La prima guerra mondiale, per i contemporanei la grande guerra, è la denominazione che venne data al più grande conflitto mai combattuto fino ad allora; questi cominciò il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia in seguito dell'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando il 28 giugno 1914 per concludersi oltre quattro anni dopo, l'11 novembre 1918. Il conflitto coinvolse le maggiori potenze mondiali di allora, divise in due blocchi contrapposti: gli Imperi centrali (Germania, Austria-Ungheria, Impero ottomano e Bulgaria) contro le potenze Alleate rappresentate principalmente da Francia, Regno Unito, Impero russo, Serbia e poi successivamente anche l'Italia. Oltre 70 milioni di uomini furono mobilitati in tutto il mondo (60 solo in Europa), in quella che divenne in breve tempo il più vasto conflitto della storia, che causò oltre 9 milioni di vittime tra i soldati e circa 7 milioni di vittime civili dovute non solo agli effetti diretti delle operazioni di guerra, ma anche alla carestia e alle malattie concomitanti il conflitto[1].
Militarmente il conflitto si aprì con l'invasione austro-ungarica della Serbia, e parallelamente, con una fulminea avanzata tedesca in Belgio, Lussemburgo e nel nord della Francia, giungendo a 40 chilometri da Parigi. In poche settimane il gioco di alleanze formatosi negli ultimi decenni dell'Ottocento tra gli stati europei comportò l'entrata nel conflitto degli stati dell'Intesa e delle rispettive colonie. Negli anni successivi la guerra raggiunse una scala mondiale, con la partecipazione di molte altre nazioni, fra cui l'Impero ottomano, l'Italia, la Romania, gli Stati Uniti e la Grecia, aprendo così altri fronti di combattimento.
Al fronte, fin dal settembre 1914, l'esercito tedesco fu però bloccato dai francesi sulla Marna il che vanificherà le speranze tedesche di una guerra breve e vittoriosa. A quel punto la guerra sul fronte occidentale si trasformò in una lenta e sanguinosa guerra di posizione, dove, al costo di milioni di morti, il numero degli uomini impiegati e le nuove tecnologie messe in campo dagli Alleati ebbero la meglio sulla superiore organizzazione militare della Germania. Sanguinoso fu allo stesso modo l'altro fronte principale della guerra, il fronte orientale, combattuto dagli Imperi centrali contro l'esercito russo. Anche in questo caso la guerra di movimento, così magistralmente attuata dall'esercito tedesco nelle battaglie di Tannenberg e dei laghi Masuri, si trasformò in una guerra di posizione in grado di mietere milioni di vite. Determinante per l'esito finale del conflitto mondiale fu, al penultimo anno di guerra, l'ingresso degli Stati Uniti d'America e di diverse altre nazioni che, pur non entrando militarmente a pieno regime nel conflitto, grazie agli aiuti economici dispensati agli Alleati, si schierarono contro gli Imperi Centrali facendo pendere definitivamente l'ago della bilancia già dapprima favorevole agli Alleati.
La guerra si concluse l'11 novembre 1918, quando la Germania, ultima degli Imperi centrali a deporre le armi, firmò l'armistizio con le forze nemiche. Alla fine del conflitto, i maggiori imperi esistenti al mondo - Impero tedesco, austro-ungarico, ottomano e russo - cessarono di esistere, e da questi nacquero diversi stati che ridisegnarono completamente la geografia dell'Europa.
[modifica] Cause della guerra
Lo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1914 segnò la fine di un lungo periodo della storia europea, durato un secolo e cominciato nel 1815 con la sconfitta definitiva di Napoleone Bonaparte, senza un conflitto generalizzato che coinvolgesse tutte le grandi potenze europee[2]. La pace europea dell'inizio del XX secolo tuttavia non aveva basi solide: nel corso dei decenni del XIX secolo solo in Europa vi furono diversi conflitti a carattere limitato[3], che però avevano lasciato intuire quali distruzioni avrebbe portato il massiccio impiego di nuove tecnologie sui campi di battaglia[2].
Grande rilievo in ambito europeo ebbe la guerra franco-prussiana, che aveva portato non solo alla fondazione di un potente e dinamico Impero tedesco, ma anche a un'eredità di animosità tra la Francia e la Germania, a seguito dell'annessione a quest'ultima dei territori francesi di Alsazia e Lorena; questa corrente ideologica francese viene denominata con il termine revanscismo[4]. Sotto la guida politica del suo primo cancelliere, Otto von Bismarck, la Germania assicurò la sua nuova posizione in Europa tramite l'alleanza con l'Impero austro-ungarico e l'Italia e un'intesa diplomatica con la Russia. L'ascesa al trono nel 1888 dell'imperatore Guglielmo II, portò sul trono tedesco un giovane governante determinato a dirigere da sé la politica, nonostante i suoi dirompenti giudizi diplomatici. Dopo le elezioni del 1890, nelle quali i partiti del centro e della sinistra ottennero un grosso successo e in parte a causa della disaffezione nei confronti del Cancelliere che aveva guidato suo nonno per gran parte della sua carriera, Guglielmo II fece in modo di ottenere le dimissioni di Bismarck[5].
Gran parte del lavoro dell'ex cancelliere venne disfatto negli anni seguenti, quando Guglielmo II mancò di rinnovare il trattato di controassicurazione con la Russia, permettendo invece alla Francia repubblicana l'opportunità di concludere nel 1894 un'alleanza con la Russia[6].
