15 aprile 2016

ABBATTERE LE FRONTIERE! GIORNATA DI LOTTA SABATO 7 MAGGIO 2016 - BRENNERO

ABBATTERE LE FRONTIERE
Lo Stato austriaco ha annunciato che, con i primi di aprile, verrà ricostruita la frontiera del Brennero. Questo significa: barriere di acciaio, filo spinato sui sentieri, controlli sull'autostrada, sulla statale, sulla ferrovia e sulle ciclabili, pattuglie di militari e di milizie, container per i profughi. Esercito e filo spinato sono presentati ancora una volta quale "soluzione tecnica" per contenere e rinchiudere i poveri, il cui esodo è il risultato di guerre, devastazione ambientale, miseria. Al di là delle rimostranze formali, le autorità italiane si adeguano, intensificando i controlli a sud del Brennero. Siamo di fronte a un passaggio storico. Credere che muri e soldati siano riservati sempre e comunque a qualcun altro è una tragica illusione: a venire recintata, bandita e schiacciata è la libertà di tutti. Dalla Palestina al Messico, dalla Turchia alla Francia, e ormai a due passi da noi, le barriere sono l'emblema del nostro presente. Accettarle rende disumani e complici. Cercare di abbatterle è l'inizio di una libertà possibile. Bisogna scegliere da che parte stare.
SABATO 7 MAGGIO 2016 
GIORNATA DI LOTTA

MANIFESTAZIONE AL BRENNERO ORE 14,30

(davanti alla stazione dei treni)
Per informazioni, iniziative, testi di riflessione: 
abbatterelefrontiere.blogspot.it 
abbatterelefrontiere@gmail.com





L'HOTSPOT A TARANTO: LA FRONTIERA E' OVUNQUE

Fonte

riceviamo e diffondiamo:


LA FRONTIERA E' OVUNQUE
(L'hotspot e Taranto)


Non c'è modo di capire cosa sia l'hotspot di Taranto senza guardare le strade pattugliate, la stazione presidiata da telecamere delle tv locali e nazionali e i buoni samaritani con le pettorine delle associazioni, le guardie sui treni, gli autobus urbani tramutati in nastri trasportatori di merce umana. Il nervosismo della sbirraglia che chiede i documenti a chi osa guardare oltre i doppi cancelli per cercare gli occhi di chi è recluso.

Si rischia di soggiacere altrimenti alla narrazione dominante dell'Europa che non rinuncia alle sue istanze di civiltà e umanitarismo nonostante la minaccia del terrorismo, agitata sempre con un tempismo magico.
I Grandi burattinai ripetono che lasciare morire di bombe (eccellenza dell' esportazione Made in Italy) uomini donne e bambini non sta bene. Per quanto riguarda la miseria, la fame, le galere o la voglia di sfuggire ad un destino scritto e andare via non è affare nostro. Dunque all'estrema periferia sud dell'Europa le porte si fanno strettissime e si smistano esseri umani. Nessuno esce senza aver lasciato le proprie impronte e senza aver dichiarato la propria provenienza. Da quel punto in poi i destini si dividono. Chi risponde ai parametri per richiedere l'asilo, politico o umanitario, entra nella filiera della seconda accoglienza. Un affare miliardario per associazioni, cooperative sociali, charitas, mercanti del tempio che mai furono scacciati. Poi comincia il limbo dell'attesa dei documenti. Giorni che diventano mesi. E poi anni ad ingannare il tempo spossessati della propria autonomia, della vita stessa. Infantilizzati, gli spostamenti solo nei percorsi obbligati, un tempo di redenzione passato a dimostrare senza ombra di dubbio la propria disponibilità ad essere sfruttati dentro i sistemi economici della patria dei diritti umani mangiando pasta scondita. Qui al sud Italia spesso finendo nelle mani dei caporali delle agromafie e di sciacalli vari coperti dalla questura. Per gli altri, i cosiddetti migranti economici la sentenza è riassunta dall'ipocrisia del "respingimento differito".

