sabato 31 marzo 2012

Tortura: Lettera di Enrico Triaca al sottosegretario all’Interno Carlo De Stefano

da Fear To Sleep

«Lei che mi ha arrestato nel maggio 1978 dovrebbe sapere come sono finito nelle mani di quel “Nicola Ciocia-De Tormentis” che mi ha torturato»

Dott. Carlo De Stefano,
ho letto la sua risposta all’interrogazione dell’On. Bernardini, che dire?
Una risposta sobria! In linea col nuovo corso, ma un tantino carente, lacunosa. Una risposta che si potrebbe attribuire a chi, in quegli anni, era estraneo al mondo delel Forze di polizia. Ma Lei Dottore non era estraneo, giusto? Lei c’era! Lei molte cose dovrebbe saperle!
Lei mi ha arrestato il 17 maggio 1978 ed oggi il suo collega Nicola Ciocia dice di avermi torturato quella notte, come io denunciai.

Dove stava quella notte Dottore? Questo non lo dice nella sua risposta. Non per accusarla di qualcosa ma forse lei può spiegare come io sia finito dalle sue mani in quelle del “Professor de Tormentis”.
In questo periodo sto imparando quanto sia difficile per voi assumervi le vostre responsabilità quando non potete nascondervi dietro l’anonimato e, del resto, vedo che è stato ben ripagato per i suoi servigi. Ma prima o poi arriva per tutti il giorno in cui non si può più vivere nell’ombra, ed è in questo frangente che un uomo può dimostrare un residuo di dignità di etica.

Lei Dottore con questa risposta ha perso un’occasione. Ora continuerà imperterrito a fare l’uomo di Stato, magari il buon padre di famiglia, tutto Chiesa, Casa e Stato.
Dica Dottore come ci si sente a rivestire questo doppio ruolo? Cosa le suggerisce la sua coscienza? Io da “terrorista” non riesco a immaginarlo.

Sicuramente Lei come il suo collega Nicola Ciocia si sentirà un servitore di Stato, ed io non sono qui a rinfacciarle il suo ruolo di poliziotto, né di avermi arrestato: quello era sicuramente il suo compito ed il suo dovere, quello per cui ha giurato, ma come Lei sa qui si parla di altro, di abusi, di torture, di violenze non ammesse dallo Stato che ritiene di servire. Ma tacere, svicolare, mistificare non si può dire che sia un bel servire.

Non le sembra paradossale che alla fine debbano essere dei “terroristi” a mobilitarsi per far emergere la verità e lo Stato a doversi nascondere.
Enrico Triaca

Nazione e anarchismo. Note per una discussione al di là delle caricature - Prima Parte

da PortalOaca  (tradotto da NexusCo)

"L'anarchico esamina e vede tutto, accetta o rinuncia, secondo le idee proposte che sono d'accordo o in disaccordo con la sua visione della vita o delle sue aspirazioni individuali. In breve, tutti gli uomini si accontentano di essere determinati dal proprio ambiente, mentre l'anarchico si sforza, con tutte le sue forze, a determinare se stesso."(Émile Armand)

AnarquismoUnire nazione e anarchismo in una discussione, risulta essere un esercizio concettuale interessante, ma farli convergere in un progetto comune di trasformazione rivoluzionaria, è un problema. Nonostante i progressi e gli sforzi di diversi compagni per la condivisione di questa riflessione, è evidente che non è stata ampiamente considerata da tutto il movimento anarchico eterogeneo. Almeno non in una dimensione che supera i molti luoghi comuni che esistono e che hanno impedito una problematizzazione di proseguire gli studi. Nonostante ciò, si avanza. Così per esempio oggi si può dire, senza ulteriore esame, che nazione non è sinonimo di Stato-nazione. E lo voglio sottolineare perché uno degli errori più frequenti, quando si tratta di questo argomento con gli anarchici, è quello di semplificare la materia, mantenendo l'idea che essa sia un problema, negando così l'opportunità di andare un pò oltre la pericolosa caricatura. Quest'ultima è solo una prova che in effetti il ​​luogo della discussione tra nazione e l'anarchismo, al di fuori dei limiti sopra indicati, è stata costantemente trascurata. Di fatti, credo che non sia dovuto a malafede o omissione deliberata, ma semplicemente perché per la maggior parte degli anarchici, la nazione non è stata considerata un elemento necessario alla costruzione di una società senza autorità. In realtà, quasi esclusivamente coloro che hanno affrontato la questione-oltre-la semplificazione sono stati proprio quei compagni, che essendo in minoranza, interpretarono la nazione come un utile strumento nella lotta per la libertà e contro lo Stato. La situazione che è possibile sviluppare nei conflitti che sostengono le regioni soggiogate culturalmente e politicamente, come i baschi contro la Spagna, i mapuche contro il Cile, le colonie contro gli imperi negli ultimi decenni, solo per citarne alcuni. E come la nazione, piuttosto che essere un elemento di resistenza è stato generalmente identificato con lo Stato e il suo dominio, per la maggior parte degli anarchici non vi è stata la necessità di combinare entrambi i concetti e, forse per lo stesso, non è stato teorizzato molto. Così tutta la riflessione che è stata data e si darà, è quella su come il pensiero anarchico sia sempre aperto ad autocritiche ed esente da sistemi di idee chiuse e dogmi eterni. [1]

Ma ritornando al testo, mi sembra inutile sottolineare che le parole che seguono non hanno lo scopo di unire armoniosamente l'anarchismo con la nazione, perché onestamente non mi fido di quest'ultimo, anche inteso come una motivazione di resistenza anti-autoritaria. Prima di tutto, voglio estendere la riflessione, sintetizzando alcune risposte che l'anarchismo ha dato, risolvendo dei problemi e dei punti di vista su un'uscita comune che coinvolge per l'appunto la libertà. Iniziamo dando una revisione ai concetti di nazione e nazionalismo, quindi esaminerò le nazioni "senza stato", come canalizzatori di resistenza, per poi presentare alcuni dei nostri sospetti su di loro. Come continuazione, daremo una lettura a certe risposte che per ora hanno presentato alcuni anarchici alla questione nazionale e, infine, daremo la nostra proposta che invece di concludere, sia fonte di una questione aperta e in qualche modo utile al gruppo di discussione.

I. - Nazioni
La nazione, secondo Benedict Anderson, uno dei maggiori studiosi citati, è una comunità immaginaria, dove i membri ancora, senza conoscersi, si sentono parte di un gruppo umano con una cultura, di un'organizzazione di un territorio, con una sovranità politica in comune [2]. Questa entità è un prodotto del processo storico identificato come la modernità (il capitalismo in campo economico, l'industrializzazione nel campo della produzione, l'urbanizzazione nel campo demografico, democrazia politica, nella cultura di massa), in quanto esiste grazie solo alla sua esistenza possibile. Grazie alla velocità delle comunicazioni, dei trasporti, dell'istruzione e della cultura della stampa, tra gli altri fenomeni "moderni", le particolarità della nazione (che sono impostati come tali) possono più o meno essere distribuiti uniformemente all'interno di una comunità e unire i soci in esso. Questa omogeneizzazione nazionale sarebbe, secondo Anderson, in un tempo più o meno simultaneo ("tempo vuoto"), una situazione dello scarso sviluppo delle comunicazioni nel passato ed era impossibile, quindi, l'esistenza del nazionalismo. Tanto che esso è un fenomeno moderno [3].

A questa definizione teniamo ad aggiungere che tali particolarità nazionali sono modellati e applicati da una rete di poteri più o meno centrali, generalmente identificabili con le strutture statali, e che mentre ci sono veri e propri tratti culturali che possono caratterizzare una comunità nazionale esonerati esplicitamente da un'imposizione coercitiva (la lingua, per esempio), questi non sono liberamente scelti dagli abitanti di quella regione geografica. Oppure sono imposti dalla tradizione della comunità in cui siamo nati, o dallo Stato in cui si trova tale comunità. La famiglia o lo Stato, con amore o no, le identità nazionali ci vengono imposte. Siamo tutti nati in diversi ambienti cosmologici; in questo senso, potrebbe non essere assurdo pretendere che ognuno nasce con una patria. Un paese imposto dal caso.

Nel potere dello Stato, vi sarebbe la prima e predominante istanza, la capacità di caratterizzare la nazione come un senso più tradizionale. Semplificando la sua forma di attuazione: si creerebbe un'identità unità legalmente, con una tradizione, un territorio, folklore, ecc, in comune. Quando la diversità geografica e culturale sono più estese, lo Stato comprende include diverse identità in un unico corpo, co-optando e mantenendo le sue presunte differenze per l'armonia nazionale. Un esempio paradigmatico è costituito dalle popolazioni indigene sopravvissute, ma che sono resistenti o già addomesticati dagli stati del Sud America. Lo Stato e la società creano certi stereotipi di ogni particolare identità, un mix nell'unità della nazione egemonica, e quindi li impone a tutti coloro attraverso la scuola, i media, le istituzioni, il servizio militare, ecc. Come sappiamo, lo spazio di coercizione culturale per eccellenza è  la scuola. La storia che viene raccontata è piena di eroi gloriosi, intatti, senza macchia. Si inventa e si impone una storia comune dove non esiste [4].

Ora, continuando con ll'esposizione, sembra importante sottolineare la revisione che lo storico indiano Partha Chatterjje ha fatto e proposto nel classico libro di Anderson. Per lui, la nazione è costruita su un tempo eterogeneo e discontinuo (il "tempo vuoto è l'utopia del capitalismo"). Allora per ogni individuo, questo può generare esperienze, comunità etniche, religione, classe etc e in altri situazioni genera una visione diversa di ciò che può significare la nazione [5]. A nostro parere, egli concentra la propria analisi sull'uomo piuttosto che sulla nazione come idea, ed avverte lo storico che ogni individuo, che si sente parte di un'identità culturale che collide con le frontiere statali, crea e si siede su di essa, come qualsiasi altro.

Continuiamo. Che la nazione, prima di uno Stato, prevalga e impone coercitivamente agli individui e alle comunità particolari il suo pensiero, è difficile dubitare. Ma attenzione, perché la violenza non è sempre ciò che rende un uomo amante della sua patria [6]. E sarebbe bene studiare questo aspetto, come le adesioni volontarie, che senza dubbio meritano un'analisi separata. Ma parallelamente a quella simpatia "naturale" e "sconsiderata" che può avvenire, ad esempio con l'ambiente geografico e familiare, vi è una ideologia nazionale obbligatoria che proviene dallo Stato [7]. Come quella "costruzione forzata della nazione" è stato più volte attaccata dagli anarchici nel corso della sua storia, non si sofferma su questo tema [8].

Abbiamo detto che lo Stato impone la sua nazione a coloro che vivono sulla sua terra. Come previsto, questo porta inevitabilmente a tensioni interne delle altre identità che cercano la loro libertà e lo sviluppo autonomo culturale. Esempio di ciò sono i conflitti etnici che si sono verificati in tutto il mondo fino ad ora, del quale nemmeno la vecchia Europa è esente. I baschi in Spagna, i Mapuche in Cile sono un esempio vivente di quando alcune culture, rispetto a quelle ufficiali, sono combattute tra la resistenza e l'assimilazione, tra lutto e addomesticamento.

