Brulotti

Ciononostante

 
«Ci si figuri un gran numero di uomini in catene, tutti condannati a morte, alcuni dei quali siano sgozzati ogni giorno sotto gli occhi degli altri, cosicché i superstiti vedono la propria sorte in quella dei loro simili e aspettano il proprio turno, guardandosi l’un l’altro con dolore e senza speranza. Tale è l'immagine della condizione umana»
Blaise Pascal
 
Qualcuno afferma che la principale passione triste di cui è intrisa quest'epoca sia quel senso di impotenza generalizzata che si avverte di fronte alla sempre più evidente fine di ogni nobile idea, alla scomparsa di ogni orizzonte straordinario, all'impedimento di ogni azione audace. Davanti alla quotidianità di massacri e devastazioni, del mondo esteriore come dell'universo interiore, nulla sembra più valere un tentativo. Tutto appare vano, mortificato dalla riproduzione di un eterno presente. Dopo aver da tempo speronato l'iceberg fatale, alla nostra titanica società non resta che affondare. Inutile agitarsi, allora?
Brulotti

Si comincia dai capelli

B. Traven [Ret Marut]
 
Raccolta dei capelli femminili.
È stata la risposta all’appello delle donne della Croce Rossa
per raccogliere i capelli femminili.
Data l’attuale penuria di cuoio, di filo, ecc.,
i capelli delle donne costituiscono un prezioso succedaneo
per l’industria della guerra: serviranno per fabbricare
piastre e dischi stagni per i nostri sottomarini;
i più lunghi saranno trasformati in cinghie di trasmissione,
i capelli corti in filtri.
[…]
Fuoriporta

Una sommossa ad ogni omicidio della polizia

 
La notte di lunedì 11 aprile una manifestazione, tenutasi a Montreal in risposta al secondo omicidio da parte della polizia nel giro di due settimane, ha attaccato il SPVM [Servizio di Polizia della Città di Montreal]. Sandy Tarzan Michel, un anishinaabe, è stato ucciso dalla polizia nella riserva Anishaabeg di Lac Simon, Quebec, lo scorso mercoledì 6 aprile. La polizia gli ha sparato più volte dopo averlo investito con una sua volante. Anche il fratello diciannovenne di Sandy era stato ucciso dalla polizia a Lac Simon, nel 2009.
Dopo l'omicidio di Sandy, alcune persone che vivono nella riserva si sono scontrate con la polizia locale e hanno tentato di bloccare l'ingresso della polizia provinciale chiamata ad assistere le forze locali, che ha effettuato tre arresti. Quando in Quebec la polizia uccide qualcuno, ad «investigare» viene chiamata un'altra forza di polizia, cosicché il SPVM è stato assegnato a Lac Simon.
Intempestivi

Nel nome degli Spiritosi Santi

 

Ormai a Fermo le anime pie si fanno il segno della croce. In meno di due mesi tre ordigni rudimentali sono esplosi contro tre diversi luoghi di culto. Come è possibile tanto accanimento contro la Santa Madre Chiesa, soprattutto ora, in un momento in cui non è retta da un papa da far applaudire l'estrema destra, ma da uno da far schiattare d'invidia l'estrema sinistra? Già, come?
Gli arguti inquirenti sospettano che dietro gli atti ci sia la medesima mano ed hanno aperto la caccia ai responsabili. Snobbata la «pista islamica» (che farebbe solo spanciare dalle risate), sono più propensi a ipotizzare che a suscitare tanta rabbia siano state le attività caritatevoli di assistenza ai poveri e ai bisognosi, che annoverano anche stranieri.

