“Un soggetto difficile” [testo]

RadioAzione - Un soggetto difficile

Nota RadioAzione: Il testo che segue è del 2011, ma penso che comunque sia di attualità per quanto riguarda il movimento, il leadrismo ed i vari ruoli degli individui anarchici.

Un soggetto difficile, si. Un soggetto che può rapidamente volgere alla polemica, sterile o no. Ma questo non è il fine. Non si tratta neanche di un interrogativo esistenziale, di un “chi siamo”, di un “chi sono”. Ho voglia di discutere del movimento anarchico tale quale lo conosco, cioè quello di oggi, immagino che questi meccanismi si applichino ben oltre la nostra epoca o anche ben oltre il movimento anarchico. Ci sono molte cose da dire, ma io amerei parlare in particolare dei rapporti che reggono le relazioni all’interno di questo movimento, tra gli uni e gli altri, attraverso le barriere linguistiche e geografiche. Non vorrei, ciò nonostante, che queste frasi fossero prese per quello che non sono, mi includo tra le persone di cui parlo e i meccanismi che descrivo li riproduco io stesso. La volontà di scrivere queste considerazioni proviene dalle numerose discussioni tra gli anarchici di qui e di altrove, nei contesti più differenti, durante i quali essi/esse hanno sentito la necessità di porsi determinate questioni, di discuterne apertamente senza troppe formalità. Certo, non pretendo di rappresentare questi compagni e compagne, poiché io parto in principio da me stesso. Questo testo è fastidioso, infastidisce persino me. Spero ciò nonostante, discutendo di soggetto tabù che non divenga un tabù esso stesso, o materia di autoflagellazione. Spero anche che in occasione di questo incontro sul libro sovversivo, questo contributo possa essere l’occasione per riflettere su tali questioni, che secondo me sono indispensabili allo sviluppo delle nostre idee e all’incontro con altri indomiti.

Innanzi tutto non bisogna illudersi, il movimento anarchico è proprio un movimento, o una movenza, poco importa. Si potrà certo, per molti tra noi, mettere al centro della questione quella dell’individualità e dell’unicità di ogni individuo, e ciò impedirà a questa entità più ampia, il movimento, di sostituirsi alla volontà individuale e ai desideri propri di ciascuno all’interno di questo movimento. Infatti, tutti i gruppi sociali possiedono i propri margini, ciò è la condizione sine qua non del suo sviluppo, della sua auto-delimitazione. Poiché per definirsi bisogna passare da ciò che non siamo e da ciò che ci assomiglia. A partire da questo, l’originalità degli individui e dei gruppi affinitari che si esprime, è spesso normalizzata per entrare in un modello, una sorta di legante comune. Fino a quando la normalizzazione non agisce, come in ogni gruppo sociale, resta il disprezzo o l’ostracismo.

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“Per certe alleanze” [Testo tratto da “L’Aurora”]

RadioAzione - Gaetano Bresci

Nota RadioAzione: Nel 1899 il compagno anarchico Giuseppe Ciancabilla ha sentito l’esigenza di scrivere il seguente testo per la rivista anarchica “L’Aurora“. Nel 2015 non è cambiato nulla. Certe alleanze continuano ad esistere, e questo è dovuto all’ignoranza o per comodità. Ma soprattutto quante similitudini…

Ribattiamo il chiodo della possibilità di un’alleanza rivoluzionaria degli anarchici coi partiti affini, perché ci sembra valga la pena di essere discussa, e perché ci pare che certe illusioni conservate da parecchi nostri compagni, a tale riguardo, siano piuttosto dannose e cagionevoli di errori di tattica, di transazioni e di diminuzioni del nostro ideale che, per quanto transitorie, non cessano di essere fatali.

Sappiamo già anticipatamente che alcuni fra questi parecchi ci grideranno addosso degli intransigenti, dei dottrinari, e magari dei vili, ecc. ecc. Noi però rimarremo col nostro sangue freddo a far l’analisi calma e serena dello stato di morbosità pericolosa di questi compagni che da diciotto mesi in qua vanno predicando la rivoluzione antimonarchica, in nome dell’anarchia, e si stupiscono ora che la massa vile e i compagni incoscienti non si siano ancor tutti schierati sotto i loro ordini per effettuare la crociata nuovissima del repubblicanesimo anarchico.

