della sua erezione il muro separò, apparentemente per sempre, famiglie e amicizie, lasciando entrambe le metà della città, dopo l'incredulità iniziale, nello sconforto e nella disperazione.

Divenne una delle rappresentazioni fisiche della Cortina di Ferro che separava in due l'Europa durante la Guerra Fredda.

Kennedy in visita a Berlino (26 giugno 1963)
Il discorso di Kennedy

Durante la sua visita a Berlino del 26 giugno 1963, il presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy tenne un discorso pubblico che sarebbe divenuto uno dei momenti simbolo della Guerra Fredda:

« Ci sono molte persone al mondo che non comprendono, o non sanno, quale sia il grande problema tra il mondo libero e il mondo comunista. Fateli venire a Berlino! Ci sono alcuni che dicono che il comunismo è l'onda del futuro. Fateli venire a Berlino! Ci sono alcuni che dicono che, in Europa e da altre parti, possiamo lavorare con i comunisti. Fateli venire a Berlino! E ci sono anche quei pochi che dicono che è vero che il comunismo è un sistema maligno, ma ci permette di fare progressi economici. Lasst sie nach Berlin kommen! Fateli venire a Berlino! [..] Tutti gli uomini liberi, ovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso di dire: Ich bin ein Berliner! (sono un Berlinese, NdT). »

A partire dagli anni ottanta, alcuni artisti famosi come Keith Haring e Thierry Noir iniziarono a dipingere il lato del muro che dava su Berlino Ovest, in seguito migliaia di artisti, conosciuti e sconosciuti, utilizzarono il muro per i loro progetti artistici. Il muro si coprì quasi interamente di murales, dalle semplici scritte a disegni molto elaborati e ben eseguiti, alcuni dei quali si guadagnarono una certa notorietà, come quello che raffigurava una Trabant bianca che sfonda il muro o quello in cui si vedeva Erich Honecker baciare sulla bocca il segretario del PCUS Leonid Brežnev. La East Side Gallery, lunga più di 1 km, che fu pitturata subito dopo il crollo del muro, è stata definita la più grande galleria di pittura all'aria aperta del mondo.

Solo pochi dei murales hanno resistito al tempo e ai turisti che continuano a scrivere i loro nomi sul muro. La città di Berlino, a corto di fondi, ha investito pochissimo nel restauro del muro e nel 2000 solo alcuni dei dipinti furono restaurati e protetti dai vandali. Malgrado siano protette dalle leggi sulla tutela dei monumenti, non è chiaro quale sia il destino di queste parti del muro. Nei giorni della caduta, il grande violoncellista Rostropovic (privato, anni prima, della cittadinanza sovietica) improvvisò un concerto davanti al muro; l'evento, ripreso dalle telecamere di tutto il mondo, viene considerato il requiem per il muro e la Guerra Fredda.

Il muro divideva 192 strade (97 tra le due parti della città e 95 tra Berlino Ovest e la DDR), 32 linee di tram, 8 linee di metropolitana di superficie (S-Bahn), 3 linee di metropolitana sotterranea (U-Bahn), 3 autostrade e numerosi fiumi e laghi. La caduta del muro cambiò considerevolmente i flussi di traffico della città, e la M-Bahn, un sistema a levitazione magnetica che connetteva 3 fermate della metropolitana lungo 1,6 chilometri, venne smantellata solo pochi mesi dopo la sua apertura ufficiale nel luglio 1991.

Il Muro nella letteratura[modifica | modifica wikitesto]

Lo scandalo del Muro di Berlino ha avuto qualche eco in ambito letterario coinvolgendo anche la letteratura italiana, sia con racconti riferiti a episodi realmente accaduti, sia con narrazioni dove la realtà appare trasfigurata dalla immaginazione. La prima categoria è rappresentata, ad esempio, da Il tunnel della libertà di Ellen Sesta. Vi si descrive l'impresa compiuta nel 1961 da due studenti italiani che riuscirono a beffare i vopos di guardia al muro, scavando e percorrendo una galleria lunga 165 metri.[28] La seconda tipologia narrativa prende ugualmente spunto dalla drammatica realtà storica del muro, come ad esempio avviene nel racconto Il muro di cioccolato di Giuseppe Iadanza, però la utilizza come sfondo di una storia immaginaria.[29]

Pezzo della Hinterlandmauer, ancora in piedi nel Mauerpark

Da parte tedesca, il saggista e poeta Renatus Deckert, nato a Dresda ma berlinese d'adozione, ha curato una raccolta di racconti di taglio sia memorialistico sia di fiction, dal titolo Die Nacht, in der die Mauer fiel (trad. italiana "La notte in cui cadde il muro"); ventiquattro autori tedeschi (più uno austriaco) parlano del significato di questa data per la Germania con riflessioni e racconti di tipo personale e collettivo. È significativa la presenza mista di autori sia dell'Ovest sia dell'Est.