II -. Nazionalismo
Se la nazione sarebbe diventata, soprattutto, una costruzione culturale, il nazionalismo sarebbe l'ideologia responsabile nell'assicurare la diffusione e il rispetto dei valori e i caratterei che lo conformano (storia, lingua, tradizione, ecc.) Ma ci sono diversi tipi di nazionalismo (economico, religioso, culturale, ecc), essendo quello predominante che collega la nazione allo Stato, cioè, che si basa su una concezione statalista della nazione. Allo stesso modo si nota che ci sono in modo esplicito il nazionalismo esplicitamente violento e altri che a quanto pare non lo sono. Di solito il primo atto applica un tono esclusivista, suprematista. Qualcosa come "Il mio paese è il migliore, mentre l'altro è una merda"

Pertanto, per gli anarchici è diventato comune vedere la xenofobia legata al nazionalismo e al militarismo, come parte della stessa medaglia. Le ragioni sono rimaste e non parlaremo ora di questo, nonostante bisogna cercare di stabilire un confine tra il nazionalismo e la violenza nazionalista, per poter comprendere meglio il concetto, perché altrimenti cadiamo in cose senza senso senza arrivare a percepire/capire perché milioni di persone sono disposti a dare la vita per un'idea che noi concepiamo artificiale e autoritaria sotto molti aspetti.

Indubbiamente il nazionalismo è un fenomeno complesso. In generale, come già detto, lo vediamo come il desiderio di essere la nazione migliore rispetto ad altre, e sembra essere compresa dalla maggior parte delle persone questa dicitura. In caso contrario, è meglio vedere un mondiale di calcio. Ma bisogna fare delle distinzioni importanti. Indubbiamente il nazionalismo fascista non è la stessa dei popoli che lottano contro lo stato-nazione. Poiché non vi sono nazionalismi violenti, ci sono anche quelli pacifici, che affermano che è auspicabile e possibile vivere insieme senza alcun confronto. Tra questi vi sono un certo numero di sfumature. Tuttavia, e per delineare il nostro argomento, vogliamo sottolineare le differenze tra la nazione dello Stato e quelle nazioni che sono integrati all'interno dello Stato in maniera conflittuale. Gli anarchici, generalmente, tendono a combattere la nazione dello Stato, ma quando si tratta di sostenere le nazioni in lotta, sorgono, a volte, delle complicazioni.
Continua nella Seconda parte
  
Note
[1] Questo articolo si basa su alcuni aspetti contenuti in un precedente articolo, limitata alla realtà cilena. Pubblicato ne El Surco, giornale anarchico mensile, Numero 18-19 dell'agosto e settembre 2010.

[2] Il concetto si riduce così agli Stati-nazione (o come viene chiamato nell'articolo, la nazione dello Stato). Prendo atto che non si approfondisce le differenze tra nazione e patria per l'uso omologo che si suole dare a entrambi, nonostante le differenze lessicali. Se si segue Maurizio Viroli, "la differenza cruciale sta nella messa a fuoco delle priorità di enfasi", ovvero che la patria tende a vedersi con l'ordine civico-istuzionale democratico, mentre la nazione -che tende a qualcosa di "etnico"- propone la differenziazione culturale. M, Viroli, Per amore della patria. Un saggio sul patriottismo e nazionalismo, Accent, Madrid, 1997.

[3] Benedict Anderson, Comunidades imaginadas. Reflexiones sobre el origen y la difusión del nacionalismo, FCE, México, 2007. Questo autore è tra i ricercatori più famosi sul nazionalismo, insieme a Gellner, Smith, Hobsbawm e altri.

[4] Nel caso della guerra del Pacifico (1879-1883), motivata da interessi privati e che vide lo scontro tra Cile, Perù e Bolivia, viene insegnato in questi tre paesi l'odio verso il vicino: una tattica politica per vincere la simpatia del popolo. Immagino che casi simili dovrebbe avvenire in molte altre regioni del mondo.

[5] Chatterjje dice anche che a causa dell'ordine economico o di altro tipo, le persone ricevono informazioni e le concepiscono in tempi diversi. Partha Chatterjee, La Nación en Tiempo Heterogéneo y otros estudios subalternos, IEP, Lima: 2007. Chaterjje, con altri ricercatori del Terzo Mondo, ha partecipato alla storiografia corrente degli Estudios Subalternos, riflessioni che possono essere molto utili per una epistemologia anarchica della storia.

[6] Si parla di violenza esplicita, perché la violenza è anche quella di imporre l'identità, di cui abbiamo sofferto troppo bene a scuola.

[7] Bakunin parla di patriottismo o di natura fisiologica. Vedere le sue "Lettere sul patriottismo", scritte ai ginevrini dell'Internazionale nel 1869.

[8] A causa dello spazio limitato, possiamo solo affermare questa tesi che tiene a vedere con l'impossibilità di negare i precetti nazionali dentro qualsiasi Stato, una situazione che causa -com'è successo agli anarchici e, talvolta, i socialisti- il carcere, la censura e l'omicidio. Stessa cosa anche per il patriottismo, che viene usato per screditare persone e idee, così come le ideologie considerate "straniere". Quel sentimento di avversione verso l'esterno, protetto dal paese, che ha portato a numerose leggi e meccanismi di applicazione. Per il caso cileno, ne abbiamo discusso in «Arde la patria. Los trabajadores, la guerra de Don Ladislao y la construcción forzosa de la nación en Chile (1918-1922)».

Il capitale o la terra

da Fear To Sleep


Dal 2004 nelle montagne di Famatina, a nord de La Rioja, la Barrick Gold Corporation è alla ricerca di vari minerali, soprattutto oro. La risposta della gente del luogo, sono accuse contro l'azienda che rilascia, a causa delle esplosioni minerarie, metalli pesanti come l'arsenico e il piombo, che sono tra gli altri lesive per l'ecosistema, dal momento che questi metalli pesanti saranno depositate negli argini, contaminando l'acqua anche dopo che la miniera chiude.

A metà del 2011, la società Osisko ha acquisito lo sviluppo del Progetto Famatina.
Questo progetto si estende per 40 chilometri quadrati di un'area ricca di oro, con una riserva, probabile, di 8.97 milioni di once di oro. Non importa se queste società sono del Canada, dell'Argentina o di un altro paese, la natura non ha confini così come la classe dirigente che sta distruggendo il pianeta. Se il denaro rimane nel Paese o viene "preso", poco cambia le nostre vite come lavoratori o disoccupati. Noi siamo anche senza patria; gli sfruttati, gli oppressi e i diseredati del mondo sono i nostri fratelli e i responsabili di questo sistema globale, da qualunque posto essi vengono, sono un ostacolo per una vita che può essere migliore, anche se noi diciamo che tutti i siamo "cittadini" o "argentini". Al grido "Non toccare Famatina" e "Acqua sì, l'oro no", un sacco di gente, composta da assemblee, ha realizzato un'assemblea permanente nel vialetto della miniera "La Mejicana" nel cordone montanaro di Famatina, che blocca l'ingresso della società di Osisko, impedendo così l'inizio delle operazioni di esplorazione.

"Nella figura conosciuta come ossimoro, si applica una parola, un epiteto che sembra contraddirsi; così gli gnostici parlavano di una luce scura; gli alchimisti di un sole nero", ha dichiarato Jorge Luis Borges in "Lo Zahir". Per gli "ossimori", presentati da Borges, si potrebbe aggiungere il "capitalismo sostenibile" o l' "intelligence militare". Rimaniamo con il primo.

La produzione capitalista è intrinsecamente predatrice con l'ambiente in cui opera. Dalla genesi di questo sistema perverso, lo sfruttamento degli elementi naturali, presi in considerazione come semplici "risorse" (carbone, gomma, olio tra i primi) è una costante che travolge la biodiversità in tutto il mondo.

Da circa 30 anni nacquero le prime voci che hanno messo in guardia come questo sistema potesse andare al collasso; nacquero così movimenti pacifisti, movimenti per la liberazione animale, movimento anti-nucleare, movimenti ambientalisti in generale, e che hanno dovuto integrare le varie problematiche sotto un'ottica rivoluzionaria. Se 30 anni fa si diceva che il mondo avesse preso la stradar della perdizione, oggi possiamo dire che la stiamo vivendo.

Nella regione Argentina, come paese esclusivamente agro-esportatore, la modifica del territorio è stata costante dalla fine del XIX secolo. La regione Pampas è stato modificata più del 90%, a causa dello sfruttamento agricolo. Dopo l'introduzione dei cosidetti baroni, che amministravano il monopolio sulla terra, vi fu l'entrata anche di gruppi economici o multinazionali come la Monsanto o la Dreyfuss, che hanno imposto la coltivazione di soia geneticamente modificata; queste società usano anche vari pesticidi contro le piante infestanti. Tali pesticidi provocano la morte, per cancro, di milioni di esseri umani in questa regione dell'Argentina. Per circa 10 anni, oltre la regione Pampas, vi era compresa la zona del Monte santiagueño e la giungla delle Yungas nel Chaco di Salteno nel processo di "soiaficazione": questa pratica aveva devastayo milioni di ettari di foresta in una delle regioni più ricche, come biodiversità, del Sud America. Non solo: avevano anche espulso i contadini e gli indigeni che erano residenti in quelle terre. Ogni anno, vengono gettati in tutta la regione 200 milioni di litri di glifosato (pesticida), per mantenere intatta le piante di soia.

Le montagne e le foreste della costa non sono state salvate da questo scempio. La provincia di Santa Fe ha perso oltre 100.000 ettari di foreste nel corso degli ultimi 15 anni, aumentando il numero dei casi di cancro nei residenti. Livelli allarmanti. La provincia di Misiones per colpa del cosiddetto traffico di legname, ha perso quasi il 50% delle sue foreste tropicali. Questo, a sua volta, porta ad un aumento delle fasce di povertà nell'area metropolitana, in cui queste persone vivono ai margini della città.

Nella regione del Perù dal 2009, centinaia di migliaia di persone (indigeni) hanno subito lo sfruttamento dell'Amazzonia; e sono stati trattati dal presidente come "oziosi che sono completamente irrazionali e rimasti ai tempi degli uomini primitivi."
Sono le stesse parole che dicono i borghesi di tutto il mondo quando si tratta di denigrare il proletariato che difende la vita contro l'avanzata del capitalismo. Sembra che bisogna progredire a tutti i costi, anche a costo della nostra vita. Ma ora tutta la catena montuosa che va da Neuquén a Jujuy, ha fatto crescere la protesta di migliaia di persone contro la megaminiera. Raramente è così evidente questo antagonismo estremo tra il capitale o la Vita. Immaginate se non permetterebbero l'installazione di queste macchine di morte ovunque, anche di una presunta "megaminiera sana". Non vogliamo morire di cancro o trovare l'acqua potabile contaminata da piombo e cianuro o terreni divenire sterili e disabitati.

Il servilismo del governo che ha permesso l'installazione delle cartiere a Gualeguaychú: ed è stato un chiaro segno del genocidio in atto, tramite l'avvelenamento. L'opposizione, che chiude un occhio a situazioni simili, prende la bandiera della Famatina. La miseria del progresso e la sinistra che propone la nazionalizzazione delle miniere -tramite il migliore dei suoi slogan: "gestione operaia."-, non sembra capire che l'avvelenamento e la distruzione ambientale causata dal capitalismo continuerà anche se verrà issato il panno bianco e blu tutti i giorni o le montagne saranno "sotto il controllo operaio".

