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Ruhollah Khomeyni

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Ruhollāh Mostafavī Mōsavī Khomeyní

روح الله مصطفوی موسوی خمینی

Portrait of Ruhollah Khomeini By Mohammad Sayyad.jpg

Guida Suprema dell'Iran
Durata mandato 1º febbraio 1979 –
3 giugno 1989
Predecessore carica creata
Successore Ali Khamenei

Dati generali
Partito politico Partito Repubblicano Islamico (1979-1987)

Ruḥollāh Moṣṭafāvī Mōsavī Khomeynī (persiano: روح الله مصطفوی موسوی خمینی‎‎; Khomeyn, 24 settembre 1902Teheran, 3 giugno 1989) è stato un politico e religioso iraniano.

Fu un Grande ayatollah (Āyatollāh al-ʿUẓma), capo spirituale e politico del suo Paese dal 1979 al 1989. Il suo governo fu ispirato alla religione islamica secondo un'ottica sciita duodecimana, e fu impostato in ossequio a uno stretto approccio fondamentalista.
Il regime da lui instaurato inaugurò in Iran una linea di potere che fu definita, in maniera approssimativa, "teocratica",[1] e che sopravvive tuttora.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

La data di nascita di Ruhollāh Mostafavī Mōsavī Khomeyní è assai dibattuta: secondo i più l'anno di nascita sarebbe stato il 1902[2] (il 21, 22, 23 o 24 settembre), ma alcuni parlano del mese di aprile e altri indicano addirittura il 1900. Nacque da una famiglia di modeste condizioni, originaria di Nishapur, che per alcune generazioni aveva fornito imam alla città indiana di Lucknow.

Il padre, Sayyid Mostafavī, detto appunto Hindi (Indiano) per la sua provenienza, era imām e modesto proprietario terriero. Khomeyni rimase orfano di padre sei mesi dopo la nascita, perché Sayyid Mostafavī fu ucciso per aver preso le difese dei contadini più poveri contro gli oligarchi della zona. La madre Hāgar e la zia morirono nel 1918, lasciandolo solo col fratello maggiore. Dopo aver studiato il Corano e le basi della logica e della retorica grazie al fratello e ai parenti, nel 1920 fu mandato a studiare ad Arak. Da lì seguì a Qom il suo maestro ʿAbd al-Karīm ḤHa'irī.

A Qom, Khomeini si trattenne dal 1923 al 1962 e vi completò gli studi in Sharīʿa, sotto la guida del Grande Ayatollah e Marjaʿ Borūjerdī, affiancandovi quelli di filosofia (Falsafa) e di gnosticismo (ʿIrfān). Ancora giovanissimo fece parte del partito religioso islamico - un'unione di stretti osservanti dell'Islam - più conosciuto come movimento dei Tālebān (pl. di Tāleb, ossia studente di "scienze religiose") - che voleva imporre un governo improntato a costumi tradizionalistici.

Khomeyni da giovane

Quando Reza Pahlavi (1877-1944) divenne scià nel 1925, questa associazione venne messa fuorilegge e Khomeyni fu costretto alla clandestinità. Organizzò insieme ad altri diverse congiure, peraltro fallite, contro lo stesso scià.

L'ascesa di Reza Pahlavi e l'esilio[modifica | modifica wikitesto]

Quando Reza Pahlavi fu deposto, nel 1941, gli succedette come scià il figlio Mohammad Reza Pahlavi (1919-1980), all'epoca appena ventiduenne. Khomeyni vide diminuire l'ostracismo nei suoi confronti, tanto da essere reintegrato nella scala gerarchica religiosa, ascendendo al grado di Ayatollah. Nel 1953 Mohammad Reza Pahlavi assunse i poteri assoluti e riprese l'opera di laicizzazione del paese e di contrasto, già avviato dal padre, dell'impronta religiosa che il "clero" voleva caratterizzasse non superficialmente l'Iran.

Khomeyni fu uno dei principali oppositori di questa politica - che aveva comportato tra l'altro la statalizzazione dei vasti beni waqf (di manomorta) la cui lucrosa amministrazione era per lo più affidata alle cure del "clero" sciita - e organizzò nel 1963 una nuova congiura contro lo scià: complotto che fallì in pieno, costringendo l'Ayatollah all'esilio, dapprima a Bursa, in Turchia, quindi in Iraq (nella prestigiosa storica sede di Najaf) e infine in Francia, a Parigi.

Nel 1963 Khomeyni divenne anch'egli un Marjaʿ, a seguito della morte del suo Maestro, il Grande Ayatollah Sayyid Ḥossein Ṭabāṭabāʾī Borūjerdī.

La presa del potere[modifica | modifica wikitesto]

Khomeyni scende dall'aereo che lo ha riportato in Iran dopo 14 anni di esilio. Viene aiutato a scendere da uno dei piloti dell'Air France.

Mentre in Iran l'opposizione allo scià cresceva, anche a causa della dura repressione governativa (tra il 1970 e il 1978 si calcola siano state incarcerate 100 000 persone, 10 000 torturate e tra le 4.000 e le 5.000 uccise, anche se alcune stime parlano di 7 500[3]), Khomeyni dall'estero fomentò la rivolta in attesa dell'occasione di dar vita a una rivoluzione.

