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Berlusconi incita pogrom razzisti

Di Stefan Steinberg
28 maggio 2008

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Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 23 maggio 2008.

Mercoledí 21 maggio, durante una riunione straordinaria tenutasi a Napoli, il nuovo governo Berlusconi ha varato nuove normative mirate direttamente contro gli immigrati. Il nuovo decreto viene sancito nel contesto di settimane di retate organizzate dallo stato e violenza contro la comunità degli immigrati.

La riunione di governo è stata indetta a Napoli al fine di gestire prima di tutto la crisi dei rifiuti. Durante l’evento, Berlusconi ha designato le montagne di mondezza nella regione come area militare strategica al fine di bloccare le proteste della popolazione residente contro la tossicità. Il primo ministro ha giocato questa situazione insieme alla pedina razzista, enfatizzando che la “lotta contro la criminalità straniera” era la priorità assoluta del suo governo, e strumentalizzando la riunione a Napoli al fine di sancire una serie di misure estremamente repressive.

Il governo Berlusconi consiste di un’alleanza di partiti di destra e estrema destra che include i postfascisti di Alleanza Nazionale e i secessionisti (e apertamente razzisti) della Lega Nord. Durante il periodo preelettorale, il multimilionario magnate dei mass media ha usato la xenofobia come punto cruciale della sua campagna. Uno dei suoi escamotage principali era quello di identificare gli immigrati, e in particolare i Rom, come la causa primaria dei problemi socioeconomici del paese.

Subito dopo la vittoria elettorale dell’alleanza di Berlusconi, polizia e carabinieri hanno iniziato una serie di retate contro gli stranieri. All’inizio di maggio la polizia cominciava a prelevare e arrestare lavoratori immigrati e le loro famiglie. Centinaia di immigrati dall’Europa dell’est, Albania, Grecia, nord Africa e Cina venivano detenuti sulla base di varie accuse, compresa quella di immigrazione clandestina. Cinquantatre di quelli detenuti nelle prime settimane di questa operazione venivano immediatamente accompagnati al confine e espulsi, in un blitz orchestrato dai mass media.

La polizia e le forze dell’ordine effettuavano inoltre altre operazioni volti alla chiusura dei campi Rom in varie aree del paese. In un intervento sensazionalizzato dai media, la polizia lanciava una retata contro un campo Rom a Ponte Milvio a Roma. La polizia ha da allora mantenuto una forte presenza nell’area, sgombrando roulotte e capanne, mentre le procedure per la deportazione di chi non ha permesso di residenza sono state avviate.

L’operazione ha ricevuto la piena approvazione del nuovo sindaco, il postfascista Gianni Alemanno. Durante la sua recente campagna elettorale, quest’ultimo prometteva lo smantellamento dei “campi nomadi”, dove i Rom vivono in “condizioni da terzo mondo”. Durante una sua recente visita a uno di questi campi, Alemanno dichiarava il suo “orrore” a cosa aveva visto e dichiarò: “Non ci sono parole per descrivere quello che ho visto”.

Infatti, le terribili condizioni di vita in questi campi sono interamente dovuti alla negligenza delle autorità governative. Gli accampamenti Rom in Italia vengono regolarmente privati di qualunque accesso ad acqua potabile o elettricità.

Il leader della Lega, nonché ministro delle Riforme Istituzionali e Federalismo, Umberto Bossi, ha anch’egli offerto la sua opinione al riguardo: “Bene, è solo l’inizio. È quello che vuole la gente. Gli italiani vogliono sicurezza e noi dobbiamo dargliela”.

I pogrom a Napoli

Gli attacchi contro la comunità Rom hanno raggiunto l’apice con una provocazione deliberata. Il 14 maggio una banda violenta attaccava un campo Rom nel quartiere Ponticelli di Napoli e lo bruciava al suolo. L’attacco avveniva dopo una campagna di sensazionalismo, a cura dell’impero mediatico di Berlusconi, in cui una donna italiana accusava una ragazzina Rom di 16 anni di aver tentato di rapirle la figlia. Come risultato di queste testimonianze e denunce, spesso contraddittorie, una folla si riuniva e cominciava a insultare e minacciare i Rom che vivevano al campo di Ponticelli. I Rom ivi residenti venivano trasferiti dalla polizia.

Un gruppo particolarmente agitato prendeva poi l’iniziativa di bruciare il campo al suolo con bombe di benzina. Testimoni sul luogo notavano fuoco dagli edifici e roulotte in fiamme. Secondo vari reportage, tuttavia, la Camorra avrebbe avuto un ruolo predominante nell’esecuzione del pogrom.

