sabato 27 ottobre 2012

Repressione di Stato sui sindacati nelle isole Fiji

da Libcom

State crackdown on trade unions in Fiji
La dittatura militare nelle isole Figi stanno tentando di schiacciare il movimento sindacale nel periodo in cui dovrebbero avvenire le presunte libere elezioni, nel 2014.

Nel corso di una trattativa per quanto riguarda le condizioni di base di lavoro tra il TUC Fijiano e i boss della Società di pesca del Pacifico (PAFCO), la polizia ha fatto irruzione nella riunione. Questo atto è stato sostenuto e organizzato dal governo, e i presenti hanno dovuto continuare i negoziati in presenza della polizia.

I sindacalisti presenti hanno rifiutato l'ultimatum e mettendo fine alle discussioni. Nonostante le rassicurazioni, lo stato delle Fiji ha l'abitudine di interferire nelle vertenze di lavoro in questo modo. Nel 2007 la conferenza nazionale della TUC è stata chiusa, in quanto gli organizzatori non avevano chiesto il permesso al governo nel tenere una riunione sindacale.

Militanti di alto profilo sono stati arrestati o gli è stato impedito di viaggiare, con delle accuse fasulle che poi venivano fatte decadere. I lavoratori subiscono intimidazioni affinchè essi non partecipano alle riunioni. Se lo fanno, sono spesso rapiti e picchiati dai militari. Le posizioni di più alte del settore pubblico e di quello industriale, sono occupati da alti esponenti delle forze armate.

Questa palese interferenza nella contrattazione collettiva da parte dello Stato delle Fiji, segue le recenti affermazioni di altri sindacalisti che aderiscono a tutte le convenzioni internazionali del lavoro e dei diritti umani. Si pensi che la dittatura militare delle Fiji stanno tentando di sopprimere tutte le attività sindacali prima delle elezioni libere.

Ridicolmente, la polizia ha chiesto scusa per le proprie azioni, e ha affermato di aver agito a causa di una 'cattiva comunicazione'.

Le Fiji sono state oggetto di una dittatura militare, dal momento che un colpo di stato ha posto fine alle democrazia nel 2006.
(tradotto da NexusCo)

L'altra faccia della crisi: nel 2011, mille imprese hanno aumentato i propri guadagni

da verba volant

Secondo il Banco de Datos sopra l'Economia e le Empresas Stat Bank, nel 2011, nel bel mezzo della "crisi", 500 imprese commerciali e 500 imprese industriali in Grecia hanno migliorato il proprio guadagno. Le 500 società commerciali hanno avuto un utile di circa € 854.000.000, aumentando il guadagno del 18,8% rispetto all'anno precedente. Le 500 imprese industriali hanno migliorato il proprio guadagno di 1,6 miliardi di euro.

Si noti che queste società avevano anche utili nel 2010. In particolare, le 500 imprese commerciali nel 2010 hanno realizzato ricavi per € 718.500.000. Nel 2011 il fatturato di queste aziende commerciali hanno raggiunto i 26 miliardi di euro e le imprese industriali invece i 34 miliardi di euro.

La maggior parte dei 200 delle 500 società commerciali hanno aumentato i loro profitti perchè sono filiali delle multinazionali. Inoltre, 37 di queste società commerciali hanno avuto perdite nel 2010 e guadagni nel 2011. Può essere che l'aumento medio dei profitti di queste società è del 18,8%, ma ci sono casi in cui la crescita degli utili supera i 4000%. Ad esempio, la società farmaceutica Bristol Myers ha aumentato i suoi profitti del 4398%. In particolare, nel 2010 l'utile è stato pari a 190.000 di euro e nel 2011 è salito a 8,5 milioni di euro.

Sembra che la crisi riguarda solo gli schiavi salariati. Il capitale greco e delle multinazionali sfrutta la cosiddetta crisi per aumentare i propri profitti, applicando, allo stesso tempo, tagli dei salari e licenziamenti dei lavoratori in condizioni di schiavitù, tutto sostenuto dallo Stato.(tradotto da NexusCo)

Lavoratori del Bangladesh combattono contro i boss corrotti

da Libcom


Bangladeshi workers fight back against corrupt bosses
15000 lavoratori del settore dell'abbigliamento in Bangladesh sono scesi in sciopero per protestare contro i salari non pagati. Nel frattempo, i capi delle società -che forniscono Primark e New Look- sono stati arrestati con l'accusa di appropriazione indebita nel più grande caso di corruzione del paese

L'ultima settimana ha visto una serie di violenti scontri tra lavoratori tessili del Bangladesh e la polizia, causando il ferimento di oltre 250 lavoratori.

I lavoratori del Gruppo Hallmark in Hemayetpur chiedono che vengano pagati i loro salari in ritardo con effetto immediato, e che ricevono il loro annuale 'Eid' bonus, che è dovuto entro questa settimana.

Dopo tre giorni di grande e rumorosa protesta al di fuori della fabbrica e degli uffici, i padroni hanno continuato a rifiutare di piegarsi alle richieste dei lavoratori. Successivamente 15.000 lavoratori hanno bloccato un'autostrada per molte ore.

La violenza è esplosa mentre la polizia antisommossa, armata pesantemente, e i membri delle forze armate tentavano di riprendere il controllo della strada, usando gas lacrimogeni e proiettili di gomma.

Nei giorni successivi della violenza, i padroni hanno licenziato oltre 120 lavoratori in quanto militanti politici e responsabili dei problemi in fabbrica.

I boss, evidentemente, si sono dimenticati che tutto il casino è stato causato dal mancamento della paga dei salari. Un direttore della società è stato arrestato nel corso dell'ultimo mese con l'accusa di essersi appropriato di 35 miliardi dollari dalla banca Sonali, in quello che è il più grande caso di frode del paese. Le accuse sono anche rivolte ad altri membri del consiglio.

I lavoratori hanno lavorato nella fabbrica di Hemayetpur 84 ore alla settimana per una paga da £ 19. Un salario di sussistenza in Bangladesh è di circa £ 39 al mese. Tra gli altri clienti, essi producono abbigliamento per Primark, Zara, e New Look.

Solidarietà con i lavoratori tessili del Bangladesh.
(tradotto da NexusCo)

venerdì 26 ottobre 2012

L'anarchia, potere o anti-potere?

Vedere Il potere nell'anarchia

da Periodico El Libertario

- Una tesi "curiosa" ...
Nella sezione "Analisi" del sito web alasbarricadas, vi è un articolo dal titolo "Il potere nell'anarchia", in cui l'autore, Adrian Tarin, conclude tale articolo con tale frase "l'anarchia è anche un potere e non un anti-potere". Poi ho letto un commento alla nota, firmato dal gestore del sito di Regeneraccion Libertaria, in cui mi invitava a dare una risposta a questa nota. Come promesso, ecco la mia risposta:

Come si può notare leggendo il suo testo, "Per molti anarchici, la questione sul potere sono affrontati dall'opposizione al concetto stesso di potere, in quanto la si considera una caratteristica dell'anarchismo -che è molto molto simile a quello di dare a ciascuno lo stesso grado di autorità. Ma questa affermazione è stata compresa nel senso scientifico del termine?"
Quindi, difende, dal suo approccio personale "la teoria del potere"(?), "la compatibilità stesa con l'anarchia" e per concludere tale approssimazione, tale analisi, sostiene che l'anarchia "è anche un potere e non un antipotere".

Naturalmente, Adrian non intende l'anarchia come un "macro-potere", un "potere negativo", come lo Stato, nè che dovremmo smettere di combattere il potere "negativo" di esso. No, non pretende, come Foucault, "sminuire l'importanza e l'efficacia del potere statale", ma ritiene anche "che enfatizzare il suo ruolo unico, si corra il rischio di non prendere in considerazione tutti i meccanismi e gli effetti del potere che non passano direttamente da esso. "

La cosa curiosa è che, per il fatto di constatare che "esista il potere fuori dallo Stato," Adrian ha fatto questa domanda: "Può l'anarchia essere un potere?" E io dico "curioso" perché dovrebbe sapere che l'anarchia è la negazione di tutte le forme di potere, non solo quello che passa attraverso lo stato. Inoltre, è "curioso" perché ha messo un pò prima di questa una citazione di Foucault: " Sarebbe necessario sapere fino a che punto il potere viene esercitato, mediante cosa e quali istanze, anche quelle piccole, di gerarchia, controllo, vigilanza, proibizionismo, coercizione. Ovunque vi è il potere, il potere viene esercitato (...) non sappiamo esattamente chi ce l'ha, ma sappiamo chi non ce l'ha"
In effetti, gli anarchici sanno chi tiene il potere e chi non lo tiene; oltre a chi non lo vuole ... Non è sorprendente che Adrian vuole dimenticare questo e assegnare il potere a coloro che, in linea di principio, non solo non lo hanno ma non lo vogliono. Perché una tale impresa?

- La Confusione ...
Sì, perché tali sforzi per equiparare ciò che è contraddittorio? Non sarà perchè, al definire il macro-potere come negativo e il micro-potere come positivo, Adrian affronta "questioni sul potere ... da parte dell'opposizione" tra i concetti di "negativo" e "positivo" senza fare "dalla comprensione scientifica" di questi termini? Questo sembra essere l'origine della "confusione" di Adrian e la spiegazione per sostenere tale aporia. E questa confusione viene attribuita -molto curiosamente- agli anarchici nel "riconoscere il potere come qualcosa di positivo o negativo", "liberatorio o repressivo", "distruttivo o produttivo." A meno che Adrian pensi che gli "anarchici" partecipino all'esercizio del potere ovvero che sostengono la fallacia ipocrita chiamata "potere del popolo".

E' sorprendente che Adrian creda che gli anarchici (quelli che non hanno rinunciato a combattere il potere) non siano in grado di integrare il macropotere e il micropotere nelle loro analisi, e di conseguenza di vedere che il potere si sostiene ed è accettato perchè Foucault dice "Quello che fa il potere è quello di mantenersi, che venga accettato, che non pesi solo come potere che dice no, ma che fa, crea cose, induce ai piaceri, forma il sapere, produce discosrsi; deve essere considerato come una rete produttiva che passa attraverso tutto il corpo sociale piuttosto che come un esempio negativo la cui funzione è la repressione".
Cioè è anche una rete produttiva.

Sì, è sorprendente, perché Adrian dovrebbe sapere che gli anarchici tengono conto che il potere funzioni come "rete di produzione", sapendo che, come dice Foucault, "Se il potere non ha funzione che reprimere, se non lavora come forma di censura, di esclusione, di ostacolare, di reprimere alla maniera di un grande Super-io, se non esercita in modo negativo, sarebbe molto fragile."

Ma la cosa più sorprendente è che Adrian non si rende conto del perché il potere è anche quello della "rete di produzione" e non solo quello della censura-repressione-esclusione. E riconosce che "il potere riposa solo nella figura della repressione palpabile, come le pallottole e i bastoni, sarebbe stato facilmente sovvertito".

Quindi, se il potere si traveste nella "rete di produzione" solo per mantenere ciò che realmente è, la censura, la repressione e l'emarginazione, che senso di costruttivo, positivo e creatore possono avere? È possibile dissociare ciò che è inerente?

- L'anarchia, un potere o un "micropotere"?
Il problema con Adrian è che, oltre a riconoscere che il potere può essere costruttivo, positivo e creatore per non essere "fragile" e "sovvertibile", si ostina a dire che l'anarchia "è anche un potere e non un anti-potere". Beh, non è chiaro se si tratta di un "micropotere" o anche un "macropotere." No, non c'è nulla di chiaro, solo affermazioni perentorie. Anche quando cerca di sostenere la sua tesi con riflessioni contraddittorie sopra la "costruzione del consenso"; per lui, il "consenso" perseguito dagli anarchici, attraverso la loto propaganda, è quello di "esercitare il suo dominio sugli altri con i discorsi". Oppure quando parla del potere come "consenso egemonico" esercitato "collettivamente", è ovvio che questo "consenso" non ha nulla a che fare con la ricerca degli anarchici: un consenso non imposto (fisicamente o culturalmente che sia), ma in base alla libertà di dissenso e della sperimentazione.

In cosa consiste "una forza liberatrice, positiva e creativa, manifesta nella propria dinamica libertaria e in ogni piccolo passo che serve a costruire l'anarchia" di cui parla Adrian? Che tipo di potere è? Tutte le citazioni fornite da Adrian confermano che il potere politico, il potere E' dominio: se imposto con la forza o attraverso il "consenso" ottenuto grazie alle molteplici forme di sottomissione volontaria dei dominati, si propizia il micropotere. Come si può sostenere che "l'anarchia è potere"?

Infine, Adrian ha dato la risposta nel rispondere a uno dei miei commenti nel sito di alasbarricadas. Non solo lui ha confessato che "il modo di esercitare il potere collettivo e non come un dominio autoritario è attraverso il potere del popolo", ma afferma di condividere ciò che pensano e dicono i difensori del "potere del popolo", in un articolo, "Anarchismo e potere popolare", che è destinato ad essere raggiunto con questa denominazione: "socializza il potere ed evita che questo si converta nel privilegio di pochi."