Altro passaggio fondamentale nel percorso verso la guerra mondiale fu la corsa al riarmo navale: Guglielmo riteneva che solo la creazione di una marina militare tedesca avrebbe reso la Germania una potenza mondiale[7]. Nel 1896 fu nominato alla guida della marina imperiale l'ammiraglio Alfred von Tirpitz, mentre nel marzo 1898 il Reichstag approvò la costruzione entro il 1905 di 11 navi da battaglia, 5 incrociatori pesanti e 17 incrociatori leggeri[8]. Tale decisione era una sfida aperta al secolare predominio navale britannico e favorì l'accordo anglo-francese (detto Entente cordiale) del 1904 e l'accordo anglo-russo, che chiudeva un secolo di rivalità fra le due potenze nello scacchiere asiatico[8].
La corsa agli armamenti non si limitò a Regno Unito e Germania, ma si estese al resto d'Europa, con tutte le principali potenze impegnate nello sviluppo della produzione industriale finalizzata alla costruzione di equipaggiamenti e armi necessari a un possibile conflitto pan-europeo[9]. Tra il 1908 e il 1913 le spese militari delle potenze europee aumentarono del 50%[10], mentre sia la Francia sia la Germania stavano pianificando di estendere il servizio militare di leva per un periodo di 3 anni (1913)[11].
La rivalità tra le potenze venne esacerbata negli anni ottanta del XIX secolo dalla corsa alle colonie, che portò gran parte dell'Africa e dell'Asia sotto la dominazione europea nel successivo quarto di secolo. Anche Bismarck, un tempo esitante sull'imperialismo[12], divenne ben presto un sostenitore della necessità di un impero tedesco d'oltremare, decidendo una serie di acquisizioni territoriali in Africa e nel Pacifico, che minacciava di interferire con gli interessi strategici e commerciali britannici[13][14].
Il supporto di Guglielmo all'indipendenza del Marocco dalla Francia, il nuovo partner strategico della Gran Bretagna, provocò la crisi di Tangeri del 1905[15]. Durante la crisi di Agadir, la presenza navale tedesca in Marocco mise di nuovo alla prova la coalizione anglo-francese.
Un ingrediente chiave dell'emergente polveriera diplomatica fu la crescita delle forti aspirazioni nazionalistiche degli stati balcanici: ognuno dei quali guardava a Germania, Austria-Ungheria o Russia per ottenere supporto. La nascita di circoli anti-austriaci in Serbia contribuì a un'ulteriore crisi nel 1908 riguardante l'annessione unilaterale della Bosnia ed Erzegovina da parte dell'Austria oltre alla pressione tedesca per forzare un umiliante declino da parte della Russia, indebolita dai disordini rivoluzionari originati dalla sconfitta del 1905 contro il Giappone.
[modifica] La crisi di luglio
Il 28 giugno 1914, nel giorno di San Vito noto anche come Vidovdan, giorno di solenni celebrazioni e festa nazionale serba, l'Arciduca Francesco Ferdinando e la moglie Sofia, recatisi a Sarajevo in visita ufficiale, furono colpiti a morte da alcuni colpi di pistola sparati dal nazionalista diciannovenne serbo, Gavrilo Princip. Da questo avvenimento scaturì una drammatica crisi diplomatica che precedette e segnò l'inizio della guerra in Europa[16].
I governi di Austria-Ungheria e Serbia furono i primi a essere coinvolti nella crisi, visto il convincimento delle autorità austriache che l'attentato fosse stato preparato con la connivenza del governo e di ufficiali serbi. Inoltre a Vienna si riteneva che la sopravvivenza della monarchia asburgica dipendesse dalla soluzione del problema delle minoranze nazionali all'interno dell'impero, pertanto l'attentato era anche un ottimo motivo per eliminare definitivamente l'influenza serba in Bosnia.
Nei giorni che seguirono, la Germania, convinta di poter localizzare il conflitto, pressò l'alleato austro-ungarico affinché aggredisse al più presto la Serbia. Solo la Gran Bretagna avanzò una proposta di conferenza internazionale che non ebbe seguito, mentre le altre nazioni europee si preparavano lentamente al conflitto. Quasi un mese dopo l'assassinio di Francesco Ferdinando, l'Austria-Ungheria inviò un duro ultimatum alla Serbia che venne accettato con minime modifiche. Ciò nonostante, il 28 luglio 1914, l'Austria-Ungheria dichiarò guerra al Regno di Serbia determinando l'irrimediabile acuirsi della crisi e la progressiva mobilitazione delle potenze europee per il gioco delle alleanze tra i vari stati.
L'Italia, il Portogallo, la Grecia, la Bulgaria, la Romania e la Turchia inizialmente rimasero neutrali, ai bordi del campo di battaglia, ma pronti a entrarvi appena avessero intravisto qualche vantaggio. Alla mezzanotte del 4 agosto erano cinque gli imperi che ormai erano entrati in guerra (Austria-Ungheria, Germania, Russia, Gran Bretagna e Francia)[17], ogni potenza era convinta di aver ragione degli avversari in pochi mesi. Molti ritenevano che la guerra sarebbe finita a Natale del 1914, o tuttalpiù a Pasqua del 1915[18]. Il conflitto che si era aperto con la crisi di luglio sarebbe terminato invece nel novembre del 1918, dopo aver provocato sedici milioni di morti tra militari e civili[1].