Giorno della libertà[modifica | modifica wikitesto]

Il parlamento italiano, con la legge n. 61 del 15 aprile 2005[30], ha dichiarato il 9 novembre "Giorno della libertà", quale ricorrenza dell'abbattimento del muro di Berlino, evento simbolo per la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo. In occasione del Giorno della libertà, vengono annualmente organizzate cerimonie commemorative ufficiali e momenti di approfondimento nelle scuole che illustrino il valore della democrazia e della libertà, evidenziando obiettivamente gli effetti nefasti dei totalitarismi passati e presenti.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Termine coniato nel 1961 da Horst Sindermann; cfr. Domenico Mugnolo. Gut, vernünftig und sittlich?, tratto da Scrittori a Berlino nel Novecento, curato da Giulia Cantarutti. Ed. Pàtron, 2000. ISBN 978-88-555-2558-9. pag.141
  2. ^ Maria Serena Natale, «In tram per vedere l'Est quando cadde il Muro», Corriere della Sera, 2-11-2009.
  3. ^ (DE) Christian Jung. Geschichte der Verlierer: historische Selbstreflexion von hochrangigen Mitgliedern der SED nach 1989, ed. Winter, 2007. ISBN 978-3-8253-5308-7. pag.100
  4. ^ (DE) Eingemauert: Der „antifaschistische Schutzwall“ 1961 und seine Folgen für die Literatur.
  5. ^ (DE) Manfred Weissbecker, Kurt Pätzold, Reinhard Kühnl. Rassismus, Faschismus, Antifaschismus. Ed. PapyRossa Verlag, 2000. ISBN 978-3-89438-199-8. pag.286
  6. ^ Freedom! - TIME
  7. ^ Researchers Confirm 125 Berlin Wall Deaths | Germany | Deutsche Welle | 09.08.2006
  8. ^ (DE) Hildebrandt: Historiker arbeiten im PDS-Auftrag Berliner Zeitung, 11 agosto 2006.
  9. ^ (EN) Goethe-Institut - German-German History
  10. ^ (EN) NATO Declaration on Berlin of the North Atlantic Council, December 16, 1958, Last updated: 03/07/2015 (PDF), cvce.eu.
  11. ^ Dr. Gregory W. Pedlow ,NATO and the Berlin Crisis of 1961: Facing the Soviets While Maintaining Unity, nel libro Allied Crisis Management for Berlin: The LIVE OAK Organization, 1959‑1963, Historical Office Supreme Headquarters Allied Powers Europe
  12. ^ Numeri e fatti - Berlin.de
  13. ^ (EN) http://www.dailysoft.com/berlinwall/history/facts_01.htm
  14. ^ (EN) http://www.die-berliner-mauer.de/en/fakten.html
  15. ^ (DE) Rapporto della Stasi sul tentativo di fuga, con fotografie, disponibile come file pdf sul server per l'istruzione della regione federale Brandeburgo
  16. ^ a b c Thomas Flemming, Hagen Koch, The Berlin Wall: Division of a City, be.bra verlag, ISBN 978-3-8393-0118-0.
  17. ^ Flavia Forandini Domenicale Sole 24ore del 26/10/2014
  18. ^ Flavia Forandini, Estate '89: breccia nella cortina di ferro, in Domenicale del Sole 24Ore, 26 ottobre 2014.
  19. ^ Va rilevato che, anche per la storiografia comunista, il "vagone piombato" ha una forte capacità evocativa, che non poté sfuggire alle generazioni di giovani educati alla storia della rivoluzione russa: fu infatti un treno del genere che portò Lenin dalla Svizzera a San Pietroburgo nel 1917, con consenso del governo del Kaiser (che però pretese che l'inoculazione del germe comunista nel corpo dell'impero zarista in disfacimento non contagiasse la Germania, appunto con la modalità del treno cui è inibito fermarsi nelle tappe intermedie).
  20. ^ Edotto del fatto che vi erano sviluppi grazie ad una sua fonte interna al partito tedesco-orientale: cfr. Riccardo, l'italiano che ha fatto cadere il muro di Berlino, pubblicato il 1º novembre 2009 nella sezione Il Fatto, consultabile su http://www.lucatelese.it/?p=1217.
  21. ^ Testimonianza di Riccardo Ehrman durante la trasmissione Ulisse del 17-10-2009, Rai3
  22. ^ Harald Jäger, l'ufficiale che presiedeva uno dei varchi più importanti di Bornholmer Straße, ha raccontato che apprese tutto dalla tv. E che dopo aver sentito il botta e risposta tra Ehrman e Schabowski ordinò: ‘Su la sbarra'": cfr. ((http://www.lucatelese.it/?p=1217)).
  23. ^ The Imperfect Union: Constitutional Structures of German Unification by Peter E. Quint
  24. ^ Mathias ReimannTakeover: German Reunification under a Magnifying Glass, in Michigan Law Review, Vol. 96, No. 6, 1998, pp. 1988-1999.