Brulotti

Un pomeriggio militarizzato a Bruxelles

 

Un appello a manifestare contro la militarizzazione delle nostre vite e contro ogni potere, si chiami islamico o democratico, era stato ampiamente diffuso la scorsa settimana. L’appuntamento era stato dato per il 9 aprile in viale Stalingrad, vicino alla stazione del Midi a Bruxelles. Quel pomeriggio, la polizia ha occupato il luogo d’incontro e militarizzato un ampio perimetro attorno (fino ad Anneesens, piazza Jeu de Balles, piazza Bara e la porta di Anderlecht). All’arrivo dei primi manifestanti e fin dal dispiegamento di uno striscione proprio davanti allo sbarramento della sbirraglia, i poliziotti si avventano sui manifestanti accerchiandoli. Ne imbarcano dieci e li portano al commissariato di Anderlecht. Raggiunti poco dopo da altri 6 fermati, saranno rilasciati col contagocce durante la notte.

Brulotti

Elogio del pudore

André Prudhommeaux

Se si definisce «pudore» la tendenza a nascondere agli altri (e a se stessi) certi fatti, atti, impulsi o pensieri appartenenti alla nostra «dimensione privata», alla nostra «vita intima», si constaterà presto che ogni pudore è, in fondo, quello dell'anima.
Il pudore si manifesta attraverso la ricerca di luoghi chiusi o isolati, «dove sentirsi a casa propria» — con l'uso di indumenti che ci «proteggano» da sguardi e contatti indesiderati oltre che dalle intemperie — mediante la riserva personale del linguaggio e dell'azione osservata in ciò che attiene le fragilità animali e i sentimenti profondi della nostra vita. Questa dissimulazione fa incontestabilmente parte dell'«arte di vivere». Vivere conservando la propria integrità, la propria dignità e la propria indipendenza personali; e, lo aggiungiamo subito, rispettando quelle degli altri; ecco il pudore, virtù essenzialmente individualista.

Miraggi

La traversata delle Alpi

Radovan Ivsic - Annie Le Brun
 
 
Non custodiremo la nostra merda nelle casseforti di Fort Knox.
 
Uno spaventapasseri è appeso al parabrezza delle grandi bolle d'aria che abitiamo.
 
Con specchi sulle suole, scivoliamo fra due lingue straniere.
 
Quando vedrete i cammelli in piombo delle stanze da bagno, diserterete.
 
La lista delle perversioni privilegiate come quella dei luoghi non potrebbe essere chiusa. Esistono anche tramonti bisognosi.
Brulotti

Portare la guerra in campagna?

No, non è stato un barbecue finito male, è stato proprio un incendio doloso quello che ha distrutto nella notte fra il 4 e 5 aprile una villa nelle campagne brindisine. Qualcuno ha infranto i vetri di una finestra, è entrato all'interno, ha rubato 4 termosifoni e, prima di andarsene, ha dato fuoco ad alcuni materassi. Le fiamme si sono presto allargate al resto dell'abitazione. Chi sia stato, non si sa. Un ladruncolo stizzito per il magro bottino? Può essere. Qualche ragazzaccio scapestrato? Può darsi. Ma, dato che la villa apparteneva a un noto imprenditore locale, gli inquirenti sospettano che il vero movente dell'atto sia da ricercare nell'attività professionale di costui. E che l'autore del gesto sia stato qualcuno che lo conosce bene. Ad esempio, potrebbe essere stato uno fra le decine e decine di suoi dipendenti a cui non è stato rinnovato il contratto di lavoro. Sì, non è del tutto assurdo.

Brecce

La Banda di Benevento

6 Aprile 1877

Nevesck

Ai primi dell'Aprile 1877, una trentina di persone, venute non si sa donde, si riuniva tutte le sere in una casa di San Lupo, villaggio perso nelle gole del Beneventano. La notte del 6 Aprile i carabinieri che sorvegliavano la casa furono ricevuti a colpi di fucile e due tra essi rimasero sul terreno gravemente feriti.
 Dopo queste prime avvisaglie la banda, lasciata la casa, si dirige al vicino villaggio di Letino preceduta da un orifiamma rosso e nero. Occupa il palazzo del Comune e ne caccia il Consiglio Municipale a cui rilascia pel debito scarico la seguente dichiarazione: "Noi sottoscritti dichiariamo d'aver preso possesso del Municipio, di Letino a mano armata, in nome della Rivoluzione Sociale".

