Showing newest posts with label articoli. Show older posts
Showing newest posts with label articoli. Show older posts

Sep 23, 1999

articolo: "La ricostruzione di Nahr al-Bared in un limbo"

2009-09-23
[en] [de] [fr]
Dalla fine di Agosto, nel campo profughi palestinese di Nahr al-Bared, le macchine per la ricostruzione sono ferme. Il Consiglio di Stato Libanese si è concesso due mesi di moratoria sulla ricostruzione del campo distrutto.

Nahr al-Bared, il più a nord dei 12 campi profughi palestinesi in Libano, è stato completamente distrutto durante una lunga battaglia estiva nel 2007. Nonostante il progetto pilota per la ricostruzione del campo sia pronto già dall’inizio del 2008 e approvato dal Governo Libanese, l’inizio dei lavori è stato rimandato di volta in volta. Quando nella primavera del 2009 è stato scoperto un sito archeologico sotto alle macerie del campo, quasi nessuno tra i profughi ha creduto alla notizia. Negli ultimi due anni, infatti si sono sentite troppe – spesso deboli – giustificazioni sui ripetuti ritardi della ricostruzione.

Tuttavia, Ia scoperta archeologica, ha dimostrato di essere un fatto e il Direttorato Generale Libanese per le Antichità (DGA) è stato coinvolto. La soluzione è stata trovata assieme all’UNRWA (UN Works and Relief Agency for Palestine Refugees) e all’ufficio responsabile del Primo Ministro Libanese: Prima che il materiale venga caricato sui containers, le buche ricoperte di cemento e prima che vengano gettate le fondamenta, il DGA potrà scavare e documentare i ritrovamenti archeologici.

Alla fine di Giugno, la maggior parte dei profughi non poteva credere ai propri occhi – i lavori di ricostruzione a Nahr al-Bared erano finalmente iniziati. Il progetto pilota era partito con l’allestimento dei lavori che iniziarono con la Fase 1. In accordo con l’UNRWA, i lavori di riempimento degli scavi in questa Fase, dovevano terminare verso la fine di Agosto e i lavori di copertura con il cemento stavano quasi per cominciare, quando all’UNRWA è stato ordinato lo stop dei lavori da parte del Governo Libanese.

Cos’era successo? Già in primavera il Leader del movimento d’opposizione “Free Patriotic Movement”, Michel Aoun, aveva redatto un appello contro la decisione del governo relativa alla copertura degli scavi nel campo. Il 18 agosto, il Consiglio di Stato concedeva una moratoria provvisoria. Una decisione definitiva si attende per Ottobre.

Il 31 Agosto, migliaia di abitanti di Nahr al-Bared hanno reagito al blocco dei lavori con una manifestazione di massa all’ingresso del cantiere di ricostruzione e proteste si sono tenute in vari campi profughi del Libano. Le critiche non erano rivolte solo allo stop dei lavori ma anche contro l’assedio che isola il campo, i suoi residenti e le attività commerciali dal mondo esterno. Il 16 settembre, i profughi hanno portato la protesta nelle strade della città di Tripoli, nel nord del Libano. La protesta ha visto anche la partecipazione di simpatizzanti libanesi.

Rappresentanti del Comitato per la Ricostruzione di Nahr al-Bared, accusano i politici libanesi di usare ancora una volta i ritrovamenti archeologici per guadagnare voti. Il Comitato punta a complementare il discorso chiedendo la trasformazione del sito archeologico in sito turistico.

Negli ultimi due anni, le proteste degli abitanti si sono limitate a manifestazione non provocatorie e a semplici presidi. La precauzione è dovuta alla memoria ancora vivida sulla manifestazione della fine di Giugno del 2007, quando 3 manifestanti furono colpiti a morte da proiettili e molti altri rimasero feriti. In una conferenza stampa, gli attivisti di Nahr al-Bared hanno accennato al lancio di una serie di azioni di protesta non violente ma crescenti, tra le quali un importante boicottaggio dei permessi d’ingresso rilasciati e controllati dall’ Esercito Libanese.

L’articolo originale in lingua tedesca di un attivista del collettivo anarchico a-films è stata pubblica su al-sharq.

articolo: "la ricostruzione di nahr al-bared in un limbo"

2009-09-23
[en] [de] [fr]
dalla fine di agosto, nel campo profughi palestinese di nahr al-bared, le macchine per la ricostruzione sono ferme. il consiglio di stato libanese si è concesso due mesi di moratoria sulla ricostruzione del campo distrutto. (...) [leggi tutto]

May 24, 1999

articolo: "non c'è lavoro al campo di nahr al-bared"