Noi intanto diciamo che «un’alleanza rivoluzionala coi partiti affini per abbattere la monarchia» è, tanto dal punto di vista teorico che da quello pratico, assolutamente impossibile.

È impossibile dal punto di vista teorico, per la buona ragione che noi non possiamo andare in compagnia di chi proclama in tutti i toni che la sua azione rivoluzionaria si arresterà all’abbattimento della monarchia: non possiamo andarci, perché se portiamo un concetto d’idee più avanzate, la nostra voce farà nel coro degli alleati una stonatura maledetta, e chi finirà per non capirci nulla sarà la massa più o meno ben disposta a muoversi, la quale forse nell’indecisione aspetterà che i signori rivoluzionari si mettano d’accordo una buona volta, e per intanto essa continuerà a trascinare il carro dell’oppressione. Oppure, tanto per non stonare, bisognerà che gli anarchici stiano zitti, mentre gli altri proclameranno di voler la repubblica; e in tal caso un tal contegno ci parrebbe un’abdicazione, una rinunzia pura e semplice ai nostri ideali.

È impossibile l’alleanza dal punto di vista pratico se, com’è logico presumere, noi vorremmo in essa rimanere quali siamo, cioè anarchici. Infatti, essa sarà allora praticamente impossibile per il semplice fatto che… non verrà accettata.

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Grecia: “In occasione dello sciopero della fame degli anarchici e dei prigionieri politici. Testo del Gruppo Anarchico “Sinfonia del Caos”

RadioAzione - chiarezza

Di seguito un testo scritto dai compagni greci del Gruppo Anarchico “SInfonia del Caos” nel periodo dello sciopero della fame in Grecia contro le abolizioni di una serie di leggi, e tradotto in inglese in questi ultimi giorni:

Un supplemento necessario ad ogni lotta è la sua rivalutazione alla conclusione della stessa. Le azioni dei suoi soggetti, le questioni, le carenze e le problematiche incontrate, le relazione createsi e le percezioni sviluppate, è auspicabile che diventino oggetto di  riflessioni, allo scopo di accrescere la nostra complessiva posizione contro l’esistente, traendo utili conclusioni e facendo autocritica. Questo testo non pretende di essere una completa valutazione della detta lotta. Non ha intenzione di approfondire eventi specifici, attività, punti di vista e comportamenti che si sono verificati all’interno del movimento di solidarietà, né problemi generali e patologie dell’ambiente anarchico. Inoltre, ogni discussione sulle lotte e movimenti specifici riguarda i loro partecipanti e coloro che intendono continuare la lotta sotto le condizioni di questi movimenti. Dopo una così lunga e intensa attività e pratica di lotta, siamo in grado di esprimere il nostro parere su varie questioni, come “le lotte intermedie”, lo sciopero della fame come mezzo di lotta, le
relazioni tra i detenuti anarchici e quelli solidali con loro, la relazione tra gli anarchici e i progetti con richieste politiche, e molte altre. Quindi, data la possibilità, prenderemo una posizione su quelle che consideriamo più importanti, cercando di condividere le nostre preoccupazioni e le nostre conclusioni.

SCIOPERO DELLA FAME COME STRUMENTO DI LOTTA

Lo sciopero della fame è uno strumento di lotta usato da detenuti anarchici, politici e criminali in Grecia già da decenni, con relativa frequenza. Questa frequenza ha l’effetto di innescare  automaticamente il sostegno, la solidarietà e la partecipazione nel rispettivo movimento, che non favorisce però la critica anarchica, non solo a ogni singolo caso, ma anche allo stesso strumento.