[modifica] I primi mesi di guerra
L'idea dei generali tedeschi era quella di una guerra lampo che cogliesse impreparato l'esercito francese, che non prevedeva un attacco attraverso il Belgio, che si era dichiarato neutrale.
Il piano strategico tedesco per affrontare l'alleanza franco-russa prevedeva di costringere alla resa la Francia in sei settimane (usando una variante del piano Schlieffen), per concentrare poi le forze contro l'esercito russo, che, secondo le previsioni, avrebbe impiegato mesi alla mobilitazione[19].
Nell'agosto 1914 le 7 armate tedesche schierate sul fronte occidentale si misero in azione secondo il piano, ossia un rapido attacco alla Francia condotto attraverso le Ardenne e violando la neutralità del Belgio. Le tre armate sul settore nord (la 1ª, la 2ª e la 3ª armata) avrebbero dovuto avere la meglio sulle forze alleate, raggiungere Parigi e infine completare la manovra circondando le armate francesi schierate sul confine tedesco, dove stava il sistema principale di fortificazioni allestito dalla Francia.[20]
La manovra ebbe inizialmente successo, in modo particolare nella battaglia delle frontiere (14–24 agosto), in modo che i tedeschi poterono continuare l'avanzata verso Parigi. La situazione per gli alleati sembrava volgere al peggio: il 2 settembre il governo francese abbandonava la capitale per trasferirsi a Bordeaux[21], mentre il giorno dopo l'esercito tedesco era a soli 40 km da Parigi[22]. In questa situazione di panico generale – un milione di parigini aveva abbandonato la città[21] - il generale Gallieni, governatore militare di Parigi approntava le difese, avendo a disposizione una nuova armata appena costituita da schierare nel sistema di trincee e fortificazioni che attorniavano la capitale[22].
Tuttavia il 12 settembre, i francesi, con l'aiuto della British Expeditionary Force, bloccarono l'avanzata nemica a est di Parigi nella prima battaglia della Marna (5–12 settembre). Gli ultimi giorni di questa battaglia segnarono la fine della guerra mobile a occidente.[20]
Anche a oriente, dove la Germania schierava la sola 8ª Armata con il compito di difendere la Prussia Orientale, non tutto andò secondo le previsioni. La Russia mobilitò più velocemente del previsto e due armate invasero la Prussia Orientale, obbligando i tedeschi a spostare verso oriente i rinforzi previsti per il fronte occidentale. La Germania sconfisse duramente la Russia nelle battaglie di Tannenberg e dei Laghi Masuri, ma questa diversione di forze fu decisiva per fermare l'avanzata tedesca su Parigi.
Al termine dei primi due mesi di guerra, svanì l'illusione di una rapida guerra e gli imperi centrali furono costretti a combattere un'inevitabile e logorante guerra su due fronti.
La prima occupazione alleata del territorio nemico fu in Africa dove le forze britanniche attaccarono e catturarono la sede amministrativa tedesca dell'odierna Namibia, al tempo colonia tedesca.
[modifica] Il fronte occidentale
[modifica] La corsa al mare
Gli alleati erano riusciti a fermare l'avanzata dei tedeschi nella prima battaglia della Marna, ma erano esausti e senza i numeri necessari per sfruttare la vittoria, pertanto i tedeschi furono in grado di riorganizzare le proprie linee a nord del fiume Aisne[23]
Intanto il 14 settembre il Kaiser aveva rimosso von Moltke e nominato il ministro della guerra prussiano Erich von Falkenhayn nuovo capo di stato maggiore[24]. Falkenhayn aveva un problema strategico difficile da risolvere: il fronte tedesco a occidente si stava consolidando, però il fianco della prima armata era protetto da un solo corpo della riserva, in Belgio la mancata conquista della fortezza di Anversa costituiva una minaccia per il settore nord, occorreva rinforzare le posizioni conquistate in territorio francese, recuperare lo slancio che aveva animato le truppe prima della Marna e infine mandare rinforzi sul fronte orientale[25]. Intanto, come nuovo obiettivo immediato, la Germania puntò, attraverso la cosiddetta "corsa al mare", al controllo dei porti sul canale della Manica[23]. Se i tedeschi avessero preso Calais e Boulogne-sur-Mer avrebbero ottenuto notevoli vantaggi, ostacolando il rifornimento alle truppe britanniche in Francia, allontanando la minaccia della Royal Navy e permettendo invece alla Marina Imperiale Tedesca di dare un contributo alle operazioni militari nella zona costiera del fronte[25].
[modifica] Guerra in trincea
Francia e Gran Bretagna si trovarono ad affrontare le posizioni tedesche trincerate, dalla Lorena fino alle coste belghe nelle Fiandre[20]. Entrambi gli schieramenti presero posizione, i francesi e i britannici cercando di andare all'attacco, i tedeschi cercando di difendere il territorio da loro occupato. Di conseguenza, le trincee tedesche erano molto meglio costruite di quelle dei loro nemici, dato che quelle anglo-francesi erano pensate solo per essere "temporanee"[26].
Le forze di entrambi gli schieramenti provarono a rompere la situazione di stallo creata dal trinceramento attraverso nuove tecnologie applicate agli armamenti.