Il 7 gennaio 1978 la rivolta popolare esplose contro Mohammad Reza Pahlavi. Sebbene si fosse mostrato possibilista verso una trattativa, lo scià il 16 gennaio 1979 fu costretto a fuggire dall'Iran mentre Khomeyni, tornato il 1º febbraio da un esilio che durava quasi da sedici anni, poteva instaurare una "repubblica islamica" in Iran, diventandone la guida spirituale anche in virtù della sua riconosciuta qualifica di "Marjaʿ al-taqlīd" (esempio buono e giusto da prendere a modello da parte dei dotti mullah).

Iniziò a questo punto una vera repressione contro i collaboratori del deposto scià: migliaia di essi furono arrestati e fucilati dopo processi sommari; altri furono mandati in esilio o imprigionati e i rimanenti fuggirono dal paese. In pochi mesi si considera siano state fucilate circa 5.000 persone e mandate in esilio altre 10 000[4][5][6]. Khomeyni inoltre vide di buon occhio l'azione dei pāsdāran che, penetrati nell'Ambasciata statunitense a Teheran, avevano preso 54 ostaggi, minacciati di morte qualora gli Stati Uniti, accusati di proteggere Mohammad Reza Pahlavi, non gli avessero consegnato l'ex scià.

Gli USA non si piegarono alla trattativa e tentarono un blitz militare aereo, autorizzato dal Presidente Jimmy Carter, e che sfociò in un clamoroso fallimento. Dopo più di un anno di prigionia gli ostaggi vennero liberati, anche se da allora gli Stati Uniti divennero, per il regime di Khomeyni, "il grande satana del mondo". L'occupazione dell'ambasciata degli Stati Uniti a Teheran potrebbe ricondursi alla paura che si potesse ripetere ciò che era avvenuto nel 1953, anno in cui la CIA con l'assenso dello scià Mohammad Reza Pahlavi, ordiva un complotto (l'Operazione Ajax) per rovesciare il governo democraticamente eletto di Mohammad Mossadeq.

Guida a vita della Rivoluzione[modifica | modifica wikitesto]

Ritratto di Khomeyni presso una moschea

Nel 1979 Khomeyni indisse le elezioni, riservandosi tutti i poteri con la carica di "Guida della Rivoluzione". Fra le prime leggi - di forte stampo moralista - vi furono l'abolizione del divorzio, la proibizione dell'aborto e per le donne l'abbassamento dell'età minima per il matrimonio a 9 anni.[7] Inoltre istituì, sulla scorta della Sharīʿa la pena di morte per l'adulterio, come pure per la bestemmia.

Impose alle donne la copertura costante del volto con un velo, pur concedendo loro una certa indipendenza rispetto a quanto avvenuto in tempi precedenti. Le donne poterono uscire di casa senza il permesso del padre o del marito, ebbero diritto all'istruzione come gli uomini (attualmente in Iran le donne sono spesso più istruite degli uomini [8]), venne incoraggiato il loro lavoro e, malgrado all'inizio avesse l'opposizione del "clero" islamico, rimase loro il diritto di voto, che venne abbassato a 15 anni. Tuttavia, con il regime di Khomeyni le donne continuarono ad avere molti meno diritti rispetto all'uomo, con una accentuazione del dovere di obbedienza al marito. Considerato l'isolamento avuto dal mondo, Khomeyni già nel 1981 mitigò questo rigido moralismo anche per poter conservare rapporti diplomatici con altri paesi.[senza fonte] L'Iran comunque rifiutò ogni rapporto commerciale o politico con gli Stati Uniti.

Nel 1988 lo scrittore indiano Salman Rushdie scrisse il libro "I Versetti Satanici" (in inglese: "The Satanic Verses"), giudicato blasfemo da parte dei regimi islamici fondamentalisti dall'epoca, tra cui l'Iran. La pubblicazione del libro provocò una fatwa di Khomeyni che decretò la condanna a morte in contumacia del suo autore. Rushdie dovette così rifugiarsi in Gran Bretagna per diversi anni nel timore che la sentenza fosse eseguita dai fedeli islamici. Il suo divenne un emblematico caso internazionale dell'intolleranza religiosa. Anche chi ebbe a che fare con l'opera di Rushdie ne subì delle conseguenze. Il 3 luglio 1991 venne pugnalato, fortunatamente non a morte, nella sua abitazione milanese Ettore Capriolo, traduttore del libro in italiano.[9] Una sorte peggiore toccò al traduttore giapponese, Hitoshi Igarashi, che venne ucciso a Tokio il 12 luglio, mentre l'editore norvegese, William Nygaard fu ferito a colpi d'arma da fuoco nell'ottobre del 1993.[10]

Morte e funerali[modifica | modifica wikitesto]

Sofferente da lungo tempo per un cancro all'intestino, Khomeyni morì il 3 giugno 1989 dopo una degenza di 11 giorni in ospedale. Ai suoi imponenti funerali presenziarono più di 3 500 000 persone, e tale afflusso di popolo rese in certi momenti impossibile garantire l'ordine pubblico alla Guardia Nazionale: vi furono disordini ed eccessi, addirittura la bara cadde 5 volte.[11] La folla, facendo un'enorme pressione pur di toccare la bara di legno o per strappare lembi del sudario, fece letteralmente saltare fuori il corpo dal feretro diverse volte. Il funerale "ufficiale" si tenne due giorni più tardi, stavolta con imponenti misure di sicurezza e con una bara in acciaio.