Quando si svolge nella condizione di prigionia, lo sciopero della fame è infatti uno degli strumenti di lotta più difficili che un prigioniero dello Stato ha a sua disposizione. Tuttavia, lo scioperante riconosce il nemico come “partner negoziatore” e pone delle richieste in un processo di ricatto alla maschera umanitaria dello Stato, e quindi tali mezzi non presentano caratteristiche aggressive della lotta anarchica. Questa caratteristica passiva, basata sulla natura postulante dello sciopero di fame è una realtà che noi critichiamo, ma lo facciamo sempre in relazione alle particolari condizioni materiali nel campo ostile del carcere. Non può essere quindi confrontato con gli strumenti di lotta all’esterno del carcere. Presenta, tuttavia, una caratteristica speciale che deve essere sempre presa in considerazione; è per definizione auto-distruttivo in termini di logoramento biologico, e di solito porta a permanenti problemi di salute. Questo non significa che la lotta contiene dei rischi che devono essere evitati a tutti i costi, basati solo sul criterio della sopravvivenza. Significa però, un’attenta selezione di battaglie e una loro corretta organizzazione, e non certamente una facilitazione dello sterminio che il nemico ha architettato contro di noi.

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RadioAzione: About the method of struggle “hunger strike” [english version]

RadioAzione - uno sguardo oltre

in italiano: Qui

With the Spyros Mandylas’ text about the end of his hunger strike, RadioAzione definitely closes the door to the new method of protest – “hunger strike until death”, rotten fruit of the age of fast
communication. Yes, because there will be many hunger strikes until death thanks to the web information.

I’ve always rejected the hunger strike as a method of struggle, but I’ve always respected those who in the past years needed to adopt it for some “x” reason”. Instead of the hunger strike, in which one exposes its own life to risk, I prefer the “kamikaze” who will blow himself up in some barracks.

Like it’s not enough that we are thrown in the dungeons of the State, moreover we help exactly the same State to eliminate us physically.
Therefore, it’s better to try to kill a guard if you want put your life on risk in prison instead of doing the same thing blackmailing the State and asking charity from it.
The blackmail is: what could happen if our own health get worse due to the hunger strike?
In a way it’s like saying: “State, attention! If I die, there will be a mess outside …”. The charity wears the mask of demand with blackmail.

For that reason I don’t think that the“hunger strike”, especially the one which asks the State to be more gentle, is a proper method of struggle for an anarchist.
I understand that is one of the few methods of struggle that can be used in prison but, if we decided to “steal a
candy”, we know very well that the result would be punishment. It doesn’t make sense to complain later.
Even if we’re accused for the stolen candy, but we didn’t do that, we have to assume that we belong to those who would, anyway, like to steal that candy.

In short, we are anarchists and if we don’t decide to spend our life behind the doors of a library, reading books and more or less agree with various theories, the prison will accommodate us, sooner or later.
This will happen because we could be caught in the act or we could be set up. In war the enemies have to be eliminated in any possible way, and in that regard the State is more coherent than anarchists.

I am aware that in this moment, when I’m writing these lines, some comrades in Chile are on hunger strike for several reasons related to their situation, such as isolation, imprisonment etc. But this one is very
different from the hunger strike carried out and ended by detained anarchist in Greece (with the pressure on the new rulers and “friendly” SYRIZA government, to abolish some laws for anarchists).
Like I said before, that is the same method of “struggle”, carried out for asking
something from the State, in the form of blackmail which doesn’t reflect
the anarchist ideas.

Should I stay in silence in front of all this?
Should there exist only statements of ignorant solidarity an no different positions?

As I could see, the criticism hasn’t come only from myself, but from many other comrades too, whose ideas are put (and continue to stay) in the drawer of anarchist respectability.

Mine reflections are just some kind of “reflections”, while those coming from the others are reflections in the true sense…
For my reflections not to be just some kind of reflections, I should write them in a prison cell; and there, yeah, they could become reflections in the “true sense”…
Yes, because whatever comes out of prison is consider truthful, and often whatever comes from outside it’s crap if it disagrees with the uniformity.