Appena fuori dall'hotspot vengono caricati sugli autobus dell'Amat (trasporto urbano che senza troppi scrupoli s'è messo a prendere ordini direttamente dal prefetto) e portati in questura nel quartiere periferico della Salinella a firmare un foglio che ne sancisce la clandestinizazione.
Entro sette giorni saranno obbligati a raggiungere con i propri mezzi la frontiera e lasciare l'Italia.
Entro sette giorni il loro destino sarà a discrezione dello sbirro che li ferma, degli accordi tra ministri degli interni europei, delle indotte psicosi securitarie dell'Opinione Pubblica.
Dopodichè vengono sistematicamente mollati in mezzo alla strada, il cerchio è chiuso sono tutti contenti. O forse no.

Il sindaco di Taranto si è svegliato male quando s'è accorto di avere un problema grosso quanto l'affare che sperava di aver cloncluso. Un fiume di esseri umani senza nulla da perdere ad invadere la città. Con le mani nei capelli facendo una forzatura al dipositivo a cui si era piegato senza problemi pochi mesi prima fa riaprire le ex Ricciardi, un edificio scolastico in disuso già utilizzato durante l'emergenza nordafrica. Con la mediazione delle associazioni umanitarie vi fa trasferire tutti quelli che attendendo di poter salire sul treno per allontanarsi dalla ennesima prigione della loro odissea, non hanno un tetto per passare la notte.
Un luogo sicuro assicurano caritatevoli ed indaffarati gli emissari dell'associazione Babele e lo ripetono ai migranti in inglese in francese in arabo.

Il sindaco chiede un tavolo con la prefettura, dopo 48 ore la celere è alle ex ricciardi a ribadire chi comanda sul traffico di questi esseri umani.Non certo le intempestive crisi di coscienza di un sindaco connivente a tutte le peggiori imposizioni coloniali (ilva, eni, marina militare qui dettano la legge, lui scrive) e neanche le buone intenzioni dei volontari garanti della pace sociale.

Fin qui la storia ufficiale a cui affianchiamo il racconto di qualcuno che ha passato l'ultima settimana a chiedersi con le lacrime di rabbia agli occhi sfidando il senso d'impotenza e la rassegnazione che questa macchina mostruosa incute, cosa fare? Qualcuno ha provato a bucare quelle barriere fisiche sbirresche e linguistiche con questo fiume di persone, cercando nell'emergenza di stringere una complicità che potesse sabotare l'ingranaggio.

Siamo consapevoli che la prigione estesa che è questo mondo rinchiuda noi tanto quanto chi prende il mare. Che la gestione dei flussi migratori a velocità alternata serve per stabilire il prezzo del lavoro, fomentare la xenofobia, rafforzare i dispositvi di controllo sulla vita di tutti. La frontiera è ovunque, i check point invisibili sono ad ogni angolo, venti passi nel cortile sono diventati ventimila passi forse. E certe volte fa bene a chi è immerso nella sua sonnolenta routine fatta di serate nei posti occupati di assemblee con i loro rituali sentire cosa si è disposti a rischiare.

SOFFOCARE PER UN SOFFIO DI LIBERTA' come diceva qualcuno dalle carceri greche.
Non abbiamo nessuna intenzione di unirci al lamento sulla inefficienza dello Stato visto che umanitarismo e controllo sociale sono due facce della stessa sporchissima moneta.
Ma a noi le giornate passate sono sembrate uno spiraglio da cui far filtrare aria nuova.
Per questo ci siamo presi lo spazio per parlare e farci raccontare, abbiamo provato ad avere un giorno di respiro lontano dagli occhi dei carcerieri più o meno caritatevoli.

Con chi dovremmo stringere allenanze? Con chi ha accettato umanitariamente di aiutare a gestire gli immigrati o con chi è fuggito da molte carceri per arrivare fin qui a ricordarci di desiderare anche noi tutto lo spazio e tutto il tempo che ci è stato sequestrato dalla prigione estesa?
Quello che vi sembra un borbottio sommesso che viene dal mare facile da coprire con le fanfare del potere, presto sarà un urlo assordante di libertà.