Fuoriporta

Di fronte ai loro massacri

... vorrebbero per di più che restassimo confinati in casa, ad aspettare. Ma aspettare cosa, esattamente?
Che piazzino militari e sbirri ad ogni angolo di strada, a sorvegliare persino il nostro minimo atto e gesto?
Che in alto riformulino le loro leggi e i loro regolamenti per non avere più alcun limite nel controllo delle nostre vite?

 

Sbirri, militari, politici, non sono la soluzione, bensì il problema.

 

I massacri commessi nel nome di Allah sono intollerabili, come 
lo sono quelli commessi nel nome di tutte le religioni, proprio di tutte, si chiamino Denaro ed Economia, Nazione e Stato, Scienza e Progresso. Tutto ciò che possono offrirci sono insulse esistenze di sottomissione.

È più che mai tempo di riprendere gusto alla vita.
È più che mai tempo di attaccare tutto ciò che l'autorità vuole imporre agli individui, prima di farsi rinchiudere del tutto.

È più che mai tempo di dissodare un sentiero che non possano recuperare, senza capi né politicanti, dove ciascuno avanzi tramite l'autorganizzazione e l'azione diretta, verso l'ignoto di una vita che valga la pena di essere vissuta.

 

In nome della sola cosa che potremmo davvero perdere per sempre, la libertà!

Brulotti

Sicuri!

Bisogno di sicurezza o desiderio di libertà? A meno di soddisfare il primo nella vita reale accontentandosi di appagare il secondo con surrogati virtuali, bisognerà pur decidersi, fare una scelta. Perché è inutile girarci troppo attorno. Sono due termini incompatibili fra loro, essendo uno la negazione dell'altro. Più si sta al sicuro, meno si è liberi. E viceversa.
Oggi, quando tutti pretendono maggiore sicurezza, dicendosi disponibili a rinunciare a qualche libertà pur di allontanare chissà quale pericolo, vale la pena tornare sull'argomento. Perché l'essere umano non è affatto un lupo. Perché l'essere umano non è nemmeno un agnello. E perché la libertà non è uno zoo, né pubblico né privato, ma una giungla senza padroni. Con qualche lupo, qualche agnello, e una smisurata moltitudine di altre bestie.
Cominciamo con una premessa... bucolica. La nascita dei parchi pubblici viene fatta risalire al XIX secolo. Prima di allora gli spazi verdi, i giardini rigogliosi, ricchi di mille colori e profumi, erano una prerogativa di chi se li poteva permettere. Erano i re, i nobili, e gli alti prelati a poter passeggiare fra vialetti ben curati traendo trastullo dalla loro fragranza. Ebbene, in alcuni paesi la proposta di aprire al pubblico quei luoghi incantati incontrò una certa resistenza da parte dei vecchi usufruttuari. L'argomento che adottarono non era la spudorata difesa dei propri privilegi (che sospetto maligno!), bensì una preoccupazione logica di ordine tecnico. I monarchi, i gentiluomini, le gentildonne, i rappresentanti di Dio... erano persone dall'animo sensibile, delicato, raffinato, in grado quindi non solo di apprezzare le bellezze della natura, ma soprattutto di rispettarle. Cosa sarebbe accaduto se i cancelli dei grandi parchi fino a quel momento privati fossero stati spalancati alla vile plebaglia?

Fuoriporta

Sull’imminente processo antiterrorista contro alcuni anarchici e antiautoritari in Belgio

 

Alla fine del 2008, in pieno periodo di ostilità diffuse scatenate dalla rivolta in Grecia in seguito all’assassinio di Alexis da parte della polizia, la Procura federale belga avvia un’inchiesta contro alcuni anarchici ed antiautoritari. Nel 2010, sulla base di un elenco di azioni che la polizia attribuisce all’«area anarchica» e mentre si sta sviluppando la lotta contro la costruzione di un nuovo centro di detenzione per clandestini a Steenokkerzeel, il giudice istruttore Isabelle Panou viene destinato all’inchiesta che rientra ormai nell’ambito dell’antiterrorismo. In maggio, e poi nel settembre 2013, nel quadro di tale inchiesta hanno luogo una decina di perquisizioni in differenti abitazioni e nella biblioteca anarchica Acrata situata a Bruxelles. È la prima volta che si palesa un’inchiesta antiterrorista.