The theory says that the critical analysis, especially when it comes from a “non politically correct” side and when isn’t deep enough, it doesn’t hold on the Internet.
One who has a magazine, in paper form, can write his reflections without them to be “some kind of reflections”. So therefore I shouldn’t write my own for the simple reason that because circulating on the Web they are considered “some kind of reflections”?
Must I have a “diploma” or “license” to say what I think?

This reminds me a lot of the method of assembly, where one who isn’t a good “orator” stays silent and never intervenes, and if he would intervene, with his simple and genuine way of speaking, he would be
immediately shushed by a long speech from some good orator.

I don’t have money to print a magazine, and when I used to print it in the past, many didn’t care to leave a donation, despite the fact that it was (minus printing costs) benefit for the anarchist prisoners. However, hundreds of copies were distributed on my own expense, obviously
(obviously?).

Because of that I decided to move my “kind of reflections” on the website, at “almost” zero cost. Therefore, since I don’t have any intention to become “news agency”, I put down my thoughts here.
I keep in mind that Internet is under surveillance, but the papers shouldn’t think they are safe from indiscreet eyes.
Consequently, my considerations are under surveillance as much as those on the paper.

One more thing that I don’t tolerate and that really pisses me off is when I hear, “it’s not the right moment”.

On the basis of which Christian spirit you claim this bullshit?

Only because one decided to transform his own life in a “blackmail-charity” and could be dying, I shouldn’t say everything I think?
Why those who support him may express their thoughts but not the other ones who do not?
Should I stay in silence, waiting him to die, and then send flowers on the coffin and a note of condolences to the family?
No, sorry, I’m all that what can be considered a lucid sick and cynical mind, and I rather say: “Poor comrade, unaware, you who are dying and didn’t understand a shit that you’re doing a favor to the
State…”

I’m not against the suicide, it don’t have the need to be a part of worthless fauna on this shitty planet. I’m not catholic either, to think that committing suicide is a sin.
Suicide is a moment, and many times maybe it passes just a few seconds from thinking to committing it. If I had two minutes to think about it, I would rather drag with me under the ground one of my enemies.

I’ve heard so many times “it’s not the right moment”.
One time it’s not for the demo, next time it’s not for the attack, then it’s not for the
critic, and another time it’s not because someone has a stomach ache.

Couple of years ago someone said: “we go and we come back together”. Many didn’t like this statement and, rightly (from my point of view), it was criticized and transformed into: “I/we don’t wait anyone!”.
“Go and come back together” means that there should be a specific moment for leaving and a specific moment for returning, always united. Therefore, there should exist “specific” moments.
But, who knows which are those right moments?
Usually, they are determined by the leaders… or it’s better to say that they will never exist…
Which means that many have criticized the “go and come back together”, but in fact they are saying “it’s better not say anything and do nothing because it’s not the right moment…”.
Let’s play: “Find the differences”.

From my point of view, one who says “it’s not the right moment”, he suffers, unquestionably, from authoritarianism.

Even this “kind of reflections” about using the “hunger strike” as method of struggle, and especially in its form “until death”, will end up in the drawer of anarchist respectability.
Because the detained anarchist comrades on hunger strike mustn’t know that there are anarchists who think differently; they have to know that all anarchists support them.
As if there are not enough concrete walls, barbed wires and bars to isolate prisoners from what’s happening outside, so even comrades from outside distort the reality.

And, who knows, maybe someone even hopes the comrade on hunger strike dies, so to make a demo and smash the shop windows.

Note: No one is forced to read my reflections, and if they bother you, change the “channel” and you will find the “social peace” for sure.