UN SOLO FRONTE - IN SOLIDARIETA' AGLI/ALLE ANTIFASCIST* RIMINESI


UN SOLO FRONTE

Sappiamo bene, e da tempo, che la funzione della carta stampata “ufficiale” (quella che vede gli editori intrallazzare col potere politico e finanziario) è quella di creare scoop per aumentare le tirature e le vendite e accanirsi contro facili capri espiatori, di volta in volta immigrati, Rom, centri sociali, anarchici e così via. Ma la canea mediatica di questi giorni in terra di Romagna contro alcuni antifascisti riminesi, di varia provenienza politica, è davvero vomitevole.
I fatti. Ad inizio aprile alcuni noti militanti del partito di estrema destra Forza Nuova, celandosi dietro la ormai consueta sigla “Solidarietà nazionale”, organizza un banchetto davanti ad un supermercato di Rimini per la raccolta di generi alimentari da destinarsi, sempre secondo loro, a persone in difficoltà economiche. Naturalmente questi bisognosi devono dar prova di italica appartenenza, perché la fame è innanzi tutto una questione etnica per i decerebrati patologici che compongono la variegata area della destra radicale.
Neofascisti, tra l'altro, che si sono già distinti in passato per minacce ed aggressioni. Un gruppo di antifascisti decide così di fargli capire che non è aria e i forzanovisti, avendo avuto la peggio, non trovano di meglio che atteggiarsi a vittime dei centri sociali, degli antagonisti e di quei brutti “violenti della sinistra”, organizzando qualche giorno dopo un corteo nazionale che vede scendere per le strade di Rimini nientemeno che il loro capoccia, Roberto Fiore, che chiede a gran voce la chiusura di “Casa Madiba”, spazio sociale da cui, sentendo loro, sarebbe partito l' “attacco”.
Nemmeno a dirlo, le frasi di Fiore vengono fatte proprie pressoché da tutti i giornali locali, che come una cantilena ripeteranno la stessa litania: chiudere gli spazi degli antagonisti, finirla con la violenza degli antifascisti, in un coro solidale coi fasci di Forza Nuova. Nel frattempo la questura ordina diverse perquisizioni domiciliari a carico di alcuni antifascisti riminesi, e nell'occasione vengono sequestrati computer e telefoni.
Passa qualche giorno e in Romagna, sabato 9 aprile, arriva il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, a farsi bello davanti ai giornalisti con il pretesto di alcune prossime scadenze elettorali locali.
A giudicare dalle differenti risposte che ha suscitato in quasi tutte le città dov'è transitato, c'è da giurare che a queste latitudini il razzistello non sia molto amato, soprattutto dopo l'accordo e la collaborazione coi neofascisti di Casapound. Ed allora ancora una volta sono i giornalisti a metterci la proverbiale pezza, costruendo di nuovo un'ipocrita operazione scandalizzata contro gli antifascisti e gli antirazzisti, “rei” di opporsi al dilagare del clima xenofobo in questo paese, indicati di volta in volta come teppisti e delinquenti. Feccia rossa, insomma!
Ma è ancora contro alcuni antifascisti riminesi che sembrano prendersela con maggior zelo i questurini della carta stampata. Senza celare la loro rabbia, le testate locali si scagliano contro coloro che si sono macchiati, ai loro occhi, della gravissima colpa di avere organizzato un presidio in piazza Tre Martiri contemporaneo alla presenza nella stessa piazza di Salvini; presidio poi terminato con una carica della celere, due compagni picchiati e poi arrestati, di cui uno con una costola rotta, e un passaggio davanti alla Questura ad aspettare il loro rilascio (avvenuto in serata, dapprima con la misura degli arresti domiciliari e poi, a seguito dell'udienza per direttissima dell'11 aprile, con la formula delle firme tre volte la settimana).
Lo schieramento partitico istituzionale anche in questo caso, come nel caso precedente, o ha preso una posizione ipocrita ed ambigua, equidistante da fascisti e antifascisti, accomunati in uno stesso insensato calderone, o non ha avuto dubbi: i fascisti e i razzisti sono le povere vittime dell'odio e della violenza dei “compagni”. Poverini! Anzi, poveretti, protettori e protetti!
Agli antifascisti non doveva essere permesso di entrare in piazza, secondo esponenti istituzionali di partiti grandi e piccoli. E questo, per inciso, alla faccia di quel valore che chiamano democrazia, con cui si riempiono la bocca tutti i giorni questi politicanti da operetta. Perché in questa democrazia, si sappia, non è permesso dissentire, né è permesso contestare fascisti e razzisti. Anzi, fascisti e razzisti devono agire indisturbati, in ogni città e contrada, e specialmente in quei territori che mantengono ancora il filo delle loro tradizioni ribelli e sovversive come la Romagna. Perché la gente deve prendersela con gli immigrati e lasciar fare gli affari loro a padroni e politicanti leccapiedi. Ecco perché fascisti e razzisti sono coccolati da polizia, politicanti e giornalisti. Sono gli utili imbecilli di questo sistema dalle fondamenta marce, che ogni giorno dà prova di sé stesso attraverso corruttele, iniquità sociali, devastazioni ambientali e dispotismo galoppante.
L'aumento della repressione contro le lotte sociali, così come per coloro che praticano l'antirazzismo e l'antifascismo (ormai non solo quello militante ma l'antifascismo in sé) è un fatto evidente, assiomatico della realtà che viviamo, in cui l'estrema destra cresce in tutta Europa e si costruiscono muri per tenere fuori i migranti. Fortunatamente c'è chi pensa ancora che lottare paga. Che lottare contro tutte le forme di ingiustizia sociale ed economica sia giusto. Che opporsi al razzismo e ai fascismi, vecchi e nuovi, sia un dovere di chi ha a cuore la libertà degli individui, che non è solo una parola vuota ma una necessità tutta da costruire.
Al fronte della conservazione e della reazione più oscena che vediamo via via aggregarsi anche in Romagna va opposto un fronte della lotta e dell'autentico ed effettivo antifascismo (quello, per intenderci, che non guarda solo al passato ma soprattutto al presente).
Noi stiamo con chi lotta. Stiamo dalla parte dell'antifascismo. Stiamo dalla parte giusta.