2009-05-24
[en] [de] [fr]
mohammad e mahmoud erano seduti presso una distesa incolta ai margini del campo per i rifugiati di nahr al-bared, nel nord de libano. mentre mahmoud canticchiava la canzone riprodotta dal suo cellulare mohammad usava il suo per giocare ai videogiochi. mohammad alza lo sguardo e dice: “passiamo i giorni a far niente. alla mattina andiamo al bar per qualche ora. poi torniamo a casa e preghiamo. usciamo di nuovo, ritorniamo al caffè e restiamo lì fino a sera. e così tutti gli altri giorni”. (...) [leggi tutto]

articolo: "Non c'è lavoro al campo di Nahr al-Bared"

2009-05-24
[en] [de] [fr]
Mohammad e Mahmoud erano seduti presso una distesa incolta ai margini del campo per i rifugiati di Nahr al-Bared, nel nord de Libano. Mentre Mahmoud canticchiava la canzone riprodotta dal suo cellulare Mohammad usava il suo per giocare ai videogiochi. Mohammad alza lo sguardo e dice: “Passiamo i giorni a far niente. Alla mattina andiamo al bar per qualche ora. Poi torniamo a casa e preghiamo. Usciamo di nuovo, ritorniamo al caffè e restiamo lì fino a sera. E così tutti gli altri giorni”.

I due giovani non sono i soli disoccupati del campo di Nahr al-Bared. Quello che era il più prospero dei campi per rifugiati del Libano, circa due anni fa è stato teatro di scontri fra l’esercito libanese e Fatah al-Islam, una piccola formazione islamica militante che si era infiltrata nel campo. Da allora la vita degli abitanti palestinesi fa fatica a riprendere. Secondo uno studio del 2007, condotto da un istituto norvegese (FAFO), prima della guerra il 63 % dei residenti lavorava all’interno del campo. Un’indagine del 2008, a firma dell’UNRWA, ha stimato la percentuale di disoccupazione dei 10.000 returnees (cioè di una parte di coloro che sono stati costretti a lasciare la propria abitazione durante gli scontri e che poi vi hanno fatto ritorno, n.d.t.) al 40 %. Questa cifra è ricavata dalle affermazioni degli intervistati ma non tiene conto del numero dei residenti che hanno un lavoro part-time o temporaneo. Molti di loro lavorano solo alcuni giorni alla settimana e possono restare fuori dal mercato del lavoro per settimane.

Il campo è stato un importante centro di scambi fra la città nord-libanese di Tripoli, e (quelle sul) confine siriano. Nella ricerca condotta dall’UNRWA, tre quarti di coloro che svolgevano attività imprenditoriali prima degli scontri sostengono che i lorolocali aziendali sono stati totalmente distrutti. In aggiunta, da un’indagine della SME Working Group, è stato rilevato che 1512 micro, piccole e medie imprese all’interno del campo sono state danneggiate o distrutte a seguito del conflitto. Durante e dopo gli scontri, quando il campo era sotto l’esclusivo controllo dell’esercito libanese, macchinari, strumenti e interi stock di beni furono saccheggiati e le attività commerciali furono bruciate o gravemente danneggiate. Dall’ottobre del 2007 l’economia di Nahr al-Bared è stata distrutta.

Il padre di Mohammad, Ziyad, è anche lui disoccupato. Ha trascorso gran parte della sua vita lavorando nella costruzione oleodotti nel Caucaso e nel Golfo Persico. La scorsa estate ha lavorato per un breve periodo con una compagnia libanese nel vicino distretto di al-Koura. “Quando il lavoro diminuiva ero il primo a dover andare via, perché sono palestinese, non avevo alcun contratto quindi potevano mandarmi a casa senza problemi” ha spiegato. Da allora ha cercato di guadagnare qualcosa con la pesca o la vendita di caffè, limonate o tè nel suo minuscolo caffè vicino alle abitazioni temporanee, note con il nome di baracche di ferro.

Ziyad ha molto tempo per pescare. Ogni mattina tra le 5 e le 7 del mattino si dirige verso la spiaggia per sfidare la sorte per un paio d’ore.”Dipende dal vento” dice. “L’altro ieri ho preso molti pesci e ne ho venduto per 14,000 LBP( 9 $). Ieri invece sono tornato a mani vuote”. Se il vento è favorevole ritorna al mare anche nel tardo pomeriggio. Il campo di Nahr al-Bared è situato lungo la costa libanese. Per la parziale pulizia del campo i furgoni della spazzatura hanno creato una striscia di 10 metri di detriti lungo la costa. Ziyad ha gettato l'amo da pesca nell’acqua. Sotto i suoi piedi c’erano i resti del campo precedente - giocattoli rotti, scarpe, elettrodomestici e ciottoli di pietre e mattoni.