- Socializzare il potere?
Che Adrian voglia esercitare il potere è un suo problema. Non è la prima né l'ultima volta che si desidera; pesa il fatto che si definisca anarchico ... Ma perché non dirlo chiaramente? Molti socialisti e comunisti sostengono di essere anarchici in fondo a se stessi; ma che, nonostante ciò che la storia insegna, credono che attraverso il Potere si possa andare verso una società più giusta e libera ... Quindi militano nei partiti che aspirano a "conquistare" il Potere. Che cosa coerente...allora non si nascondano dietro un nome vago come quello di un "potere del popolo" che pretende di essere "orizzontale" e "anarchico", ma che aspira ad essere riconosciuto dal Potere (vedere quegli anarchici che hanno fatto propaganda chavista durante le elezioni venezuelane) e di essere parte di esso, se le circostanze lo permettono.

Quindi, al di là della retorica, vi sono i fatti della vita quotidiana e ciò che il linguaggio dice a tutti in quanto lo usiamo. Dobbiamo quindi evitare ogni confusione e usare la parola Potere (con la P maiuscola) per indicare l'imposizione ... e il potere (con la p minuscola) per indicare la capacità di fare ... questo per dare delle accezioni, in modo da riconoscere e differenziare ciò.

Ma al di là della semantica, dovremmo sapere se Adrian si riconosce nel "potere popolare" che esiste a Cuba. Beh, se "socializzare i mezzi di produzione" significa lasciarli nelle mani di coloro che li utilizzano senza nessuno sopra di loro per decidere cosa fare, significa fare quel che è stato fatto a Cuba. Come nessuno ha cercato di "socializzare il potere", per "evitare che pochi diventassero dei privilegiati." Al contrario, il "Potere Popolare" è il meccanismo istituzionale che ha permesso ai fratelli Castro di avere il privilegio esclusivo del potere per oltre cinquanta anni.

Quindi, se "esercitano il potere collettivamente", per Adrian significa che nessuno, sia all'interno che all'esterno del gruppo, tiene il privilegio di decidere per gli altri, perché non riconosce il consenso al quale aspirano gli anarchici e non il consenso "egemonico" che prevale e in cui il Potere si mimetizza dietro l'istituzione ipocrita chiamata "potere popolare"? E in questo caso, perché non dirlo chiaramente?

- Sopra le "piccole manifestazioni di potere" ...
Adrian ci dice che "l'assemblea può essere considerata una manifestazione di potere, in circostanze specifiche" e vede anche "le piccole manifestazioni del potere" di "tutti questi processi di attività anarchica quotidiana (il consenso, le assemblee, la propaganda)".

Sì è chiaro che chi pretende di essere "anarchico" possa essere autoritario nella pratica privata o pubblica, nel comportamento in assemblee autoritarie e tentare di manipolare gli individui, imponendo le proprie proposte o i propri interessi, come in ogni partito politico. Sì, sì, e anche lì onestamente credo che l'anarchia debba imporsi ... Ma, non ha alcun senso essere autoritario e anarchico, non credete? Sono questi i casi che servono da esempio per definire quello che è anarchico o quello che dovrebbe essere l'anarchismo?

Adrian ci dice che "è una posizione difficile da difendere, complessa, soggetta a critiche" e che "forse una qualunque etichetta autoritaria sia difficile da salvare"; ma crede "che le scienze sociali, in questo caso" gli " forniscono ulteriori argomenti per pensare che nell'anarchismo non ci siano poteri."

Infatti, non solo una tale posizione sia indifendibile da un punto di vista ideologico e politico, ma anche da un punto di vista delle scienze sociali che dovrebbero fornirgli "più argomenti" per continuare a pensare che l'anarchismo cerca di essere un potere e non un anti-potere; come pure nelle scienze sociali le parole hanno un senso e non possono essere attribuite in maniera capricciosa: così come per le ragioni etimologiche o l'uso che se ne fa. Sì, Adrian, anche nel senso delle scienze sociali, la parola potere (con la P minuscola o maiuscola), significa "dominio, autorità e giurisdizione che alcuni hanno per applicare a qualcuno." Quindi, gli anarchici lottano contro il potere come potere politico o come autorità: aspirano alla libertà sia per loro che per gli altri.

Certo si possano tenere dei dubbi su come l'anarchia possa ottenere dei consensi senza imporli con la forza.
Certo è più semplice pensare e agire come fanno i seguaci delle ideologie autoritarie, ed ha permesso loro di raggiungere gli obiettivi che queste ideologie presuppongono.
La cosa più logica è quella di smettere di pensare l'anarchia come "-ismo", come ideologia, e pensare a come vivere senza un atteggiamento autoritàrio -proprio come comportamento base- e ad esercitare la libertà rispettando la libertà degli altri. Non solo perché è più coerente difendere la libertà di tutti i giorni, ma anche perché è più efficace per la società a muoversi verso la libertà e l'uguaglianza in tutti i campi dell'attività umana.
Vi è un avanzamento sempre più minaccioso del Potere egemonico del Capitalismo e delle diatribe dei differenti "-ismi" che pretendono di combatterlo; anche se, ad oggi, nessuno può dire di aver raggiunto il suo obiettivo.

(tradotto da NexusCo)

Il potere nell'anarchia

Info del Blogger
Questo articolo, scritto da Adriano Tarìn, è un dibattito posto in vari siti in lingua spagnola: esso ha creato parecchie polemiche in quanto viene trattato un argomento molto spinoso, ovvero il potere e l'anarchia. Benchè etimologicamente siano in aperto contrasto (anarchia significa appunto non-potere e quindi negazione proprio del potere), Tarìn parlerà del potere utilizzato nell'anarchia. A rispondere alle sue parole ci penserà Octavio Alberola nel prossimo post. Eventuali aggiornamenti di questo dibattito, verranno tradotti e messi sul blog.


 da PraxisLibertaria

Per molti anarchici, la questione sul potere sono affrontati dall'opposizione al concetto stesso di potere, in quanto la si considera una caratteristica dell'anarchismo -che è molto molto simile a quello di dare a ciascuno lo stesso grado di autorità. Ma questa affermazione è stata compresa nel senso scientifico del termine? Ci avviciniamo alla teoria del potere per difendere la compatibilità dello stesso con l'anarchia.

Macro-potere: il potere negativo
Se si considera la prospettiva classica del potere, filosoficamente non c'è accordo sul suo bisogno umano. Nela linea hobbesiana dell'egoismo (2002), Robert Greene ci mette a confronto l' "insopportabile" della "sensazione di non avere potere sulle persone e gli eventi", concludendo che tutti siamo lupi per l'uomo giacchè "nessuno chiede meno potere, ma tutti ne vogliono di più", e per raggiungere questo, offriamo un catalogo di comportamenti che distanzia qualsiasi solidarietà (2009). Questo non lascia possibilità per il contratto sociale (Rousseau, 2007) o alle idee libertarie, secondo la quale il bene comune può e deve avere la precedenza sull'individuo. Tuttavia, sia individuale che collettiva, l'idea di potere è al centro di questo dibattito che non è stato risolto.

Questa nozione di potere a cui noi ci riferiamo equivale alla condizione che sia esercitata dalle istituzioni tradizionali, vale a dire, un principe impegnato nello Stato (Machiavelli, 2006) o alla macchina burocratica dello Stato (Weber, 1998). Questo potere è anche violento (Tolstoj, 2005), e tende ad auto-conservarsi ed espandersi (Pineda Cachero, 2007:103-104), ossia possiede i meccanismi necessari per la sua sopravvivenza e per sua la gestione; quindi non c'è alcun bisogno di cedere la sovranità:

"Chi detiene il potere, una volta nelle proprie mani, non imporrà le leggi del mio popolo" (Kant, 2011:75).

Micro-potere: il potere positivo
Tuttavia, questa concezione negativa del potere è molto limitato, in quanto si basa principalmente sulla violenza fisica, sulla repressione o sull'alienazione provocata dal meccanismo dello Stato. La finalità di progettazione di un sistema totalizzante è più e meno ovvio, ed è qualcosa che Bentham va a riflettere sul sistema penitenziario:

"Se ci fosse un modo per impadronirsi di tutto ciò che può accadere ad un certo numero di uomini, di avere tutto intorno a loro, in modo che essi abbiano l'impressione che si produca qualcosa, garantendo le loro azioni, connessioni e tutte le circostanze delle loro vite, in modo che nulla possa ignorarli o contrastarli -raggiungere l'effetto desiderato-, non si può dubitare che uno strumento di questo tipo, sarebbe molto energico e molto utile ai governi, i quali possono applicare a differenti e diversi obiettivi di grandissima importanza "(1989:33).

Bentham riassume a mò di chiaroveggenza questa idea di sorveglianza totale, dicendo che "stare sempre sotto l'occhio di un ispettore, significa perdere il potere di fare del male e anche il pensiero stesso di provocarlo" (1989:37): ciò è fatto in modo che ci sarebbe non solo il controllo agli atti, ma anche verso le opinioni sensibili ovvero quelle espresse dalla popolazione.
E' possibile, quindi, che ci sia un potere al di là dei limiti dello Stato e del governo?

"La teoria dello Stato, l'analisi tradizionale dell'apparato statale, di certo non esauriscono il campo di esercizio e il funzionamento del potere. Attualmente questa è la grande incognita: chi esercita il potere, dove lo esercita? Attualmente, sappiamo che esplode per portare il vantaggio a chi ha in mano il potere... Sappiamo perfettamente che non sono solo i governanti che detengono il potere. Tuttavia, il concetto di classe dirigente non è né troppo chiaro né molto elaborato (...) Sarebbe necessario sapere fino a che punto il potere viene esercitato, mediante cosa e quali istanze, anche quelle piccole, di gerarchia, controllo, vigilanza, proibizionismo, coercizione. Ovunque vi è il potere, il potere viene esercitato (...) non sappiamo esattamente chi ce l'ha, ma sappiamo chi non ce l'ha "(Foucault, 1988:15).

Pineda Cachero, che guarda e si avvicina al potere, risponde alla domanda posta da Foucault descrittivamente, spiegando che il potere è detenuto da "un ente organizzato, individuale o collettivo" (2007:108), e non in forma così sostanziale. Questa incertezza, circa l'origine e la paternità del potere si tradurrà in una delle domande che rimangono irrisolte, ma che fanno riflettere sulla sua natura. Per il filosofo francese, almeno, sembra chiaro che "il potere non si trova nell'apparato statale" perché ci sono "meccanismi di potere che operano al di fuori dell'apparato statale" (1991:108), il che non significa che automaticamente, lo Stato ha perso la sua importanza nell'architettura del potere:

"Non ho alcuna intenzione di sminuire l'importanza e l'efficacia del potere statale. Penso solo che venga sopravvalutato il suo ruolo e venga visto come se abbia un ruolo unico; si corre il rischio di non prendere in considerazione tutti i meccanismi e gli effetti del potere che non passano direttamente per mezzo di lui"(Foucault, 1991:119-120).

Se non vi è potere fuori dallo stato, può essere l'anarchia un potere?
Questo potere, che "non è un'ente o una struttura, o una forza col quale vengono sottomessi gli individui; è il nome dato a una complessa relazione strategica in una data società" (Foucault in Acanda, 2000:11) e la cui "operazione è microscopica, capillare" (Foucault, 1991:89): è un potere la cui principale differenza con la concezione-definizione classica è di essere più produttore che censore.

"Quello che fa il potere è quello di mantenersi, che venga accettato, che non pesi solo come potere che dice no, ma che fa, crea cose, induce ai piaceri, forma il sapere, produce discosrsi; deve essere considerato come una rete produttiva che passa attraverso tutto il corpo sociale piuttosto che come un esempio negativo la cui funzione è la repressione" (Foucault, 1981:137).

Potere: distruzione o creazione?
D'accordo sulla necessità o meno della repressione che è uno dei compiti rimanenti dell'anarchismo, così come riconoscere il potere come un qualcosa di positivo o negativo -liberatorio o repressore, repressorio del male o repressore del bene- è un lavoro importante. Per autori come Manuel Castells, il potere "è sempre il potere di fare qualcosa contro qualcuno o contro i valori e gli interessi di quel qualcuno che è sancito nei dispositivi che dirigono e organizzano la vita sociale" (2011:37), vale a dire che è sempre l'autorità e quindi un atto repressivo. Tuttavia, Van Dijk considera il potere come qualcosa che può essere vantaggiosamente utilizzato: "E' chiaro e noto a tutti che il potere può essere utilizzato in molti scopi innocui o positivi, come i genitori e gli insegnanti che educano i bambini o i media ci informano o i politici ci governano o i poliziotti ci proteggono o i medici ci curano, ognuno con le proprie risorse speciali "(2009:41).

Il potere, che "significa la probabilità di imporre la propria volontà, all'interno di una relazione sociale, nonostante la resistenza e qualunque sia la base di tale probabilità" (Weber, 2005:43), può produrre conoscenza, costruendo:

"Il potere è costruito secondo le decisioni, la coercizione o la costruzione del significato, o entrambi contemporaneamente" (Castells, 2011:257)

Infatti, se il potere riposa solo nella figura della repressione palpabile, come le pallottole e i bastoni, sarebbe stato facilmente sovvertito:

"Se il potere non ha funzione che reprimere, se non lavora come forma di censura, di esclusione, di ostacolare, di reprimere alla maniera di un grande Super-io, se non esercita in modo negativo, sarebbe molto fragile. Se è forte, è perché produce effetti positivi a livello del desiderio che inizia al noto livello di conoscenza. Il potere, lontano dal sapere, lo produce"(Foucault, 1991:106-107).