SOLIDARIETÀ A TUTTI GLI ANTIFASCISTI E A TUTTE LE ANTIFASCISTE RIMINESI, SOTTO ATTACCO CONGIUNTO DEL FRONTE REAZIONARIO.

Antifasciste e antifascisti forlivesi

RADIOCANE: STRANI SOLDATI SENZA BANDIERA - UN RADIODRAMMA PARTIGIANO ATTO PRIMO

riceviamo e diffondiamo:
Strani soldati, quelli riesumati dalla penna di Giulio Questi, che come «uccelli portati dal vento di montagna» vagano per imprecise latitudini e oniriche curvature del tempo «alla ricerca di combattimenti e di cose da mangiare». Partigiani le cui storie non indugiano nella dolcificante agiografia dei giusti, ma hanno piuttosto il sapore schietto e amaro di una polenta bruciata; ad ascoltarle la Grande Storia si fa minuscola e feroce e i suoi attori vili e coraggiosi al tempo stesso, impegnati in una guerra di montagna noiosa e avventurosa, misera e felice, tenera e spietata, «una specie di grande educazione verso la vita, la morte e la natura».
È da questo straordinario repertorio di resistenza alla fame e al freddo, prima ancora che al piombo delle brigate nere, che abbiamo attinto per la realizzazione di questo radiodramma.
Atto primo: La Valle del Bergamino Impiccato
In cui si narra  di una valle innominabile schiacciata sotto il barbacane di un diga e di un villaggio abitato da strani soldati senza divise e senza bandiere che giocano a carte, prendono il sole e aspettano qualcosa di grande. Poi arriva la pioggia e delle speranze rimangono solo gli spettri. Qualcuno bussa alla porta: sono tre fantasmi incrostati di sale.
Musiche originali composte e eseguite dal Kalashnikov Collective.
ascolta:

CONTRO IL REFERENDUM

riceviamo e diffondiamo:

Udine, giovedì 7 aprile 2016
Avevo pensato tempo fa di scrivere qualcosa su questo tema, non appena sentita la nuova eccitante notizia del rito democratico. Poi mi ero riproposto di lasciar perdere. Scusate, ma la poca attitudine della gente a chiamare gatto un gatto mi ha spinto a desistere dai miei propositi silenziosi e rompere ancora una volta i coglioni, attività nella quale credo di eccellere.
Ebbene, il 17 aprile 2016 la democrazia invita i suoi complici a recarsi alle urne per votare un referendum inerente (ma in realtà non su) le trivellazioni. Se ne sarà certamente sentito parlare: la sinistra, istituzionale, movimentista e libertaria che sia (pur sempre sinistra è), non fa che blaterarne da un po’.
C’è chi andrà a votare a favore delle trivellazioni. Il progresso è importante e se fa rima con “cesso” è solo per caso.
C’è “invece” chi andrà a votare contro le trivellazioni (a fianco dei fascisti di Forza Nuova) e si sentirà con la coscienza a posto, bravo, bello, ambientalista e soprattutto super-democratico. E passo passo, di giorno in giorno, di urna in urna (fino a quella finale), la Società, “la nostra casa comune”, sarà un posto migliore, magari pure col giardino e la casetta del cane. Certo, le trivelle ci saranno ancora, i petrolieri pure e il mondo che li genera anche, ma, per dio!, non si può mica volere tutto dalla vita, no? Bisogna sapersi accontentare. Soprattutto delle occasioni che la liberalità della democrazia ci dona. In fondo il Popolo si esprimerà, quel benedetto 17 aprile, alla fine del calendario dell’avvento. Potere del Popolo, demos… cratia… Bello, no?
C’è “poi” chi in genere non vota ma andrà a votare lo stesso. Sì, sì, lo so, la storia la conosco già: i politici e i partiti sono brutti e cattivi e noi abbiamo perso fiducia in loro, o – com’era?, ah, sì – “non ci sentiamo più rappresentati”, se proprio dobbiamo al massimo un votino “di protesta” qua e là, o addirittura siamo anarchici e libertari. Sì, a noi il nazionalismo non piace e la parola “partiti” neppure: meglio chiamarli federazioni… italiana, francese, iberica… Però questa è un’altra storia: basta purismi, per dio!, basta celodurismi, che cazzo!, se c’è di mezzo il nucleare o l’acqua pubblica (… pubblica?!) o le trivellazioni o i referenda si parla di democrazia diretta. Avanti, compagni, ops compagne, o compagn*, no compagnx, anzi compagn-, tutt* per la R*v*luz**ne!, f*n* alla pr*ss*ma urna!
C’è infine chi non andrà a votare. Si è obiettato infatti, e a ragione, che il referendum non è contro le trivellazioni, ma al massimo per impedire che le compagnie petrolifere (che non si toccano) continuino a estrarre gas e petrolio nei pozzi già attivi in mare entro le 12 miglia marine (quelli oltre non si toccano) anche dopo la fine del periodo di concessione del permesso (che non si tocca). ‘na battaglia veramente radicale, non c’è che dire. E non ci sarebbe infatti niente da dire se, come sempre, la società civile (nell’allargata accezione companierista che io gli attribuisco) non avessero scelto di non capire un cazzo (oh, ma che arrogante giovinastro!).
Questo è un argomento di critica, fondato sì, ma pur sempre recuperabile. Se per assurdo si proponesse un referendum per la messa fuori legge delle compagnie petrolifere, delle trivellazioni, dei pozzi petroliferi e delle concessioni per l’estrazione del gas, allora che cosa diremmo?, che allora in quel caso il referendum va bene?, e la Legge pure?
Questo lo dico perché la critica che io muovo al referendum è ben altra e questa non può proprio essere recuperata. Il referendum è volto al miglioramento della Legge, dello Stato e della Società. E se ci si dice anarchici (e non a-caco-archici, ma an-archici, negatori di ogni dominio, di ogni autorità, non solo di quelli brutti e cattivi… come se ce ne possano essere anche di buoni) non si può, non per dovere ma anche solo per una questione linguistica, volere alcun miglioramento della Legge, dello Stato e della Società, che sono autorità. Migliorare qualcosa, con rivendicazioni di diritti, libertà civili e leggi più “green”, non fa altro che migliorare quello che dovrebbe essere un nemico, e migliorandolo lo si rende più accettabile, fortificandolo. Se le persone rinchiuse ad Auschwitz avessero ottenuto, dopo apposito referendum popolare, il diritto a una cucina un po’ più dignitosa, il lager sarebbe diventato quindi accettabile? È un caso limite, strilleranno in molti. E, di più: paragonare qualcosa al nazismo equivale a sminuire il male. Certo, ma non farlo destinerebbe gli orrori del passato a non insegnarci niente e a ripetersi all’infinito sotto volti nuovi, cosa che infatti succede quotidianamente (p.e., con campi di concentramento per le “razze inferiori” un tempo denominati lager, oggi C.I.E.). E, restando in tema, Adolf Hitler non fu forse eletto democraticamente e l’Austria annessa al III Reich con l’Anschluss tramite un vero e proprio “referendum popolare” degno della migliore “democrazia diretta”? Perché qualcosa dovrebbe essere giusto per il semplice fatto che lo decide il Popolo? Cosa mi rappresenta questo sacrosanto Popolo? Io sono me stesso, e il Popolo chi cazzo è?
E per finire un’esortazione: nelle urne ci stanno le ossa: la vita, per piacere, cercatela altrove!

