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Astensione di massa alle elezioni regionali

Di Marianne Arens
6 giugno 2015

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Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 4 giugno 2015

Il sostegno al Partito Democratico (PD) al governo è in marcato calo; questo è stato evidente nelle elezioni di domenica scorsa in sette regioni: Veneto, Liguria, Umbria, Campania, Marche, Toscana e Puglia.

Le elezioni sono state un test importante per il Primo Ministro Matteo Renzi (PD). Nei prossimi mesi, il suo governo intende intervenire con decisione in Libia, intensificare le misure di austerità e introdurre riforme elettorali e costituzionali, come pure il nuovo diritto del lavoro (Jobs Act).

Il segno più evidente della disaffezione popolare con il governo è stato l’alto livello di astensionismo, quasi un elettore su due è rimasto a casa. Nel complesso, la partecipazione al voto è stata pari al solo 52,2 per cento, 10 punti percentuali in meno rispetto al 2010.

Il calo è ancora più drammatico quando confrontato con le elezioni europee dello scorso anno, quando la partecipazione al voto, in queste regioni, era stata fino al 30 per cento più alta. Il PD aveva ottenuto il sostegno del 40 per cento del corpo elettorale, e Renzi dichiarò che questo era un mandato per il suo cosiddetto programma di riforme.

Di quel successo elettorale rimane poco; anche se il PD è emerso dalle elezioni come il più grande partito in cinque delle sette regioni, ha perso più di mezzo milione di voti rispetto alle elezioni regionali precedenti.

In Liguria, il PD ha perso la presidenza della regione a favore di un candidato di Forza Italia di Silvio Berlusconi. Questa regione, che comprende il porto di Genova, in passato era considerata una roccaforte del Partito Comunista, oggi è caratterizzata da un devastante degrado sociale. La disoccupazione giovanile e la povertà dei pensionati sono le caratteristiche dominanti, il tasso di disoccupazione è il più alto del Nord Italia.

Per cercare di evitare e dover condividere la sorte del PD, una fazione dello stesso, guidata da Pippo Civati, aveva costituito Rete a Sinistra, con ex membri di Rifondazione e della CGIL, nel tentativo di darsi un’apparenza di pseudo-sinistra. Il loro candidato, Luca Pastorino, pur venendo dal PD, si è presentato come alternativa al PD. Rete a Sinistra ha ricevuto il 9,6 per cento dei voti e il PD il 27,8 per cento. Forza Italia ha beneficiato di questo, diventando il più grande partito con il 34,4 per cento e si è garantita la carica di presidente regionale per il suo candidato, Giovanni Toti, dopo 10 anni di governo PD.

Sebbene si sia verificato il contrario in Campania, governata fino ad oggi da Forza Italia, il PD non ha beneficiato del cambiamento. Il PD ha ottenuto più voti rispetto al campo della destra, ma il loro candidato alla presidenza regionale a Napoli, Vincenzo de Luca, non può assumere la carica, perché è stato recentemente condannato per corruzione, in relazione alla costruzione di un inceneritore.

La Puglia, ex roccaforte di SEL (Sinistra, Ecologia, Libertà), il cui leader, Nichi Vendola, ha governato la regione per 10 anni, sarà governata da un presidente PD.

Vendola è stato il simbolo dell’ex sinistra europea, invitato a Parigi e Berlino. Iniziò la sua carriera come membro del Partito Comunista (PCI) e si unì a Rifondazione a seguito della scissione del 1991. Ce l’ha fatta a capo del governo in Puglia nel 2005, e fu il primo presidente regionale di Rifondazione. Poi, nel 2009, fondò SEL, quando perse la lotta per capo di Rifondazione contro Paolo Ferrero.

All’inizio del 2015, il SEL di Vendola ha perso le elezioni primarie per candidato del campo di centro-sinistra a favore di Michele Emiliano (PD), procuratore di Stato antimafia. Vendola si è ritirato dalle elezioni in Puglia e ha sostenuto l’ex PD Luca Pastorino in Liguria.

Vendola si sta preparando per il fatto che alla borghesia, a causa del declino del PD, sarà necessario un nuovo puntello di sinistra. Ha ripetutamente promosso la costruzione di un Syriza italiano e ha creato una lista Tsipras italiana per le elezioni europee. Ma è altrettanto responsabile per le politiche di destra del PD quanto Renzi. Il giorno delle elezioni, Vendola si è lamentato che Renzi non ha messo in opera nulla “del programma che noi e il PD abbiamo presentato nel 2013.”

Le elezioni di domenica scorsa hanno dimostrato ancora una volta il pericolo rappresentato dalla mancanza di un vero partito socialista della classe operaia. In assenza di una prospettiva internazionalista e socialista, i partiti di estrema destra, come la Lega Nord e il movimento di protesta di Beppe di Grillo, traggono profitto dal crescente vuoto politico.

Il Movimento 5 Stelle di Grillo (M5S), che sostiene posizioni di estrema destra su molti argomenti, è stato in grado di aumentare qualche voto. In Liguria, Puglia e Campania si è assicurato il più grande aumento in voti, per un partito unico.

Ma il principale vincitore delle elezioni è Matteo Salvini della Lega Nord, che sta sempre più sostituendo le posizioni di Forza Italia di Berlusconi. Salvini sta tentando di trasformare il partito, tradizionalmente con sede nel nord, a Padova, in un movimento nazionale di destra, sulla falsariga del Fronte Nazionale francese. Ha condotto una campagna aggressiva contro l’euro, l’Unione Europea, e, soprattutto, contro la cosiddetta immigrazione incontrollata per ottenere i voti degli elettori di destra del sud.?

La Lega Nord non solo è stata in grado di mantenere la suo roccaforte nel Veneto, dove il suo candidato Luca Zaia ha superato tutti i sondaggi, garantendosi circa il 50 per cento dei voti; ma ha avuto buoni risultati in altre regioni. Se nel 2012 il partito aveva ottenuto solo il 4 per cento dei voti, adesso si è assicurato il 20 per cento in Liguria, più del 13 per cento nelle Marche e più del 16 per cento in Toscana.