Tanto è vero, che "è possibile che il potere sia esercitato senza la conoscenza" (Foucault, 1991:100):

"Quanto maggiore è il ruolo di costruzione del significato in nome di interessi specifici e di valori in cui si affermano la forza di un rapporto, c'è meno bisogno di ricorrere alla violenza (legittima o meno)" (Castells, 2011:35) .

Oltre ad essere un potere anonimo e costruttivo, è, anche, molteplice e diffuso la sua dominazione:

"E io per dominazione non intendo il fatto massiccio [sic] di una dominazione globale di uno sopra gli altri o di un gruppo su un altro, ma le molteplici forme di dominio che possano essere esercitati all'interno della società. E quindi nessun re in posizione centrale, ma dei soggetti nelle loro reciproche relazioni, non la sovranità in un edificio specifico, ma moltepolici individui sottomessi e obbligati che tengono come funzione quello di essere all'interno di un corpo sociale" ( Foucault, 1991:142).

Questo, inoltre, non è un potere posseduto, ma esercitato, qualcosa che coincide con Foucault (1991:135) e Castells (2011:39), anche se Lukes considera questo punto di vista come rientrante sotto la "fallacia dell'esercizio del potere" (Lukes, 2007:130). L'esercizio del potere è effettuato in maniera reticolare, concatenata, il quale si può affermare che sia un qualcosa di relazionale ma non individuale:

"Il potere deve essere analizzato come qualcosa che circola, o meglio, come qualcosa che non funziona se non come una catena. Non è mai localizzato qui o là, non è nelle mani di alcuno; non è un attributo come la ricchezza o la proprietà. Il potere funziona, si esercita attraverso un'organizzazione reticolare. E nelle sue reti non circolano solo gli individui, ma anche quelli che stanno sempre in una situazione di soffrire o di esercitare questo potere, non sono mai il bianco inerte o consistente del potere né sono sempre elementi di collegamento" (Foucault, 1991:144).

Il potere e il discorso
Una delle armi principali della propaganda anarchica è la sua retorica, dal momento che attraverso la convinzione e la consapevolezza di questa ideologia che le si vuole dare un senso e un'egemonia. Questo è il motivo per cui è di vitale importanza capire che il potere, oltre ad avere "il suo discorso proprio", ha il potere di dominare sugli altri. Per nascondere discorsi alternativi o rivali, il potere utilizza, tra gli altri strumenti, il controllo del contesto:

"(...) definisco essenzialmente il potere sociale come qualcosa che voglia prendere il controllo, vale a dire il controllo esercitato da un gruppo su altri gruppi e sui loro membri (...) Tra le azioni sono annoverati la comunicazione, cioè il discorso, ovvero il controllo del discorso esercitato sugli altri" (Van Dijk, 2009:30).

L'importanza che tiene il potere di controllare il discorso, la comunicazione, cosa che Castell considera fondamentale nell'assicurare "il potere si basi sul controllo e sulla comunicazione delle informazioni", anche se è più che comunicazione e la comunicazione è più del potere (2011:23), in quanto radicato sopra la mente e le opinioni degli individui:

"Il controllo non solo si esercita sul discorso inteso come pratica sociale, ma vale anche per le menti dei soggetti controllati, vale a dire, sulla loro conoscenza, sulle opinioni, sugli atteggiamenti e sulle ideologie, così come altre prestazioni personale e sociali (...) Coloro che controllano il discorso possono indirettamente controllare le menti delle persone "(Van Dijk, 2009:30).

Tuttavia, vi è anche una questione chiave sia scientifica che a livello tattico per il potere: non esiste unanimità tra i teorici della propaganda al rispetto di sè indispensabile per questo stadio o no. Nel frattempo, Lasswell, ammette che "durante la guerra" si concretizza "l'insufficenza della mobilitazione di uomini e mezzi", e quindi è stato necessario "mobilitare l'opinione pubblica" (in Mattelart, 1993:87). Opposto a questo punto di vista vi è l'opera di Jacques Ellul, che ha detto "l'obiettivo della pubblicità moderna non è più a modificare le idee, ma provocare l'azione. Non è più il tempo di cambiare l'adesione a una dottrina, ma quello di far aggrappare irrazionalmente il singolo ad un processo di azione "(1965:25)

Costruzione del consenso

Se accettiamo la concezione positiva del potere, vale a dire, a parte le autorità istituzionali e censori e la necessità di conquistare i cuori e le menti di coloro che sono subordinati a questo potere per avere successo, la compatibilità con l'anarchismo è più che plausibile. Tuttavia, questo significa che sotto il potere non possano esistere dei ribelli? Come si genere il consenso per affermare che il potere non è solo repressivo?

Capiamoci, il consenso, come l'accettazione attiva o passiva, della dominazione del potere, è uno dei capisaldi del suo essere ed esistenza. E' quindi attraverso il consenso che il potere si sente in diritto per la società, qualcosa che a livello tattico è utile per sostituire le azioni di poteri alternativi. Il consenso è quindi il consentire ciò:

"Per questo motivo il processo di legittimazione, il nucleo della teoria politica di Habermas, è la chiave per consentire allo Stato di stabilizzare l'esercizio del suo potere (...) La legittimità dipende in larga misura dal consenso ottenuto con la costruzione di significati condivisi" (Castells, 2011:35-36).

Essi devono essere sia la società politica e, soprattutto, la società civile, mantenendo lo status quo e legittimando il potere con il loro consenso, a prescindere dalla natura repressiva di esso e la frequenza col quale utilizza la violenza.

"L'esercizio normale dell'egemonia nel terreno classico del sistema parlamentare, è caratterizzato da una combinazione di forza e consenso che sono equilibrati, senza troppa forza rispetto al consenso, ma piuttosto appare supportata dal consenso espresso dalla maggioranza dai cosiddetti organi della pubblica opinione "(Gramsci, 1985:124).

Così, il potere è mantenuta non solo per costrizione, ma anche col consenso, con la condivisione sociale immaginaria (Rodríguez Martínez Prieto e Seco, 2007:6); solo allora si potrebbe sviluppare l'egemonia del sistema.

Per illustrare questo concetto, Gramsci cercò degli esempi storici e li trovò nel modo in cui, durante la Rivoluzione francese, la questione nazionale che separava i girondini (federalisti) e i giacobini si risolse a favore di questi ultimi, che controllavano Parigi, e il ruolo giocato dalla borghesia parigina con la maggior parte dei contadini:

"La provincia accettatava l'egemonia di Parigi in quanto il contadino capiva che i suoi interessi erano legati a quelli della borghesia" (Gramsci, 1985:117).

Per la borghesia, il proletariato e i contadini accettavano e capivano che i loro interessi dovevano essere comuni, o almeno così cercava di fare il potere per ottenere l'egemonia; è anche necessario capire che la classe dominante cedeva parte della sovranità, ma in maniera apparente (ad esempio attraverso le elezioni parlamentari):

"Il fatto dell'egemonia presuppone che si tengano conto degli interessi e della formazione di un certo equilibrio, vale a dire che il gruppo egemone fa dei sacrifici di carattere economico-aziendale, ma questi sacrifici non influenzano l'essenziale, perché l'egemonia è politica ma anche, e soprattutto, economico: ha la sua base materiale nel ruolo fondamentale che esercitano i raggruppamenti egemonici sul nucleo decisivo dell'attività economica "(Gramsci, 1981:173).

In realtà, il dominio economico è fondamentale per l'egemonia, dal momento che riposa anche culturalmente. Il raggiungimento dell'egemonia culturale è molto più efficace di un singolo dominio (Rodríguez Martínez Prieto e Seco, 2007:3), e per raggiungere questo obiettivo, vi deve essere il controllo centrale della produzione economica. Gramsci rivisita la storia per fare un tale sillogismo:

"La Firenze del XVI secolo esercitava un'egemonia culturale perchè esercitava un'egemonia economica" (Gramsci, 1985:145).

Gramsci ha anche affrontato il ruolo degli intellettuali nella costruzione del consenso, in quanto parte fondamentale nella produzione del settore culturale. Mattelart spiega:

"Attraverso il concetto di egemonia, il marxista italiano ha dichiarato che non era sufficiente conquistare lo Stato e modificare la struttura economica per cambiare il vecchio ordine; che nelle società democratiche, la cultura è un settore in cui il consenso si costruisce ogni giorno e gli intellettuali, mediatori moderni, svolgono un ruolo fondamentale in questa costruzione "(1993:100).

Come avrete notato, la propaganda è di fondamentale importanza nella costruzione del consenso e quindi così l'ideologia viene trasmessa, anche se è inteso da alcuni come un mero pretesto, data la volatilità con cui il potere è in grado di trasmettere discorsi ideologicamente incoerenti in base ad ogni situazione:

"L'ideologia dominante incontra la funzione pratica: fornisce la relativa coerenza del sistema e l'unità. Al penetrare nelle diverse sfere delle attività individuali e collettive, cementifica e unifica (nelle parole di Gramsci), l'edificio sociale. Dotandolo di consistenza, consente alle persone inserite, naturalmente, di praticare le loro attività all'interno del sistema, e quindi partecipare alla riproduzione del sistema di controllo, non sapendo che è il dominio di una classe e dello sfruttamento messo in atto da quest'ultima"(Mattelart , 1986:32).

L'egemonia è, dunque, qualcosa di molto più grande del potere politico, che è il potere istituzionalizzato classico rappresentato nella figura dello Stato e del suo apparato di repressione. Così, il concetto di potere rientra nel concetto detto da Focault e che abbiamo discusso in precedenza e mettendolo con l'idea dell'egemonia gramsciana, cioè riguardante il significato relazionale che si esprime in molti modi. In realtà, Gramsci propone una differenza tra dominio e l'egemonia:

"Gramsci distingue tra il dominio e l'egemonia, intendendo nel primo una forma direttamente politica, che in temi di crisi diventa coercitiva, mentre nel secondo la intende come espressione di dominio, ma da un complesso intreccio di fattori politici, sociali e culturali che costituiscono i suoi elementi necessari "(Escobar Hernández Domínguez, 2011:19).

Pertanto, intorno al consenso anarchico, alla dominazione anarchica delle relazioni economiche e culturali, si può costruire una forza liberatrice, positiva e creativa, manifesta nella propria dinamica libertaria e in ogni piccolo passo che serve a costruire l'anarchia. In breve, un potere anarchico lo si può definire tale perchè l'anarchia è anche un potere e non un anti-potere.

Bibliografia
-ACANDA, Jorge Luis (2000). “De Marx a Foucault: poder y revolución”. Centro de Investigación y Desarrollo de la Cultura Cubana Juan Marinello. La Habana.
-BENTHAM, Jeremy (1989). El panóptico. La piqueta. Madrid.
-CASTELLS, Manuel (2011). Comunicación y poder. Alianza Editorial. Madrid.
 -ELULL, Jacques (1965). Propaganda. The formation of men’s attitudes. Vintage Books. Estados Unidos.
-ESCOBAR DOMÍNGUEZ, Cristina (2011). Obama y Cuba, la fruta que no maduró. Un análisis del tratamiento comunicativo dado por la administración Obama al tema Cuba durante los dos primeros años de estancia en la Casa Blanca. Universidad de La Habana. La Habana.
-FOUCAULT, Michel (1988). Un diálogo sobre el poder. Alianza Editorial. Madrid.
-FOUCAULT, Michel (1991). Microfísica del poder. La piqueta. Madrid.
-GRAMSCI, Antonio (1981). Cuadernos de la cárcel. Tomo 2 de la Edición crítica del Instituto Gramsci. Editorial Era. México.
-GRAMSCI, Antonio (1985). Cuadernos de la cárcel. Tomo 1 de la Edición crítica del Instituto Gramsci. Editorial Era. México.
-GREENE, Robert (2009). Las 48 leyes del poder. Espasa. Madrid.  -HOBBES, Thomas (2002). Leviathan. Public Domain Books.  -KANT, Emmanuel (2011). Por la paz perpetua. Brontes. Barcelona.
-LUKES, Steven (2007). El poder. Un enfoque radical. Siglo XXI. Madrid.
-MAQUIAVELO, Nicolás (2006). El príncipe. Espasa. Madrid.
-MATTELART, Armand (1986). La comunicación masiva en el proceso de liberación. Siglo XXI. México.
 -MATTELART, Armand (1993). La comunicación-mundo. Historia de las ideas y de las estrategias. Fundesco. Madrid.
-PINEDA CACHERO, Antonio (2007). Elementos para una teoría comunicacional de la propaganda. Alfar. Sevilla.
-RODRÍGUEZ PRIETO, Rafael y SECO MARTÍNEZ, José María (2007). “Hegemonía y democracia en el S. XXI: ¿Por qué Gramsci?”. Cuadernos electrónicos de filosofía del derecho, nº 15/2007. Textos de las XXI Jornadas de la Sociedad Española de Filosofía Jurídica y Política ‘Problemas actuales de la Filosofía del Derecho’. Universidad de Alcalá. Madrid.  -ROUSSEAU, Jean-Jacques (2007). El contrato social. Espasa. Madrid.
-TOLSTOI, León (2005). El poder. L’Eixam Edicions. Valencia.
-VAN DIJK, Teun A. (2009). Discurso y poder. Gedisa Editorial. Barcelona.
 -WEBER, Max (1998). El político y el científico. Alianza Editorial. Madrid.
-WEBER, Max (2005). Economía y sociedad. Fondo de Cultura Económica. México.
(tradotto da NexusCo)

lunedì 22 ottobre 2012

Manifesto della donna futurista

Piccola parentesi
Vorrei ricordare che questi scritti vengono postati perchè sono ricollegati a quando avevo iniziato l'Introduzione del Futurismo e i suoi rapporti (tormentati) con il movimento anarchico. Chè questi manifesti siano stati scritti da gente che in seguito si sarebbe buttata a capofitto col fascismo o con i liberali o con altra gente tristissima è una cosa innegabile: ma è altrettanto innegabile che questa gente sia stata a tu per tu con molti anarchici e l'ambiente anarchico italiano di quel periodo storico. Tutto questo lo dico per evitare a certi "anonimi" di farsi ulteriori pippe mentali e venirmi a rompere -letteralmente- i coglioni.
Se un personaggio o un manifesto vi sta semplicemente sulle palle o perchè il personaggio "latra perchè è impedito nell'andare negli USA", non mi interessa: se avete voglia di criticare costruttivamente bene. Se avete voglia di criticare a cazzo (come detto poc'anzi), non strepitate se cancellerò i commenti (si, fo il censore, una cosa poco "anarchica" ma che rende bene l'idea di come certa gente mi abbia saturato le palle)
Non darò ulteriori spiegazioni dopo questo manifesto (che provocherà molte discussioni).
Buona lettura.