  25. ^ Alberto Asor Rosa, "Rinascita", 1º aprile 1990, "Germania prima e dopo": «.. prende consistenza politica la speranza di una svolta, di una affermazione incalzante della sinistra; la prevista vittoria elettorale all'Est della nuova SPD, adottata da Willy Brandt e diretta da Ibrahim Boehme, alle imminenti elezioni del 18 marzo, può anche realisticamente favorire in Germania Federale Lafontaine. L'idea di un'annessione tramite l'articolo 23 della Costituzione della Germania Federale significa il declassamento della Germania Est a agglomerato di regioni, che confluirebbero nella Germania Federale». Mario Telò, "l'Unità", 4 marzo 1990: «È dubbio che le cose vadano effettivamente così. I tre partiti "conservatori e cristiani" dell'Est non hanno molte chance di vincere le elezioni e andare al governo, almeno da soli. E gli altri partiti della RDT, a cominciare dalla SPD, non apprezzano affatto lo scenario dell'articolo 23.»
  26. ^ Benedetto Conforti, Diritto Internazionale, 7ª ed., Editoriale scientifica, ISBN 88-89373-97-0. pp. 113-114.
  27. ^ http://www.berliner-mauer-gedenkstaette.de/de/ Centro di documentazione sul Muro di Berlino
  28. ^ Ellen Sesta, Il tunnel della libertà, Garzanti, Milano 2002, pp.213.
  29. ^ Giuseppe Iadanza, Il muro di cioccolato, in Voli segreti, Roma 2010, pp. 15-30
  30. ^ Istituzione del "Giorno della libertà" in data 9 novembre in ricordo dell'abbattimento del muro di Berlino - Parlamento Italiano, legge n. 61 del 15 aprile 2005, G.U. n. 95 del 26 aprile 2005.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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  • Banchelli, Eva: Taste the East: Linguaggi e forme dell'Ostalgie, Sestante Edizioni, Bergamo 2006, ISBN 88-87445-92-3.
  • Bisin, Carlo: Berlino 60, storie di qua e di là del muro
  • Bernocchi, Piero: Oltre il muro di Berlino. Le ragioni della rivolta in Germania Est, Massari (collana: Controcorrente, Volume: 3), 1990, ISBN 88-85378-09-9.
  • Bertini, Fabio - Missiroli, Antonio: La Germania divisa, Giunti Editore, Milano 1994, ISBN 88-09-20351-8.
  • Bertsch, Georg C. - Ulrich, Ralf: DDR design (1949-1989). Ediz. italiana, spagnola e portoghese, Taschen, 2004, ISBN 3-8228-3217-0.
  • Carrara, Geremia: Immagini di un'immagine. La rappresentazione della Repubblica Democratica tedesca dallo stereotipo all'utopia nel cinema dell'Ostalgie.
  • Falanga, Gianluca: Non si può dividere il cielo. Storie dal muro di Berlino, Carocci editore, Roma 2009, ISBN 978-88-430-5060-4.
  • Gruber, Lilli - Borella, Paolo: Quei giorni a Berlino. Il crollo del Muro, l'agonia della Germania Est, il sogno della riunificazione: diario di una stagione che ha cambiato l'Europa, RAI-ERI (collana: Antenne, Volume: 3), Roma 1990, ISBN 88-397-0594-5.
  • Knopp, Guido: Goodbye DDR. La storia, la politica e la vita nella Germania dell'Est prima della caduta del muro di Berlino, Hobby & Work Publishing, 2006, ISBN 88-7851-345-8.
  • Luigi Lusenti - "State lasciando il settore americano", Comedit2000, Milano 2004
  • Maier, Charles S.: Il crollo. La crisi del comunismo e la fine della Germania est, Il Mulino (collana Biblioteca storica), 1999, ISBN 88-15-07212-8.
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  • Radice, Francesco: Il muro di Berlino, Sistema Editoriale SE-NO, Roma 2001, ISBN 88-88293-01-9.
  • Sesta, Ellen: Il tunnel della libertà. 123 metri sotto il Muro di Berlino: la straordinaria avventura di due italiani a Berlino nel 1961, Garzanti Libri, ISBN 88-11-74029-0.
  • Zoratto, Bruno: Gestapo rossa. Italiani nelle prigioni della Germania dell'Est, SugarCo (Collana: Testimonianze), Milano 1992, ISBN 88-7198-128-6.
  • Tacconi, Matteo: C'era una volta il Muro. Viaggio nell'Europa ex-comunista, Castelvecchi Roma 2009, ISBN 978-88-7615-339-6.
  • Numero monografico della rivista "Ricerche di Storia Politica": Vent'anni dopo: il muro di Berlino, XII, 3/2009, ISBN 978-88-15-13022-8.
  • Fiandra Emilia (a cura di), C'era una volta il muro. A vent'anni dalla "svolta" tedesca, Artemide, Roma 2011, ISBN 978-88-7575-134-0.
  • Iadanza, Giuseppe, Il muro di cioccolato in Voli segreti, Albatros, Roma 2010, ISBN 978-88-567-3208-5.

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