Il 22 aprile 1915 durante la seconda battaglia di Ypres, i tedeschi (in violazione della Convenzione dell'Aia del 1899) impiegarono per la prima volta sul fronte occidentale gas a base di cloro. Le truppe algerine colpite dal gas subirono gravissime perdite e i sopravvissuti si ritirarono, aprendo così una breccia di 6 chilometri nella linea alleata che consentì ai tedeschi di conquistare Bois-de-Cuisinères. La breccia fu chiusa solo dopo il successivo intervento delle truppe canadesi[27].
Nel corso dei 4 anni della guerra di trincea, nessuno dei due schieramenti si dimostrò in grado di assestare un colpo decisivo all'avversario, per quanto la protratta azione tedesca nella battaglia di Verdun,dove i due contendenti persero quasi quattrocentomila uomini in nove mesi,e il fallimento alleato della primavera successiva, portarono l'esercito francese sull'orlo del collasso, mentre le diserzioni di massa minavano la linea del fronte.
Circa 800 000 soldati dalla Gran Bretagna e dall'Impero britannico si trovavano contemporaneamente sul fronte occidentale: 1000 battaglioni, ognuno occupante un settore del fronte, dal Belgio fino all'Arne, che operavano su un sistema mensile a quattro stadi, a meno che non ci fosse un'offensiva in corso. Il fronte conteneva quasi 10 000 chilometri di trincee. Ogni battaglione teneva il suo settore per quattro settimane prima di tornare nelle retrovie, quindi nella riserva e infine per una settimana in licenza, spesso nella zona di Poperinge o di Amiens.
[modifica] La Somme e Passchendaele
Carro Mk canadese durante la Battaglia di Vimy
Sia la battaglia della Somme (1916),lanciata come risposta all'offensiva tedesca su Verdun,sia la battaglia di Passchendaele (1917), sempre sul fronte occidentale, portarono enormi perdite di vite da entrambe le parti ma minimi progressi nella situazione della guerra. È interessante notare che quando i britannici attaccarono nel primo giorno della battaglia della Somme e persero un enorme numero di uomini (più di quelli persi durante tutte le guerre napoleoniche) sotto le continue raffiche delle mitragliatrici tedesche, riuscirono comunque a guadagnare del terreno.
Ciò fece sì che il comando tedesco ordinasse ai suoi soldati di riprendersi il terreno perso, con risultati molto simili dal punto di vista delle perdite. Quindi, invece di un combattimento sbilanciato con i soli britannici all'attacco, che avrebbe causato enormi perdite solo dalla loro parte, il volume degli attacchi fu equamente distribuito, così come le perdite sofferte.
[modifica] Il fronte orientale e la Russia
Lo svolgimento della prima guerra mondiale sul fronte orientale ebbe caratteristiche notevolmente differenti rispetto a quello occidentale, dove in breve tempo si era raggiunto lo stallo nelle trincee. Secondo i piani iniziali dello Stato Maggiore tedesco era necessario concludere rapidamente una campagna vittoriosa sul fronte occidentale prima di spostare a est il grosso delle forze, confidando sul fatto che i russi avrebbero impiegato molto tempo prima di completare la mobilitazione.
Dal suo canto la Russia aveva preso in considerazione per la guerra due diversi piani strategici: il "piano A" prevedeva di attaccare l'Austria-Ungheria in Galizia nel caso in cui la Germania si fosse concentrata a ovest; l'alternativo "piano G" sarebbe stato eseguito nell'ipotesi che la Germania avesse adottato una strategia orientale. La decisione finale del 6 agosto 1914 fu di procedere col "piano A"[28].
[modifica] Vittorie tedesche a est
Il piano strategico A fu però modificato, pertanto accanto all'invasione della Galizia austriaca, fu deciso dallo Stato Maggiore russo di passare all'offensiva anche in Prussia Orientale, in modo da minacciare la stessa Berlino[29]. Anche se l'iniziale avanzata in Galizia fu di ampio successo, i russi vennero respinti in Prussia dalle vittorie dei generali tedeschi Hindenburg e Ludendorff a Tannenberg e ai Laghi Masuri nell'agosto e settembre del 1914.
L'organizzazione militare ed economica russa, meno sviluppata, si rivelò presto insufficiente davanti alle forze combinate di Germania e Austria-Ungheria. Nella primavera del 1915 i russi vennero respinti in Galizia e in maggio gli Imperi Centrali ottennero un importante sfondamento ai confini meridionali del Regno del Congresso, l'odierna Polonia, espugnando Varsavia il 5 agosto e costringendo i russi alla Grande Ritirata dalla Galizia, mentre la Germania estendeva il suo controllo sulle terre polacche, oltre che sulla Lituania e su gran parte della Lettonia.[30]
[modifica] La Russia in subbuglio
L'insoddisfazione nei confronti della condotta di guerra del governo russo crebbe, nonostante i successi contro gli austriaci del giugno 1916 (offensiva Brusilov) nella Galizia Orientale e in Bucovina.[30]
Le fortune alleate si ravvivarono solo temporaneamente con l'ingresso in guerra della Romania, il 27 agosto 1916. Le forze tedesche arrivarono in aiuto delle unità austriache impegnate in Transilvania, e Bucarest cadde ai piedi degli Imperi Centrali il 6 dicembre. Nel frattempo, l'instabilità interna crebbe in Russia, e lo Zar rimase isolato al fronte, mentre il sempre più incompetente governo dell'Imperatrice provocò proteste da tutti i segmenti della vita politica russa, risultando nell'assassinio del consigliere prediletto della zarina Alessandra, Rasputin, da parte di nobili conservatori alla fine del 1916.