Ogni fazione della borghesia tenta di competere in base al proprio interesse, ma per noi conta la qualità della vita su questo pianeta. La lotta contro la miniera è una lotta legittima contro il capitale, sempre se non si viene sedotti dal "non voler cambiare nulla", che rischia di affossare questa lotta. La cosiddetta "megaminiera" o altre calamità naturali motivate ​​dall'avidità e dal progresso capitalistico, non sono anomalie o incidenti isolati, ma stanno prendendo la strada del guadagno al posto della vita.

No è no. Lottiamo per la vita.
(tradotto da NexusCo)

venerdì 30 marzo 2012

Panama: Il paese è in guerra

da Fear to Sleep


"Il paese è in guerra," era quello che gridò un agente di polizia a un ex poliziotto in pensione, che per casualità, si trovava nelle proteste contro le espropriazioni delle terre ancestrali della sua gente a San Felix, ai primi di febbraio. A metà marzo, un altro membro della polizia ha minacciato due donne a La Chorrera dicendo che non gli avevano "insegnato ad ascoltare, ma ad uccidere." Queste due esperienze - e altri incidenti simili - stanno mostrando i chiari segni di una crescente militarizzazione Polizia Nazionale panamense. L'insubordinazione recente di un gruppo di agenti di polizia contro il Ministro della Pubblica Sicurezza è un altro segno. Inoltre, è più preoccupante quando il Presidente approva le azioni intraprese dalla polizia e il ministro ritratta le loro dichiarazioni originali. Gli ufficiali e gli agenti di polizia panamense vengono addestrati a trattare le persone come potenziali nemici dello stato. Molti degli ufficiali della polizia, non hanno una formazione all'interno di accademie di polizia ma all'interno di quelle militari. La polizia, a sua volta, viene riciclata nelle accademie degli Stati Uniti, israeliane e colombiana per imparare l'arte repressiva di controllo militare.

Nel libro pubblicato nel 1990, La democrazia in Panama, abbiamo proposto che il paese non ha un sistema politico democratico, se non incontra almeno due condizioni fondamentali: in primo luogo, le forze armate del paese - così come la Guardia Nazionale (1953-1983) e dopo le Forze di Difesa (1983-1989) - non possono essere ingaggiate da una potenza straniera (es. USA). In secondo luogo, era necessario distinguere chiaramente tra una forza di polizia al servizio della comunità e addestrata e un esercito che respinge e reprime il nemico. Dopo l'invasione, gli Stati Uniti si erano appoggiati alla Polizia Nazionale e la convertirono come uno strumento della propria politica estera verso Panama. Molte caratteristiche dell'addestramento, era delegata alle Forze di Difesa israeliane. In occasione della sua campagna contro il "terrorismo" in tutto il mondo, gli Stati Uniti iniziarono ad addestrare la polizia panamense a svolgere le funzioni militari, combinati con le attività di sicurezza interna. Nel 2008, durante le esercitazioni militari Panamax, attorno al Canale di Panama, il Comando Sud degli Stati Uniti aveva creato lo slogan che la polizia panamense era in una guerra contro una "insurrezione contadina e indigena", supponendo che ciò avrebbe minacciato la stabilità del paese.

La presidenza di Martin Torrijos (2004-2009) aveva introdotto elementi di confusione nelle funzioni della Polizia Nazionale. L'evoluzione dell'Esercito, doveva diventare o rimanere un ibrido ("né carne né pesce")? Da quando il presidente Ricardo Martinelli aveva assunto l'incarico, la militarizzazione della polizia era avanzata più rapidamente. Ma invece di creare un esercito per controllare le frontiere o controllare il nostro spazio aereo o le acque territoriali, aveva creato un gruppo militarizzato per controllare tutti gli aspetti della vita politica.

Le comunità, le città, le strade e le aree rurali, erano diventati oggetto di una protezione militare permanente. La polizia confondeva la popolazione con un pericoloso nemico dello stato. A sua volta, il soldato seguiva gli ordini sul campo di battaglia contro un nemico composto da casalinghe, studenti, contadini e operai. La confusione sta portando, tuttora, il paese nel caos.

Attualmente, non è un segreto che gli Stati Uniti controllino l'apparato di sicurezza dello Stato di Panama. Il 31 Dicembre 1999, avevanno evacuato le proprie truppe dal paese e chiuse tutte le basi militari. Tuttavia, gli USA non abbandonavano i loro posti nell'apparato di sicurezza del governo panamense. Inoltre, vi era una certa confusione nel Consiglio di Sicurezza Nazionale nella misura in cui la polizia ed i soldati panamensi non sapevano se seguire le direttive del Consiglio o del Pentagono. Non sanno bene se le linee di azione politica provenienti dalla CIA e DEA, sconfiggono lo scopo che si sono posti.

E' essenziale che i governi svelino i ruoli che corrispondono nel giocare a guardie e soldati nella struttura politica del paese. La stessa confusione - creata dalla politica estera degli Stati Uniti nei confronti Panama - ha fatto eleggere a presidente il Colonnello Remon Cantera nel 1952, seguito dal colpo di stato militare del 1968 e l'invasione militare degli Stati Uniti nel 1989. Tutto indica che le debolezze della classe politica e l'incapacità dei settori popolari di mettere ordine all'avidità nota degli Stati Uniti, ci stanno portando verso il basso e in quella stessa strada già percorsa nella seconda metà del ventesimo secolo. Gli Stati Uniti potrebbero beneficiare, in quanto gli speculatori pescano sempre meglio nel torbido e ai soldati possono essere dati alcuni vantaggi. Quando la polizia dichiara che "il paese è in guerra", o "la polizia giudica la polizia", o che lotta contro una "insurrezione contadina e indigena" è uguale a un fiume in piena. In una lotta come questa, solo il paese e il popolo di Panama saranno i perdenti.
Panama, 29 marzo 2012.

- Marco A. Gandasegui Jr. insegna presso l'Università di Panama ed è un ricercatore associato del Centro de Estudios Latinoamericanos (CELA) Justo Arosemena.
(tradotto da NexusCo)

Spagna: Il governo vuole inasprire i reati di disobbedienza e resistenza all'autorità

da Fear To Sleep

I ministri dell'Interno e della Giustizia hanno annunciato l'intenzione di indurire i reati di resistenza e disobbedienza all'autorità, e di usarli come metodi "di dissuasione" per gli incidenti sulle strade. Lo ha annunciato il ministro dell'Interno nella sua ultima apparizione, prima di andare alla commissione del Senato del suo ministero, con riferimento alle recenti proteste degli studenti a Valencia e che giustifica la sua decisione. In una mostra di demagogia senza confronto, il ministro che si è sentito "umiliato e insultato" dalle parole pronunciate da "manifestanti violenti" (ora l'offesa si trasforma in una violenza?), spiega il processo di indurimento delle motivazioni criminali. Cioè, se la polizia ti spacca la testa non è violenza, ma se voi dopo insultate e inveite contro essi, siete dei violenti e meritate sanzioni ancora più dure rispetto a quelle attuali (oggi la legge dice che si rischia dai sei mesi a un anno per resistenza grave o disobbedienza alle forze dell'ordine)

Ma le dichiarazioni di questo soggetto ha raggiunto il livello del grottesco, quando ha assicurato che l'attuale sistema penale spagnolo è "molto garantista", quando questo è il paese dell'UE con più persone in prigione e con un codice penale tra i più duri di tutta Europa (per info, vedere questo blog)

Ma la verità è che questa notizia non sorprende affatto, in quanto siamo in tempi di grandi conflitti sociali e quindi vi è una scalata del potere repressivo dello Stato. La democrazia, come dimostrato innumerevoli volte, è solo "soft" e "tollerante" quando il flusso di capitali sono costanti e quando l'opposizione non tenta di minacciare lo "status quo" corrente.

E' per questo che negli Stati Uniti, la culla della democrazia e dei leader indiscussi dell' "Occidente", è stato recentemente approvato una nuova legge, nota come HR 347, che prevede le condanne al carcere duro per il semplice fatto di partecipare a proteste o manifestazioni. Allora, chi rimane in qualsiasi edificio o terreno senza l'approvazione del governo, rischia fino a dieci anni tra le sbarre. E avviene anche se qualcuno denuncia un altro che ha l'intenzione di protestare. E in ciò è coinvolto anche il servizio segreto, che ha il compito di arrestare tutti coloro che protestano nella zona.

Con queste misure, la presunta amministrazione progressista di Obama intende affrontare la più prevedibile escalation di proteste da parte del "nemico interno" che, per ora, facendo muovere il corpo degli "occupys", relativamente simile a quello degli indignados, si estende in tutto il territorio degli Stati Uniti.(tradotto da NexusCo)

11 Aprile. Appello dal movimento NO TAV

da Anarchaos


riceviamo e pubblichiamo
Questo appello è rivolto a tutti gli uomini e donne che, in questi lunghi mesi di occupazione militare, in questi mesi di lotta e resistenza NoTav, si sono schierati al nostro fianco in ogni dove d’Italia. Grazie a voi è stato chiaro a chi ha cuore e intelligenza che la lotta dei No Tav di quest’angolo di Piemonte è la lotta di tutti coloro che si battono contro lo sperpero di denaro pubblico a fini privatissimi, contro la devastazione del territorio, contro la definitiva trasformazione in merce delle nostre vite e delle nostre relazioni sociali. Difendere la propria terra e la propria vita è difendere il futuro nostro e di tutti. Il futuro dei giovani condannati alla precarietà a vita, degli anziani cui è negata una vecchiaia dignitosa, di tutti quelli che pensano che il bene comune non è il profitto di pochi ma una migliore qualità della vita per ciascun uomo, donna, bambino e bambina. Qui e ovunque. In ogni ospedale che chiude, in ogni scuola che va a pezzi, in ogni piccola stazione abbandonata, in ogni famiglia che perde la casa, in ogni fabbrica dove Monti regala ai padroni la libertà di licenziare chi lotta, ci sono le nostre ragioni.
 
Dopo la terribile giornata del 27 febbraio, quando uno di noi ha rischiato di morire per aver tentato di intralciare l’allargamento del fortino della Maddalena, il moltiplicarsi dei cortei, dei blocchi di strade, autostrade, porti e ferrovie, in decine e decine di grandi e piccole città italiane ci ha dato forza nella nostra resistenza sull’autostrada. In quell’occasione abbiamo capito che, nonostante le migliaia di uomini in armi, il governo e tutti i partiti Si Tav erano in difficoltà. Si sono aperte delle falle nella propaganda di criminalizzazione, si sono aperte possibilità di lotta accessibili a tutti ovunque.
 
Il 27 febbraio non si sono limitati a mettere a repentaglio la vita di uno dei noi, hanno occupato un altro pezzo di terra, l’hanno cintata con reti, jersey, filo spinato.
 