Scritto da Valentine De Saint-Point

25 Marzo 1912

«Noi vogliamo glorificare la guerra, sola igiene del mondo, il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna».
(Primo Manifesto del Futurismo).

L’Umanità è mediocre. La maggioranza delle donne non è superiore nè inferiore alla maggioranza degli uomini. Esse sono uguali. Tutte e due meritano lo stesso disprezzo.

Il complesso dell’umanità non fu mai altro che il terreno di coltura dal quale balzarono i genii e gli eroi dei due sessi. Ma, nell’umanità come nella natura, vi sono momenti più propizi alla fioritura. Nelle estati dell’umanità come il terreno è arso di sole, i genii e gli eroi abbondano. Noi siamo all’inizio di una primavera; ci manca ancora una profusione di sole, cioè molto sangue sparso.

Le donne come gli uomini, non sono responsabili dell’arenamento di cui soffrono gli esseri veramente giovani, ricchi di linfa e di sangue.

È ASSURDO DIVIDERE L’UMANITÀ IN DONNE E UOMINI; essa è composta soltanto di FEMMINILITÀ e di MASCOLINITÀ.

Ogni superuomo, ogni eroe, per quanto sia epico, ogni genio per quanto sia possente, è l’espressione prodigiosa di una razza e di un’epoca solo perchè è composto, ad un tempo, di elementi femminili e di elementi maschili di femminilità e di mascolinità: cioè un essere completo.

Un individuo esclusivamente virile non è altro che un bruto; un individuo esclusivamente femminile non è altro che una femmina.

Avviene delle collettività e dei momenti dell’umanità come degli individui. I periodi fecondi, in cui dal terreno di cultura in ebullizione balzano fuori in maggior numero genii ed eroi, sono periodi ricchi di mascolinità e di femminilità.

I periodi che ebbero solo delle guerre poco feconde d’eroi rappresentativi, perchè il soffio epico li livellò, furono periodi esclusivamente virili; quelli che rinnegarono l’istinto eroico, e che, rivolti verso il passato, s’annientarono in sogni di pace, furono periodi in cui dominò la femminilità.

Noi viviamo alla fine di uno di questi periodi. CIÒ CHE MANCA DI PIÙ ALLE DONNE COME AGLI UOMINI È LA VIRILITÀ.

Ecco perchè il Futurismo, con tutte le sue esagerazioni, ha ragione.

Per ridare una certa virilità alle nostre razze intorpidite nella femminilità bisogna trascinarle alla virilità, fino alla brutalità.

Ma bisogna imporre a tutti, agli uomini e alle donne ugualmente deboli, un dogma nuovo di energia, per arrivare ad un periodo di umanità superiore.

Ogni donna deve possedere non soltanto delle virtù femminili, ma delle qualità virili; altrimenti è una femmina. E l’uomo che ha soltanto la forza maschia, senza l’intuizione, non è che un bruto.

Ma nel periodo di femminilità in cui viviamo, solo l’esagerazione contraria è salutare. ED È IL BRUTO CHE SI DEVE PROPORRE A MODELLO.

Non più donne di cui i soldati debbano temere «le braccia in fiore che s’intrecciano alle ginocchia il mattino della partenza»; donne infermiere che perpetuino le debolezze e le vecchiezze, addomesticando gli uomini pei loro piaceri personali o pei loro bisogni materiali! Non più donne che facciano figli solo per sè stesse, riparandoli da ogni pericolo, da ogni avventura cioè da ogni gioia; che disputano la loro figliuola all’amore e il loro figliuolo alla guerra! Non più donne piovre dei focolari, dai tentacoli che esauriscono il sangue degli uomini e anemizzano i fanciulli; DONNE BESTIALMENTE AMOROSE, CHE DISTRUGGONO NEL DESIDERIO ANCHE LA SUA FORZA DI RINNOVAMENTO!

Le donne sono le Erinni, le Amazzoni; le Semiramide, le Giovanna d’Arco, le Giovanna Hachette; le Giuditta e le Caroline Corday; le Cleopatra e le Messalina, le guerriere che combattono più ferocemente dei maschi, le amanti che incitano, le distruggitrici che spezzando i più fragili contribuiscono alla selezione, mediante l’orgoglio o la disperazione, «la disperazione che dà al cuore tutto il suo rendimento».

Che le prossime guerre suscitino delle eroine simili a quella magnifica Caterina Sforza che, mentre sosteneva l’assedio della sua città, vedendo dall’alto delle mura il nemico minacciare la vita di suo figlio per obbligarla ad arrendersi, mostrando eroicamente il proprio sesso, gridò: «Ammazzatelo pure! Mi rimane lo stampo per farne degli altri!»

Sì, «il mondo è fradicio di saggezza», ma, per istinto, la donna non è saggia, non è pacifista, non è buona.

Perchè ella manca totalmente di misura, ella diventa, in un periodo sonnolento della umanità, troppo saggia, troppo pacifista, troppo buona.

Il suo intuito, la sua immaginazione, sono ad un tempo la sua forza e la sua debolezza.

Ella è l’individualità della folla; fa corteo agli eroi, o, se questi mancano, sostiene gl’imbecilli.

Secondo l’apostolo, incitatore spirituale, la donna, incitatrice carnale, immola o cura, fa scorrere il sangue o lo terge, è guerriera o infermiera.

La stessa donna, in una stessa epoca, a seconda delle idee ambienti, raggruppate intorno all’avvenimento del giorno, si stende sulle rotaie per impedire ai soldati di partire per la guerra, o si getta al collo del campione sportivo vittorioso.

Ecco perchè nessuna rivoluzione deve rimanerle estranea; ecco perchè invece di disprezzare la donna, bisogna rivolgersi a lei.

È la conquista più feconda che si possa fare; è la più entusiasta, che, alla sua volta, moltiplicherà le recinte.

Ma si lasci da canto il Femminismo. Il Femminismo è un errore politico. Il Femminismo è un errore cerebrale della donna, un errore che il suo istinto riconoscerà.

NON BISOGNA DARE ALLE DONNE NESSUNO DEI DIRITTI RECLAMATI DAL FEMMINISMO. L’ACCORDAR LORO QUESTI DIRITTI NON PRODURREBBE ALCUNO DEI DISORDINI AUGURATI DAI FUTURISTI, MA DETERMINEREBBE, ANZI, UN ECCESSO D’ORDINE.

L’attribuire dei doveri alla donna equivale a farle perdere tutta la sua potenza feconda. I ragionamenti e le deduzioni del Femminismo non distruggeranno la sua fatalità primordiale; non posson far altro che falsarla e costringerla a manifestarsi attraverso deviazioni che conducono ai peggiori errori.

Già da secoli si cozza contro l’istinto della donna, null’altro si pregia di lei che la grazia e la tenerezza. L’uomo anemico, avaro del proprio sangue, non le domanda più che di essere un’infermiera. Essa si è lasciata domare. Ma gridatele una parola nuova, lanciate un grido di guerra, e con gioia, cavalcando di nuovo il suo istinto, essa vi precederà verso conquiste insperate.

Quando le vostre armi dovranno servire, la donna le forbirà. Essa contribuirà, di nuovo, alla selezione.

Infatti se non sa ben discernere il genio, perchè ne giudica dalla rinomanza passeggera, la donna seppe sempre premiare il più forte, il vincitore, colui che trionfa pei propri muscoli e pel proprio coraggio. Essa non può sbagliare, su questa superiorità che s’impone brutalmente.

RIACQUISTI LA DONNA LA SUA CRUDELTÀ E LA SUA VIOLENZA CHE FANNO CH’ELLA SI ACCANISCA SUI VINTI, PERCHÈ SONO VINTI, fino a mutilarli. Cessate di predicarle la giustizia spirituale che invano s’è sforzata d’acquistare.

DONNE, RIDIVENTATE SUBLIMAMENTE INGIUSTE, COME TUTTE LE FORZE DELLA NATURA!

Liberate da ogni controllo, ritrovato il vostro istinto, voi riprenderete posto fra gli Elementi, opponendo la fatalità alla cosciente volontà dell’uomo.

Siate la madre egoista e feroce, che custodisce gelosamente i suoi piccoli avendo su loro ciò che si chiama i diritti e i doveri, FINCHÈ ESSI ABBIANO FISICAMENTE BISOGNO DELLA SUA PROTEZIONE.

Che l’uomo, liberato dalla famiglia, viva la propria vita d’audacia e di conquista, non appena ne abbia la forza fisica, e quantunque sia figlio, e quantunque sia padre.

L’uomo che semina non si ferma sul primo solco che feconda.

Nei miei Poèmes d’Orgueil, come nel La Soif et les Mirages, io ho rinnegato il sentimentalismo come una debolezza spregevole, perchè lega delle forze e le immobilizza.

LA LUSSURIA È UNA FORZA, perchè distrugge i deboli, eccita i forti a spendere energie, dunque al loro rinnovamento. Ogni popolo eroico è sensuale: la donna è per esso il più esaltante trofeo.

La donna deve essere madre o amante. Le vere madri saranno sempre amanti mediocri, e le amanti saranno madri insufficienti per eccesso. Uguali di fronte alla vita, queste due donne si completano. La madre che riceve il figlio fa, con del passato dell’avvenire. L’amante dispensa il desiderio che trasporta verso il futuro.

CONCLUDIAMO:

La donna, che colle sue lagrime e il suo sentimentalismo ritiene l’uomo ai suoi piedi, è inferiore alla prostituta che spinge il suo maschio per vanagloria a conservare col revolver in pugno la sua spavalda dominazione sui bassifondi della città. Questa femmina coltiva almeno una energia che potrebbe servire migliori cause.

DONNE, PER TROPPO TEMPO SVIATE FRA LE MORALI E I PREGIUDIZI, RITORNATE AL VOSTRO ISTINTO SUBLIME: ALLA VIOLENZA E ALLA CRUDELTÀ.

Per la fatale decima del sangue, mentre gli uomini guerreggiano e lottano, fate dei figli, e, tra essi, in olocausto all’Eroismo, fate la parte del Destino.

Non li allevate per voi, cioè per la loro diminuzione, bensì in una larga libertà, per uno sviluppo completo.

Invece di ridurre l’uomo alla servitù degli esecrabili bisogni sentimentali, spingete i vostri figliuoli e i vostri uomini a superarsi.

Siete voi che li fate. Voi avete su loro ogni potere.

ALL’UMANITÀ VOI DOVETE DEGLI EROI. DATEGLIELI.

domenica 21 ottobre 2012

Pubblicazioni settimanali --(10)

In evidenza
-Istruzioni per l'uso - Storia del movimento anarchico (3) - I sindacati anarchici e le avanguardie artistiche anarchiche nel periodo delle macellerie Imperialiste-Statali (1900-1918) --Seconda Parte
-L'articolo L'anarchismo individualista - Terza Parte

--Articoli&Video
Proteste in Portogallo a causa delle misure di austerità
Patrasso: attacco a un posto occupato da parte dei fascisti. Quattro arresti tra i difensori del posto occupato
Cina: Rivolte degli I-schiavi alla Foxconn
Manifestazione dello sciopero il 18 ottobre, la prima applicazione repressiva del nuovo regime
La libertà delle tue informazioni
Di donne, violenza, eserciti e autoritarismo 
Sopra gli aspiranti del potere, l'immortalità, e la libertà
Gli anarchici del Paraguay convocano delle giornate di resistenza nazionale
Intervista alla Federazione Anarchica Moldava (FAM)
 
--Progetto di Storia Anarchica
Prefazione al Catalogo delle Esposizioni di Parigi, Londra, Berlino, Bruxelles, Monaco, Amburgo, Vienna, ecc.
Gli anarchici di Sebastian Faure

--Libri Postati su Green, Not Greed
Individui ignoti – La Croce Rossa ed i lager della democrazia
FNB Romagna – Food Not Bombs
Albert Camus – Mi rivolto dunque siamo. Scritti politici
Colin Ward – Anarchismo come teoria dell’organizzazione
Comitato Senza Spese – Manuale per Viaggiare Gratuitamente sui Treni delle Ferrovie dello Stato Italiane
Archivio G. Pinelli – Anarchismo, post-anarchismo, neo-anarchismo

sabato 20 ottobre 2012

Intervista alla Federazione Anarchica Moldava (FAM)

da Initiativa Anarho Sindicalista

Intervista del gruppo anarchico rumeno Initiativa Anarho Sindicalista (IASR) all federazione anarchica moldava (FAM)

IASR: Che cos'è la FAM?