[modifica] La rivoluzione in Russia
Vladimir Illyich Ul'janov, detto
Lenin.
Il 23 febbraio 1917 (8 marzo per il calendario in vigore nell'Europa occidentale), le dimostrazioni di San Pietroburgo (ribattezzata Pietrogrado per abbandonare il toponimo germanico, inopportuno in tempo di guerra) culminarono nell'abdicazione di Nicola II e alla nomina di un debole Governo provvisorio centrista, che condivise il potere con i socialisti del Soviet di Pietrogrado. Questa divisione dei poteri portò alla confusione e al caos, sia al fronte sia a casa, e l'esercito divenne sempre meno capace di resistere efficacemente alla Germania. Nel frattempo, la guerra e il governo divennero sempre più impopolari, e il malcontento venne usato strategicamente dal Partito Bolscevico, guidato da Vladimir Lenin, di ritorno dal precedente esilio, allo scopo di riprendere il potere.
Il trionfo dei Bolscevichi, in novembre (ottobre per il calendario russo), fu seguito in dicembre da un armistizio e da negoziati con la Germania. All'inizio, i Bolscevichi rifiutarono i duri termini imposti dalla Germania, ma quando questa riprese la guerra e cominciò a marciare impunita attraverso l'Ucraina, il nuovo governo accettò il Trattato di Brest-Litovsk il 3 marzo 1918, che portò la Russia fuori dalla guerra dietro cessione agli Imperi Centrali di vasti territori comprendenti la Finlandia, le Province Baltiche, la Polonia e l'Ucraina (che comprendevano più di un quarto della popolazione russa).
[modifica] Partecipazione italiana
[modifica] Dalla neutralità all'entrata in guerra
Dal 1882, l'Italia era alleata di Germania e Austria-Ungheria, ma negli anni precedenti allo scoppio della Grande Guerra, intensificò i rapporti con Regno Unito e Francia, conscia che gli accordi con gli austriaci non le avrebbero garantito quei territori italiani ancora staccati dalla Madrepatria[31]. Inoltre, l'annessione austriaca della Bosnia ed Erzegovina fu percepita, sia a Vienna sia a Roma, come una violazione del Trattato, che era basato sul mantenimento dello status quo nei Balcani[32].
Pochi giorni dopo lo scoppio della guerra, il 3 agosto 1914, il governo guidato dal conservatore Antonio Salandra dichiarò che l'Italia non avrebbe preso parte al conflitto, forte del fatto che la Triplice Alleanza aveva carattere difensivo, mentre in questo caso era stata l'Austria-Ungheria ad attaccare. In realtà, sia Salandra sia il ministro degli esteri Sidney Sonnino avviarono presto trattative con i due schieramenti per capire cosa avrebbero potuto ottenere da una o dall'altra parte. E, anche se la maggioranza del parlamento era assolutamente contraria all'entrata in guerra, primo tra tutti l'ex presidente del Consiglio Giolitti, molti intellettuali e alcuni politici[33] si schierarono con gli «interventisti», per lo più nazionalisti e parte dei liberali.
Alla fine, il 26 aprile del 1915, al termine di un'ardua trattativa, l'accordo con l'Intesa si concretizzò nel Patto di Londra, firmato da Sonnino all'insaputa del parlamento italiano[34]. Con il Patto di Londra l'Italia ricevette la promessa di ottenere, in caso di vittoria, i territori rivendicati[35][36].
Così il 3 maggio, l'Italia si disimpegnò dalla Triplice Alleanza, mentre i nazionalisti manifestavano in piazza per l'entrata in guerra[37], i parlamentari neutralisti ricevettero minacce e intimidazioni, (lo stesso Giolitti dovette assumere una scorta). Il 13 maggio Salandra presentò al re le dimissioni; Giolitti, nel timore di approfondire una grossa frattura all'interno del paese, di provocare una crisi istituzionale di larga portata e di compromettere il paese all'esterno, rinunciò alla successione e fece in modo che l'incarico venisse conferito nuovamente a Salandra. L'Italia entrò perciò in guerra per volontà di un gruppo di relativa minoranza, chiamando a combattere i militari lungo più di 750 chilometri di fronte, che andavano dal mar Adriatico al confine svizzero.
[modifica] L'Italia entra in guerra
Il
Forte Verena da dove partirà il primo colpo di cannone da parte italiana della Grande Guerra
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« Cittadini e soldati, siate un esercito solo! Ogni viltà è tradimento, ogni discordia è tradimento, ogni recriminazione è tradimento. » |
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L'Italia dichiarò guerra all'Austria-Ungheria la sera del 23 maggio 1915 e alle ore 4 del 24 maggio 1915 dal Forte Verena, sull'Altopiano di Asiago, partì il primo colpo di cannone verso le fortezze austriache situate sulla Piana di Vezzena. Quindici mesi più tardi l'Italia dichiarerà guerra anche alla Germania.
Il comando delle forze armate italiane fu affidato al generale Luigi Cadorna. Il nuovo fronte aperto dall'Italia ebbe come teatro l'arco alpino dallo Stelvio al mare Adriatico e lo sforzo principale tendente allo sfondamento del fronte fu attuato nella regione della valli isontine, in direzione di Lubiana. Anche qui, dopo un'iniziale avanzata italiana, gli austro-ungarici ricevettero l'ordine di trincerarsi e resistere. Si arrivò così a una guerra di trincea simile a quella che si stava svolgendo sul fronte occidentale: l'unica differenza consisteva nel fatto che, mentre sul fronte occidentale le trincee erano scavate nel fango, sul fronte italiano erano scavate nelle rocce e nei ghiacciai delle Alpi, fino e oltre i 3000 metri di altitudine.