Il prossimo mercoledì 11 aprile vogliono che l’occupazione diventi legale. Quel giorno hanno convocato i proprietari per la procedura di occupazione “temporanea” dei terreni. Potranno entrare nel fortino fortificato come guerra solo uno alla volta: se qualcuno non si presenta procederanno comunque. L’importante è dare una patina di legalità all’imposizione violenta di una grande opera inutile. Da quel giorno le ditte potranno cominciare davvero i lavori.
 
I No Tav anche questa volta ci saranno. Saremo lì e saremo ovunque sia possibile inceppare la macchina dell’occupazione militare. Facciamo appello perché quel giorno e per tutta la settimana, che promoviamo come settimana di lotta popolare No Tav, ci diate appoggio. Abbiamo bisogno che la rete di solidarietà spontanea che ci ha sostenuto in febbraio, diventi ancora più fitta e più forte. Non vi chiediamo di venire qui, anche se tutti sono come sempre benvenuti, vi chiediamo di lottare nelle vostre città e paesi.
Vi chiediamo di diffondere la resistenza.
 
Movimento No Tav

Indonesia, manifestazioni e repressione

da Fear To Sleep



Per una settimana, la popolazione indonesiana ha manifestato contro una serie di misure del governo, che cominceranno ad avere effetto il 1° aprile. Di queste misure, vi sarà quella che farà aumentare del 33% i prezzi di benzina e che interesserà tutti i settori: industria, trasporti, cibo. Le manifestazioni si sono svolte in diverse città, prendendo una piega violenta; la polizia cerca disperatamente di fermare la protesta. Ci sono stati scontri tra la folla e le forze di sicurezza nella città di Medan (dove l'aeroporto è stato chiuso per cinque ore), Makassar (città del Sud Sulawesi), Bandung e due città nella zona centrale di Java. La situazione di stallo tra il movimento popolare e le autorità continua, e la stessa situazione vi è oggi che il Parlamento, dove si dovrebbe discutere il provvedimento.

(tradotto da NexusCo)

Crimininalizzare il dissidente, è l'arma più potente

da Anarquicemos, Anarquizad

Dichiarazione de la Federación Obrera Regional Argentina sulla nuova Ley Antiterrorista

Associare il dissenso con la violenza è uno dei metodi più efficaci per eliminare ogni accenno di resistenza sociale, in quanto basandosi sulla difesa della sicurezza pubblica, i governi hanno trovato una scusa per uccidere, in maniera ricorrente, la maggior parte dei diritti fondamentali.

Gli Stati Uniti hanno minacciato di escludere l'Argentina dalla lista dei paesi noti come "investitori affidabili": quindi il governo argentino ha emanato una legge anti-terrorismo, che ricalca il disegno di alcune leggi degli stati democratici neoliberisti europei, e che si sono rivelate disastrose. In essa si trova la chiara intenzione della repressione contro gli attivisti e gli attivisti sociali.

La normativa, detta in parole povere, criminalizza gli atti terroristici per i quali non vi è nemmeno un ampio consenso giuridico sui collegamenti internazionali, nè le azioni di sensibilizzazione o l'appartenenza a organizzazioni illegali. In altre parole, un contesto di "terrorismo" è mascherare la criminalizzazione dei posti di blocco, della solidarietà con i prigionieri politici o delle rivendicazioni basilari come la libertà di associazione e che "cercano di costringere un governo a commettere un atto."

Tuttavia, anche se la gamma di potenziali terroristi è stata ampliata in modo significativo, non sono inclusi nella legge i due atti più comuni di terrorismo in Argentina: lo Stato e il datore di lavoro, che "attraverso la commissione di reati, si propone quello di terrorizzare la popolazione, con le braccia e i mezzi a sua disposizione, per mettere in pericolo la vita o un numero indeterminato di persone."

I casi di grilletto facile, la morte per mano di bande di militanti sindacali, il lavoro in nero o la precarietà del lavoro restano reati e, naturalmente, incomparabili con atti tanto pericolosi come manifestazioni che chiedono migliori paghe o distribuire volantini che denunciano la brutalità della polizia.

Quindi, da ora, siamo tutti terroristi o sospetti fino a prova contraria. Nel frattempo, i veri terroristi continueranno a sedere al Congresso e al Senato, legiferando quello che gli ordinano i loro capi.
(tradotto da NexusCo)

Più papisti del papa? Transizione cubana e postcomunismo

da Periodico El Libertario

In generale, si analizza la transizione cubana sopra gli aspetti economici quando vengono trattati argomenti come: il libero mercato, il crescente numero di lavoratori autonomi, il ruolo delle forze armate nella gestione delle aziende più dinamiche, gli investimenti esteri, ecc. Ma è assegnata una minore importanza ai cambiamenti ideologici: sicuramente qualsiasi transizione ha bisogno di una controparte nella visione del mondo per legittimare il processo e costruire un orizzonte nazionale, più o meno condiviso. Ed è qui che la visita del Papa (e la Vergine del Cobre) sembra avere un ruolo fondamentale.
In futuro, gli storici potranno vedere negli archivi del quotidiano Juventud Rebelde, la loro soddisfazione per la visita di questo Papa nell'isola, e una serie di articoli a prima vista sorprendenti (almeno presumo che sorprenderà coloro che leggono le pagine della sinistra, che non ha mai nulla da criticare al governo di Cuba, come i miei amici di Rebeliòn). Sorprendente, perché la stampa cubana ha ottenuto il miracolo -quando il Papa ha parlato- di trasformare l'ex capo della Inquisizione in un prete quasi progressista... E dal momento che la stampa tende a manipolare e mentire sopra l'isola, citando appunto il caso di Juventud Rebelde (che quasi nessuno cita quando parla di Cuba, probabilmente a causa della bassa qualità dei suoi contenuti).

In un articolo del 28 marzo, il giornalista Luis Hernández Serrano ricorda la visita di Giovanni Paolo II con un tono così positivo, che avrebbe potuto essere scritto in un giornale dell'Azione Cattolica. Egli osserva che, Giovanni Paolo II abbia "dato un grande impulso al Vaticano, ha sviluppato un progetto di nuova evangelizzazione a decine e decine di paesi e inviato il pensiero sociale della Chiesa cattolica verso i temi contemporanei più importanti." Una di tali questioni contemporanee, che questo cronista si è "dimenticato", è stato il suo contributo a vari regimi fascisti dell'America Latina. E il suo lavoro verso un ritorno al conservatorismo della teologia della liberazione e della rivitalizzazione delle campagne contro il diritto all'aborto, a favore dei diritti riproduttivi. Juventud Rebelde si ricorda che il Papa polacco ha chiesto la "globalizzazione della solidarietà".

Con l'esagerazione dei nuovi convertiti, il Papa nel 1998 è riuscito ad andare a Cuba, e "a baciare la terra cubana" il 21 gennaio e l'ex capo dello Stato Vaticano, viene indicato come "leader spirituale", o "nuovo successore di Pietro, che ci ha concesso anche il privilegio di farci visita, ci benedica ... ". Quando uno invita qualcuno a casa, cerca di essere gentili, oltre a cercare alleati contro l'imperialismo ... ma abbiamo bisogno di entrambi?

Lo stesso vale per Ratzinger. I giornali di solito parlano di masse, ma Juventud Rebelde si riferisce sempre alla cerimonia come la Messa («Il presidente cubano va a messa da Papa Benedetto XVI in Piazza della Rivoluzione a L'Avana"). E l'uso della Messa si ripete nel Granma e Trabajadores -altre parti del sistema di informazione a Cuba. Ha anche riferito che il termine "Piazza della Rivoluzione", abbia riempito Twitter, mentre Sua Santità era lì, e che la tipizzazione di # BenedictoCuba ha raccolto 2500 messaggi al minuto. Per non essere da meno, il sito ufficiale Cuba Debate ha mostrato "immagini spettacolari delle aeree della Piazza della Rivoluzione durante la Santa Messa" (si sono dimenticati di aggiungere Babbo Natale, ma hanno detto che il Papa è il Santo Padre). Le foto di alta qualità sono offerte come "un dono di Cuba Debate" ai suoi lettori.

L'inviato di Clarin di Buenos Aires, Sergio Rubin, aveva riferito, appena arrivato a L'Avana, che "In un tentativo di calmare la tensione politica durante la visita, e mettere in evidenza il suo significato spirituale, il governo ha montato una newsroom invidiabile, con tanto di proiezioni opera del Vaticano, con un processo di proclamazione di santi e per animare l'attività giornalistica con l'Ave Maria. Inoltre si sono messi anche i libri in vendita di Fidel e Che Guevara. Nemmeno le visite in paesi supercattolici come la Polonia e l'Irlanda, in cui Giovanni Paolo II fece visita per la prima volta, erano arrivate a tanto."

Ma Raul ha elogiato il ruolo unificante della nazione, impersonata dalla Vergine del Cobre, che tiene apparentemente un luogo simbolico del nuovo nazionalismo post-comunista. Qualcosa di molto diverso dal vecchio dibattito sul cristianesimo e rivoluzione. Il presidente cubano ha ricordato che "Noi commemoriamo il quarto centenario della scoperta e della presenza dell'immagine della Virgen de la Caridad del Cobre, che porta il suo distintivo mantello ricamato. Il recente pellegrinaggio verso la Madonna, fatto da tutto il paese, ha unito le nostre persone, credenti e non credenti, in un evento di grande significato." Il riferimento ai "credenti e non credenti", è stato fatto attraverso tutti gli articoli e discorsi relativi alla visita papale. Raul ha anche misurato ogni sua parola adatta alla Dottrina Sociale della Chiesa, come quando ha fatto riferimento ai "modelli sociali e delle ideologie che distruggono i valori spirituali e producono esclusione ed egoismo", o quando ha criticato la scienza, la finanza e il consumismo attuale.

Forse in tutto questo, il governo cubano non ha mostrato nessun entusiasmo per ottenere un'intervista a Hugo Chavez con il Santo Padre, un Chavez meno amico della realpolitik di Ratzinger e Raul, ma amico degli interessi dei suoi amici cinesi e della Chevron.
(Tradotto da NexusCo)

Indonesia: dimostrazioni contro il prezzo dei carburanti

da Fear To Sleep






Migliaia di persone hanno protestato in tutta l'Indonesia, giorno Martedì 27 marzo, contro i piani del governo nel tagliare i sussidi per i combustibili, il che farebbe salire i prezzi del carburante di un terzo.