Un testimone oculare dice al Corriere della Sera: “Sotto a un albero dall’altra parte della strada c’è un gruppo di ragazzi che osserva la scena... Il capo è (...) uno dei nipoti del cugino del «sindaco» di Ponticelli, quel Ciro Sarno che anche dal carcere continua ad essere il signore del quartiere, capo di un clan di camorra che ha fatto del radicamento nel quartiere la sua forza. Quando vede che la confusione è al massimo, fa un cenno agli altri. Si muovono, accendono i motorini. Dieci minuti dopo, dal campo adiacente, quello di fronte ai palazzoni da dodici piani chiamati le Cinque torri, si alza un’altra nuvola di fumo denso e spesso. L’accampamento è delimitato da una massicciata di rifiuti e copertoni. Sono i primi a bruciare, con il fumo che avvolge le case popolari. La claque si sposta, ad appena 200 metri c’è un nuovo incendio da applaudire. I ragazzi in motorino scompaiono”.

Sia il governo che la Camorra traggono vantaggi da questi ultimi pogrom di Napoli. L’avvocato Gerardo Marotta questa settimana riportava a L’Unità che l’origine della crisi rifiuti a Napoli aveva le sue radici al nord Italia, il quale usa il sud come una discarica a basso prezzo di materie tossiche di scarto. “Le cause derivano dalla circostanza che le industrie del nord da più di 40 anni, per risparmiare sui costi della bonifica dei rifiuti tossici che producono, hanno pensato di affidarsi alla camorra e alla mafia per sversare nelle terre del Mezzogiorno tutti i loro scarti di lavorazione”, ha detto l’avvocato.

Istigando violenza razzista a Napoli le bande della camorra sono riuscite a deviare l’attenzione pubblica dal loro ruolo nello scandalo dei rifiuti. Allo stesso tempo i pogrom sono munizioni benvenute per il governo Berlusconi al fine di distrarre l’attenzione dall’intensa crisi sociale a Napoli e nel paese in generale.

La violenza delle bande a Napoli era stata preparata da una sistematica campagna xenofoba condotta dal governo e dai mass media per poi essere applaudita da membri prominenti di governo. Anteriormente ai recenti pogrom, Umberto Bossi, leader della Lega, dichiarava pubblicamente: “È più facile derattizzare i topi che debellare gli zingari”. In seguito all’incendio che ha distrutto il campo Rom a Napoli, Bossi giustificava il pogrom asserendo che “se lo stato non fa il suo dovere, lo fa la gente”.

Roberto Maroni, suo collega di partito nonché Ministro dell’Interno, rispondeva dichiarando che la miglior maniera di prevenire attacchi su stranieri, come quelli di Napoli, era di aumentare il potere dello stato. Tale era la meta delle misure varate dal governo mercoledí scorso. Il pacchetto prevede:

1. Per la prima volta le entrate clandestine in Italia sono dichiarate reato. Le autorità possono pertanto deportare o arrestare immediatamente stranieri senza permesso di soggiorno o residenza. Arresto o deportazione sono ammessi anche nel caso in cui uno straniero sia definito in maniera alquanto vaga una “minaccia alla società”.

2. Autorità locali hanno il potere di controllare le condizioni di vita dei cittadini provenienti da altri paesi dell’UE prima di concedere loro il diritto alla residenza. Oltre al permesso di soggiorno, gli stranieri dovranno provare di avere un impiego che garantisca un reddito sufficiente per mantenere se stessi e le loro famiglie.

3. La nuova normativa, in vigore immediatamente, permette alle autorità anche di confiscare una proprietà affittata a immigrati clandestini.

Al fine di implementare le nuove misure, il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha dichiarato che sta considerando l’intervento di truppe militari per fermare il crimine urbano, mentre il ministro dell’Interno ha annunciato il suo piano di aprire campi speciali per l’incarcerazione di “criminali stranieri”.

Sebbene vari esperti legali considerino la nuova legge una violazione della legge dell’UE sul libero movimento dei cittadini fra stati membri, la reazione ufficiale della burocrazia europea è stata piuttosto silenziosa o si è cercato di sottovalutare la violenza razzista in Italia.