[modifica] Tanti caduti, pochi risultati
La cartolina di un soldato al fronte alla famiglia, circa 1917.
Nei primi mesi di guerra l'Italia sferrò quattro offensive contro gli austro-ungarici a est, le prime quattro offensive sull'Isonzo, che non portarono nessun risultato degno di nota, si arrivò così all'inizio del 1916. Mentre in febbraio gli austro-ungarici ammassarono truppe in Trentino, l'11 marzo, per otto giorni, si svolse la Quinta battaglia dell'Isonzo, anch'essa non portò ad alcun risultato, né apportarono significativi cambiamenti al fronte le successive battaglie tra giugno e novembre 1916.
La ripresa delle operazioni arrivò nel maggio dell'anno successivo. Dal 12 maggio al 28 maggio 1917 si svolse la decima battaglia dell'Isonzo. Dal 10 giugno al 25 giugno si svolse invece la battaglia del monte Ortigara voluta da Cadorna per riconquistare alcuni territori del Trentino rimasti in mano austro-ungarica. Il 18 agosto ebbe inizio la più imponente delle offensive italiane, l'undicesima battaglia dell'Isonzo: anche questa non porterà significativi cambiamenti e verrà pagata a caro prezzo, sia come perdite sia come conseguenze.
[modifica] Da Caporetto alla fine della guerra
Visti gli esiti dell'ultima offensiva italiana, austro-ungarici e tedeschi decisero di contrattaccare. Il 24 ottobre gli austro-ungarici e i tedeschi sfondarono il fronte dell'Isonzo a nord convergendo su Caporetto e accerchiarono la 2ª Armata italiana[38], da lì gli austriaci avanzarono per 150 km in direzione sud-ovest raggiungendo Udine in soli quattro giorni. La Disfatta di Caporetto provocò il crollo del fronte italiano sull'Isonzo con la conseguente ritirata delle armate schierate dall'Adriatico fino alla Valsugana, oltre alle perdite umane e di materiale[39][40]. La ritirata venne prima effettuata portando l'esercito lungo il Tagliamento, e in seguito fino al Piave, l'11 novembre 1917, quando tutto il Veneto sembrava potesse andare perduto.
In seguito Cadorna, invitato a far parte della Conferenza interalleata a Versailles, venne sostituito, per volere del nuovo presidente del consiglio Vittorio Emanuele Orlando, dal generale Armando Diaz, l'8 novembre 1917, dopo che la ritirata si stabilizzò definitivamente sulla linea del monte Grappa e del Piave.
Gli austro-ungarici e i tedeschi chiusero il 1917 con le offensive sul Piave, sull'Altipiano di Asiago e sul monte Grappa; la ritirata sul fronte del Grappa-Piave però consentì all'esercito italiano, ora in mano a Diaz, di concentrare le sue forze su di un fronte più breve e soprattutto, con un mutato atteggiamento tattico, più orgoglioso e determinato. Gli austro-ungarici fermarono gli attacchi in attesa della primavera del 1918, preparando un'offensiva che li avrebbe dovuti portare a penetrare nella pianura veneta. La fine della guerra contro la Russia fece sì che la maggior parte dell'esercito impiegato sul fronte orientale potesse spostarsi a ovest.
L'offensiva austro-ungarica arrivò il 15 giugno: l'esercito dell'Impero attaccò con 66 divisioni nella cosiddetta battaglia del solstizio, che vide gli italiani resistere all'assalto e infliggere al nemico pesantissime perdite. Gli austro-ungarici, per i quali la battaglia del solstizio era l'ultima possibilità per dare una svolta al conflitto e ribaltarne le sorti, persero le loro speranze[41], e con i popoli dell'impero asburgico sull'orlo della rivoluzione. L'Italia anticipò a ottobre l'offensiva prevista per il 1919, impedendo la prosecuzione dell'offensiva.
Da Vittorio Veneto il 23 ottobre partì l'offensiva, con condizioni climatiche pessime. Gli italiani avanzarono rapidamente in Veneto, Friuli e Cadore e il 29 ottobre l'Austria-Ungheria si arrese. Il 3 novembre, a Villa Giusti, presso Padova l'esercito dell'Impero firmò l'armistizio; i soldati italiani entrarono a Trento mentre i bersaglieri sbarcarono a Trieste, chiamati dal locale comitato di salute pubblica, che però aveva richiesto lo sbarco di truppe dell'Intesa.
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« 4 novembre 1918, ore 12
La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S. M. il Re Duce Supremo, l'Esercito italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta.[...]
I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo, risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza[...].
Diaz » |
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Il giorno seguente, mentre il generale Armando Diaz annunciava la vittoria, venivano occupate Rovigno, Parenzo, Zara, Lissa e Fiume[42]. L'esercito italiano forzò la linea del trattato di Londra intendendo occupare anche Lubiana, ma fu fermato poco oltre Postumia dalle truppe serbe.