Link a volantini distribuiti dagli anti-autoritari nel Sud Sulawesi e Manado. (scritti in Indonesiano)
https://translate.googleusercontent.com/translate_c?hl=en&ie=UTF8&prev=_t&rurl=translate.google.com&sl=id&tl=en&u=http://kontinum.org/2012/03/bahan-bakar-untuk-macam-macam/&usg=ALkJrhi4WlYCvpdv7-nRsvYYbcnbBC6AEQ
http://negasi-negasi.blogspot.com/2012/03/selebaran-fraksi-anti-otoritarian.html

Il portavoce della polizia nazionale, l'ispettore Generale Saud Usman Nasution ha detto Mercoledì: "Facendo una valutazione complessiva delle operazioni di sicurezza, abbiamo gestito con successo [i raduni], anche se ci sono stati ancora uno o due incidenti che potrebbero essere considerati come azioni da parte degli anarchici"
http://www.thejakartapost.com/news/2012/03/28/we-succeeded-handling-rallies-police.html

A Makassar, la capitale del Sud Sulawesi, gli studenti hanno lanciato pietre alla polizia, che hanno risposto al fuoco con lanci di gas lacrimogeni. I manifestanti avevano già saccheggiato un ristorante vicino, prendendo alcune bevande.
http://www.thejakartaglobe.com/home/fuel-price-protests-spread-across-indonesia/507482

A Palu, la capitale del Central Sulawesi, più di una dozzina di studenti sono rimasti feriti in una rissa tra manifestanti e agenti di sicurezza, davanti alla sede centrale del Consiglio di Sulawesi. Gli studenti avrebbero cercato di entrare nell'ufficio, quando gli ufficiali hanno sparato gas lacrimogeni sulla folla.
http://www.thejakartaglobe.com/home/fuel-price-protests-spread-across-indonesia/507482
 
A Jakarta, circa 500 manifestanti avevano lanciato pietre, bombe molotov e bastoni contro la polizia, che ha sparato gas lacrimogeni e usato cannoni ad acqua per disperdere la folla. La polizia ha fermato il gruppo, prima che raggiungesse il palazzo presidenziale, ma hanno danneggiato diverse strutture pubbliche.
http://www.thejakartaglobe.com/home/breaking-news-10-hospitalized-as-fuel-protests-turn-violent-in-central-jakarta/507491
(tradotto da NexusCo)

Anche il Sudan vittima dell'assistenzialismo dei ricchi

di Comidad
Il caso del Sudan sta ricalcando un copione che a molti sembra di aver già visto. Il solito dittatore pazzo sta perpetrando il solito genocidio ai danni della propria popolazione; ed ecco che l'opinione pubblica progressista si mobilita sotto la guida di insospettabili alfieri dei diritti umani, come il giornale inglese "The Guardian" e l'attore George Clooney, fattosi arrestare davanti all'ambasciata sudanese il mattino dopo una cena col presidente Obama.
Prove? Ci viene detto che da qualche parte ci sono, e per crederci basta la parola "dittatore". Nel frattempo il mandato di cattura della Corte Penale Internazionale contro il presidente Sudanese, Al-Bashir, è stato depennato dall'accusa di genocidio, anche se la Corte dichiara di avere prove su altri crimini di Al-Bashir, peraltro mai esibite.
Alla mobilitazione sul caso Sudan partecipa spontaneamente una vasta area di personale della "sinistra" ufficiale, perché è bello stare dalla parte della giustizia e del bene, tanto più che ce la si va a prendere con un avversario debole. Il copione vuole che in questa fase il governo statunitense se ne stia defilato, in una posizione apparentemente neutrale, anzi confusa ed imbarazzata, con l'aria di lasciarsi supplicare di intervenire affinché l'annunciato genocidio non si compia.
Strano che un copione del genere possa ripetersi nell'epoca di internet, nella quale non è più necessario passare giornate in emeroteca per reperire notizie. Gli Stati Uniti sono infatti da decenni in guerra aperta contro il Sudan, ed è agevole reperire informazioni a riguardo.
Nel 1996 l'amministrazione Clinton riuscì ad imporre al Consiglio di Sicurezza dell'ONU delle sanzioni contro il Sudan con il pretesto di un fantomatico attentato contro il presidente egiziano Mubarak, cioè alcuni colpi che sarebbero stati sparati contro la sua auto blindata durante un summit africano ad Addis Abeba. Il segretario di Stato USA di allora, Madeleine Albright, accusò il Sudan di essere un "nido di vipere del terrorismo", cosa che giustificò anche la decisione unilaterale degli USA di un ulteriore inasprimento delle sanzioni contro il Sudan. [1]
Le colpe del governo sudanese di allora erano le stesse di quello di adesso. Il Sudan ha infatti troppo petrolio e non lo lascia gestire tutto alle multinazionali "giuste", cioè quelle anglo-americane. Troppi contratti petroliferi vengono concessi dal governo sudanese a multinazionali come la cinese Petrochina e la malese Petronas. Il governo sudanese ha preferito le multinazionali petrolifere cinesi anche perché queste, in cambio del petrolio, garantiscono un consistente programma di creazione di infrastrutture: strade, ferrovie, ponti, canali, ecc. Sino a poco tempo fa le proiezioni della British Petroleum erano costrette a constatare che il Sudan si avviava a diventare un gigante petrolifero in campo africano. [2]
Ma la vivacità economica del Sudan non riguardava solo il settore petrolifero. Sino al 1998 il Sudan deteneva un'autosufficienza in campo farmaceutico, con una fabbrica che si poneva all'avanguardia in Africa, e che, oltre a coprire il fabbisogno interno, era in grado anche di esportare i propri prodotti in altri Paesi africani. Non c'è quindi da stupirsi che nell'agosto del 1998 Bill Clinton abbia deciso di bombardare quella fabbrica, provocando numerose vittime e congelando per oltre un decennio la prospettiva di un'autosufficienza farmaceutica del Sudan. In quella circostanza il pretesto ufficiale di Bill Clinton fu che lo stabilimento farmaceutico nascondesse una fabbrica di armi chimiche. Come si vede non è necessario volere l'energia atomica, come l'Iran, per essere accusati di voler distruggere Israele, basta un'industria farmaceutica. L'accusa di Bill Clinton non solo non fu mai provata, ma ricevette una smentita da un tribunale statunitense a cui si era rivolto il proprietario della fabbrica; ma per questo crimine il governo statunitense non subì mai alcuna censura. [3]
Infatti, secondo il conformismo vigente, i crimini dei ricchi vanno sempre considerati errori in buona fede, o, al massimo, "contraddizioni". Il capitalismo è la principale forma di crimine organizzato, poiché ha in più l'arma delle pubbliche relazioni.
Del tutto casualmente furono le multinazionali farmaceutiche occidentali a giovarsi della liquidazione dell'industria farmaceutica sudanese. Qualcuno all'epoca accusò Clinton di aver bombardato il Sudan per far dimenticare i propri scandali sessuali; altri, più realisticamente, opinarono che Clinton avesse agito da lobbista delle multinazionali farmaceutiche. L'assistenzialismo per ricchi si fa anche con le bombe; anzi, soprattutto con le bombe.
Ma, oltre le bombe, c'è anche la guerra psicologica. L'assistenzialismo per ricchi si basa infatti sulla svalutazione dei poveri: mentre i ricchi sono merce pregiata da coccolare e vezzeggiare perché con la loro sola esistenza fanno bene all'intera società, i poveri hanno sempre e soltanto moventi di fanatismo e terrorismo. La vitalità economica del Sudan assume perciò i contorni di uno scandalo che è necessario prima occultare e poi cancellare definitivamente.
Lo scorso anno il Sudan ha già accettato la secessione del Sud del Paese. La separazione del Sudan tra nord e sud è stata studiata proprio per paralizzare le possibilità di sviluppo del paese finanziate dal petrolio. Infatti i maggiori giacimenti sono al sud o nella zona di frontiera, mentre le raffinerie e gli oleodotti sono al nord. Di recente il segretario di Stato Hillary Clinton ha rivendicato proprio agli USA la scelta di favorire questa secessione, accusando ovviamente Al-Bashir di voler aggredire il neonato Stato. [4]
Da notare che adesso i Clinton non sono più i semplici lobbisti degli anni '90, dato che sotto l'amministrazione del mite Obama sono state condotte tre operazioni coloniali ad Haiti, in Libia e nel Sudan del Sud; tre Paesi che sono entrati nel carniere dei feudi personali del clan dei Clinton, che già controllava il Rwanda attraverso la Fondazione Clinton. Casualmente George Clooney è un testimonial della Clinton Foundation. [5]
Al-Bashir aveva accettato il compromesso sperando che gli Stati Uniti si accontentassero della secessione del sud del Paese, invece per la cosca criminale dei Clinton questa era solo il primo passo per arrivare ad una dissoluzione del Sudan. La separazione ha lasciato il contenzioso dei confini, dove sono concentrati molti giacimenti di petrolio, quindi per le provocazioni degli USA la strada è spalancata. [6]
Una bella campagna di bombardamenti USA e NATO favorirebbe infatti la frantumazione del Sudan attuale in tanti clan tribali in guerra tra loro; ciascun clan sotto la tutela di milizie armate dalle multinazionali, come in Libia o in Congo. Da quel momento anche morti e massacri cesserebbero di fare notizia e di suscitare indignazione nel Sacro Occidente.


Note

[1] http://www.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/1996/04/27/Esteri/SUDAN-SANZIONI-DEL-CONSIGLIO-DI-SICUREZZA_143700.php
[2] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.sudantribune.com/Sudan-Oil-Industry-in-BP-Figures,22437&ei=x5pwT7aKDYGg4gSp-ozAAg&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=1&ved=0CCkQ7gEwAA&prev=/search%3Fq%3Dsudan%2Bbritish%2Bpetroleum%26hl%3Dit%26prmd%3Dimvns
[3] http://www.repubblica.it/online/fatti/kenya/rappre/rappre.html
http://translate.google.it/translate?hl=it&langpair=en%7Cit&u=http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/425552.stm
[4] http://www.wallstreetitalia.com/article/1333109/sud-sudan-clinton-accusa-bashir-di-voler-minare-esistenza-paese.aspx
[5] http://translate.google.it/translate?hl=it&langpair=en%7Cit&u=http://www.looktothestars.org/news/7611-george-clooney-shows-support-for-clinton-foundation
[6] http://www.ilsecoloxix.it/p/est/2012/03/27/AP5GjYBC-senza_sudan_guerra.shtml#axzz1qOJ7iiWO

Rio Negro: Sgombero violento di innumerevoli Mapuche dalla Valle Gumercindo

da Fear To Sleep


Venerdì 23 alle 8 di mattina circa 30 poliziotti con 15 lavoratori del comune di El Bolson, si presentarono alla Valle Gumercindo, dove risiede una comunità Mapuche, e li hanno scacciati in maniera molto violenta. A quanto pare questo è accaduto in quanto il luogo era sottosfratto, sfratto ordinato dal giudice Ricardo Calcagno Bariloche, senza un preavviso alle famiglie residenti o agli avvocati di queste famiglie. L'indignazione della Comunità su tutta l'area, il Coordinatore del Parlamento del Popolo Mapuche, il CoDeCI e il Coordinamento della legge 26160 di Rivelamento Territoriale, hanno ripudiato questa azione irregolare.

Con Elisa Ose Chilkaltufe della Comunità Mapuche Las Huaytekas
Per entrare, la polizia ha sfondato il cancello.
Al momento dello sgombero era in casa la Ñaña Audelina Valle, 68 anni che è stato circondata dalla polizia e dal clamore dell'ambulanza e dei lavoratori comunali. In quel momento due dei nipoti della signora Audelina di 13 e 9 anni stavano andando a scuola, quando gli assistenti sociali erano in attesa sulla strada e li hanno portati a scuola.
La nonna è stato ricoverata quasi immediatamente, a causa di un mancamento, provocato dalla situazione di violenza.

Manuel Valle, racconta che quando è arrivato a casa, ha trovato questa grande operazione di polizia, la sua casa era stata occupata e spogliata. Inoltre hanno smantellato un capannone, due case, un pollaio e dei pali della luce. E tutti gli animali (pecore, capre, maiali, polli, tacchini e oche) sono stati rimossi dal territorio. Vedendo ciò, Manuel ha resistito ed è stato picchiato, ammanettato e arrestato dalla polizia. Quando gli concedono la libertà vigilata, scopre che è stato arrestato per resistenza all'arresto e per terrorismo.