FAM: Federazione Anarchica Moldava. Essa è emersa dalla volontà di creare un centro anarchico di coordinamento, oltre che di informazioni. Attualmente, la nostra priorità è quella di informare.

IASR: C'è un movimento anarchico in Moldavia?

FAM: Attualmente il movimento anarchico in Moldavia è agli inizi. Abbiamo tante attività da fare, come fanno i compagni in Romania e Ucraina. Ci siamo avviati adesso a causa del contesto storico: il movimento anarchico in Moldavia è sempre stato parte del movimento anarchico russo e poi, per un breve periodo, al movimento anarchico rumeno, ed è stato completamente distrutto durante il periodo sovietico.

IASR: Qual è la situazione degli anarchici in Moldavia? Sono repressi dal governo?

FAM: Come ho detto prima, stiamo iniziando la nostra storia da zero.

IASR: In Romania, i comunisti stalinisti sono scomparso dalla scena politica, e la PCR è stata bandita. D'altra parte, in Moldavia sono stati al governo e godono di un notevole sostegno. Qual è il rapporto tra gli anarchici e il Partito Comunista? C'è ostilità diretta o relazioni amichevoli?

FAM: Devo dire che il PCRM non è un partito comunista ortodosso (ovvero di tipo marxista, leninista o stalinista): è un partito comunista che utilizza i simboli di epoca sovietica e la parola "comunismo" nel suo nome. In realtà, è un partito oligarchico. Pertanto non costruiamo rapporti con il Partito Comunista. Ma non possiamo ignorare il fatto che il PCRM fino ad oggi, ha un notevole sostegno. Le persone che sostengono il PCRM, sono ancora sdraiato all'epoca sovietica oltre che essere dogmatici. Il nostro obiettivo è quello di mostrare loro la verità.

IASR: Vi è stata una partecipazione anarchica ai moti del 2009? Se si, qual'è stata la relazione degli anarchici moldavi alle proteste?

FAM: E' una domanda molto interessante. In relazione alle proteste del 7 aprile 2009, ho partecipato individualmente. E' stato il 7 aprile il colpo di stato detto dal PCRM? Forse, forse no. Forse era un tentativo di fuga del PCRM dalle responsabilità prima che la crisi finanziaria globale raggiungesse il paese, come dichiarato da coloro che sono al potere. Noi crediamo che il 7 di Aprile del 2009 in Moldavia, i cosiddetti comunisti siano stati sostituiti con i liberali. E tenendo conto degli interessi dei lavoratori, troviamo che l'attuale governo "rivoluzionario" è infatti il ​​governo liberale, e questo non è diverso da qualsiasi governo liberale del mondo. Abbiamo le stesse riforme liberali che il governo attua sotto la guida rigorosa del FMI e come risultati si ha il peggioramento delle condizioni sociali di vita dei lavoratori.

IASR: Qual è la posizione anarchica sulle questioni sindacali in Moldavia?

FAM: La questione non è semplice. Ma ancora, riteniamo che la questione "sindacalista" odierna si basi sul nazionalismo rumeno. Il "sindacalismo marcio" partecipa con le "Guardia di Ferro", "Legionario", "Azione 2012". A me sembra che  queste organizzazioni della Romania non siano così attive come in Moldavia. E tutta questa attività nazionalista, stimola l'attività tra sciovinisti russi (più correttamente russofili) e i cosiddetta "patrioti".

IASR: Grazie mille per l'intervista.

FAM: Non c'è di che.

Sito web: www.anarchy.md
(tradotto da NexusCo)

Sopra gli aspiranti del potere, l'immortalità, e la libertà

da Periodico El Libertario

"La massima aspirazione del potere è l'immortalità"
 La frase è del filosofo Michel Foucault e sintetizza in qualche modo una visione delle società odierne e antiche.

L'ossessione per la monumentalità viene plasmata in immagini e simboli dai responsabili delle campagne di conquista, con archi trionfali, statue, monete, ecc. Queste sono solo alcune di queste espressioni. Ciò che nessuno di questi spettacolari elementi presenta, e che in ogni caso tiene nascosto, è la sofferenza di interi villaggi devastati, di donne e uomini in carne e ossa ignorati, umiliati e offesi.

Come indicato nell'analisi di Camillo Berneri sulle campagne di Alessandro Magno, di Cesare e di Napoleone, essi vengono presentati dai loro scribi come eroi, quando invece sono i più grandi assassini della storia.

La violenza simbolica, come sostiene Pierre Bourdieu, diventa reale negli uffici governativi poichè i subordinati percepiscono l'onnipotenza e l'onnipresenza.
Il gesto di Cesare nell'arena -alzando o abbassando il pollice- diventerà un'esibizione di imperatori o re, di rituali e cerimonie religiose o laiche, e anche per dare sfoggio di questo gesto davanti alle folle che si radunano durante le commemorazioni. Infatti, è sempre opportuno rileggere il saggio sulla servitù volontaria di Etienne De La Boettie, per cercare di capire come sono configurati, in ogni periodo storico, le piramidi del potere, i cortei dei servi, i capi dei protocolli e i propagandisti .

L'impressionante dispiegamento propagandistico del nazismo tedescom, fatto di competizioni sportive,  lo dispiegamento della propaganda stalinista al suo apice guerrafondaio, le apparizioni di presidenti americani con le truppe che uccidono prima di dirigersi verso il territorio dell'incursione distruttiva. È possibile guardare gli aviatori da guerra, in piedi, sorridenti, come quelli che guidano i  carri armati e/o usano i fucili mitragliatori o le pistole. Il passaggio di epoche storiche o il cambiamento di latitudine, confermano questo paesaggio, anche se vi sono piccolissimee variazioni.

Qual è il potere

 Ma dobbiamo ricordare che, come spiega Foucault, il potere non è una sostanza o depositata da qualche parte, ma solo una trama di meccanismi, dispositivi e relazioni sociali, materiali e discorsive che impone il dominio e la subordinazione, l'obbedienza e l'acquiescenza all'autorità.

Nelle società autoritarie, la pomposità delle esecuzioni pubbliche e delle torture hanno dato modo di creare altri meccanismi di esercizio del potere che non solleva gli animi della collettività, che a volte ribelle, dimostrano di essere contro gli eccessi dei Punitori e dei Carnefici.

I dispositivi dissuasori, stabiliti dalla creazione dell'industrialismo e dal più sottile dei meccanismi di potere e di controllo, sono impliciti nella scuola, nel posto di lavoro e nella vita di tutti i giorni, piena di telecamere che registrano tutto, soprattutto le forme di anomalia, gusti e preferenze

Paradossi della Libertà

 Nelle società in cui viviamo, non c'è libertà. Una gigantesca statua che si trova al largo dell'isola di Manhattan, è stata presentata dal governo francese agli Stati Uniti per celebrare l'anniversario di indipendenza del 1776, che ovviamente manteneva il sistema schiavistico fino alla metà del XIX° secolo.

La libertà esiste. E' il nome di molte strade e viali, e sono portati da questo appellativo le figlie dei militanti anarchici in vari angoli del mondo.
Ironia a parte, ci si può chiedere se esista un'altra libertà all'infuori della circolazione delle merci. C'è vera libertà nelle società in cui viviamo? Esiste la libertà come il commercio tra i proprietari, lo sfruttamento del lavoro minorile o adulto, l'attacco dei villaggi indifesi in tutto il mondo, il traffico di donne e bambini per soddisfare con i soldi i desideri pervertiti.

E' vero che nella società contemporanea non vi è libertà. Lasciate che il panico pervada le menti dei potenti quando la gente dilaga nelle strade e nelle piazze, decidendo di porre fine ai privilegi delle élite dominanti.

Alibi

Le società contemporanee hanno un alibi: periodicamente convocano le persone nello scegliere di rinnovare gli amministratori delegati delle società. Si chiamata legislatori, governatori, presidenti, ecc.

E' certo che la libertà esista quando tutto questo è regolato, istituito, vigilato e controllato da minoranze radicate nel micro e macropotere?
Paradossalmente, avvengono nelle società in cui le trappole linguistiche evocano il sarcasmo nel frontespizio del "Ministero della Verità" nel romanzo 1984 di George Orwell: "La guerra è pace, l'amore è l'odio. La schiavitù è libertà ".

Quel che è certo è che chi detiene il potere, tende a perpetuare le strutture di dominio e di oppressione e privilegi. Usando la nostra intelligenza potente, demoliamo i miti per prendere il nostro destino nelle nostre mani.
(tradotto da NexusCo)

Manifestazione dello sciopero il 18 ottobre, la prima applicazione repressiva del nuovo regime

da Verba Volant
La manifestazione dello sciopero generale del 18 ottobre è stato un pò meno massiccio e combattivo del 26 settembre. Tuttavia, questa volta le proteste sono state caratterizzate dall'applicazione di un piano della polizia di Atene: fabbricare una provocazione ai manifestanti, rompendo la dimostrazione e punirli in maniera del tutto immotivata e ben organizzata, senza avere il minima pretesto da parte delle azioni dei manifestanti. Questa è la politica repressiva del nuovo regime, le cui forze repressive contro i dimostranti è contro chiunque.

Sciopero generale o sciopero "Generale"?
Il 18 ottobre, lo sciopero "generale" è stato convocato dai sindacati ufficiali dei lavoratori del settore pubblico e privato. La domanda che viene in mente è: perchè una gran parte degli schiavi salariati, che si suppone dovevano stare in sciopero, non sono scesi in piazza? Una risposta è che ci sono numerosi lavoratori del settore privato che non hanno potuto partecipare allo sciopero perché i datori di lavoro hanno fatto del terrorismo. Questi lavoratori, che sono la maggioranza nel settore privato, sono stati costretti a lavorare. Forse nel centro di grandi città, come Atene e Salonicco, quasi tutto è stato chiuso a causa delle manifestazioni, ma nei dintorni di queste città -piccole città e villaggi-, la partecipazione allo sciopero, attivo o meno, è stato molto inferiore. In queste zone quasi tutte le imprese sono rimaste aperte.

Ma che cosa è questo sciopero?
Una seconda risposta alla domanda di cui sopra è che una parte della classe operaia è stanca di questi scioperi giornalieri e di carattere calmo mentre la società si muove verso la povertà e il totalitarismo; e stanno ricevendo un'offensiva senza precedenti da parte del capitale e dello Stato. Il Potere, attraverso i sindacati ufficiali, cercano di manipolare e placare la rabbia della gente, canalizzando in forme innocue di protesta al regime, allo Stato, al capitale e a tutti i suoi lacchè. Pretendere che le persone mangiano troppo e iniettare nella loro mente la convinzione che non si possa sconfiggere o rovesciare il regime e che la lotta non serva a nulla; dopo tanti pseudo-scioperi come questo, che sembra non avere risultati visibili o direttamente, molte persone ne hanno avuto abbastanza. Tuttavia, in un frammento della più ampia società, matura sempre più l'idea di uno sciopero ad oltranza e combattivo.

In quali condizioni si è svolta la manifestazione di sciopero generale?
Una terza risposta alla domanda posta sopra è il terrorismo esercitato alla società. Dalla prima mattina del 18 ottobre, le stazioni della metropolitana più vicine al centro di Atene sono stati chiuse e sono rimasto chiuse per gran parte della giornata. Al di fuori del centro, le stazioni della metropolitana erano aperte, mentre la polizia antisommossa seguiva costantemente le persone che arrivavano verso il centro. Dalle prime ore del mattino, la polizia segreta era sparsa per tutto il centro di Atene, intimidendo, terrorizzando, aggredendo e arrestando i manifestanti. Per tutta la settimana i media della disinformazione hanno ripetuto, con tono da panico, di "disordini", "problemi" e "incidenti" che davano per scontato che sarebbero stati in manifestazione, come dicono sempre. Questa propaganda è giunta a compimento con le immagini e la disinformazione fatta sia durante che dopo la manifestazione. Il messaggio che vuole consegnare il potere è chiaro: Stare lontano dal centro di Atene, lontano da dove c'è la manifestazione (in quanto pericolosi per il sistema).

Come la polizia ha iniziato la provocazione organizzata contro la manifestazione .
La marcia di protesta è iniziata poco dopo mezzogiorno, succedendo a quella del pseudoPartito Comunista Ellennico (KKE). I membri di questo partito hanno manifestato per primi. Quindi nessuno ha sentito nulla ciò che è accaduto dopo il suo breve "funerale". Sicuramente si vedrà stasera sul notiziario, con una buona dose di disinformazione, come il giornale del loro partito, dove spesso non fanno il minimo accenno ad eventi che non sono organizzati o chiamati dai loro superiori nella gerarchia di partito. Nel corso della manifestazione, non faremo il minimo riferimento a loro. La non-pubblicazione dei loro eventi è il minimo che si meritano questi soggetti.
La partecipazione alla manifestazione era un pò inferiore a quella del 26 settembre. Quando la metà dei blocchi era arrivata alla piazza di Atene, piazza Syntagma, e la gente era tranquilla e poco animata, due squadre della polizia, in tenuta antisommossa, hanno improvvisamente chiuso la strada dalla piazza dove il corteo passava, formando una barricata. Questa azione improvvisa e deliberata della polizia ha causato la rabbia dei manifestanti che erano presenti. Molti di loro hanno accerchiato i poliziotti, iniziando a gridare slogan, chiedendo loro di andarsene. Sotto la pressione della gente, i poliziotti si sono ritirati. Tuttavia, il loro ritiro è stato eseguito in modo altrettanto provocatorio. Hanno sparato gas lacrimogeni e granate assordanti, e alcuni gruppi di dimostranti hanno risposto con bottiglie, pietre e bottiglie molotov. Inizia così la cosiddetta disinformazione dei media dei tumulti, in una manifestazione che si svolgeva in un ambiente calmo e per nulla combattivo. In questo caso la polizia non ha avuto il minimo pretesto. Hanno agito in maniera deliberata.