La famiglia di Ziyad vive in una delle baracche di ferro. Generalmente mangiano pesce perché raramente riescono a comperare la carne. A metà maggio Ziyad ha deciso di riaprire il caffè. Indicando una cassetta vuota di limonate ha detto “ io vendo ciascuna bottiglia a 250 LBP(0,16 $). Se riesco a venderle tutte arrivo a 1000 LBP (0.66 $). A fine giornata il profitto non è che di qualche dollaro. Mohammad, un giovane macellaio, è quasi nella stessa condizione. Forse sta un po’ meglio. Ha investito 5000 $ in un’attività e adesso è sommerso dai debiti. Vende sandwiches, carne, snack e pietanze tipiche. Un cliente compra un panino e gli dà 1000 LBP. Mohammad si gira e dice “ A Tripoli lo stesso panino vale 3000 LBP. Non guadagno niente sul prezzo di 1000 LBP. E questo ragazzo riprenderà i suoi 1000 LBP quando andrò fra qualche giorno a comprare la verdura al suo negozio”. Vicino alla via principale del campo, Salim ha aggiustato la suola di una scarpa per un cliente e ha ricevuto 1000 LBP in cambio. “La situazione economica è questa: se scrivi il tuo nome su una banconota da 1000 LBP, farà il giro del campo e ritornerà nelle tue mani alla fine della settimana” ha detto Salim.

L’economia a circuito chiuso è dovuta all’occupazione dell’esercito libanese. Nell’indagine UNRWA del 2008 i commercianti del campo sostenevano che metà dei loro clienti erano libanesi. Il presidente dell’unione commercianti del campo lamentava il fatto che “Il campo è una zona militare chiusa. I vicini libanesi non hanno il permesso di entrare. Come può sperare di rinascere l’economia del campo?’” I produttori di caffè el-Saadi e altre compagnie hanno aperto piccole filiali oltre i checkpoint militari nella zona di Adbi o lungo l’autostrada. Un impiegato dell’UNRWA che preferisce rimanere anonimo sostiene “Aiutare i proprietari ad aprire attività fuori dal campo è molto problematico e sgradito. D’altra parte, però, all'interno del campo non hanno praticamente nessuna altra chance di sopravvivenza.”

Una delle attività senza speranza del campo appartiene ad Ahmad, un giovane che vive nelle baracche di ferro. Dopo aver lavorato a cottimo per mesi ha aperto un piccolo internet café nel mese di maggio. Dopo pochi giorni ha chiuso i battenti perché non aveva praticamente clienti e quasi nessun incasso. Ha venduto i computer e ha comprato invece una tavolo da biliardo e una centriifuga per preparare succhi freschi. Anche così, però, passa la maggior parte delle giornate seduto su una sedia di plastica davanti al suo locale.

Mahmoud, il figlio di Ziyad ha avuto una sorte simile. L'autunno scorso aveva aperto un internet café sotto una tettoia accanto alle baracche. Da allora, ha venduto i computer e ha chiuso l'internet café “Non guadagnavo più di qualche dollaro anche se i computer erano sempre in uso. Alla lunga ho capito che non ne valeva la pena.” Adesso lavora di nuovo a Beirut. Ogni mattina Mahmoud parte dal campo intorno alle 5-6 del mattino per tornare la sera, tra le 7 e le 9. Normalmente vede i suoi due figli quando sono già a letto e metà del suo guadagno quotidiano è speso in trasporti e alimenti.

Sembra ci siano troppi caffè, sandwich shops, negozi di abbigliamento e altre piccole botteghe di vendita al minuto a Nahr al-Bared. Fanno a gara per conquistare i clienti e i pochi guadagni che portano con sé ma spesso la fatica non è ricompensata. Di conseguenza spesso queste attività non hanno vita lunga: il potere d’acquisto è ridotto e, a causa dell'assedio, gli incentivi all’investimento sono scarsi. Abu Ali dice che un altro fattore è che “il successo di Nahr al-Bared era dovuto in parte ad un economia di credito. I clienti libanesi compravano i prodotti a rate. Ancora oggi molti libanesi della regione di Akkar non hanno finito di pagare i debiti contratti con i proprietari delle attività. Inoltre, durante la guerra, non solo è andato perduto gran parte del capitale ma anche i registri dei debiti.

La crisi economica che ha investito Nahr al-Bared ha portato il proprietario di una serie di negozi di abbigliamento ad interrogarsi sulle ragioni della distruzione del campo. Abu Ali ha tracciato un paragone con gli scontri tra gli Alawiti di Jabal Mohsen e i sunniti di Bab al-Tabbaneh a Tripoli, nell’autunno scorso. “ I soldati e i blindati dell’esercito presidiavano il campo ma non lo isolavano. Perciò potrebbero lasciare aperto anche Nahr al-Bared! Vogliamo che le autorità libanesi interrompano immediatamente l’assedio.”

Nelle baracche di ferro, intanto, Ziyad ha ripreso a vendere nel suo caffè succhi freschi di arance e carote. Un bicchiere grande costa solo 500 LBP (0.33 $). A Tripoli costerebbe almeno il doppio. Ziyad fa spallucce e con un sorriso amaro ci dice “Non è molto ma è meglio di niente.”