Il coordinamento della legge 26.160 di rilevazione territoriale del Rio Negro, ha incontrato i rappresentanti e i membri del Coordinamento del Parlamento del popolo mapuche, CoDeCi e la comunità Mapuche: Tekel Mapu, Monguell Mamull, Leufuche, Futa Anekon, Cañumil, Quillahua, Las Huaytekas, i quali hanno ripudiato questa azione per diverse ragioni:

- Lo sgombero è avvenuto in maniera del tutto irregolare, ignorando la legge nazionale che vieta gli sfratti, soprattutto da parte della polizia,

- Lo sgombero è stato senza preavviso,

- Il comune di El Bolson ha giocato un ruolo chiave nella spoliazione del territorio mapuche, così come il personale si è reso disponibile nella procedura.

- Non è la prima volta che il popolo Mapuche viene bollato come "terrorista".

Data la gravità della situazione, si richiede un esame di questi atti di ingiustizia commesse da parte dello Stato attraverso le istituzioni come la magistratura, i comuni e la polizia, i quali sono sempre contro i diritti delle comunità mapuche.

Per contattare Manuel Valle, chiamare il numero: (0294) 15437-5350
(tradotto da NexusCo)

Guatemala: Vittime di guerra dimenticate

da Fear To Sleep

"Nel 1982 massacrarono mia madre e 15 persone, oltre a bruciare la nostra casa; adesso cerchiamo l'appoggio che non abbiamo ricevuto", racconta l'indigeno ixil Jacinto Escobar, che vuole un risarcimento dallo stato dopo la guerra che ha devastato il paese tra il 1960 e il 1996. "Abbiamo perso la nostra casa perché a quel tempo l'hanno bruciata insieme con le persone all'interno. Grazie a Dio non ero lì dentro in quel momento e sono riuscito a nascondermi", ha detto Escobar, ora padre di nove figli, e che abita nella provincia nord-occidentale del Quiche, una delle regioni più devastate dal conflitto.

Il conflitto armato tra i guerriglieri di sinistra e le forze governative in Guatemala, ha lasciato 250.000 morti o dispersi, per lo più indigeni, con l'esercito responsabile del 93 per cento dei reati, secondo la Commissione indipendente per il chiarimento storico.

Il 29 dicembre del 1996, si firmò l'Acuerdo de Paz Firme y Duradura tra il governo e la coalizione della guerriglia dell'Unione Rivoluzionaria Nazionale del Guatemala, che è culminato nel processo di pace in cui ha partecipato come rappresentante dell'esercito, il generale Otto Perez Molina, presidente del paese dal mese di gennaio. Negli accordi di pace promosse dalle Nazioni Unite, si era predisposto un risarcimento per le vittime di 36 anni di conflitto armato, tra quali gli accordi speciali su diritti umani e l'identità dei diritti dei popoli indigeni. Per compensare le vittime, il governo ha creato, nel 2003, il Programma nazionale di indennizzo, destinato a prendere misure per restituire le proprietà, compresi i terreni e alloggi, oltre alla compensazione finanziaria e la riabilitazione psicosociale e la riparazione, tra gli altri.

Tuttavia, la corruzione, il clientelismo e l'uso dei fondi per fini politici di questo programma, è stato un lavoro in salita, mentre la maggior parte delle vittime attendono ancora un risarcimento, ed è in ciò che spiccano le relazioni degli attivisti dei diritti umani. "Qui il programma ha consegnato 576 case nel 2011, ma è a mala pena la metà. Abbiamo dovuto comprare cemento, ferro, pagare dei muratori e anche portare materiali da costruzione per la loro realizzazione ", ha detto all'IPS un altro sopravvissuto, Manuel Tay, dalla provincia nord-occidentale di Chimaltenango. Tay, che ha perso cinque dei suoi fratelli durante il conflitto, ha detto che le case sono costruite di un materiale "molto dubbio" al punto che "ci sono stati alcuni che non hanno avuto per tre mesi e il pavimento era inesistente". Per accedere a qualche compensazione, Tay ha dovuto fare numerose rappresentazioni di organizzazioni governative e non governative per formare l'Asociaciòn Q'anil, che in lingua maya significa "seme". L'attivista ha, finora, solo gestito una casa di 36 metri quadrati di costruzione e un risarcimento equivalente a $ 3.600 per se stesso e i suoi due fratelli sopravvissuti. Ma non è tutto. La frustrazione delle vittime di guerra non sarebbe tale, se non fosse per le affermazioni forti di cattiva gestione dei fondi contro gli ex funzionari che hanno lavorato al programma.

La mancanza di trasparenza, la discrezionalità e la discriminazione sono parte delle difficoltà incontrate nel Programma nazionale di indennità per un risolvere questo conflitto sociale: questo programma, era condotto tra il 2010 e il 2011 da 19 organizzazioni, e composte da alcune vittime del conflitto. "Ci sono indicazioni di corruzione per l'attuazione di misure volte a rimediare alle violazioni dei diritti delle vittime e c'è un'attenzione chiara, coerente, pertinente e continua a casi collettivi e globali", dice il rapporto.

In effetti, le 32 comunità indigene avevano chiesto nel 2011 allo Stato guatemalteco, tramite la Commissione sui Diritti Umani (CIDH), di non fornire un risarcimento ai sopravvissuti o parenti di vittime dei conflitti armati. Troppo da dire circa i rimedi e la riabilitazione psicosociale e la dignità delle vittime.

Sergio Castro, nel Centro di Analisi Forense e Scienza Applicata, una organizzazione non governativa che sostiene le persone colpite dalla guerra, ha detto all'IPS che fin dalla sua nascita, avvenuta nel 2003, il programma di compensazione si è concentrata sulla restituzione economica e materiale, "forse intorno al 20 per cento delle vittime."
"Ma non c'è stata la restituzione dei terreni, degli investimenti produttivi e delle riparazioni psicosociali alle donne che hanno subito violenza, che erano anche parte delle misure previste dal programma di governo", ha aggiunto.

Secondo il pubblico ministero (procuratore), solo durante la dittatura del generale Efrain Rios Montt (1982-1983), attualmente sotto processo per genocidio, 1.485 ragazze minorenni sono state violentata e 29.000 persone sono state sfollate con la forza dalle loro case. In questo contesto, Castro ritiene che la cura psicosociale delle vittime "è fondamentale per costruire l'armonizzazione del tessuto sociale", soprattutto se si considera che "nelle comunità vivono vittime e carnefici".

Altri paesi dell'America Latina, come il Cile e l'Argentina, hanno anche implementato meccanismi di riparazione e di rilancio dell'economia sociale delle vittime della repressione delle dittature militari in passato. C'era anche il programma tedesco di indennizzo per le vittime dell'Olocausto nazista, rivolto a coloro che hanno sofferto la violazione dei loro diritti e delle libertà fondamentali, a causa della razza, religione o ideologia.

Feliciana Macario, attivista non-governativa del Coordinamento Nazionale delle Vedove del Guatemala, ha detto all'IPS che nel caso del Guatemala "è stata una mancanza di volontà" a sostegno delle vittime della guerra. L'arrivo del quadriennio presidenziale di Perez Molina, uno dei firmatari degli accordi di pace e veterano dell'esercito durante il conflitto, non dà una speranza di sostegno alle vittime. "Se il presidente ha firmato gli accordi, si devono rispettare. Ma fino ad ora non si possono dire più cose, provate a vedere com è il bilancio per il programma", ha detto Macario.

Infatti, nel 2012, questo programma ha un budget di $ 10,5 milioni, mentre i gruppi sociali sollecitano al Potere Legislativo circa 40 milioni di dollari. L'attivista ha ricordato che questo è un aiuto molto importante per le persone colpite dai conflitti armati, che hanno perso familiari, case e raccolti. Ha aggiunto che sarebbe di particolare importanza, in relazione alle questioni psicosociali. "E' un provvedimento che sarebbe di grande aiuto a superare tutte le violenze subite da migliaia di persone. Migliaia di donne sono state violentata da parte dell'esercito del Guatemala, ma non sono mai stati processati", ha detto.
(tradotto da NexusCo)

giovedì 29 marzo 2012

Ecuador: Le ragioni della marcia per la vita, per l'acqua e per la dignità

da Periodico El Libertario

da Coordinadora Andina de Organizaciones Indígenas

Perché le popolazioni indigene dell'Ecuador marciano? La Costituzione non stabilisce che in quel paese vi sono due proposte principali, quali lo Stato Plurinazionale e il Buon Vivere? I popoli indigeni dell'Ecuador si sono mobilitati l'8 marzo a Quito, perché il governo fa qualcosa in contrasto con le disposizioni della Costituzione: la crescente concentrazione della terra, invece di essere corretta (60% delle terre sono nelle mani dei proprietari (che rappresentano il 7% della popolazione), e l'1% dei proprietari terrieri controlla il 63% delle acque di irrigazione: l'agricoltura contadina è in crisi, e i bilanci pubblici si affidano ai settori estrattivi. Questo è uno dei tanti motivi per cui le organizzazioni nazionali autoctone, come la Confederazione dei popoli di nazionalità kichwa dell'Ecuador (Ecuarunari), appartenente alla Confederazione regionale delle Nazionalità Indigene dell'Ecuador (CONAIE), ha deciso di venire a Quito. Chiaramente lo ha spiegato nel mandato dell'acqua, della vita e della dignità dei popoli.

Questo documento afferma che in Ecuador le condizioni strutturali di concentrazione della terra e dell'acqua, l'intermediazione, la mancanza di accesso al credito e dipendenza tecnologica su un pacchetto di ingressi il cui costo è in costante aumento, ha creato la crisi all'agricoltura contadina. Le politiche del governo, che ha promesso una "rivoluzione agraria", non hanno affrontato questa realtà. La disuguaglianza della struttura agraria persiste. Il 7% dei proprietari controlla il 60% delle terre arabili e ha mantenuto la concentrazione di acqua per l'irrigazione in mani private: l'86% delle unità di produzione agricola (UPA) con sistemi comunitari hanno il 22% della superficie irrigata e solo il 13% della portata, mentre l'1% dell'UPAS della proprietà privata hanno il 63% della superficie irrigata e una portata del 64%.

Tuttavia, il cosiddetto Plan Tierras y Territorios, nel suo complesso, è stato un fallimento. La fornitura di terra ai contadini è stata minima. Non esiste la volontà di prendere le grandi proprietà e la concentrazione della terra di proprietà privata, sostenendo che è più produttiva così. Le poche scorte di espropriazione della terra hanno generato un circuito impagabile di debito per gli agricoltori e un elevato livello di conflitto sociale. Nella provincia di Pichincha, Cantòn Machachi, dopo un lungo processo di espropriazione è stato assegnato all'Associazione San Antonio il campo San Antonio de Valencia, ad un costo di  4.600.000 di dollari americani, con alti interessi commerciali, e finora non possono entrare nei locali dei beneficiari.