https://thehole.noblogs.org/post/2016/04/08/udine-7-4-16-contro-il-referendum/
https://lincendiario.noblogs.org/post/2016/04/14/affinita-udine-7-4-16-contro-il-referendum/

PROSSIME INIZIATIVE AL LABORATORIO ANARCHICO LA ZONA (BERGAMO)



NANTES: RESOCONTO DELLA MANIFESTAZIONE DEL 31 MARZO













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DA CONTRA.INFO
Ricevuto il 31 marzo:
Oggi 31 marzo si è svolta una nuova giornata di mobilitazione contro la riforma del lavoro. Ovunque in Francia dei licei sono stati bloccati, delle università hanno scioperato e si sono svolte diverse manifestazioni che sono terminate con degli scontri con la polizia, come a Tolosa, Marsiglia, Rennes, Nantes e Parigi.
A Nantes, la manifestazione ha riunito più di 30 000 persone e per tutto il corteo delle banche sono state attaccate a colpi di martello e di estintore, il comune è stato distrutto, un’agenzia di Vinci (il costruttore dell’aeroporto sulla ZAD di Notre Dame des Landes) è stata ridipinta così come il locale del Partito Socialista. L’albergo di lusso Le Radisson, situato tra le mura dell’ex tribunale penale, è uno dei simboli della gentrificazione di Nantes: l’istituto di pena che si trovava giusto dietro è stato interamente trasferito per lasciare via libera ai ricchi. Per l’occasione è stato riverniciato a colpi di estintore, un occhiolino a Georges Courtois, che nel 1985 aveva preso in ostaggio il tribunale durante il suo processo, con Abdelkarim Khalki e Patrick Thiolet.
Barricate sono state costruite in diversi luoghi, delle strade disselciate e le granate lacrimogene sono piovute per tutta la giornata. Sono stati segnalati diversi tiri di LBD 40 (flashball)…
Disoccupazione, Cash e Sommossa! ACAB!
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SU SPRAR, ARCI E HARDCORE


riceviamo e diffondiamo:


“Opponiti a tutte le leggi imposte
opponiti a chi, ti vuole comandare
strappandoti un voto per essere certo
che sarai, cio' che lui vuole
obbligandoti ad essere un loro prodotto, a fare il suo gioco
apri i tuoi occhi, la tua vita e' condizionata
tutto cio' che loro ti fanno credere
semplicemente registrandoti e insegnandoti le verita' che a loro sono piu' comode
combatti
non basta vandalizzare una strada da ubriachi
non basta avere una divisa di vestiti firmati
non basta girare i chili di droga per essere piu' vivi
non basta supportare una scena che e' fine a se stessa
vivere è avere una logica in tutti i tuoi atti
organizzati, per fottere metodi ed istituzioni
e non per essere fottuto
sei studiato, sei programmato
e quello che sei, l'hanno voluto”