Come la polizia ha messo a punto un piano di terrorismo organizzato e studiato in anticipo gli attacchi

A continuare ciò, tre squadroni armati della polizia, hanno invaso piazza Syntagma e caricato i manifestanti che erano tutti dentro. Il loro piano era già evidente: avrebbero tagliato i blocchi della manifestazione, invece di cercare di scioglierlo ed evacuare la piazza. Avrebbero potuto aspettare per finalizzare al volo, ma in questo caso non sarebbero state trasmesse le immagini di propaganda dei media sui famosi "disordini", come richiesto per l'intimidire coloro che non avevano partecipato alla manifestazione.
I blocchi dei manifestanti -che si erano rifugiati dopo la carica della polizia - si sono allineati nella parte superiore, dove hanno affrontato un altro squadrone di poliziotti del regime. Tra i fischi, vi è stata un'ulteriore ritirata dei poliziotti. Blocchi di manifestanti si sono uniti nella parte superiore della piazza, di fronte al Parlamento. A questo punto nella parte inferiore stava passando il blocco del partito socialdemocratico Syriza e gli altri partiti della sinistra extra-parlamentare. La manifestazione era di nuovo in sessione. Sembrava che il piano della polizia stesse fallendo ...

Come la polizia ha effettuato l'operazione terroristica quando sembrava che il suo piano stava fallendo

La polizia aspettava che passasse il blocco parlamentare e poi gli squadroni sono corsi verso il fondo della piazza, caricando i manifestanti che erano lì. Quasi contemporaneamente, due squadroni sono corsi rivolti nella stessa direzione, avendo iniziato dalla parte superiore della piazza, in direzione del luogo stesso. Il compito di questi era quello di unirsi alla divisione motorizzata. Molti di loro provenivano dai Giardini Nazionali, nella parte superiore di piazza Syntagma, passando dalla parte dei manifestanti, i quali fuggivano, ed erano alla ricerca di persone il cui abbigliamento e aspetto non erano di loro gusto e arrestarli. Terrorismo puro e semplice. Infatti, pochi minuti dopo, nella zona pedonale dell'Acropoli, si avventavano su un gruppo di giovani, arrestandoli e ferendo due di loro in testa. Quest'arresto ingiustificato è stato fischiato da molte persone che avevano assistito a questa brutalità organizzata in anticipo.

Così la polizia greca ha istituito un scenario delle rivolte greche come massa di propaganda professionista, dove "sono state represse prontamente ed efficacemente i sovversivi." Così i media di disinformazione potevano parlare o scrivere di questi disordini che "ancora una volta scuotono il centro di Atene", a causa di "un gruppo di uomini mascherati che ha iniziato lanciando pietre e bombe incendiarie contro la polizia anti-sommossa, che è stata costretta a intervenire" e, naturalmente, la forma generica che amano usare questi media per disinformare e nascondere la verità, come "i giovani che attaccano la polizia con bombe molotov e pietre."

Circa sei ore dopo l'inizio della manifestazione, gli scontri con i manifestanti si è trasferito nel quartiere di Exarchia. Poco dopo le 13:30, un manifestante di 65 anni è morto di infarto. E' stato portato in ospedale alle 14:00. Il manifestante era un membro del sindacato del Partito Comunista. Per ora le informazioni che riceviamo sono scarse, oltre al fatto che non ci fidiamo delle informazioni fatte trapelare dal partito "comunista" (soprattutto dopo il caso del cinquantatreenne morto nella manifestazione del 20 ottobre 2011), il quale ha fatto trapelare che il manifestante è morto prima dell'incidente, quando è stato portato in ospedale mezz'ora dopo; per ora non passeranno ulteriori dettagli su questo argomento. Avremo più informazioni da pubblicare in questa stessa voce. Le cariche della polizia hanno ferito altre sei persone: uno di loro è gravemente ferito.

In conclusione, si segnala la presenza nella manifestazione di oggi di due blocchi di un paio di manifestanti nazionalisti. Il loro partito si autodefinisce patriottico e ha concentrato la sua critica sui "traditori politici". Si tratta di nazionalisti travestiti da sinistroidi o socialdemocratici ma che in realtà questi termini sono, molte volte, sinonimi.
Le foto: 1, 2, 3. (tradotto da NexusCo)








venerdì 19 ottobre 2012

Gli anarchici di Sebastian Faure

Sebastian Faure era un anarchico francese, che può essere incluso in questa seconda generazione di attivisti libertari, iniziata nel tardo XIX secolo e che aveva vissuto la Rivoluzione d'Ottobre sovietica e il periodo difficile della guerra. Faure e i suoi compagni erano quelli che avevano a sviluppato e attuato le condizioni più difficili delle questioni teoriche, scritte da Proudhon, Bakunin e Kropotkin e che avevano gettato le basi dell'anarchismo. Delimitare la teoria e la pratica dal marxismo, resistere all'assalto comunista e fascista, superare le contraddizioni delle due guerre mondiali, soffrire la sconfitta amara di Flores Magon, Makhno e della rivoluzione in Spagna ... forse per questo motivo i suoi scritti non sono obsoleti e continuano a dare, allora come oggi, la strada giusta per una vera e propria rivoluzione.

Chi siamo
Prima di tutto: chi siamo?
Si tiene degli anarchici, come individui, delle idee molto false.

Una di queste idee è quella che ci considerano degli utopisti innoffensivi, dolci sognatori; siamo trattati come spiriti chimerici, dalla fantasia stravagante, come a dire semi-folle. In parole povere ci considerano come malati e che, a secondo delle circostanze, possono diventare pericolosi, ma non come malfattori sistematici e consapevoli.

Altri ci giudicano in modo molto diverso: essi pensano che gli anarchici sono dei bruti, degli ignoranti, pieni di odio, violenti e folli, contro la quale non si sa se esercitare o meno una repressione spietata.

Entrambi le visioni sono sbagliate.

Se siamo utopisti, siamo alla maniera dei nostri predecessori che hanno avuto il coraggio di proiettare le immagini sullo schermo del futuro in contraddizione con quelli del suo tempo. Siamo, infatti, i discendenti e i successori di quegli uomini che, dotati di percezioni e sensibilità più viva dei loro contemporanei, prevedevano un'alba in un mondo di tenebre. Noi siamo gli eredi di quegli uomini che, vivendo in un'epoca di ignoranza, di miseria, di oppressione, di bruttezza, di ipocrisia, di odio e di iniquità, intravidero una città di cultura, di benessere, di libertà, di bellezza, di sincerità, di giustizia e di fraternità, e lavorarono con tutta la loro energia per la costruzione di questa splendida città.

Che il privilegiato felice, e tutta la sequela di mercenari e schiavi interessati alla conservazione e difesa del regime che sono o credono di essere gli approvatori, lasciavano cadere l'epiteto sprezzante e di disprezzo quale  "utopisti", "sognatori", "spiriti stravaganti", a questi coraggiosi e lungimiranti artigiani, costruttori per un futuro migliore, era la loro missione. Questa è la logica delle cose.

Dobbiamo riconoscere, inoltre, che senza questi sognatori, la cui eredità faremo fruttare, senza questi costruttori chimerici e queste immaginazioni malate -in tutte le epoche venivano così descritti gli innovatori e i loro discepoli- avremo delle mancanze in varie epoche storiche, in cui non verrebbero creduti dall'uomo tanto ignorante, quanto selvaggio e miserabile!

Utopistico perché vogliamo lo sviluppo, seguendo il suo corso, e ci allontaniamo sempre di più di schiavitù moderna: il salario e diventare il produttore di tutta la ricchezza in maniera libera, felice e fraterna?

Sognatori, perché noi immaginiamo e proclamiamo la fine dello Stato, la cui funzione è quella di sfruttare il lavoro, rompendo le iniziative, pensando di sopraffare, soffocare lo spirito di ribellione, arginare gli impulsi per il meglio, perseguire l'onesto, ingrassare gli intriganti, rapinando i contribuenti per mantenere i parassiti, promuovendo bugie e intrighi, stimolano la rivalità fatale, e quando si sente minacciato il suo potere, provoca carneficine su carneficine alle persone sane e vigorose?

Spiriti chimerici, immaginazioni fantasiose, semi-folli perché comprovando le trasformazioni lente, troppo lente per il nostro desiderio, diventa innegabile che si spingono le società umane a nuove strutture costruite su basi rinnovate, dedicando le nostre energie per indebolire e infine distruggere la struttura della società capitalista e autoritaria?

Sfidiamo la informati e i consapevoli del nostro tempo gravemente squilibrato ad accusare gli uomini che hanno progettano e preparano tali trasformazioni sociali.

Siete degli idioti, tuttavia, e non a metà ma completamente, soprattutto a chi immagina intercettare la strada delle generazioni contemporanee che corrono per la rivoluzione sociale, come il fiume che va verso l'oceano: è possibile che con l'aiuto di potenti dighe e deviazioni aziendali, questi dementi, più o meno moderati, arrivino ai loro scopi...

...ma il corso del fiume è fatale: prima o poi, arriva verso il mare.

NO! Gli anarchici non sono né utopisti, né sognatori o pazzi, e viene dimostrato dal fatto che i governi in tutto il mondo li perseguitano e li imprigionino per evitare che la verità esca liberamente e arrivi all'orecchio dei diseredati, perchè se l'insegnamento libertario esprima la demenza o la chimera della follia, sarebbe molto facile dimostrare la loro follia e assurdità.

Alcuni sostengono che gli anarchici siano dei bruti ignoranti.

E' vero che non tutti i libertari hanno la vasta cultura e l'intelligenza superiore di Proudhon, di Bakunin, dell'Eliseo Reclus, di Kropotkin.

E' vero che molti anarchici, sono stati feriti dal peccato originale dei tempi moderni: la povertà, avuta fin dall'età di dodici anni, abbandono della scuola e lavorare per una vita: ma il semplice fatto di aver raccolto la concezione anarchica denota una comprensione vivida ed esprime uno sforzo intellettuale che sarebbe incapace per un bruto.

L'anarchico legge, studia, meditare e si istruisce quotidianamente.

Sente la necessità di ampliare costantemente la cerchia delle sue conoscenze, arricchire costantemente la sua documentazione. Lui è interessato a cose serie, è appassionato della bellezza che attrae, della scienza che lo seduce, della filosofia di cui è assetato. I suoi sforzi verso una cultura più profonda e più ampia non si fermano. Ritiene che non sarà mai abbastanza. Più impara, più è felice di aver imparato.

Istintivamente si rende conto che, se si desidera dare la luce agli altri, dobbiamo, soprattutto, essere provvisti di luce.

Ogni anarchico è un propagandista; soffre se chiude quello a cui crede e che lo incoraggiano, e la sua gioia più grande è quella di portare in giro, questo credo, in tutte le circostanze. Afferma che perde la sua giornata se nulla ha appreso o insegnato, e ha un alto ideale di culto dei suoi ideali con cui osserva, riflette, compara, studia sempre e per avvicinarsi a questo ideale ed essere degno di esso, si pone sempre in condizioni di esporlo e farlo amare.

E questo l'uomo sarebbe un bruto maleducato?
E un individuo di tale natura sarebbe un'ignorante grossolano?
Bugia! Calunnia!

E' opinione diffusa che gli anarchici siano odiosi e violenti.
Sì e no.

Gli anarchici odiano: sono vivaci, molteplici; ma il loro odio è la conseguenza logica, necessaria, fatale del loro amore. Essi odiano la servitù, perché amano l'indipendenza; odiano il lavoro sfruttato perché amano il lavoro libero; combattono violentemente la menzogna perchè difendono ardentemente la verità; esecrano l'iniquità perchè tengono il culto della giustizia; odiano la guerra perché si battono con passione per la pace.

Potremmo estendere questa lista e mostrare tutto l'odio che ha riempito il cuore degli anarchici e che tengono a causa della costante adesione delle sue convinzioni: che questi odi sono legittimi e fecondi, virtuosi e santi.

Non siamo vendicativi per natura. Siamo, tuttavia, dal cuore caldo e sensibile, dal temperamento accessibile per l'amicizia, l'amore, la solidarietà, a tutto ciò che si cerca dagli individui.

Non potrebbe essere altrimenti, dal momento che il più costoso nei nostri sogni e il nostro obiettivo è quello di rimuovere dagli uomini tutto quello che potrebbe sorgere a condurre a lotte l'uno contro l'altro: la proprietà, il governo, la chiesa, il militarismo, la polizia, la magistratura.