RadioAzione, 8 May 2015

Translation: RadioAzione [Croatia]

Parigi [Francia]: Senza chiedere scusa

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Di seguito un testo che mi viene indicato da un compagno e che dovrebbe dare da pensare a molti:

Tolosa, 21 febbraio 2015. Una manifestazione contro la diga di Sivens e (per qualcuno) le nocività di questo mondo si accende, come molti prevedevano, e finisce in scontri con gli sbirri e danni a negozi, auto ed arredamento urbano. Come spesso accade, purtroppo, ci sono degli arresti fra i manifestanti. Fra di loro c’è François. Secondo le merde dei giornali sarebbe stato arrestato mentre sfondava a colpi di mazza le vetrine di un’agenzia immobiliare e di un negozio di arredamento.
François rifiuta il processo per direttissima e passa quindi davanti al giudice il 25 marzo, dopo un mese di preventiva. Ecco alcuni estratti della sua dichiarazione : “Mi sono lasciato tirare. […] Da una parte i poliziotti, dall’altra noi. Ho fatto l’errore di considerare i poliziotti come dei nemici, gli altri come miei amici. […] Mi è stata data una mazza. Me ne sono servito. Sono desolato”.
La giudice, che è una boia, ma non è scema, gli chiede cosa ci faceva a Tolosa, visto che abita all’altro capo della Francia, a Rennes, e per di più con una maschera antigas sul volto. François se la gioca da ex studente pacato e gentile, si dice “toccato dall’ecologia”. La giudice, da buona boia nient’affatto scema, fa il suo lavoro e lo rimanda al fresco per altri cinque mesi, più 6 di condizionale e l’obbligo di pagare i danni.

Milano, 1 maggio 2015. Una manifestazione contro Expo e (per qualcuno) questo mondo nocivo si accende, come previsto anche dalle pietre, e finisce in duri scontri con gli sbirri ed ingenti danni a negozi, auto ed arredamento urbano. Come spesso accade, purtroppo, sbirri e magistrati si vendicano a freddo. Il 19 maggio Marco viene arrestato a casa sua. Seconda l’accusa avrebbe preso parte al pestaggio di uno sbirro. Accusa secondo loro provata da alcune foto scattate da giornalisti e circolate sui media, che lo ritrarrebbero a viso parzialmente scoperto.
Durante l’interrogatorio di garanzia, Marco dichiara [1]: “Ho visto che gli agenti portavano via una ragazza in modo violento ho preso un bastone che si trovava per terra e ho colpito un poliziotto. Poi sono andato via. […] Ho agito in modo impulsivo, sono rammaricato e chiedo scusa al poliziotto”. Non sappiamo se il fatto di mettersi a strisciare gli servirà per ridurre il conto in tribunale.

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RadioAzione: O si cambia o si muore…

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Quando qualche anno fa ho iniziato il progetto di RadioAzione, non avrei immaginato che sarei riuscito a portarlo avanti per così tanto tempo e con un impegno così intenso.
Solo le “de – menti” eterne del “blablabla” non hanno voluto, non vogliono e non hanno tentato di capire che un sito o un blog, come per esempio RadioAzione, sono solo un mezzo della propaganda anarchica, della controinformazione, e non un’illusione/allucinazione insurrezionale tipo quella che ha chi pensa di essere migliore per il semplice motivo che non si siede davanti ad un computer (anche se dubito molto seriamente che qualcuno non si segga davanti ad un pc nel 2015).

Se avessi avuto quest’illusione mi sarei definito un rincoglionito, o un nerd, come dicono gli “altri”.
Si proprio quegli altri, come i crociati incoerenti che chiamano le loro lotte con la negazione “No”, quelli che tra qualche mese, anno, potrebbero dar vita ad una nuova lotta: “No Web”.

E’ più facile schiacciare il pulsante di un pc per avanzare una critica?
E cosa dovrei fare? Farmi la galera per essere andato a fare scampagnate in montagna con preti, sindaci e assessori (ma anche la F.A.Italiana, le associazioni, i marxisti-leninisti, e gli infami)?
No grazie, già me la sono fatta con l’accusa di voler realizzare porcate tipo “dittatura del proletariato” e dei “tribunali del popolo”, quindi qualcuno ha cercato già di calpestare la mia dignità.

All’aria viziata di sedi, assemblee, incontri, iniziative che non portano a nulla, al moralismo, alla auto-ghettizzazione, al settarismo, al “volemose bbene…ma pugnaliamoci alle spalle” tra compagni, ho portato via la mia presenza, che fosse gradita o meno non mi interessa. Penso per me, e non alla salute dello stomaco altrui.
Quindi ho cercato di dare un mio piccolo apporto, o contributo, alla controinformazione attraverso una web radio e un blog ai tempi poco aggiornato.