Grandine - Opposizione

Il 29 Marzo 2016, a Massafra nel “misterioso” convento di S.Agostino, si è tenuto il concerto Hardcore punk con: Doom, Inganno, Entact e Cruentus, organizzato dagli Entact con l’arci LABinrinto. Superata la “misteriosità” dello spazio, siamo venuti a sapere la sua identità attraverso l’insegna posta all’entrata. L’ex monastero, nella quotidianità, ospita lo sprar Motvs Animi.
Gli sprar (sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) sono luoghi che si inseriscono nella macchina delle espulsioni. Il tentativo di controllo e speculazione sulle migrazioni è articolato da varie forme detentive, più o meno coercitive.  Lo sprar è appunto considerato uno dei luoghi più “umani”. Privi di inferriate e aguzzini, vengono perlopiù visti come strutture di benevola accoglienza, dove all’immigrato viene offerto un letto e un pasto giornaliero.
Ma sopratutto, gli sprar, insieme a Hotspot, CARA e CIE, fungono da strutture dove “smistare” i migranti, in maniera del tutto arbitraria, sulla base della loro provenienza. Chi migra in Italia non è  più un individuo, ma si trasforma in un numero per statistiche volte allo smistamento, appunto, di forza lavoro ricattabile per i paesi europei. L’attesa, nella speranza di ottenere un permesso di soggiorno condiziona notevolmente la vita degli “ospiti” di tali strutture.
All’interno di questi luoghi fra i vari progetti è comparso da qualche tempo quello dei lavori”volontari”. Ai migranti vengono assegnati lavori  per rimborsi spese ridicoli. Con la scusa di riempire il tempo degli”ospiti” il comune ha forza lavoro sostanzialmente gratuita. Le persone sono costrette a restare nei centri per avere i documenti ma per questo non possono vivere autonomamente. Come contropartita alla loro accoglienza dovranno fornire lavori sociali agli stessi che controllano le loro esistenze. Oltre questo, molti di loro rappresentano un bacino di forza lavoro fruibile dalla logistica all’agricoltura, sostenendo di fatto l’economia dello sfruttamento.
Tra i vari gestori dei centri sprar spesso ritroviamo le candidature di arci.
Gli arci sono luoghi di aggregazione sulla base di contenuti ben definiti ed una linea politica al quanto discutibile. Da sempre abbiamo visto come la posizione degli arci sia lontana dallo spirito di autogestione che anima il punk hardcore.
Per quanto lo svuotamento dei contenuti  della scena non ci giunga nuovo, coscienti che questo sia responsabilità di tutti e tutte noi, siamo forse al punto limite. Fino a ritrovarsi ad avere da ridire su tutto questo in pochissime persone e non trovare sponde neanche nei gruppi  che suonano o in chi ti sente affrontare la questione. O a sentirsi rispondere dagli organizzatori che capiscono le tue perplessità ma le necessità pratiche di una piccola realtà di provincia giustificano questo genere di scelte. Arrivando per sfinimento a tirar fuori quello che di fatto pensano:
che le persone  ricevano vitto e alloggio e non pagano nulla; che il concerto sia un modo per permettere agli ospiti di incontrare persone; che nell’arci  si offra aiuto nell’integrarsi attraverso le iniziative.
Giustificazioni che si rifanno da una parte a una visione pietista della categoria del migrante, e dall’altra a un idea mediatizzata e razzista che vede chi migra come detentore di maggiori diritti e servizi rispetto agli italiani.
Crediamo che sia necessario avere una visione maggiormente critica dei luoghi e delle situazioni in cui ci ritroviamo o dove ancor peggio ci organizziamo, che scendere a compromessi per necessità pratiche o altro non possa essere parte di quelle logiche, quali l’autogestione, la lotta contro  ogni forma di autorità e il rifiuto di qualsiasi mediazione con essa.