I nostri cuori e le nostre coscienze si rivoltano al contrasto della povertà e della ricchezza. I nostri nervi e il nostro cervello vibrano rivolti alla sola evocazione delle torture subite da uomini e donne in tutti i paesi e i milioni di morti nelle carceri e prigioni. La nostra sensibilità è scossa e tutto il nostro essere si riempie di indignazione e di pietà, pensando al selvaggio, alle atrocità, al sangue dei combattenti con cui sono intinti i campi di battaglia.

I rancorosi sono i ricchi, che chiudono gli occhi per l'immagine della miseria che li circonda e che sono la causa diretta; sono i governanti, che hanno decretato la guerra a sangue freddo, sono opportunisti schifosi che accumulano fortune sul sangue e sul fango; sono i cani della polizia che affondamp i denti nella carne dei poveri; sono i giudici che condannano senza batter ciglio, in nome del diritto e della società, l'infelice, sapendo che essi sono vittime di questa legge e di questa società.

Per quanto riguarda l'accusa di violenza, col quale si pretende di schiacciarci, semplicemente dico che per fare giustizia, bisogna aprire gli occhi e vedere cos'è il mondo di oggi, così come nei secoli passati, dove la violenza governa, domina, schiaccia e uccide. E' la regola e questa viene ipocritamente organizzata e sistematizzata. Affermo che tutti i giorni, sotto le forme e apparenze del datore di lavoro, del poliziotto, del carceriere, del carnefice, dell'ufficiale e via dicendo, sono tutte professioni che in realtà nascondono molteplici forme di violenza, forza e brutalita.

Gli anarchici vogliono impostare la libera armonia, l'aiuto fraterno, l'accordo armonioso. Ma si sa che dalla ragione, dalla storia, dall'esperienza si potrà essere in grado di costruire il benessere e la libertà per tutti, sulle rovine delle istituzioni stabilite. Sono consapevoli che solo la rivoluzione violenta metterà fine alla resistenza dei padroni e dei loro mercenari. La violenza diventa così una fatalità per loro: soffriranno, ma non lo considereranno se non come una reazione necessaria per lo stato permanente di autodifesa in cui si trovano, in ogni momento, i diseredati.

Quello che vogliamo
L'anarchismo non è una di quelle dottrine che impantanano il pensiero e lo scomunicano brutalmente a chi non si sottomette a esso in tutto e per tutto.
L'anarchico è, per temperamento e per definizione, refrattario a ogni spirito che traccia dei limiti allo spirito e limita la vita.

Non ci può essere un credo o un catechismo libertario.

Ciò che esiste e quello che può essere chiamato dottrina anarchica: un insieme di principi generali di concetti fondamentali e delle applicazioni pratiche sopra il quale si stabilisce l'accordo tra individui che sono nemici dell'autorità e lottano, singolarmente o collettivamente, contro tutte le discipline e gli ostacoli politici, economici, intellettuali e morali che derivano da essi.

Vi sono, quindi, molte varietà di anarchici: ma tutti hanno un tratto comune che li separa da tutte le altre varietà umane.
Questo punto comune è la negazione del principio di autorità nell'organizzazione sociale e nell'odio di tutti gli ostacoli che sono radicati nelle istituzioni basate su questo principio.
Allora, chi nega l'autorità e la lotta, è anarchico. Poco conosce della concezione libertaria; la si conosce poco. È necessario chiarire e sviluppare alcune delle suddette.
Ci proverò.
Nelle società contemporanee, erroneamente chiamate "civili", l'autorità si divide in tre forme principali che a loro volta generano tre serie di obblighi:
1 ° La forma politica: lo Stato;
2 ° La forma economica: la proprietà;
3 ° La forma morale: la religione.

La prima forma: lo Stato ha la sovranità sul popolo;
La seconda forma: la Proprietà ha la sovranità sui beni immobiliari, regna dispoticamente sopra gli oggetti;
La terza forma: la Religione, pesa sulle menti e tiranneggia la volontà.

Lo Stato prende l'uomo nella culla, lo iscrive nei registri anagrafici, lo imprigiona in famiglia, lo consegna all'assistenza pubblica se è stato abbandonato, lo chiude nella rete di leggi, regolamenti divieti e obblighi, lo converte in un suddito, un contribuente, un soldato, e a volte un detenuto; infine, in caso di guerra, un assassino o un assassinato.

La Proprietè regna sopra gli oggetti: suolo, sottosuolo, mezzi di produzione, trasporto, commercio: tutti i valori che, per destino comune diventano gradualmente rapine, conquista, frode, inganno o sfruttamento. È l'autorità sulle cose, sancito dalla legge e punibile con la forza; il proprietario ha il diritto di usare e abusare (ius utendi et abutendi), e per i non-proprietari, l'obbligo, se vogliono vivere, di lavorare per conto e beneficio di coloro che hanno rubato tutto ("La proprietà, ha detto Proudhon, è un furto"). Fondata da sfruttatori e appoggiati su un meccanismo di violenza estremamente potente, la legge stabilisce e mantiene la ricchezza degli uni e la povertà degli altri. L'autorità sugli oggetti; la proprietà, è così tanto criminale e intangibile che è guidata fino ai limiti estremi del suo sviluppo dove i ricchi possono con la loro volontà far quel che vogliono, mentre quelli che non lavorano, i poveri muoiono fame ("La ricchezza dei pochi, dice JB Say, economista liberale, è dovuta alla miseria degli altri").

La religione -che utilizza questo termine nella sua forma più estesa ed applicata a tutto ciò che è un dogma-, è la terza forma di autorità. Pesa sullo spirito e sulla volontà: il pensiero si scurisce, sconcerta il giudizio, rovina la ragione, travolge la coscienza. Tutta la parte intellettuale e morale dell'uomo diventa sua schiava e sua vittima.

Il Dogma -religioso o laico- rivolto dall'alto, decreta brutalmente, approva o condanna, ordina o proibisce senza appello: "Dio voglia o no! - La patria lo richieda o lo vieta! - La Legge lo ordina o lo condanna! - La Moralità e la Giustizia lo condannano o lo prescrivono!"

Estendendolo nel dominio morale, la religione insegna e impone una morale in perfetto accordo con la morale codificata, custode e protettrice della proprietà e dello Stato, i quali diventano complici di quello che alcuni media impregnati di superstizione, di sciovinismo, di legalità e di autorità, si nominano volentieri come "gendarmeria supplementare".

Io non pretendo, in alcun modo, di fare un elenco di tutte le forme di autorità. Indico l'essenziale, in modo da distinguerli più facilmente e classificarli. Questo è tutto.

I negazionisti e oppositori implacabili del principio di autorità, in termini sociali, rappresentano un privilegio di pochi di tutto il potere e pone al servizio della presente la Legge e la Forza; gli anarchici conducono una dura battaglia contro tutte le istituzioni che procedono a questi principi e gli anarchici invitano a partecipare a questa battaglia necessaria alla massa prodigiosamente grande, al quale queste istituzioni schiacciano, condannano alla fame, degradano e uccidono la massa.

Vogliamo sopraffare lo Stato, sopprimere ed eliminare la proprietà e la vita imposta dalla religione, in modo che, libera dalle catene che vanno in frantumi, tutti gli uomini possano finalmente, senza Dio o padrone e nell'indipendenza dei suoi movimenti, dirigersi, con passo accellerato e sicuro, verso il destino del benestare e della Libertà che trasformerà la Terra da un inferno ad un luogo di felicità.

Noi abbiamo la certezza incrollabile che, quando lo Stato alimenta tutte le ambizioni e le rivalità, quando la proprietà che incoraggia la lussuria e l'odio, quando la religione che mantiene l'ignoranza e l'ipocrisia, sono stati feriti a morte, i vizi portati da queste tre autorità lascerà il cuore degli uomini.
Morto il cane, è finita anche la rabbia.

Poi, nessuno desidererà governare, in quanto. da un lato non si consentirà di obbedire, e, in secondo luogo, ogni tendenza di oppressione sarà stata interrotta; nessuno può arricchirsi a spese di un altro, perché la fortuna privata sarà stata abolita: i bugiardi, ipocriti e moralisti sacerdoti perderanno tutta la loro influenza, dal momento che la natura e la verità avranno riguadagnato i loro diritti.
Questo è, più o meno, la dottrina libertaria. Ecco cosa vogliono gli anarchici.

La teoria anarchica impone, in pratica, alcune conseguenze che dovrebbero essere menzionate.

La rapida esposizione di questi corollari è sufficiente per mettere gli anarchici contro tutte le altre tesi e anche per chiarire le caratteristiche per le quali ci si differenzia da tutte le altre scuole filosofiche sociali.

Prima conseguenza. - Colui che nega e combatte l'autorità morale, la Religione, senza negare e combattere gli altri due, non è un vero anarchico o, se posso dire, un anarchico integrale, in quanto è un nemico dell'autorità morale e degli obblighi che implica questo partito dell'autorità politica: lo Stato, e l'autorità economica: la Proprietà.
Stesso motivo verso chi nega e combatte la Proprietà, ma ammette e sostiene la legittimità e la beneficenza dello Stato e della Religione, o chi nega e combatte lo Stato, ma supporta e sostiene la Religione e la Proprietà.
L'anarchico integrale condanna e attacca con la stessa convinzione e ardore tutte le forme e manifestazioni di autorità e si batte con la stessa forza contro tutti gli obblighi che comportano questa o altro di simile.
L'anarchismo è anti-religioso, anti-capitalista (il capitalismo si fonda storicamente sulla struttura moderna della proprietà) e anti-statalista. Si affronta la tripla battaglia contro l'Autorità. Colpisce sia lo Stato che la Proprietà che la religione. Vuole abolire tutte e tre le cose insieme.

Seconda conseguenza. - Gli anarchici non credono nell'efficacia di un semplice cambiamento di persone che esercita l'autorità. Essi ritengono che i governanti e i proprietari, i sacerdoti e i moralisti siano uomini come gli altri, che non sono, per natura, né peggiore né migliori dei comuni mortali, e che se incarcerano, uccidono, vivono col lavoro degli altri, mentono, insegnano una morale falsa e convenzionale, è perché sono funzionali alla necessità di opprimere, sfruttare e mentire.
Nella tragedia che viene rappresentata, tocca al governo, qualunque e qualsiasi sia, fare la guerra, aumentare le tasse, colpendo chi viola le norme e massacrare chi si ribella; tocca al capitalismo, qualunque sia, sfruttare chi lavora e vivere come un parassita; tocca al sacerdote e al professore di morale, a prescindere chi siano, soffocare il pensiero della coscienza ed oscurare la volontà. Questo è il motivo per cui abbiamo combattuto i giocolieri di ogni sorta. Il loro unico sforzo tende a persuadere le masse col mendicare dei voti in cui si promette di non mandare tutto in peggio e che andrà tutto bene se loro voteranno.

Terza conseguenza. - Da tutto ciò consegue che, sempre logicamente, siamo degli avversari di coloro che esercitano l'autorità, e con la stessa ragione e nello grado che l'autorità ne soffre.
Non voler obbedire, ma desiderare il comando, significa non essere anarchici. Non consentire di sfruttare il proprio lavoro ma solo quello altrui, significa non essere anarchico.
Il libertario si rifiuta di dare ordini e si rifiuta di riceverli. Desecra la condizione del capo con tanto ripugnanza come quella del subordinato. Non da nessun consenso nello sfruttare o nel limitare gli altri o essere sfruttati o costringere. Si tiene distante dall'essere padrone o schiavo. Posso dichiarare che, in ultima analisi, concediamo a quelli che si rassegnano alla sottomissione circostanze attenuanti ma che noi rifiutiamo formalmente a quelli che consentono a comandare: perché i primi sono a volte in stato di bisogno ed è per loro, in alcuni casi, una questione di vita e/o morte il rinunciare alla ribellione, mentre nessuno è costretto alla funzione dell'esercizio del comando o del capo.
Qui si rivela la profonda opposizione, la distanza incolmabile che separa i gruppi anarchici da tutti i partiti politici che si definiscono rivoluzionari o che passano per tali. Beh, dal primo all'ultimo, dal più bianco al più rosso, tutti i partiti politici sono in lotta per spostare il potere dalla loro parte ed esercitarlo e diventare maestri a loro volta. Tutti sono a favore dell'Autorità, a condizione che la esercitano.

Quarta conseguenza. -Non basta voler abolire tutte le forme di autorità o distruggerle tutte contemporaneamente e proclamare che questa distruzione, contemporaneamente, sia essenziale.
Perché?
Poiché tutte le forme di autorità si appoggiano fra di loro, sono indissolubilmente legate le une con le altre. Sono complici e solidali. Se si lascia sostituire una di queste, significa farle risorgere tutte. Guai alle generazioni che non hanno il coraggio di andare alla rimozione completa del germe morboso, del focolaio principale dell'infezione!
Il marciume riapparirà. Innocuo dapprima, impercettibile ed impotente, il germe si svilupperà, verrà rafforzato, e quando il male, essendo cresciuto all'ombra, scoppierà nella sua virulenza e avverrà in piena luce: sarà necessario riavviare nuovamente la lotta per rovesciarlo definitivamente.
No! No! Niente forme vaghe, senza mezze misure, nessuna confusione. Tutto o niente.
La guerra è dichiarata tra i due principi che si contendono l'impero del mondo: l'Autorità e la Libertà. La democrazia suona come una riconciliazione impossibile: l'esperienza ha dimostrato l'assurdità di una associazione tra questi principi che si escludono a vicenda.
È necessario scegliere.
Solo gli anarchici sono a favore della libertà. Hanno contro il mondo.
Non importa! Vinceranno.