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“Zagovor Na Ednakvite”: [MACEDONIA]: Sull’inaccettabile silenzio e sulla paura della critica… ( versione Italiana e Inglese)

RadioAzione - silenzio obbligato

Nota RadioAzione: Di seguito il testo dei compagni macedoni del sito anarchico di controinformazione “Zagovor Na Ednakvite”. Testo, tra l’altro, preannunciato nell’ultimo scritto degli stessi compagni e pubblicato sempre su RadioAzione sulla paura critica e il silenzio durante gli scioperi della fame contro le abolizioni di leggi in Grecia. Quindi noi come RadioAzione non siamo gli unici “appestati”, e questo si era già capito leggendo su qualche sito di controinformazione testi di critica verso quella forma di lotta “democratica” che non sono mai stati tradotti nemmeno in inglese (nonostante la dicitura “il testo è in via di traduzione”). Essendo RadioAzione un sito che non pubblica tutto quello che arriva via mail,  o traduce tutto quello che compare su altri siti, non mi aspetto che lo facciano gli altri. Di contro abbiamo sempre fatto autocritica quando ce ne stato bisogno, perché siamo così e pensiamo che sia molto più degna un’autocritica che mille parole da guerrieri incoerenti. Come avvenuto per i testi precedenti “oscurati”, diamo la possibilità di leggere il testo dei compagni macedoni anche in lingua inglese così che non sia solo una certo tipo di controinformazione a  dettare cosa vada pubblicato e cosa no, quale sia la strada anarchica da percorrere e quella da evitare, chi sono i fieri e chi gli appestati:

Non abbiamo mai avuto intenzione di fare del nostro blog una agenzia stampa, meramente pubblicando notizie e traducendo dichiarazioni, perché non siamo né giornalisti né traduttori, ma anarchici. Portiamo avanti il sito di controinformazione per la nostra affinità con la lotta, che ci fa partecipi nella lotta anarchica, e non spettatori o cronisti dello spettacolo. Per questo motivo non ci possiamo accontentare solo di traduzioni e di sventolare gli striscioni a sostegno delle azioni dei nostri compagni, perché facendo parte delle lotta ed “essendo anarchici” sentiamo il bisogno di osservare criticamente quello che sta accadendo nelle lotte attuali, dove ci stanno portando e dove ci collochiamo noi in esse (come le azioni intraprese dai nostri compagni), e quindi di arricchire la lotta anarchica con un flusso di idee, per sfuggire alla rigidità del momento e al silenzio dello spazio di controinformazione anarchica.

Nei mesi scorsi abbiamo assistito ad una lotta molto intensa in Grecia, ma le numerose agitazioni hanno sollevato anche molte questioni. Purtroppo ben poca discussione è apparsa negli spazi di controinformazione, e sembrava come se ogni approccio agli eventi accaduti in Grecia fosse “proibito” i ignorato, sia dalla maggior parte dei siti di controinformazione che dai compagni che hanno preso parte agli eventi. Un atteggiamento alquanto inaspettato all’interno delle tensioni anarchiche, e che di per sé dovrebbe essere oggetto di una critica a parte.