L’articolo originale in lingua inglese di Ray Smith, un attivista del collettivo anarchico a-films, qui su Electronic Intifada.

May 17, 1999

articolo: "due anni dopo – nessuna ricostruzione a nahr al-bared"

2009-05-17
[en] [de] [fr]
circa due anni fa, era scoppiato un combattimento tra l'esercito libanese e il gruppo di militanti fatah al-islam nel campo profughi palestinesi di nahr al-bared, nel libano del nord. la battaglia, durata tutta l'estate, si era conclusa nel settembre del 2007 e il campo era totalmente distrutto - e le macerie stavano a indicare che la distruzione era stata sistematica, con tutta probabilità eseguita dall'esercito libanese. dopo molti ritardi, il nucleo centrale del campo, sotto mandato ONU – il cosiddetto “campo vecchio” è stato nel frattempo sgomberato da circa 600.000 metri di macerie. tuttavia, la ricostruzione non è iniziata e i residenti non possono accedere al campo vecchio, il cui accesso è controllato dall'esercito libanese, e i rifugiati spostati sono sempre più risentiti. (...) [leggi tutto]

articolo: "Due anni dopo – nessuna ricostruzione a Nahr al-Bared"

2009-05-17
[en] [de] [fr]
Circa due anni fa, era scoppiato un combattimento tra l'esercito libanese e il gruppo di militanti Fatah al-Islam nel campo profughi palestinesi di Nahr al-Bared, nel Libano del Nord. La battaglia, durata tutta l'estate, si era conclusa nel settembre del 2007 e il campo era totalmente distrutto - e le macerie stavano a indicare che la distruzione era stata sistematica, con tutta probabilità eseguita dall'esercito libanese. Dopo molti ritardi, il nucleo centrale del campo, sotto mandato ONU – il cosiddetto “campo vecchio” è stato nel frattempo sgomberato da circa 600.000 metri di macerie. Tuttavia, la ricostruzione non è iniziata e i residenti non possono accedere al campo vecchio, il cui accesso è controllato dall'esercito libanese, e i rifugiati spostati sono sempre più risentiti.

Il 9 marzo 2009, le autorità responsabili della ricostruzione di Nahr al-Bared hanno partecipato ad una cerimonia che doveva servire a mettere a tacere le critiche e a offrire ai media libanesi e stranieri l'apparente garanzia che il campo sarebbe stato ricostruito. Sotto la protezione dell'esercito libanese, Khalil Makkawi, presidente del Comitato per il Dialogo Libano-Palestinese (LPDC), Abbas Zaki, Rappresentante della Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) in Libano, il Ministro dell'Informazione libanese, Tarek Mitri; e Karen AbuZayd, Commissario generale dell'agenzia ONU per i rifugiati palestinesi (UNRWA), sono stati accompagnati dentro il campo. Nel corso della cerimonia è stata posata la prima pietra per la ricostruzione di Nahr al-Bared, è stata biasimata la mancanza dei finanziamenti da parte dei paesi donatori e sono state pronunciate vuote parole di circostanza. Non è stato fatto cenno ad argomenti delicati, come ad esempio l'assedio del campo da parte dell'esercito. Gli ex residenti del campo sono stati rinchiusi dietro recinti di filo spinato, mentre i soldati libanesi li tenevano tranquilli. Quando tentò di penetrare nella zona chiusa, la folla è stata picchiata e respinta dai soldati che hanno anche fatto uso di un veicolo corazzato di trasporto truppe.

Ad oltre due mesi dalla cerimonia il campo vecchio di Nahr al-Bared's non ha ancora visto nessun lavoro di ricostruzione. Secondo il Piano Generale Preliminare predisposto congiuntamente dal Comitato Azione Civile e Studi per la Ricostruzione di Nahr al-Bared (NBRC), costituito da appartenenti alla comunità, e l'UNRWA, la ricostruzione avrebbe dovuto iniziare entro maggio 2009. Dal momento che i rifugiati hanno la proibizione di accedere alla zona, hanno cominciato a circolare varie storie a proposito del destino della prima pietra del campo vecchio. Alcuni dicono che la pietra è stata rubata il giorno dopo la cerimonia, altri affermano che è stata distrutta. La lentezza dello sgombero dell'area e il fatto che la ricostruzione non sia ancora iniziata rafforza i dubbi delle persone dislocate di poter mai far ritorno al loro campo. Mahmoud, un giovane musicista, spiega "Ogni pochi mesi vengono fornite nuove scuse per giustificare i ritardi. Prima si è accusata la mancanza di macchine da costruzione, poi si è affermato che c'erano ancora troppi ordigni inesplosi fra le macerie, e infine sembra che sia la scoperta di antichi pilastri ad impedire i lavori." Molti dei rifugiati pensano che il campo non verrà mai ricostruito. Salim, un giovane calzolaio, si chiede "Perché mai hanno hanno distrutto il campo? Non penso che l'abbiano fatto per ricostruirlo!"