[modifica] Teatri meridionali
[modifica] I fronti ottomani
Benché ritenute di importanza secondaria rispetto ai fronti europei, l'insieme delle campagne militari che coinvolsero l'Impero ottomano durante la prima guerra mondiale ebbero un'importanza decisiva per la storia delle nazioni coinvolte e per i successivi sviluppi avvenuti nella regione mediorientale nel corso del XX secolo. Tra i fattori più importanti che mossero i protagonisti del conflitto occorre ricordare:
- La rivalità storica fra gli imperi russo e turco nella regione del mar Nero e del Caucaso
- I giacimenti di petrolio in Persia, fondamentali per la Royal Navy e per la prosperità dell'Impero britannico
- Ragioni di prestigio, essendo le grandi potenze europee non disposte ad accettare termini da un impero musulmano in declino, ed essendo invece i popoli turchi desiderosi di rivincita e di una posizione nuovamente dominante nel Vicino Oriente e in Asia Centrale
- Il completamento della linea ferroviaria Berlino-Baghdad, che avrebbe permesso alla Germania di accedere rapidamente via terra alle risorse petrolifere del Vicino Oriente e di muovere truppe alle porte dell'India, il gioiello dell'Impero britannico. Tale obiettivo richiedeva in via preliminare la conquista della Serbia, l'unico territorio attraversato dalla linea Berlino-Baghdad non controllato dalle Potenze Centrali.
L'Impero ottomano, dopo molte sollecitazioni da parte degli Imperi Centrali si unì a loro il 29 ottobre 1914[43], creando una minaccia per i territori russi del Caucaso e per le comunicazioni britanniche con l'India e l'Oriente attraverso il canale di Suez. Cause principali dell'ingresso in guerra furono sia la germanofilia del ministro ottomano della guerra Enver Pasha[44], che il 1º agosto 1914 aveva firmato con la Germania un trattato segreto di natura militare e alimentare, sia la mancata consegna da parte del governo britannico di due nuovi incrociatori leggeri.
Infatti l'Impero ottomano entrò in guerra dopo una lunga schermaglia diplomatica tra britannici e tedeschi. La Gran Bretagna commise l'errore di sequestrare due corazzate del tipo "dreadnought", la Sultano Osman I e la Reshadieh, appena costruite nei cantieri britannici per la Marina turca.[45] In Turchia, l'indignazione fu enorme perché i soldi per le due unità erano stati raccolti con una grande sottoscrizione popolare, alla quale avevano partecipato anche le classi più povere del Paese. I tedeschi approfittarono dell'incidente: inviarono a Costantinopoli il nuovissimo incrociatore da battaglia Goeben e l'incrociatore leggero Breslau. Il 29 e 30 ottobre 1914 le due navi tedesche, con altri vascelli turchi, bombardarono le postazioni russe sulle coste del mar Nero. La Turchia aveva fatto la sua scelta di campo: e il 31 ottobre 1914, Gran Bretagna, Francia e Russia le dichiararono guerra.
[modifica] La Campagna del Caucaso
Il fronte del Caucaso fra il 1914 e il 1916
Nella zona del Caucaso l'obiettivo iniziale degli ottomani era la riconquista dei territori dell'Anatolia orientale persi durante la Guerra turco-russa del 1877-1878, e in modo particolare le città di Kars e Batumi. Lo schieramento iniziale degli Ottomani sul Caucaso era formato dalla 3ª Armata, per un totale di circa 120.000 uomini[46], a questa si opponeva l'Armata del Caucaso, forte di circa 100.000 uomini[47], comandata sulla carta dal generale Illarion Ivanovič Voroncov-Daškov, il viceré del Caucaso russo, e sul campo, per gran parte della guerra, dal generale Nikolaj Nikolaevič Judenič. Teatro della campagna del Caucaso fu un territorio montuoso in cui le vie di comunicazioni erano quasi inesistenti e le condizioni ambientali per i soldati estremamente difficili, soprattutto durante i periodi invernali.
L'obiettivo a lungo termine di Enver Pasha, ministro della guerra e supremo comandante dell'esercito ottomano, era far rientrare i territori dell'Asia centrale nella sfera di influenza turca; tuttavia egli non era un grande stratega[48]. Enver Pasha decise di prendere l'iniziativa sul fronte del Caucaso nel dicembre 1914, attaccando frontalmente nel settore di Sarıkamış con la Terza Armata le posizioni dei russi, avvantaggiati dal terreno montagnoso e dalle rigide condizioni ambientali; la battaglia di Sarıkamış si rivelò una terribile disfatta per gli ottomani che persero quasi interamente le forze impiegate.
Tra il 1915 e il 1916 il comandante russo Judenič grazie a una serie di vittorie riuscì a far arretrare le posizioni turche lungo tutto il fronte del Caucaso meridionale, conquistando importanti città ottomane fra cui Erzurum, Erzincan e Trebisonda.
Nelle intenzioni del nuovo comandante russo dell'Armata del Caucaso, il granduca Nikolaj Romanov, che prese il posto di Voroncov-Daškov, vi era la costruzione di una linea ferroviaria fra la Georgia e i territori conquistati, in modo di rendere più rapido l'afflusso di truppe e rifornimenti al fronte per una nuova offensiva prevista per il 1917.
Tuttavia nel marzo 1917, a seguito della rivoluzione russa di febbraio, lo Zar Nicola II fu spodestato e l'Armata Russa del Caucaso iniziò a sfaldarsi. Durante questo periodo di caos la situazione politica e militare nella regione del Caucaso russo si complicò a causa dell'emergere di nuovi elementi, quali ad esempio le attività di guerriglia di unità militari irregolari, sia contro i russi in ripiegamento sia contro i turchi, che, sebbene provati dalle numerose sconfitte subite, puntavano a occupare le posizioni abbandonate dai russi in tutta la regione.