Nel parlamento europeo il gruppo PPE-DE (Partito Popolare Europeo-Democratici Europei) ha respinto un dibattito sui pogrom avvenuti in Italia. A novembre dell’anno scorso il presidente del gruppo esplicitamente difendeva Franco Frattini (attualmente ministro degli Affari Esteri, ex vicepresidente della Commissione europea e ex Commissario europeo alla Giustizia, Libertà, e Sicurezza) il quale per anni ha richiesto all’UE di sigillare i confini contro l’”immigrazione illegale”.

Da parte sua, il presidente del Partito Socialista Europeo Martin Schulz ha reagito agli attacchi razzisti di stato con una dichiarazione a mezza bocca in cui dichiarava: “La situazione italiana è difficile. Ma non vogliamo nascondere che il problema della protezione delle minoranze e dell’integrazione dei Rom nella società non sia un problema solo italiano in Europa”.

Il ruolo del governo Prodi e di Rifondazione Comunista

La campagna governativa iniziale contro gli immigrati e i Rom veniva istigata nel 2007 dal governo precedente di “centro-sinistra” di Romano Prodi. Le draconiane leggi appena emanate da Berlusconi trovano anch’esse la loro genesi in provvedimenti sanciti l’anno scorso dal governo Prodi—con il pieno supporto di Rifondazione Comunista (PRC), l’erede del Partito Comunista Italiano—il quale è stato presentato come un modello dalla sinistra piccolo-borghese in tutta Europa.

In seguito a un attacco brutale subíto da una donna italiana per presunta mano di un romeno l’autunno scorso, i mass media e l’opposizione di centro destra guidata da Berlusconi e Bossi cominciava una campagna sistematica contro gli stranieri in generale e i Rom in particolare. In quel contesto il Corriere della Sera presentava la situazione con un articolo intitolato “L’Invasione dei Nomadi” (29 settembre 2007).

Il primo a rispondere a tale campagna reazionaria era il sindaco di Roma e segretario generale dell’appena nato Partito Democratico (PD), Walter Veltroni, il quale pubblicamente dichiarò che il 75 per cento dei crimini veniva commesso dai Rom.

All’inizio di novembre del 2007 Veltroni pressava il governo Prodi ad approvare un nuovo decreto, il 181 (decreto sulle espulsioni), secondo il quale i cittadini comunitari possono essere deportati “per motivi di sicurezza dello Stato e per motivi imperativi di pubblica sicurezza”. Il decreto aveva come obiettivo principale gli immigrati romeni, primariamente Sinti e Rom, e dava alla polizia l’autorità di deportare interi gruppi di romeni “per motivi imperativi di pubblica sicurezza”.

Il 2 novembre il decreto 181 veniva firmato dal presidente della repubblica Giorgio Napolitano, ex leader del Partito Comunista Italiano, con il pubblico supporto del ministro per la Solidarietà Sociale Paolo Ferrero, unico ministro di Rifondazione nel governo Prodi di allora.

Per assicurare supporto della sua normativa Prodi chiedeva un voto di fiducia sul decreto di espulsione. Alla fine di novembre Franco Giordano, segretario generale di Rifondazione, fece un appello in supporto al decreto, che venne approvato con 160 voti contro 158. Con una sola eccezione, tutti i senatori di Rifondazione votarono in favore.

Mentre davano il loro supporto a tale decreto repressivo sull’immigrazione, i membri di Rifondazione esprimevano le loro speranze che la legge non si traducesse in deportazioni di massa. Il 7 novembre 2007, quando il primo ministro romeno Calin Popescu Tariceanu si incontrava con Prodi e con il papa a Roma per discutere il rimpatrio di cittadini romeni, l’ex leader di Rifondazione Fausto Bertinotti (a quell tempo presidente della Camera dei Deputati) dichiarava di essere soddisfatto dopo essere stato rassicurato dal ministro dell’Interno Giuliano Amato (PD) che non ci sarebbero state deportazioni di massa (La Repubblica, 7 novembre 2007).

Mentre Bertinotti formulava i suoi commenti, la polizia e il ministero dell’Interno stavano già finalizzando una lista di circa 5000 “immigrati indesiderati” a Roma, Milano, Napoli, Torino e Firenze, candidati per deportazione immediata.

La lista, preparata per l’uso dal governo Prodi, è stata ripresa e prioritizzata dal nuovo governo Berlusconi.

I recenti pogrom sponsorizzati dallo stato italiano rappresentano una condanna devastante della politica di Rifondazione Comunista, che in essenza sostiene che la miglior maniera di combattere la destra sia quella di adottare il loro programma. Il governo Prodi e Rifondazione in particolare sonoin gran parte responsabili per i recenti attacchi sui Rom e su altri immigrati.