Quartetto Italiano -
The Early Recordings (1946 -
1952)
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Musica:
Ludwig van Beethoven
00:02
Allegro
11:55 Allegretto vivace e sempre scherzando (si bemolle maggiore)
20:52
Adagio molto e mesto (fa minore)
33:28 Allegro
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione:
Vienna, 5 Luglio 1806
Edizione:
Bureau des Arts et d'
Industrie, Vienna 1808
Dedica: Conte Razumovsky
Guida all'ascolto
I Quartetti per archi di
Beethoven sono complessivamente sedici, più la
Grande fuga che in origine costituiva il finale dell'op. 133. Secondo un criterio non solo cronologico, ma di valutazione critica, accettato in linea di massima dagli studiosi della musica beethoveniana, i Quartetti si possono classificare in tre gruppi distinti: i sei Quartetti dell'op. 18 (1798-1800), che risentono l'influenza del modello haydniano e mozartiano, i Quartetti del secondo periodo e della maturità, raggnippati, nell'op. 59, n.
1-3, (1805-1806), nell'op. 74 (1809) e nell'op.95 (1810); e infine gli ultimi Quartetti scritti tra il 1822 e il 1826, comprendenti le op.
127, 130, 131, 132, 133 e 135. In questi tre momenti della produzione quartettistica si riflette tutta la parabola artistica del compositore, dalla fase iniziale dell'op. 18, quando è alla ricerca di uno stile personale e si tormenta per raggiungere la più aderente espressione del proprio io intcriore fino alle più ardite soluzioni armoniche e formali racchiuse nelle ultime opere cameristiche beethoveniane. In più, nel Quartetto per archi, il genere che il musicista predilesse e coltivò intensamente insieme alla
Sonata per pianoforte, l'artista racchiuse i suoi pensieri più intimi e riservati, così da toccare spesso la forma del soliloquio. Non per nulla
Paul Bekker, uno dei più documentati biografi del maestro di Bonn, così scrive nell'esaminare la struttura e la fisionomia dei vari Quartetti, specie quelli appartenenti al cosiddetto terzo stile.
I tre Quartetti dell'op. 59 sono chiamati anche "Quartetti russi" perché dedicati al conte
Andrea Kyrillovic Rasumowski (1752-1836), ambasciatore russo a Vienna e buon violinista, al quale si dice che l'autore avesse promesso di inserire in ognuna delle tre composizioni una melodia popolare russa. Scritti tra il 1805 e il 1806, questi lavori appartengono alla seconda maniera beethoveniana e gli storici della musica li collocano accanto al Fidelio, alla
Quinta Sinfonia e alle grandi sonate pianistiche, come l'
Appassionata e l'
Aurora.
La novità dello stile beethoveniano si percepisce infatti sin dall'Allegro iniziale del Quartetto oggi in programma, con il primo tema esposto dal violoncello sull'accompagnamento vigoroso degli altri strumenti. Ormai l'autore non si sente più vincolato agli schemi settecenteschi e la stessa melodia cammina con passo sciolto, quasi a tempo di marcia, come chi vada incontro all'avvenire con fiducia. Il secondo tema non ha un carattere dialettico, ma sembra evaporare verso l'alto nei trilli dei due violini, preceduti da armonie per quinte, terze e seste, simili ad una fanfara di corni. Non manca un rigoroso episodio contrappuntistico, che ricollegandosi ad elementi del primo tema prepara l'entrata della ripresa.
L'Allegretto vivace e sempre scherzando è sempre originale sotto il profilo formale, perché sta tra lo scherzo tradizionale, l'allegro di sonata e il rondò. In esso si dispiega quello che viene definito l'umorismo beethoveniano, costruito sulla diversità degli aspetti linguistici e sulla imprevedibilità delle loro trasformazioni. Il nucleo psicologico del brano è racchiuso nel tema sussurato dal violoncello, cui risponde una frase del secondo violino; non mancano altre melodie di tono più appassionato e romantico. Il culmine del Quartetto è l'Adagio molto e mesto,vero colpo d'ala d'inventiva beethoveniana. Il ritmo di una lenta marcia funebre (il musicista scrisse nel suo taccuino sotto lo schizzo di questo movimento: «Un salice piangente o un'acacia sulla tomba di mio fratello») accompagna i due temi e la sezione centrale, dai quali scaturisce un episodio molto cantabile, di assorta contemplazione celestiale. Si passa quindi, senza soluzione di continuità, al brillantissimo finale in cui è incastonato il promesso tema russo, che chiude l'op. 59 n. 1 in una irrefrenabile esplosione di vitalità.
- published: 22 Jul 2013
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