La politica di sviluppo agricolo ha promosso la proprietà di medie e grandi dimensioni, che si concentra sulla produzione di banane, palma, canna da zucchero, riso, mais e bestiame; mentre le piccole aziende agricole che mantengono la sovranità alimentare propria, non hanno ottenuto un granchè. Le condizioni sfavorevoli per l'accesso al credito degli agricoltori, li hanno lasciato in balia delle cooperative di risparmio e credito.

Nel bilancio proforma del 2012, i tre settori strategici al di fuori della matrice estrattiva (turismo, agricoltura, ambiente) raggiungono in maniera sufficiente i 426 milioni di dollari americani, pari al 1,6% del bilancio con un forte calo nel settore agricolo del -17,69% rispetto all'anno precedente. Mentre il costo della propaganda governativa è di 295 milioni di dollari americani, superando gli investimenti in agricoltura che ammontano a soli 211 milioni di dollari americani. Così è chiara la posizione del governo a favore dell'agribusiness e dell'estrazione mineraria, lasciando le economie rurali e popolari che a stento sopravvivono con quello che gli da la loro terra.

Di conseguenza, le popolazioni indigene ecuadoriane e le loro organizzazioni richiedono:
L'approvazione della legge sulle acque per il buon vivere,
che prevede il rispetto per la priorità delle funzioni d'acqua, garantendo il diritto umano all'acqua attraverso la creazione di un sostegno minimo e libero, oltre alla creazione del Fondo per l'acqua, il divieto di servizi ambientali, che si rispettino i diritti della natura in termini di inquinamento e di rifiuti, che vengano generati strumenti per la de-privatizzazione dell'acqua e la sua redistribuzione, e di rispettare e rafforzare la gestione della comunità di acqua con la partecipazione delle comunità e delle organizzazioni, e che si crei il Consejo Intercultural y Plurinacional del Agua.

Approvazione della Ley de Tierras y Territorios, che comprendono la costruzione di un modello agricolo per la Sovranità Alimentare, basata sulla produzione contadina, promuovendo il coinvolgimento della comunità e di partenariato; che si sanzioni il latifondo e la concentrazione della terra; richiedere il rispetto della propria terra e ridistribuzione sociale e ambientale ai contadini senza terra, dando priorità alle donne e ai giovani; aiutare a ricostruire i territori svantaggiati, che implementa un programma di sviluppo agricolo per la sovranità alimentare, garantendo l'accesso alla tecnologia e industria rurale che stabilisce i prezzi di sostegno e combattere il monopolio del marketing alimentare; rafforzamento dello scambio e associazioni di categoria e raccolta della comunità, trasformazione e commercializzazione, creazione del Consiglio interculturale e agricolo plurinazionale per democratizzare la politica pubblica in agricoltura. L'attuazione immediata del mandato della ventisettesima transizione costituzionale per l'acqua.

Coordinadora Andina de Organizaciones Indígenas 
Publicato dall'Agencia Intercultural de Noticias Indígenas della Bolivia, 13 de marzo del 2012.
 (tradotto da NexusCo)

mercoledì 28 marzo 2012

Venezuela: Torture e altre pratiche poliziesche

da Periodico El Libertario

di Rafael Uzcátegui

Nel suo ultimo rapporto sulla situazione dei diritti umani in Venezuela, la PROVEA ha riconosciuto che vi sono diversi indicatori sensibil (come i casi di violazione del diritto alla vita, della libertà ed integrità personale), e che sono diminuiti rispetto all'anno precedente. Nella sua diagnosi, l'ONG ha dichiarato che era una conseguenza del processo di riforma della polizia nel paese. Tuttavia, una dichiarazione deve essere qualificata. In primo luogo, perché, nonostante la riduzione dei casi nel periodo precedente, la conclusione è diversa se si analizza il comportamento dei personaggi nel corso dell'ultimo decennio. In secondo luogo, perché il ripetersi di casi ed esempi di cattive pratiche di polizia dimostra che lo sforzo è ancora chiaramente insufficiente.

Non vogliamo esemplificare il caso più famoso in questi ultimi giorni, l'omicidio della figlia del console cileno da parte dei funzionari del CICPC, ma altri meno visibili ma altrettanto gravi. Il 12 marzo degli attivisti di base provenienti dalla città di Barquisimeto hanno denunciato l'arresto di alcuni membri del Fronte Rivoluzionario degli inquilini e degli occupanti (FRIO), da parte dei funzionari della Guardia Nazionale. La denuncia, dice uno dei suoi leader, Carlos Sieveres, è quello di torture e maltrattamenti, incluse scosse elettriche. Ricorda che questi attivisti sostenevano il processo guidato dal presidente Chavez, così facile da scartare l'accusa di "matrice mediatica" che tenta di delegittimare questo tipo di denunce. Questi attivisti sono stati arrestati e condotti nel carcere Uribana, famigerato per la sua violenza, in modo che le autorità non potevano garantire la loro integrità. Ciò dimostra che quello che dice Sieveres sulla tortura, è che è ben lungi dall'essere debellata nel Paese, ed è anche utilizzata indipendentemente da preferenze politiche o condizioni sociali dei detenuti.

Tra l'ottobre 2010 e il settembre 2011, ci sono stati almeno 20 casi di tortura nel paese, una cifra inferiore a quella dei 30 casi rilevati nel periodo precedente. Tuttavia, questi 20 casi sono ancora superiori a quelli registrati degli anni 2009 (15 casi), 2008 (13 casi) e 2007 (11 casi). Il comportamento di questo indicatore è stato un dondolo a partire dal 2005, che si sono registrati 31 casi, e nel 2004 il numero era 58 casi e l'anno precedente, 2003, la cifra era pari a 30 casi.

Un altro caso è stato sabato 17 marzo: un gruppo di sindacati ha convocato una manifestazione pacifica a Caracas per difendere le condizioni di lavoro e la libertà di associazione nei settori di base della Guyana, oltre ad esprimere il loro rifiuto alla Ley Organica del Trabajo senza la partecipazione dei lavoratori del paese. I funzionari della polizia di Caracas erano sul posto e avevano portando delle armi da fuoco -pistole 9 mm-, violando la Costituzione, che afferma nel suo articolo 68: "Si proibisce l'uso di armi da fuoco e sostanze tossiche per controllare le manifestazioni pacifiche (...)". Il Coordinatore Generale della PROVEA si è avvicinato gli agenti di polizia per esprimere che stavano violando la legge, quando uno di costoro lo ha insultato dicendogli "Tu sei un pezzo di merda".

Gli ufficiali di polizia di Caracas non solo hanno violato la Costituzione, ma anche le "Norme per lo svolgimento delle forze di polizia nei suoi settori delle politiche territoriali per garantire l'ordine pubblico, la pace sociale e la convivenza tra i cittadini in incontri pubblici e manifestazioni ", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 39658 del passato 28.04.11. Questa legislazione non è ancora completa da un anno dalla promulgazione, ed è sconosciuta a molti poliziotti. L'articolo 20 paragrafo 3 stabilisce l'obbligo di eseguire "un esame approfondito dei funzionari ed agenti di polizia che vengono selezionati e scelti per intervenire nella riunione pubblica e della dimostrazione in questione, per garantire che non portino o nascondino attrezzature e materiali che sono vietate." Inoltre, l'articolo 21, paragrafo 9 è confermato che "Non si potranno trasportare o usare armi da fuoco per controllare le manifestazioni pacifiche o incontri pubblici."

Nonostante tutti i discorsi, il Venezuela rimane un paese di privilegiati. Decine di vittime di abusi della polizia e delle loro famiglie in tutto il paese, invidiano l'accelerazione del procedimento nel tragico caso della figlia del console e la cura della soluzione che investe diverse istituzioni, tra cui il Dipartimento di Giustizia. Ancora vi è bisogno di un sacco di pressione, di mobilitazione e di organizzazione per il godimento dei diritti umani in tale realtà come quella venezuelana.
(tradotto da NexusCo)

Venezuela: Marcela Máspero nega i casi dei lavoratori assassinati nelle proteste

da Liberar Las Mentes

da Laclase.info
Caracas, 26 marzo -. Questa Domenica, 26 marzo, in un'intervista al canale televisivo privato, Globovision, la sindacalista del PSUV Marcela Maspero, ha negato che siano stati uccisi dei lavoratori durante le proteste in Venezuela. La sindacalista ha quindi cercato di minimizzare i reclami circa la criminalizzazione delle lotte sociali come politica di Stato, e la repressione delle proteste pacifiche. Tuttavia, i fatti dimostrano che il governo ha la responsabilità della repressione violenta delle proteste dei lavoratori e dell'assassinio dei lavoratori.

Il 29 gennaio 2009, la polizia dello Stato di Anzoategui, agli ordini del governo (controllato dal PSUV), ha sparato, con proiettili veri, verso dei lavoratori nello stabilimento auto di Mitsubishi, che si trova nella città di Barcelona. I lavoratori Javier Marcano e Pedro Suarez sono stati assassinati, e un altro operaio è rimasto gravemente ferito. Il presidente Chavez, nel pronunciarsi sul caso, ha detto che sebbene i lavoratori hanno ragione di protestare, hanno perso la ragione a causa della "protesta armata". Tuttavia, non ha presentato alcuna prova che i lavoratori della Mitsubishi fossero armati. I mandanti e i leader politici per l'omicidio di Marcano e Suarez non sono mai stati perseguiti. Il governatore di Anzoategui, Tarek William Saab, continua ad esercitare il suo ufficio.

Il 27 settembre 2007, la polizia stessa ha sparato durante una manifestazione di sciopero dei lavoratori petroliferi, colpendo alle spalle un lavoratore.

Decine di operai sono rimasti feriti in azioni repressive nelle imprese della Guayana, in Aragua, Carabobo, e altri Stati.

Inoltre, le truppe d'assalto del PSUV, come la Muralla Roja in Guyana, sono responsabili di numerosi attacchi armati contro i lavoratori venezuelani e le loro organizzazioni. Le uccisioni con un metodo da sicario, compreso quello diretto contro Luis Hernandez, Richard Gallardo e Carlos Requena, in Aragua, o Argenis Vasquez in Cumana, sono stati completamente ignorati dalle autorità.

Ma mentre questi crimini vengono perpetrati nei confronti dei lavoratori da parte del governo e dei suoi agenti, la burocrazia sindacale del PSUV preferisce voltare lo sguardo e negare la realtà.(tradotto da NexusCo)

Vedere anche:
Elías Jaua mente, il suo governo ha assassinato studenti 

I giovani anarchici di Madrid contro la rifoma sul lavoro del 29 Marzo

da Liberar Las Mentes

L'ultima riforma del lavoro, che si aggiunge a quella approvata dal PSOE nel 2010 e i vari tagli che si stanno sviluppando con la scusa della crisi economica, è un intollerabile attacco ai nostri diritti come lavoratori occupati, disoccupati o di formazione. Per quanto, visto che ci assiste la ragione, senza l'ausilio della forza non saremo in grado di fermare le aggressioni del governo: dobbiamo fermare i centri di produzione e centri di servizio e scendere in piazza per combattere queste facce di cane.