Naturalmente, il sostegno e la solidarietà con qualsiasi lotta che i nostri compagni hanno intrapreso devono essere presenti. (Si noti che abbiamo usato il termine “compagni”, perché non intendiamo sostenere “ogni individuo o gruppo che si dichiara anarchico”, e ancora di meno comunista o altre stronzate di Sinistra. Noi condividiamo la nostra affinità con la tensione anarchica individualista e nichilista, e dato che gli anarchici d’azione appartengono a questa tensione esprimiamo la nostra solidarietà a loro. Molti siti di controinformazione scelgono di pubblicare le azioni e le dichiarazioni di gruppi molto differenti tra di loro, dai combattenti per l’autonomia del popolo kurdo, dei gruppi comunisti, della guerriglia urbana marxista, fino ai gruppi nichilisti e alle cellule della FAI/FRI. Non riusciamo a capire come tutte queste tensioni separate, di cui maggior parte “ostili” l’una all’altra, possono trovare spazio comune sullo stesso sito di controinformazione “anarchica”. Ovvio, anche questo è una questione che dovrebbe essere discussa). Possiamo anche essere d’accordo con l’idea di alcuni compagni che in certi momenti sensibili, come durante un lungo e rischioso sciopero della fame, dovremmo essere più prudenti nei nostri discorsi e tenere a mente la fragile posizione dei compagni in sciopero della fame, ma questo non significa che dobbiamo rimanere in silenzio quando assistiamo all’abbandono dei concetti basilari dell’anarchia. Non siamo d’accordo con questi stessi compagni quando dicono che si deve tenere conto del tempismo e che ogni discussione deve svolgersi solo alla fine dello sciopero della fame. Chi può decidere quando è il momento giusto per una discussione critica, soprattutto quando alcuni di noi definitivamente sentono che dovrebbe essere discusso qui ed ora? La solidarietà e il sostegno alla lotta devono essere accompagnate da un approccio critico, perché questi sono degli aspetti inseparabili della lotta anarchica. Combattiamo contro il conformismo del pensiero – non possiamo permettere che si riproduca all’interno dei nostri stessi ambienti.

“””

“Per noi il sentimento dell’affinità è fondamentale nelle nostre lotte. Non ci consideriamo delle “prigioniere politiche” e non attacchiamo le istituzioni di Potere per migliorare la società.”
– Amélie Pelletier e Fallon Poisson

Avevamo già pubblicato un breve commento (Commento del sito di controinformazione macedone “Zagovor na ednakvite” sullo sciopero della fame in Grecia ) sulle contraddizioni che vediamo nel sostegno dei guerriglieri urbani nichilisti ad una lotta per l’abolizione di leggi specifiche. Vorremo qua approfondire queste riflessioni, dato che alcuni di questi anarchici sono dei nostri compagni, con i quali condividiamo sia l’amicizia che l’affinità, e per questo ci sentiamo in obbligo di porre queste domande inevitabili, come anche ci aspettiamo da loro di degnarci con le loro stesse riflessioni.

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Gianluca e Adriano: La corte d’appello annulla l’accusa per terrorismo. Adriano libero!

La sentenza del processo di appello contro Gianluca e Adriano ha annullato l’accusa di terrorismo. I due compagni anarchici, in carcere sotto regime di Alta Sicurezza 2 dal 19 settembre 2013, erano accusati di associazione con finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico, oltre che di incendio, furto aggravato in concorso, deturpamento e imbrattamento di cose altrui: concetti giuridici e strumenti repressivi per sanzionare le 13 azioni di cui sono stati ritenuti responsabili.

Permangono le accuse per i reati specifici, ma essendo caduta quella di terrorismo Adriano è stato scarcerato, mentre Gianluca resta ancora in carcere.

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Messico: Intervista audio doppiata in italiano sui casi di Abraham Cortez Avila e Fernando Barcenas Casillo

todos somos presos

Ricevo e pubblico dai compagni di Reporter Libertario le seguenti interviste:

Di seguito pubblichiamo due AUDIO doppiati in Italiano, in cui una compagna ci parla dei casi di Fernando Barcenas Castillo e di Abraham Cortez Avila, due compagni detenuti nel Reclusorio Norte di Città del Messico dal 2013:

Intervista sul caso di Fernando Barcenas Castillo, compagno detenuto dal 13 dicembre 2013, dopo una marcia contro l’aumento della metro di Città del Messico. È stato condannato a 5 anni e 9 mesi, accusato di aver dato fuoco all’albero di natale della Coca Cola. Da quando è stato arrestato non si è mai abbattuto anzi ha continuato a lottare dall’interno del carcere, scrivendo lettere, facendo denunce, impegnandosi alla pubblicazione dell’a-periodico “El Canero”, oltre ad aver appoggiato e facilitato altri prigionieri.