Il 13 maggio, un auto fornita di altoparlanti e condotta da sostenitori del partito di Fatah ha annunciato la visita del rappresentante dell'OLP, Abbas Zaki. Khaled, un negoziante della località Corniche del campo nuovo, che non è sotto mandato ONU, è rimasto a guardare in silenzio. Appena la macchina è passata ha detto: “Guarda, Abbas Zaki viene a raccontarci bugie. Vuole attutire la rabbia della gente per evitare pesanti proteste all'approssimarsi del secondo anniversario della guerra". Khaled ha aggiunto che non avrebbe assistito al discorso di Zaki, dato che era convinto che sarebbe stato pieno di menzogne e vuote promesse e che a lui non sarebbe stata offerta l'opportunità di parlare.
Il giorno dopo, il convoglio di Zaki è arrivato al margine sud di Nahr al-Bared. Il luogo scelto per il discorso era un edificio esterno al campo. I residenti del campo sono convinti che questa decisione sia stata deliberatamente presa dopo la cerimonia della posa della prima pietra a marzo, quando qualcuno dei presenti alla cerimonia aveva scagliato insulti contro Zaki ed egli era uscito attraverso l'uscita sud del campo, per evitare l'assembramento di gente adirata raccolta all'accesso a nord.

Zaki, nel suo discorso, ha parlato di unità palestinese, del nuovo governo in Israele, e di molte altre questioni, destinate a conquistare il sostegno dei presenti (la gente era in massima parte costituita da sostenitori di Fatah). Però non ha quasi neppure parlato di Nahr al-Bared. Dopo il discorso di Zaki, i ai presenti è stata data la facoltà di porre domande e ne è seguito il caos. Le guardie del corpo di Zaki lo hanno velocemente circondato e ai presenti è stato richiesto di formulare le domande per iscritto. Alcuni dei residenti, sconvolti dalla loro situazione, si sono convinti che questo fosse un tentativo di tacitare il dissenso.

La massima parte delle domande riguardava l'assedio e la ricostruzione del campo, la disoccupazione, e la situazione dei rifugi temporanei, che i residenti chiamano “baracche” Uno dei residenti è riuscito a rivolgersi a Zaki verbalmente, dicendo “Non vogliamo migliorie nelle “baracche”: non vogliamo proprio le baracche”. Dopo aver risposto ad alcune questioni, il convoglio di Zaki è ripartito – senza aver neppure visitato il campo.

I membri delle altre due principali fazioni dell'OLP, il Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, erano presenti durante il discorso e sono rimasti in silenzio per dimostrare l'unità all'interno dell'OLP. Nelle strade, tuttavia, nessuno ha tenuto a freno la lingua. Nei commenti su Zaki era inclusa in genere qualcuna di queste parole: “bugiardo”, “traditore”, o “maiale”.

Il Comitato dei Residenti di Nahr al-Bared hanno organizzato una manifestazione il giorno dopo la visita di Zaki. Benché relativamente poco strutturato, il gruppo è piuttosto attivo ed è stato creato proprio in reazione all'inattività del Comitato Popolare del campo (che è costituito solo di delegati dei principali partiti dell'OLP).

La marcia di protesta è cominciata dopo la preghiera del Venerdì alla moschea al-Quds e si è diretta lungo le postazioni dell'esercito al confine del campo vecchio verso un sito di costruzione situato nella parte sud del campo. Al sito l'UNRWA spianava un altro pezzo ancora di terra e si stava preparando la costruzione della quinta unità di rifugi temporanei. I manifestanti, nei loro cori, chiedevano il ritorno al campo vecchio e la fine dell'assedio a Nahr al-Bared e l'abolizione del sistema di permessi dell'esercito libanese che controllava il movimento da e per il campo.

Durante la marcia, Sheikh Ismail Abu Ibrahim, il giovane imam della moschea di al-Quds,e un portavoce del comitato dei residenti, conosciuto come Abu Tayyeb, hanno richiesto la fine immediata della costruzione di nuove baracche finché la ricostruzione del campo veniva rimandata. Abu Tayyeb inoltre ha criticato la corruzione e il nepotismo implicati nel processo di ricostruzione ed ha chiesto retoricamente: “Perché mai la ricostruzione del campo è stata continuamente rimandata?”. La risposta implicità era che le autorità libanesi non intendevano affatto ricosctruire il campo. Dinanzi alla gente assiepata ha affermato “La posa della prima pietra e la cerimonia non sono state altro che una menzogna!”

L’articolo originale in lingua inglese di Ray Smith, un attivista del collettivo anarchico a-films, qui su Electronic Intifada.

