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La crisi del sistema bancario italiano

Di Marianne Arens
17 febbraio 2016

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Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in tedesco il 6 febbraio 2016 e in inglese il 9 febbraio 2016

Nel mese di gennaio, le turbolenze della Borsa di Milano hanno fissato l’attenzione sulla profonda crisi economica e finanziaria in Italia. Contemporaneamente, il conflitto tra il governo italiano e la Commissione dell’Unione Europea (UE) si è intensificato e il primo ministro Matteo Renzi (Partito Democratico-PD) ha risposto con nuovi e più ampi attacchi alla classe lavoratrice.

A livello mondiale i mercati azionari hanno sperimentato un forte calo all’inizio del 2016 e la Borsa di Milano è stata colpita in modo particolarmente grave; anche se tutte le economie europee hanno sofferto a causa del rallentamento della crescita in Cina e del calo dei prezzi del petrolio, come ha scritto la svizzera Neue Zürcher Zeitung il 21 gennaio “... a parte Atene, la borsa di Milano è stata... di gran lunga la più colpita”.

A metà gennaio, le azioni di molte grandi banche e società sono calate vertiginosamente. Le perdite peggiori sono stati quelle dei titoli di Fiat, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena e banca Carige.

Il valore del Monte dei Paschi di Siena (MPS), la più antica banca del mondo (fondata nel 1472), è temporaneamente calato della metà e il prezzo delle sue azioni è sceso a soli 50 centesimi. É stato necessario sospendere le negoziazioni dei titoli MPS. Il 24 gennaio, il governo ha deciso di proteggere la banca dal fallimento con una garanzia da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Il MPS è una delle sei banche italiane che, come viene riferito, detengono grandi quantità di assetti tossici. Con una ricchezza netta di 10 miliardi di euro, il presunto valore dei crediti in sofferenza ammonta a € 24 miliardi. La Banca Centrale Europea ha confermato, dopo un’analisi dei dati, alla fine dello scorso anno, che ci sono più di 200 miliardi di euro in assetti tossici nei registri contabili delle banche italiane.

Questi dati riflettono la debolezza dell’economia italiana dopo cinque anni di recessione; secondo i calcoli dell’UE il diciassette per cento dei prestiti detenuti dalle banche italiane oggi rischiano di trasformarsi in perdite. Per contro, secondo dati della Royal Bank of Scotland, in Germania la percentuale è del 2 per cento e in Francia del 7 per cento.

Il seguente confronto mette in evidenza lo stato di crisi dell’economia italiana: mentre sei anni fa le piccole e medie imprese potevano ripagare il 90 per cento dei prestiti ricevuti, oggi è solo il 72 per cento.

Già nel novembre 2015 quattro banche più piccole erano cadute in crisi: la banca Popolare dell’Etruria di Arezzo, la banca delle Marche di Ancona e le due casse di risparmio locali di Chieti e Ferrara. Il governo non intervenne per aiutare quelle istituzioni con prestiti dello Stato perché, nel frattempo, l’UE aveva reso illegale il sostegno di istituti bancari in crisi tramite prestiti statali.

Le nuove norme UE sulla concorrenza impediscono il tipo di assistenza di Stato, finanziato dal denaro dei contribuenti, che è stata effettuato, in quasi tutti i paesi, dopo la crisi finanziaria del 2008; al posto dei “salvataggi” è stato stabilito il cosiddetto bail-in, il che significa che i clienti delle banche devono sostenere la banca con i loro beni.

I nuovi regolamenti UE, che si presumeva avessero lo scopo di prevenire l’utilizzo dei soldi dei contribuenti per finanziare le banche fallite, si sono rivelati equivalenti ad un’appropriazione dei fondi di piccoli risparmiatori e pensionati. Nel caso delle quattro banche fallite, 12.500 risparmiatori hanno perso i loro fondi.

I banchieri hanno usato una disposizione della nuova normativa, secondo la quale non solamente i risparmiatori con depositi di oltre €100.000 potrebbero essere fatti responsabile per la banca in crisi, ma anche i titolari di obbligazioni subordinate; questi titoli spazzatura evidentemente erano stati venduti in grandi quantità agli ignari piccoli risparmiatori.

Alla fine del 2015, mentre la crisi bancaria si acutizzava, molti di questi piccoli risparmiatori perdevano tutto. Ne risultavano storie tragiche: un pensionato di 68 anni, ex-dipendente ENEL, si è impiccato a Civitavecchia, quando ha realizzato che i suoi risparmi presso la Banca Popolare dell’Etruria erano scomparsi. Questo caso e incidenti simili che colpiscono centinaia di risparmiatori, soprattutto pensionati, hanno provocato un’ondata di proteste.