La nostra rivoluzione
"Gli anarchici vogliono creare un ambiente sociale che assicuri il massimo benessere individuale e la libertà appropriata per qualsiasi epoca storica."
Impregnate bene il vostro cervello con questa affermazione; passare successivamente e senza affrettare ogni termine; seguite la catena rigorosa del pensiero espresso e comprenderete l'intero programma libertario.
Molti anni fa (nel 1894), ho scritto queste righe nel mio saggio di filosofia libertaria "Il dolore universale: Benessere e Libertà".

Tale era, ieri, la divisa degli anarchici: tale sono i libertari di oggi e posso dire con fiducia che sarà il futuro degli anarchici.

"Benessere e libertà" assicurati nel modo più ampio possibile per ogni individuo, significa che l'obiettivo costante è quello di andare verso quello che hanno voluto e vogliono gli anarchici di tutti i tempi.
Una volta aperta la strada ad ogni individuo, cioè, a tutti gli esseri umani, nessuno escluso, essa porterà ad un benessere sempre crescente e ad una libertà sempre più piena; il progresso si verificherà, la marcia in avanti procederà in modo rapido e senza mai fermarsi, come il progresso infinito.

Ma è essenziale, prima di tutto, mantenere il percorso aperto e quindi distruggere gli ostacoli che ostruiscono tale strada.
Abbiamo visto che questi ostacoli sono: lo Stato, la Proprietà e la Religione.

Questo triplo ostacolo può essere schiacciato dallo sforzo violento e vittorioso degli oppressi, degli sfruttati e ingannati.

Questo è principalmente un'opera rivoluzionaria o, meglio ancora, la Rivoluzione stessa.

Hanno capito questa verità, i seguaci del sindacalismo anti-politico, del sindacalismo che, rifiutando la tutela e la subordinazione di tutti i partiti politici, ripongono la fiducia in se stessi, nel loro numero, nella loro organizzazione e nella propria azione e di tutte le forze cui hanno bisogno per consegnare il lavoro e realizzare i loro scopi di piena emancipazione.
Abbiamo così capito tutti che bisogna lavorare con sincerità e con tutto il cuore per la rivoluzione sociale.

Si abusa di questa magica parola: "rivoluzione". La si disonora in modo tale che se gli anarchici non ne preservavano la sua purezza, il suo alto significato chiaro e preciso, finiva per essere spogliata dal suo senso positivo, come la parola "Repubblica" o la parola "democrazia".

L'avvento al potere del partito socialista non ha nulla in comune con la rivoluzione, in quanto il suo risultato dovrebbe essere la scomparsa delle classi antagoniste e l'instaurazione in comune di tutte le ricchezze e tutti i mezzi di produzione.
Con la presa del potere da parte del partito comunista, lo Stato diventa di proprietà dei contadini e operai e l'organizzazione chiamata "Dittatura del proletariato" è solo la maschera e la negazione della rivoluzione sociale anzichè di un vero volto di emancipazione.
Nessuno può certamente impedire che i partiti socialisti e comunisti dicano di essere rivoluzionari, ma chiaramente non lo sono.
La precisione di questa affermazione è stata dimostrata teoricamente più volte; nel terreno pratico, i fatti lo hanno dimostrato tanto fermamente quanto francamente.

Infatti, solo i veri rivoluzionari, gli anarchici, possono apportare tale modifiche in quanto non hanno nessuna intenzione di modificare più o meno profondamente lo Stato delle cose, e, soprattutto, lo Stato e la proprietà, ma sono determinati a sopprimere totalmente la Stato e abolire il diritto di proprietà.
Ovvero: vi è un abisso tra la nostra rivoluzione che tende a non lasciare esistere delle istituzioni tiranniche, repressive, sfruttatrici, menzognere ​​e portatrici di odio, e la rivoluzione sostenuta dai partiti socialisti e comunisti, in quanto questa pseudo-rivoluzione modifica semplicemente queste istituzioni e le trasforma superficialmente sia nella realtà che in profondità. Vi è un mondo di differenze ed opposizioni.

Resta da segnalare i nostri metodi rivoluzionari e impostarne il valore.
A nostro parere, la rivoluzione sociale, che necessariamente comprende tre periodi che seguono, sono infilate con metodo e in ordine cronologico:
Primo periodo: Prima della rivoluzione.
Secondo periodo: Durante la Rivoluzione.
Terzo periodo: Dopo la rivoluzione.

E' come un grande dramma la cui azione inizia nel primo atto, nel secondo raggiunge il suo culmine e il punto decisivo e nel terzo il risultato.

Per quanto riguarda la rivoluzione, si attribuisce agli anarchici -occorre, se dice così il proverbio, essere ricchi se vogliamo attribuirci tante cose!- un non so chè di concezione romantica, obsoleta e assurda.
Ho trovato centinaia -e chissà quante ne troverò ancora- di persone che mi hanno avvicinato e posto questa domanda: "Se scoppia la Rivoluzione in modo imprevisto, cosa vorresti fare?" E con quale soddisfazione mi è stata posta questa domanda difficile!

Ebbene, io non rispondo a una domanda assurda. Sì, questa domanda è assurda, soprattutto quando viene posta agli anarchici. Ah! Io non conosco chi dirigerà essa se siano i socialisti o i comunisti. Per loro, è sufficiente che si impadroniscano del potere e che rimangano aggrappato a esso. E la rivoluzione è un fatto compiuto: solo che si stabilisce la dittatura per difendere e stabilire il marchio dello Stato.

Il giorno dopo, appaiono come in passato, governanti e governati; dittatori in carica e una massa di schiavi; alti e bassi, molti funzionari, burocrati in termini di quantità, una moltitudine di individui che producono; un altro giorno appare lo Stato con le sue leggi, i suoi tribunali e le sue prigioni, con i suoi giudici, i suoi gendarmi, diplomatici, politici e soldati.

In realtà, non è cambiato nulla, tranne l'etichetta e il colore: testimoni, la Russia, dove lo zar, chiamato X, Y o Z e i ministri commissari del popolo; dove le spie e i soldati sono di colore rosso, in cui gli speculatori fanno una strage, dove alcuni individui hanno più del necessario, mentre la maggior parte stringe la cinghia.

Non vi è dubbio che una rivoluzione di questo calibro può esplodere in modo imprevisto, con un semplice tratto di forza sapientemente preparato e felicemente eseguito.
Ma che nessuno dica che è comune questo cambio di etichetta e della rivoluzione sociale. Sull'etichetta della bottiglia si legge chiaramente: "Stato operaio e contadino, dittatura del proletariato, governo dei soviet." L'etichetta e la bottiglia sono di colore rosso, ma il contenuto liquido è sempre il miscuglio di servitù, miseria e menzogne.
La nostra rivoluzione metterà fine a tutta questa struttura politica, economica e morale, e questo creerà un ambiente sociale che assicurerà un massimo benessere individuale e di libertà.
Questo risultato -imbecille chi non l'ha ancora concepito- non presuppone un periodo di preparazione della durata di cui nessuno sa, ma che è ragionevolmente prevedibile per coprire un certo periodo di tempo.

Se, da un lato, la situazione di stallo politico, l'incoerenza economica e gli abusi scandalosi delle classi dominanti hanno raggiunto l'altezza di indignazione popolare,  dall'altro caso la formazione dei lavoratori ha portato al punto di intesa in cui saranno a conoscenza dell'incapacità della classe borghese e della capacità della classe operaia, in cui il proletariato ha rafforzato la propria organizzazione, moltiplicato e fortificato i propri gruppi di battaglia; quando, finalmente, è stato preparato per l'azione da una serie di lotte, scioperi, sommosse, disordini civili di qualsiasi tipo che raggiungono, in alcuni casi, l'insurrezione, la goccia d'acqua sarà sufficiente a fare traboccare il vaso per far scoppiare la Rivoluzione.

a) Una rottura sempre più evidente nell'equilibrio politico, morale ed economico del sistema capitalistico;
b) una propaganda attiva e perseverante, che stimola l'educazione rivoluzionaria dei lavoratori;
c) Un'organizzazione forte, potente, in grado di raccogliere, al momento indicato dalla gravità delle circostanze, tutte le forze della ribellione, composti da numerosi ed energici gruppi;
d) Un proletariato che opera in maniera decisiva con una serie di disordini, agitazioni, scioperi, sommosse, insurrezioni;

Riunite tutte queste condizioni, si può tenere la certezza che una rivoluzione esploda sotto l'influenza di uno di questi eventi, che porterà alla resistenza e all'eccitare le masse popolari ed istintivamente correre con la spinta schiacciante contro il regime che vogliono abbattere, senza fermarsi a metà strada.
Questo movimento, in cui gli anarchici si lanceranno per primi con la velocità, la risolutezza e il coraggio che li caratterizza e che continuano ad essere i leader, andranno fino in fondo, cioè fino alla vittoria.
Questa fase piuttosto lunga del dramma rivoluzionario, sarebbe il secondo atto, il momento culminante e decisivo.
Solo alla fine il puro soffio rigeneratore della rivoluzione libertaria ha distrutto tutte le istituzioni del dispotismo, del furto, della decadenza intellettuale e del decadimento morale che sono alla base di ogni sistema sociale basato sul principio di autorità.
Questa rivoluzione avrà sui suoi fianchi tutti i germi di sviluppo per un nuovo mondo da dare alla luce, tra il panico angoscioso dei padroni e l'allegria degli emarginati.
Gli anarchici si assicureranno che non vi sia un "aborto" rivoluzionario: metteranno in pratica i grezzi insegnamenti che coinvolgono i movimenti rivoluzionari, registrati dalla storia. Rimaranno tutto il tempo necessario, in perenne stato di insurrezione contro i tentativi di ripristino delle autorità: politico, economico o morale. Non impegneranno alcun potere per salvaguardare le conquiste rivoluzionarie. Chiameranno la folla liberata dalla schiavitù per la difesa di queste conquiste contro ogni dittatura.

I nemici delle autorità, si trasformeranno dopo la tormenta rivoluzionaria, dei consulenti, facilitatori e guide delle masse lavoratrici. Guide per sostenere i primi passi di questa folla sulla strada, sull'organizzazione per aprire sulla vita sociale.
E, ancora scosso e agitato la battaglia appena concluso e coronato con la vittoria, quella folla avrà piena fiducia sugli anarchici, sull'audacia delle loro iniziative, sull'intrepidezza in azione e sull'esempio del loro altruismo, i lavoratori faranno altrettanto.
Sapendo chiaramente ciò che si vuole a tutti i costi, e meglio ancora, ciò che non vorranno da nessuno, gli anarchici beneficeranno della fiducia a cui sono diventati degni e si opporranno a ogni tentativo di dominazione politica e dello sfruttamento economico: un fronte di battaglia solido e invincibile.

Il compito non sarà limitato, quindi, alla vittoria. Consisterà nell'evitare le deviazioni ed evitare false manovre; sarà dedicata principalmente nel dare degli immediati benefici possibili e tangibili che una rivoluzione deve aver reso disponibile a tutti.

Il desiderio degli anarchici è riservato a ispirare e sostenere con forza gli sforzi delle masse lavoratrici, cercare e trovare se stessi nelle loro capacità naturali, insieme con l'esperienza, producendo le più alte forme di condivisione della ricchezza in maniera fraterna e giusta, la cui unica fonte è il lavoro.

La sorveglianza dei compagni non cessa quando tutte le istituzioni dell'autoritarismo sono sparite definitivamente, ma quando l'amore e la pratica di una vita libera hanno saturato l'uomo nuovo così fortemente, che le cospirazioni autoritarie vengano rese inoffensive.

Quando gli operai e i contadini si saranno fatti carico del proprio destino; quanto, in possesso del loro autocontrollo eserciteranno la direzione dei loro movimenti, pensieri e sentimenti, saranno depositari della loro stessa fiducia, che in ogni momento, i capi hanno lavorato per strappare al fine di sfruttare a loro vantaggio la convinzione nell'avere bisogno della Provvidenza e dei Salvatori.

Poi, grazie al libero accordo e grazie alla convivenza fraterna ché i governanti non potranno più disturbare e grazie, infine, allo spirito di solidarietà che nasce naturalmente dalla scomparsa delle classi e della corrispondenza tra gli interessi individuali, si costruirà un struttura sociale sempre più bella, più spaziosa, più ariosa, più luminosa, in cui ciascuno di essi sarà installato secondo i loro desideri e comodità; in cui tutti gli esseri umani godano del fascino della pace, della dolcezza di essere, o meglio delle gioie della cultura e dei benefici incomparabili della Libertà.

Estratto dell'articolo "Maggioranza e Minoranza"

Noi non vogliamo imporre niente a nessuno, ma non intendiamo sopportare imposizioni di alcuno.
Felicissimi di veder fare da altri quello che non potremo far noi, pronti a collaborare cogli altri in tutte quelle cose quando riconosciamo che da noi non potremmo far meglio, noi reclamiamo, noi vogliamo, per noi e per tutti la libertà di propaganda di organizzazione di sperimentazione
La forza bruta, la violenza materiale dell’uomo contro l’uomo deve cessare di essere un fattore della vita sociale.
Noi non vogliamo, e non sopporteremmo gendarmi, nè rossi, nè gialli, né neri. Siamo intesi?
[cit. Umanità Nova anno I, n 168, Milano il settembre 1920.]