Oct 14, 1998

articolo: "raccolta delle arance"

2008-10-14
[en] [de]
il sole non è ancora sorto sulla piantagione di arance nel retroterra della città meridionale libanese di tiro. muhammad ha appena trasferito 10 secchi di arance in cassette di plastica nera lungo il bordo dell’aranceto. dopo aver riportato i secchi vuoti indietro agli altri lavoratori, egli dice: "dopo questo lavoro ritorno a casa, riposo per un ora e parto per il mio secondo lavoro come decoratore. la sola raccolta di arance non sfamerebbe la mia famiglia". (...) [>>>]

articolo: "Raccolta delle Arance"

2008-10-14
[en] [de]
Il sole non è ancora sorto sulla piantagione di arance nel retroterra della città meridionale libanese di Tiro. Muhammad ha appena trasferito 10 secchi di arance in cassette di plastica nera lungo il bordo dell’aranceto. Dopo aver riportato i secchi vuoti indietro agli altri lavoratori, egli dice: "Dopo questo lavoro ritorno a casa, riposo per un ora e parto per il mio secondo lavoro come decoratore. La sola raccolta di arance non sfamerebbe la mia famiglia".

Questa mattina intorno alle cinque e mezza, il caposquadra, che io chiamerò "di Abu G" con la sua dozzina di lavoratori si sono diretti alla piantagione in un minivan blu. Un'ora più tardi, gli uomini sono impegnati nell’adempiere ai loro compiti specifici. Due in equilibrio su scale a pioli a cogliere le arance dalla cima degli alberi mentre Muhammad e altri raccolgono dai rami più bassi. Di volta in volta, tra i sei ed i dieci secchi vengono trasportati. Dopo aver effettuato una selezione delle arance, esse sono depositate in scatole che vengono poi caricate su un piccolo camion che le porta nella zona nord del Libano e da lì sono esportate verso altri paesi della regione. Mentre i lavoratori svolgono il loro lavoro duramente ,il caposquadra registra su un pezzo di cartone. Anche se la disparità tra caposquadra ed operaio è evidente, essi condividono un elemento: sono i profughi palestinesi che vivono al campo profughi di Burj al-Shemali.

Burj al-Shemali si trova ai margini di Tiro ed è stato istituito agli inizi del 1950 dopo che le forze sioniste hanno espulso centinaia di migliaia di palestinesi dalla loro patria. Molti dei primi campi profughi in Libano sono stati trasferiti a causa delle pressioni politiche da parte dello Stato libanese. Alcuni erano situati vicino alle piantagioni di agrumi nella zona costiera e altri vicino alle zone industriali di Beirut. Oggi circa 20.000 persone vivono nella zona tranquilla ma recintata di Burj al-Shemali Camp. Più di due terzi della sua forza lavoro lavora almeno part time nell’ agricoltura.

Nelle prime ore del mattino, tra le 5 e le 6, un'ondata di passi e sussurri possono essere ascoltati nei stretti vicoli del capo profughi. Segue il silenzio che dura fino alle sette e mezza quando centinaia di alunni assonnati vanno a scuola a piedi. E' nel buio delle prime ore del mattino che centinaia di lavoratori a giornata lasciano le loro case, si raccolgono per le strade e poi vanno dritti al loro lavoro nei campi e nelle piantagioni della regione. Tra di loro ci sono giovani, laureati e nonni. Alcuni lavorano nei campi ma la maggior parte di loro raccolgono arance, limoni e banane. Prima di mezzogiorno, la maggior parte dei lavoratori è di ritorno al campo profughi. Tuttavia, non è la fine della loro giornata di lavoro.

La legge libanese tratta più di 400.000 profughi palestinesi nel paese come stranieri. Pertanto non è permesso loro possedere la terra, è loro vietato di lavorare in oltre 70 impieghi da colletti bianchi, ad essi non è garantito un salario minimo e non sono integrati nel sistema sociale e sanitario libanese. Queste diverse forme di emarginazione li rendono vulnerabili in molti modi. Per molti rifugiati la sopravvivenza dipende dai servizi e dall'assistenza delle agenzie delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi, UNRWA, e dagli aiuti provenienti da loro parenti all'estero. Palestinesi altamente qualificati come medici o ingegneri, che non sono autorizzati a esercitare la loro professione in Libano, si trovano a guidare taxi o sono nei numerosi piccoli negozi dei campi profughi o come lavoratori a giornata nell’edilizia o nell'agricoltura.

Hajja Amne, 65 anni, dice che ha lavorato duro nell’ agricoltura per tutta sua vita, ma non ha mai ricevuto alcun beneficio. Ora i suoi problemi di salute le impediscono di lavorare. Anche se soddisfatta dall’aumento del salario a seguito di uno sciopero avvenuto all’inizio dell’anno da parte dei lavoratori palestinesi impegnati nel raccolto, è comunque indignata dal fatto che gli uomini guadagnino di più rispetto alle donne impegnate nello stesso lavoro. Denuncia inoltre che "Se un lavoratrice è malata e non può lavorare, non viene pagata". Tuttavia, i lavoratori non sono solo sfruttati dai proprietari terrieri libanesi e dai propri datori di lavoro, ma talvolta anche dal proprio caposquadra. Essi spesso riempiono le loro tasche con una quantità di denaro proveniente da prelievi ingiustificati dai salari degli operai. Mentre alcuni dei caposquadra partecipano in prima persona alla raccolta altri limitano la propria attività a sorvegliare i propri lavoratori, come nel caso di Abu G che si riposa sull’erba.