Brulotti

La guerra e la filosofia

Francesco Saverio Merlino

La filosofia è una gran bella cosa, la scienza delle scienze, la somma dei principii, a cui lo scibile umano nelle varie sue branche mette capo ecc. Ma è pure — o può essere — una forma astrusa che si dà al pensiero e che rende inintelligibili le cose più semplici e più chiare. O può anche servire a travisare la verità e a rivestire di vani splendori gli errori, i vizi e le iniquità, di cui gli uomini si rendono colpevoli verso il loro prossimo e verso sé medesimi.
Così vi è, a quanto pare, una filosofia della guerra, la quale ci apprende che quando una guerra è scoppiata, o sta per scoppiare, è segno che si doveva fare e perciò è santa e necessaria, e il nostro dovere, di noi umili mortall e non guidatori di popoli e reggitori di Stati, è di combattere e tacere; tacere perché non conosciamo i termini precisi dei problemi che la guerra è chiamata a risolvere (i quall spesso, dopo la guerra, rimangono più insoluti che mai); e ubbidire ciecamente, senza mormorare, a chi ha il potere...

Brulotti

Lo sciopero dei gesti inutili

Albert Libertad

Perché gli uomini (così come tutti gli altri esseri, ovviamente) lavorano? A quale scopo?
La risposta è semplice. Se l'uomo ha strofinato a lungo due pezzi di legno uno contro l'altro, se ha tagliato una selce, se l'ha usata per ore contro la polvere, era per ottenere il fuoco, per ottenere un'arma, o magari uno strumento.
Se ha abbattuto alberi, era per costruirsi una capanna; se ha intrecciato fibre vegetali, era per modellare dei vestiti o delle reti.
Tutti i suoi gesti erano gesti utili.
Quando la semplicità dei suoi gusti, e anche l'orizzonte necessariamente limitato dei suoi desideri, gli ebbero procurato del tempo libero, a seguito della sua destrezza e dei mezzi scoperti da lui e dai suoi simili, ha trovato buona cosa fare dei gesti la cui utilità non era così evidente, ma che gli procuravano una quantità di piaceri che non ritenne trascurabile. Diede alla pietra le forme che gli piacevano; tracciò sul legno le immagini che lo avevano colpito.

Brulotti

La carneficina e il suo mondo

 
«La lingua è illuminante. A volte, qualcuno cerca di nascondere la verità mediante il parlare. Ma la lingua non mente. A volte qualcuno vuole dire la verità. Ma la lingua è più vera di lui. Non vi è nessun mezzo per combattere la verità del linguaggio.(…)
I filologi e i poeti conoscono la natura del linguaggio ma non possono impedire al linguaggio di dire il vero».
Victor Klemperer
 

Si è detto spesso che la prima vittima delle guerre è il significato delle parole. Nel momento della guerra, ogni parola diventa propaganda, dietro ogni parola si nasconde un appello ben preciso e un effetto ricercato, ogni riflessione mira all’eliminazione del senso critico dell’uomo. Tuttavia, come dice il filosofo tedesco che dal 1933 si era dedicato allo studio della neolingua nazista, la lingua non mente mai: essa esprime una verità, ed esprime, in tutta la sua manipolazione, in tutta la sua deformazione, in tutta la sua strumentalità, la reale essenza del dominio.
Oggi, due giorni dopo gli attentati jihadisti a Bruxelles, si parla di «carneficina». A giusto titolo, certo, ma la definizione si svuota di senso se un altro massacro non viene chiamato «carneficina». Quando il regime di Assad ha lanciato barili di gas nervino sui sobborghi di Ghouta, non si sono viste le varie fabbriche di opinione impiegare la parola «carneficina» per definire il massacro industriale di quasi duemila persone.

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