La salma di Khomeyni è stata tumulata nel cimitero di Behesht-e Zahra, a Teheran.

La Fallaci intervista Khomeini

L'intervista con Oriana Fallaci[modifica | modifica wikitesto]

È assai famosa l'intervista ottenuta dalla giornalista Oriana Fallaci al leader iraniano nel 1979. In quell'occasione la guida dimostrò di non scomporsi di fronte alle domande incalzanti e a tratti con toni provocatori della giornalista. Tuttavia al termine dell'intervista Khomeini si alterò quando la Fallaci sentendosi offesa da una risposta[12], si tolse per ripicca il velo che copriva il suo capo; fu a quel punto che senza neanche guardare in faccia la giornalista egli se ne andò irritato.[13]

Le accuse di Ali Ağca[modifica | modifica wikitesto]

Il 1º febbraio 2013 esce il libro "Mi avevano promesso il Paradiso. La mia vita e la verità sull'attentato al Papa", autobiografia di Ali Ağca, in cui il terrorista turco racconta l'attentato da lui stesso compiuto il 13 maggio 1981 nei confronti del Papa, Giovanni Paolo II, e le "verità" sul colloquio, fino ad allora completamente sconosciuto, tra lo stesso Wojtyła e il suo attentatore il 27 dicembre 1983, nel carcere di Rebibbia.

Nel suo racconto, Mehmet Ali Ağca spiega come il mandante dell'attacco terroristico fosse l'ayatollah "Ruhollah Khomeyni", che gli avrebbe ordinato in turco di "uccidere il Papa in nome di Allah". "Tu devi uccidere il portavoce del diavolo in terra, il vicario di satana in questo mondo. Sia morte al capo degli ipocriti, alla guida degli infedeli. Sia morte a Giovanni Paolo II per mano tua... Non dubitare mai, abbi fede, uccidi per lui... e poi togliti la vita affinché la tentazione del tradimento non offuschi il tuo gesto... il tuo martirio sarà ricompensato con il paradiso, con la gloria eterna nel regno di Allah".[14]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Secondo alcuni lo si dovrebbe definire "clericale"; ma anche questa definizione risulta piuttosto fuorviante in quanto l'Islam non ha un "clero" nel senso occidentale del termine
  2. ^ James DeFronzo, Revolutions and Revolutionary Movements, Westview Press, 2007. ISBN 0-8133-4354-2; Efraim Karsh, Islamic Imperialism: A History, Yale University Press, 2007. ISBN 0-300-12263-2
  3. ^ Gholam Reza Afkhami, Life and Times of the Shah (University of California Press, 2009, ISBN 978-0-520-25328-5), p. 386.
  4. ^ James A.Bill: The Iranian Revolution and the Changing Power Structure. S. 124.
  5. ^ Amnesty International: Jahresbericht 1983. S. 404.
  6. ^ Wahied Wahdat-Hagh: Die islamische Republik Iran. Berlin 2003.
  7. ^ In riferimento alla dubbia tradizione circa l'età di ʿĀʾisha bint Abī Bakr quando andò sposa al Profeta Maometto.
  8. ^ Iran: Aumenta il numero delle donne ammesse alle università, albainformazione.com, 26 agosto 2014. URL consultato il 9 maggio 2016.
  9. ^ Tradusse "Versetti satanici", un iraniano lo accoltella, repubblica.it, 4 luglio 1991. URL consultato il 10 novembre 2014.
  10. ^ Oslo, ferito un editore norvegese che ha pubblicato Rushdie, corriere.it, 12 ottobre 1993. URL consultato il 10 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il ).
  11. ^ I grandi funerali della storia - Funerale di Khomeyni (SWF), corriere.it. URL consultato il 10 novembre 2014.
  12. ^ Filmato audio DANIELApuntoEbasta ., Oriana Fallaci intervista Ayatollah Khomeini, 21 gennaio 2008. URL consultato il 9 maggio 2016.
  13. ^ L’urlo di Khomeini: «L’Islam è tutto, la democrazia no», su Corriere della Sera. URL consultato il 9 maggio 2016.
  14. ^ L'ultima verità di Ali Agca: “Khomeini era il mandante dell'attentato al Papa”, lastampa.it, 31 gennaio 2013. URL consultato il 10 novembre 2014.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Mehmet Ali Ağca, Mi avevano promesso il Paradiso. La mia vita e la verità sull'attentato al Papa, Chiarelettere, 2013, ISBN 88-6190-404-1.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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- 1º febbraio 1979 - 3 giugno 1989 Ali Khamenei
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