Come Juventudes Anarquistas di Madrid. non abbiamo alcun dubbio, ma pensiamo che lo sciopero non è solo uno strumento per difendere le parziali rivendicazioni, ma è un modo che, nella manifestazione del 29 marzo, noi chiamiamo di nuovo lo sciopero rivoluzionario come condizione necessaria per la nostra completa emancipazione. La disoccupazione, lo sfruttamento, la repressione, il tempo libero diretto, la droga, la depressione, la xenofobia, il fascismo, l'educazione autoritaria ... Questi sono solo alcuni dei problemi che riguardano i giovani, come risultato della nostra sottomissione al capitale dello Stato, riducibile a uno: la perdita di controllo sulle nostre vite. In questo problema gli oppressi non possono dare soluzione attraverso le istituzioni, che riproducono il principio di autorità, su cui poggia la nostra alienazione, ma possiamo solo combattere con la guerra economica, che è, per il boicottaggio ed arresto della produzione, oltre che al sabotaggio del lavoro salariato.

Un altro aspetto sopra il quale siamo invitati a riflettere è l'inadeguatezza di chiamare uno sciopero un qualcosa che dura appena ventiquattro ore. Una misura della pressione è significativo solo quando si svolgono in tempo per raggiungere ciò che è destinato, in modo che ogni sciopero debba avere un carattere permanente. La strategia seguita dagli organizzatori sindacali è inutile e contribuisce a piantare uno scoraggiamento, se possibile, con conseguente riduzione dei livelli di smobilitazione e di pace sociale.

Inoltre, la chiamata effettuata dal CCOO e dall'UGT, è un passo indietro nella lotta di classe rispetto alla convocazione del 29 settembre 2010: se in quel momento il tutto era chiamato per rovesciare la riforma lavorativa dell'esecutivo socialista, oggi si chiede solamente che i tagli possano essere concordati con i sindacati di maggioranza. Non dobbiamo ingannare noi stessi: sappiamo che dopo lo sciopero di ventiquattro ore, si nasconde l'interesse della socialdemocrazia nel mantenere la sua quota di potere e di logorare i conservatori.

Tuttavia, i giovani non possono permettersi di restare passivi il 29 marzo, ma di prendere la chiamata per battere il sistema, compromettendo con un triplice compito se vogliamo affrontare la classe dirigente: l'agitazione, la propaganda e l'organizzazione. Ci sarà in questa vita. Ecco perché, nonostante le riserve mostrate, la Juventudes Anarquistas de Madrid chiama alla mobilitazione, non andando a lavorare o a studiare nei vari centri, partecipando ai picchetti e in generale facendo tutto il possibile, affinchè il conflitto sociale non svanisca dopo ventiquattro ore.

Sosteniamo inoltre la manifestazione alle ore 18:00, che parte da Oporto a Marqués de Vadillo della la Federación Local de Sindicatos de Madrid de la Confederación Nacional del Trabajo, che aderisce alla Asociación Internacional de Trabajadores, e incoraggiare tutti i giovani a partecipare a essa, la quale è l'unica dove il rifiuto della riforma del lavoro è collegata ad una critica verso i partiti politici e al modello sindacalista elettorale e sovvenzionata.

CONTRA TODA FORMA DE EXPLOTACIÓN, ¡RECUPERA TU VIDA!

¡REVOLUCIÓN SOCIAL!


Juventudes Anarquistas de Madrid
(tradotto da NexusCo)

Per saperne di più, vedere:
Le nuove riforme del lavoro colpiscono la Spagna  
Spagna: La CNT chiede uno sciopero generale nazionale il 29 marzo 

Messico: assassinato un'attivista e oppositore alla miniera Cuzcatlán

da Fear To Sleep

L'omicidio di Bernardo Vazquez Sanchez, Coordinatore dei Popoli Uniti della Valle di Ocotlán (CPUVO) nello stato di Oaxaca, avvenuta la notte del 15 marzo, che si opponeva alla creazione di una miniera nei territori delle popolazioni indigene, ha suscitato uno sdegno rabbioso e la condanna di ampi settori, tra le quali le organizzazioni sociali, politiche e internazionali.

Di Genaro Bautista, AIPIN, Messico
Saul Vicente Vasquez del Foro Permanente sulle Questioni Indigene delle Nazioni Unite (ONU), ha invitato il governo del Messico a trovare e punire i colpevoli di questo vile assassinio.
"Questo attacco si aggiunge alla serie di attacchi subiti da questa organizzazione e alla comunità di San Jose el Progreso, dove si trova un gruppo armato, presumibilmente difensore della miniera di Cuzcatlán, come Bernard ha detto in un'intervista che ha fatto un paio di mesi fa ", ha detto Saul Vicente.
Esperto delle Nazioni Unite, Vicente Vasquez, ha sottolineato che l'esito dell'incontro con Bernardo Vazquez Sanchez, è stato segnalato al Comitato contro la discriminazione razziale delle Nazioni Unite; e queste informazioni sono state girate prima al governo del Messico che a questo organo delle Nazioni Unite. Nonostante questo, l'organizzazione ha rilasciato dure raccomandazioni al governo messicano.

Saul Vicente, zapoteco dell'Istmo di Oaxaca, richiede l'indagine su questo omicidio e la punizione dei colpevoli e mandanti di questo fatto. Non devono rimanere impuniti, sottolinea.
Immediatamente, chiede la sospensione della concessione della società mineraria, che non è conforme alle norme nel prendere l'acqua della comunità e che usa per le attività della sua azienda, in quando quella zona è caratterizzata da una carenza di questo liquido vitale che minaccia la sopravvivenza stessa della comunità, insieme con il processo di estrazione a cielo aperto e il processo di lisciviazione per estrarre il minerale, che può portare alla contaminazione delle acque sotterranee, ha detto Vicente.

Bernardo Vasquez Sanchez, è stato ucciso in un agguato a St. Lucia, Ocotlán. Allo stesso modo, il 18 gennaio, è stato ucciso Bernardo Mendez Vasquez, anche lui all'interno del CPUVO, hanno detto sia l'Unione delle comunità indigene della Zona Nord dell'Istmo (UCIZONI), così come la Coordinatore del Consiglio consultivo degli Stato indigeni e afro-messicani dello Stato di Oaxaca.
E' un altro crimine che rimane impunito, anche se sono stati pienamente identificati gli autori, inclusi i dipendenti e parenti di Mauro Alberto Sanchez, sindaco di San José del Progreso, strettamenti legati all'azienda mineraria canadese e che hanno pubblicamente minacciato Bernardo Vazquez, dice la UCIZONI. Il 19 Gennaio, dopo l'omicidio di Vasquez, Vasquez Sanchez, ha detto in maniera dura che il governo di Gabino Cué è incapace nel risolvere il conflitto che vi è San Jose del Progreso e che il governo si presta solo agli interessi della miniera Cuzcatlán.

In una conferenza stampa, al momento, ha accusato il sindaco di San José del Progreso di essere quello che ha ordinato la sparatoria, che ha lasciato due feriti pochi giorni prima, quando la polizia municipale ha represso i manifestanti,che tentavano di impedire la posa di un tubo utile per la miniera di Cuzcatlán. La morte del leader, ha avuto reazioni immediate dei gruppi civili. Il Colectivo Oaxaqueño en Defensa de los Territorios, Servicios del Pueblo Mixe, Ser Mixe, Servicios para una Educación Alternativa EDUCA, il Centro de Derechos Indígenas Flor y Canto, il Centro de Derechos Humanos Bartolomé Carrasco Briseño BARCA, il Centro de Derechos Humanos Miguel Agustín Pro Juárez, Centro Prodh y la Unión de Organizaciones de la Sierra Juárez de Oaxaca UNOSJO, ripudiano l'omicidio e mettono in discussione la passività e indolenza del governo di Gabino Cue Monteagudo, in questo caso del conflitto sociale e politico di San José del Progreso. Le organizzazioni ribadiscono il loro reclamo contro la compagnia mineraria che ha a Cuzcatlán dei gruppi armati all'interno della comunità e ha il sostegno delle autorità comunali e statali. Una di queste bande di uomini armati fanno parte del "Asociación Civil San José Defendiendo sus Derechos". La comunità nazionale e la comunità locale, accusano il sindaco di San José del Progreso, Alberto Mauro Sanchez e la compagnia mineraria Cuzcatlán per gli omicidi di Bernardo Mendez Vasquez e Bernardo Vasquez Sanchez.

Le organizzazioni della società civile, esigono il rispetto per la domanda principale del Coordinamento dei Popoli Uniti della Valle di Ocotlán, ovvero la partenza immediata della compagnia mineraria, che a causa dei loro atti di corruzione e criminali hanno generato numerosi scontri nelle comunità, ponendo fine alla vita di due difensori dei diritti umani.

Nell'agguato dove morì Bernardo Vazquez, sono rimasti feriti Rosalinda Canseco e Andrew Vasquez Sanchez.
Il defunto aveva messo in guardia, fin dal 2008, i possibili scontri nella comunità di San José del Progreso, a seguito dell'entrata della società mineraria Cuzcatlan S.A. de C.V. filiale della canadese Fortuna Silver Mines, che ha iniziato le operazioni senza il consenso della comunità.
Ripetutamente i membri CPUVO hanno lamentato il fatto che la compagnia mineraria finanziasse i gruppi armati nella comunità con l'appoggio del sindaco di San José del Progreso, Mauro Alberto Sanchez.
I funzionari statali hanno ignorato tali reclami, a tal punto che hanno detto che il gruppo ribelle stia cercando di destabilizzare la comunità, quando invece stanno cercando di difendere i popoli indigeni e le loro risorse naturali.
A sua volta, l'UCIZONI ha diffuso una condanna per l'omicidio di Bernardo Vazquez Sanchez, che conduceva una lotta intensa contro la filiale mineraria canadese, la Cuzcatlán.

La compagnia mineraria Cuzcatlán, una filiale della società canadese Fortune Silver Inc., ha violato la Convenzione 169 della OIT, che stabilisce la consulta libera e informativa per la realizzazione di progetti in territori indigeni, dice il coordinatore del consiglio dei popoli indigeni e afro-messicani dello Stato di Oaxaca.

I popoli indigeni, le loro organizzazioni e difensori dei diritti umani, come l'ONU, domanda che il governo dello stato provvedi d'urgenza che le terre indigene dell'Oaxaca non rientrino più in logiche per lavori di aziende pubbliche e private senza considerare la Convenzione 169 della OIT, in particolare i progetti di costruzione di dighe, dello sfruttamento dei minerali, dell'estrazione e l'utilizzazione dell'energia eolica.
(tradotto da NexusCo)

Estratto dell'articolo "Maggioranza e Minoranza"

Noi non vogliamo imporre niente a nessuno, ma non intendiamo sopportare imposizioni di alcuno.
Felicissimi di veder fare da altri quello che non potremo far noi, pronti a collaborare cogli altri in tutte quelle cose quando riconosciamo che da noi non potremmo far meglio, noi reclamiamo, noi vogliamo, per noi e per tutti la libertà di propaganda di organizzazione di sperimentazione
La forza bruta, la violenza materiale dell’uomo contro l’uomo deve cessare di essere un fattore della vita sociale.
Noi non vogliamo, e non sopporteremmo gendarmi, nè rossi, nè gialli, né neri. Siamo intesi?
[cit. Umanità Nova anno I, n 168, Milano il settembre 1920.]