Il Prefetto di Ferro - Sintesi

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• published: 28 Jul 2014
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Per la serie cambia il tempo, cambiano i personaggi ma la storia si ripete, sempre. Il governo invia in Sicilia un Prefetto con poteri speciali per sconfiggere il brigantaggio, naturalmente accogliendo e pubblicizzando il suo arrivo alla stazione con tanto di banda musicale, autorità politiche, religiose e militari a fare tanto fumo. Appena insediato convoca il comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica dimostrando sin da subito che ha le idee chiare su tutto e non scherza, suscitando, in alcuni dei presenti, non poche preoccupazioni. Inaugura le attività operative presentandosi prima a casa di un mafioso locale, accolto dal clima di povertà/omertà che caratterizzava la Sicilia di allora, per andare poi a verificare ed iniziare a correggere personalmente i bizzarri esiti processuali dell'epoca. Avvalendosi dell'esclusiva ma soprattutto fondamentale collaborazione dell'Arma dei Carabinieri, migliore attore non protagonista del film, inizia prima ad arrestare i briganti e poi stanare i latitanti, riuscendo con un colpo di genio a far costituire il capo dei briganti, il brigante Albanese che dettava legge sul territorio indisturbato da anni. L'attività fin ora svolte erano state ben accolte dal governo, solo che non avevano ben compreso le vere intenzioni di Mori, cioè quelle di stroncare la connessione tra mafia/politica/massoneria e "mettere le mani anche a Roma". Cosi, per far capire che fa sul serio irrompe con i Carabinieri in un salotto della Palermo bene, arrestando dei massoni (un prete, un generale, nobili, politici locali e malavitosi) tutti vicini al partito fascista. Arrivano i primi segnali da Roma, il governo manda a dire al Prefetto che preferisce molto più fumo e meno sostanza e che "preferisce la grancassa sui giornali ad una azione concreta e definitiva". Incurante del consiglio/avvertimento ricevuto alza il tiro, chiede un mandato di arresto per un rappresentante fascista l'onorevole Galli, naturalmente la risposta non tarda ad arrivare, tentano di ucciderlo nel suo ufficio. Non riuscendo nell'intento di farlo fuori fisicamente decidono di eliminarlo professionalmente, con una modalità subdola ma efficace e risolutiva, gli conferiscono la nomina a senatore promuovendolo ad un incarico superiore e di maggior prestigio, anzi, nel discorso il rappresentante del governo recita "lo condurrà a sedere fra i padri della patria". Il vero colpo di scena non è la rimozione di un onesto e valoroso servitore dello stato, ma la triste e frustrante decisione del governo di nominare come successore di Mori il "camerata Onorevole Galli", cosi gli verrà più semplice ripristinare tutto come era prima. Nella scena conclusiva traspare quel senso di tristezza ed impotenza, sentimenti con cui molto spesso gli onesti ed inermi servitori dello stato si trovano a doversi confrontare.