Inoltre, il governo, tenendo presente le imminenti elezioni comunali, ha istituito un “fondo di solidarietà” di € 100 milioni per i piccoli risparmiatori colpiti, sebbene questo fondo non si avvicini neanche lontanamente a coprire tutte le perdite subite; inoltre, questa misura da parte del ministro delle finanze ha intensificato il conflitto con l’UE.

Per mesi, un’acerba controversia si è verificata fra il governo di Matteo Renzi e l’UE. Sotto la guida della Germania, l’UE ha fatto pressione sui paesi più deboli, come la Grecia, la Spagna e l’Italia perché mettessero in atto un programma di brutale austerità.

Nel caso della società siderurgica Ilva, la Commissione europea ha accusato Renzi di utilizzare troppo gli aiuti di Stato, violando quindi le leggi dell’Unione europea sulla concorrenza. Nella questione della creazione di una “banca cattiva” italiana, quando l’Italia voleva guadagnare tempo per consentire alle banche di scaricare i loro assetti tossici, l’UE ha reagito solo quando la crisi del mercato azionario era in pieno svolgimento.

Il 26 gennaio, Margrethe Westagar, commissario UE sulla concorrenza, ha finalmente permesso al governo italiano di creare una “banca cattiva”. L’accordo, firmato dal ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan a Bruxelles, è stata accoppiato con tali rigorose condizioni che non è riuscito a calmare l’allarme delle Borse. Bloomberg ha citato un rappresentante degli investitori che avrebbe detto: “L’accordo può aiutare le banche a sbarazzarsi di una parte dei loro debiti tossici, ma non risolverà il problema, soprattutto per le società finanziarie più deboli, che certamente richiedono capitali freschi”.

Il 2 febbraio, la Banca Centrale Italiana ha emesso un record di € 9 miliardi di Buoni del Tesoro Poliennali, con una durata di 30 anni. Questa è stata “la più grande emissione che l’Italia abbia mai fatto, e la più importante nel corso di un periodo di 30 anni mai intrapresa da uno Stato europeo”, ha spiegato Frédéric Gabizon della HSBC. Ma appena due giorni dopo, il 4 febbraio, la Borsa di Milano ha nuovamente registrato un grosso calo.

Il debito dello Stato, nel 2015, è salito al 132.2 per cento del PIL, ben sopra € 2 trilioni; solamente la Grecia ha un livello maggiore di debito statale.

Sotto pressione dall’UE, il governo Renzi ha quindi intensificato le severe misure di austerità che sta imponendo da due anni, annunciando tagli ad ampio raggio nel settore pubblico. Una nuova legge, che si suppone sia per lanciare una lotta contro i “fannulloni” del settore pubblico, rende più facile allo Stato di attuare licenziamenti già programmati.

Gli attacchi già effettuati su pensionati e lavoratori hanno portato a una ingente polarizzazione e all’aumento delle tensioni sociali. Il grande aumento dell’età pensionabile ha lasciato milioni di anziani in condizioni di povertà. Anche se la liberalizzazione del mercato del lavoro abbia ridotto leggermente il tasso di disoccupazione, due su tre dei nuovi posti di lavoro sono contratti temporanei e precari, a breve termine, o posizioni a bassa retribuzione.

Ufficialmente il tasso di disoccupazione è dell’11,5 per cento, e la disoccupazione giovanile è del 38 per cento; ma, in realtà, la disoccupazione è molto più elevata, dal momento che oltre il 36 per cento di tutti gli italiani in età lavorativa sono assenti dalle statistiche. Sono considerati “inattivi” perché non possono dimostrare di aver attivamente cercato o presentato domanda per un lavoro nell’ultimo mese. Ciò significa che per le persone fra i 15 e i 24 anni, una percentuale molto più alta è senza lavoro o formazione.

Le nude statistiche nascondono uno sviluppo dalle conseguenze sociali esplosive. Quotidianamente ci sono conflitti tra la polizia e persone senza fissa dimora sulla questione delle case occupate e con i giovani e i lavoratori decisi a lottare per i loro posti di lavoro e il loro futuro. Un esempio sono i lavoratori dell’Ilva, che a Genova hanno brevemente occupato il municipio ai primi di gennaio. Le condizioni in Italia differiscono poco da quelle della Grecia.