Sono stati compiuti numerosi sforzi per la creazione di una organizzazione collettiva dei lavoratori palestinesi giornalieri nell’ agricoltura. La lotta per salari più elevati avvenuta all'inizio di quest’ anno è uno dei vari indicatori. Secondo Hosni, un caposquadra, riconosciuto come comunista, è stata discussa l’ idea per la creazione di un sistema autonomo di assicurazione per i lavoratori. Tuttavia, nulla è stato attuato finora e purtroppo numerosi impedimenti per l’ auto-organizzazione dei lavoratori possono essere individuati nel frammentato panorama politico nei campi profughi. Anche nel caso estremo di Nahr al-Bared, il campo profughi a nord del Libano distrutto dall’ esercito libanese lo scorso anno durante la lotta contro uno gruppo di militanti sunniti che avevano occupato una parte del campo, i partiti palestinesi riescono difficilmente a mettere da parte le loro differenze per lavorare insieme per l'interesse collettivo dei rifugiati.

Nel frattempo, Muhammad continua a lasciare sette giorni a settimana nelle prime ore del mattino il campo profughi al fine di lavorare in un aranceto. Pochi anni fa, ha costruito un altro piano sulla parte superiore della casa dei suoi genitori e si è sposato. Da allora, la moglie ha dato alla luce una bambina. "Come un qualsiasi palestinese tu non puoi imparare un unico lavoro e svolgere la stessa attività per tutta la vita", dice Muhammad. "Abbiamo diverse esperienze di lavoro in vari campi e spesso si lavora in diversi luoghi contemporaneamente al fine di fare soldi.

L’articolo originale in lingua inglese di Ray Smith, un attivista del collettivo cinematografico anarchico a-films, su Electronic Intifada.

Apr 8, 1998

articolo: "nahr al-bared liquidata come questione umanitaria"

2008-04-08
[en] [de] [es]
un servizio telesivo del 5 aprile 2008, trasmesso da al-jazeera english dal campo profughi palestinesi distrutto di nahr al-bared nel nord del libano, è rappresentativo del modo in cui i media liquidino la storia di nahr al-bared come una questione puramente umanitaria, invece che come una questione a dimensione politica. da quando la guerra tra l’esercito libanese e il gruppo islamico militante si è spostata dalle strade di tripoli al campo di nahr al-bared, piu o meno in questi mesi dello scorso anno, i meda hanno quasi solo parlato dello scontro militare tra l’esercito e il gruppo islamico. nelle rare occasioni in cui i media hanno parlato della situazione dei piu di 30 mila palestinesi che vivono nel campo, sfollati durante i combattimenti, lo hanno fatto solo con una generica attenzione nei confronti dei problemi umanitari che si trovano a fronteggiare - ignorando le evidenti domande politiche che, apparentemente, solo gli abitanti del campo continuano a farsi. (...) [>>>]

articolo: "Nahr al-Bared liquidata come questione umanitaria"

2008-04-08
[en] [de] [es]
Un servizio telesivo del 5 aprile 2008, trasmesso da al-Jazeera English dal campo profughi palestinesi distrutto di Nahr al-Bared nel nord del Libano, è rappresentativo del modo in cui i media liquidino la storia di Nahr al-Bared come una questione puramente umanitaria, invece che come una questione a dimensione politica. Da quando la guerra tra l’esercito libanese e il gruppo islamico militante si è spostata dalle strade di Tripoli al campo di Nahr al-Bared, piu o meno in questi mesi dello scorso anno, i meda hanno quasi solo parlato dello scontro militare tra l’esercito e il gruppo islamico. Nelle rare occasioni in cui i media hanno parlato della situazione dei piu di 30 mila palestinesi che vivono nel campo, sfollati durante i combattimenti, lo hanno fatto solo con una generica attenzione nei confronti dei problemi umanitari che si trovano a fronteggiare - ignorando le evidenti domande politiche che, apparentemente, solo gli abitanti del campo continuano a farsi.

Il pomeriggio del 3 aprile, la troupe cinematografica di al-Jazeera English insieme al personale degli apparati della sicurezza libanese, sono comparsi in Majiles street a Nahr al-Bared. L’esercito libanese e gli apparati della sicurezza hanno proibito per lungo tempo ogni ripresa o fotografia del campo. Ai vari checkpoint dentro e fuori dal campo le persone vengono perquisite alla ricerca di fotocamere e l’attrezzatura trovata viene sequestrata. In genere, ai giornalisti non viene concesso di entrare nel campo e anche se ottengono il permesso devono essere scortati dai soldati e dagli agenti della sicurezza.