Intervista sul caso di Abraham Cortez Avila, arrestato il 2 ottobre 2013 e ultimamente sentenziato a 5 anni e 9 mesi di prigione. L’Audio ci racconta del suo caso specifico, il lavoro di diffusione che (assieme a Fernando Barcenas) porta avanti dal Reclusorio Norte, ma anche sulla criminalizzazione del movimento sociale e sui montaggi giuridici contro gli anarchici.

Repubblica Ceca: Solidarietà contro l’Operazione Fenice

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Martedì 28 aprile la polizia ceca ha lanciato, evidentemente ispirata dai suoi colleghi europei, una serie di azioni antianarchiche raggruppate sotto il nome di “Operazione Fenice”. Ci sono stati arresti, interrogatori, perquisizioni e sequestro dei server. Tre anarchici rimangono dietro le mura della custodia cautelare, mentre gli altri saranno giudicati in “libertà”.
L’intero evento è stato presentato come un intervento della polizia contro i terroristi – questa etichetta è stata prontamente e di buon grado accolta dai media, che l’hanno utilizzata per artificialmente indurre e alimentare il panico, che ha colpito l’intero pubblico, contribuendo a legittimare l’accaduto.
Queste azioni condotte con lo scopo di soffocare il crescente movimento anarchico nella Repubblica Ceca non ci sorprendono, perché la nostra lotta contro la diseguaglianza attraverso l’auto-organizzazione va oltre il funzionamento delle istituzioni ufficiali e dell’apparato giuridico, cosa sgradita allo Stato.
Lezioni sul “terrorismo” ci vogliono dare coloro che non esitano ad esercitare il terrore e l’ingiustizia – sotto forma di repressione poliziesca, di guerre condotte dagli eserciti, di leggi, di telecamere onnipresenti, santificate dai comuni o sfruttate dai datori di lavoro.
Quindi, chi sono i veri “criminali” e “terroristi”?
Gli arrestati e gli accusati sono nostri compagni, e se loro sono dei terroristi, lo siamo anche noi.
Noi costruiamo solidarietà, creiamo possibilità, e indichiamo chi ci saccheggia e ci sfrutta!
Immediata cessazione delle persecuzioni e di tutte le accuse!
Esprimiamo la nostra solidarietà ai compagni e continueremo la lotta!

 

Traduzione: RadioAzione [Croazia]

fonte

Praga [Rep. Ceca]: Rivendicazione della Rete delle Cellule Rivoluzionarie (SRB) per l’incendio ad un’auto della polizia

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Venerdì 15 maggio 2015 è stata bruciata una macchina degli sbirri parcheggiata davanti alla stazione di polizia, nella via Hostivařska a Praga. Questo è il risultato del sabotaggio mirato della cellula M.A.P. Seguivamo le azioni della Rete di cellule rivoluzionarie, ma indugiavamo a trasformare la nostra rabbia nell’azione diretta d’attacco. Per molto tempo ci tormentavano la paura e l’indecisione. Poi è arrivata la svolta. Il 28 aprila 2015 la polizia ha lanciato un attacco contro il movimento anarchico nel paese in cui viviamo, e questo ha facilitato la scelta di attivarci. Crediamo che seguiranno altre scelte di questo tipo.
Una macchina della polizia bruciata rappresenta forse solo un piccolo passo in confronto a ciò che deve essere fatto per porre fine al capitalismo. Ma questo passo ci apre delle nuove possibilità. E ci era inaccessibile finché eravamo incapaci di oltrepassare i limiti delle proteste, che abbaiano molto ma non mordono mai i nostri nemici. Abbiamo spezzato le catene della moralità borghese. Per lo Stato e il capitale adesso non siamo più degli innocui vendifumo. Stiamo diventando una minaccia, perché abbiamo iniziato a distruggere quello che ci sta distruggendo. Ed è solo l’inizio! La lotta continua!

cellula M.A.P./⁠/⁠ Rete delle cellule rivoluzionarie/⁠SRB

Traduzione: RadioAzione [Croazia]

fonte

controinformazione anarchica in diretta