Il servizio di tre minuti di al-Jazeera English intitolato “Il ritorno dei profughi a Nahr al-Bared” punta l’attenzione sul lavoro pianificato per ripulire il campo distrutto, le povere infrastrutture del campo che gli abitanti si apprestano a ritrovare, e i piani del comitato di ricostruzione per riedificare il campo nei prossimi due anni. Queste questioni possono essere descritte come problemi umanitari e sono invece questioni rilevanti che preoccupano molti profughi e che al-Jazeera riporta in maniera più o meno responsabile.

In ogni caso, lo scopo umanitario in senso stretto ignora totalmente la dimensione politica della situazione di Nahr al-Bared. Al-Jazeera English non fa menzione della pesante presenza e del ruolo (politico) dell’esercito libanese e degli apparati di sicurezza del campo. La distruzione del campo profughi viene presentata come un “normale” sottoprodotto di uno scontro militare, senza porsi domande sugli eventi e sulla ricostruzione, nonostante le prova diffuse di saccheggio, distruzione intenzionale e incendio doloso tra le rovine delle abitazioni. Nemmeno ci si chiede se l’apparentemente sistematica distruzione sia il risultato di ordini motivati politicamente. Invece sebbene le mura di molte abitazioni del campo portino le tracce di macchie di petrolio, il servizio di al-Jazeera English comprende solo strutture in cui questa distruzione non è visibile.

La reporter di al-Jazeera English Zeina Khodr afferma nel servizio: “Circa 10mila (abitanti che erano stati sfollati durante i combattimenti) sono tornati a Nahr al-Bared negli ultimi mesi, ma solo nelle case poste ai margini del campo”. Khodr manca di dire che a molti profughi non e stato concesso di tornare, perché l’accesso al campo richiede l’autorizzazione da parte dell’esercito libanese e degli apparati di sicurezza. In molti non sono stati in grado di ottenere i permessi necessari che gli avrebbe consentito di passare attraverso uno dei tanti checkpoint in cui le forze libanesi controllano tutti i movimenti in entrata e in uscita dal campo.

Khodr continua nel servizio: “Oltre questi edifici c’è l’area conosciuta come vecchio campo. È stata ridotta in macerie dai combattimenti dello scorso anno. E resta chiuso mentre l’esercito lo ripulisce dalle munizioni. La maggior parte degli abitanti del campo, circa 20mila profughi (sic), viveva lì, e non torneranno a breve”. Le parole di Khodr portano alla conclusione che il vecchio campo è stato danneggiato a tal punto a causa dei combattimenti tra Fatah al Islam e l’esercito libanese. Quello che il reporter manca di dire è che molte case sono state bruciate e demolite dopo che la battaglia è finita, e quando solo l’esercito libanese si trovava all’interno del vecchio campo. In più, non ci si chiede come sia stato possibile spianare il vecchio campo nella sua interezza (non una sola struttura rimane intatta) durante i combattimenti.

Senza mettere in dubbio la sua fonte quando dice che il vecchio campo è ancora inaccessibile a causa delle munizioni che devono essere eliminate, Khodr conclude concedendo all’esercito libanese il beneficio del dubbio. Se avesse intervistato gli abitanti del campo, essi avrebbero potuto esprimere i timori condivisi da molti che l’esercito stia dicendo che ci sono ordigni inesplosi semplicemente come scusa per impedire intenzionalmente l’apertura del vecchio campo, e rinviare così la sua ricostruzione. In più, si sarebbe potuto ricordare che anche tra le macerie delle case accessibili e dunque teoricamente sminate i profughi di ritorno abbiano trovato non pochi ordigni inesplosi.

Attraverso servizi come questo, che limitano la loro narrazione alla situazione umanitaria nel campo, al-Jazeera English e altri media mainstream mancano di riportare il quadro completo dei problemi affrontati dai palestinesi a Nahr al-Bared. Invece di inpegnarsi in inchieste critiche, tali servisi accettano semplicemente e ripetono la versione ufficiale del governo libanese e dell’esercito su quanto è accaduto e continua ad accadere nel campo profughi. Ciò, naturalmente, a danno dei 30mila profughi palestinesi che ancora una volta si trovano senza casa, derubati, umiliati e oppressi. Per di più, se si continua a non farsi domande sulla situazione di Nahr al-Bared, la stessa si presta a ripetersi in uno degli altri numerosi campi profughi del Libano.

L’articolo originale in lingua inglese di Ray Smith, un attivista del collettivo cinematografico anarchico a-films, su Electronic Intifada.

Jan 17, 1990

articoli dal libano

[en] [de] [es] [fr]