L'ostacolo maggiore all'avanzata dei turchi fu posto dalle unità irregolari e dalle milizie armene sotto il comando del generale Tovmas Nazarbekian, già appartenente all'Armata del Caucaso, mentre Drastamat Kanayan[49], detto Dro, svolgeva il ruolo di commissario civile dell'amministrazione dell'Armenia occidentale. Il conflitto fra turchi e armeni proseguì anche dopo il trattato di Brest-Litovsk.
[modifica] Le campagne degli alleati
Gli alleati (britannici, francesi, australiani e neozelandesi) aprirono nel 1915 un nuovo fronte con lo sbarco nei pressi di Gallipoli che avrebbe dovuto condurre rapidamente alla presa degli Stretti Turchi e di Istanbul. Tuttavia i turchi riuscirono con successo a contenere gli attacchi degli alleati, che alla fine, sia per le gravi perdite subite sia per la situazione di stallo, decisero di evacuare la zona di Gallipoli fra il dicembre 1915 e il gennaio 1916. In Mesopotamia invece, dopo il disastro dell'assedio di Kut, i britannici si riorganizzarono e catturarono Baghdad nel marzo 1917.
Più a ovest, in Palestina, gli iniziali fallimenti britannici vennero ribaltati con la conquista di Gerusalemme nel dicembre 1917 e la Forza di spedizione egiziana guidata da Edmund Allenby che sconfisse le forze ottomane nella battaglia di Megiddo. Decisiva, nella campagna britannica in Medio Oriente, fu l'azione di T.E. Lawrence, meglio conosciuto come Lawrence d'Arabia che, riuscendo a coinvolgere le tribù arabe contro l'Impero ottomano, conquistò il porto di Aqaba, sul Mar Rosso e successivamente la città di Damasco.
[modifica] Il fronte serbo
Dopo aver respinto tre tentativi di invasione, operati dalle forze austro-ungariche dall'agosto al dicembre del 1914, la Serbia cedette all'urto del contingente di 500.000 uomini, formato da Germania, Austria-Ungheria e Bulgaria, guidato dal feldmaresciallo August von Mackensen. L'offensiva degli Imperi Centrali, lanciata in Kosovo il 6 ottobre 1915, frantumò la resistenza dei 250.000 serbi, in un feroce scontro nella piana dei Merli, già teatro di una precedente disfatta serba, nel XIV secolo. Completamente in rotta, le truppe serbe tentarono di raggiungere l'Albania, dove il porto di Valona era saldamente presidiato dall'esercito italiano, o il nord della Grecia, dove una forza franco-britannica di 200.000 uomini era sbarcata a Salonicco, il 5 ottobre, per tentare di unirsi all'esercito serbo. Le truppe degli Imperi Centrali incontrarono la forte resistenza delle popolazioni civili nelle varie cittadine che rallentò l'avanzata dei vincitori; come nella cittadina di Pirot, dove le colonne dell'esercito bulgaro vennero seriamente impegnate da una moltitudine di ragazzi e donne, armati solo di coltelli e rudimentali bombe a mano. La ritirata dell'esercito serbo si trasformò in una vera ecatombe per i 70.000 prigionieri austro-ungarici al seguito, già debilitati da mesi di durissima prigionia, che vennero falcidiati dalle malattie e dagli stenti. Di questi, solo 27.000 giunsero a Valona e, molti, in condizioni disperate per la denutrizione, il tifo e il colera. Le autorità sanitarie italiane tentarono ogni mezzo per salvare le loro vite, fino all'alimentazione con latte e brodo di gallina, dopo che la distribuzione del normale rancio aveva causato centinaia di morti per l'atrofia dell'apparato digerente dovuta al lungo digiuno.
La Grecia, guidata da Re Costantino I, si dichiarò neutrale allo scoppio del conflitto; tuttavia la zona di Salonicco fu impiegata dagli Alleati come base di appoggio per le operazioni sul fronte serbo e bulgaro. La situazione precipitò nel 1917: il re mostrò un atteggiamento propenso a sostenere gli Imperi Centrali. Per non correre rischi, gli Alleati lo rovesciarono e lo sostituirono con suo figlio Alessandro, che il 27 giugno dichiarò guerra agli ottomani e cominciò le operazioni in Tracia, che fu occupata nell'anno successivo.
[modifica] Il ruolo italiano
Anche l'Italia diede il suo contributo alla campagna contro gli Ottomani sul fronte balcanico. Due divisioni di 10.000 uomini furono sbarcate a Salonicco e diedero battaglia durante la campagna in Serbia. Le navi principali furono invece ancorate a Valona e altri porti albanesi. Furono decisive anche quando gli Ottomani tentarono un fallito attacco a Suez, unendosi agli inglesi. Inoltre, nella guerra italo-turca, la Regia Marina aveva distrutto la quasi totalità della flotta ottomana, indebolendo molto un già affaticato impero.
[modifica] Teatri asiatici: il contributo giapponese
L'Impero giapponese dichiarò guerra alla Germania il 23 agosto 1914, trovandosi alleato dell'Impero russo sconfitto 9 anni addietro nella guerra russo-giapponese. Dal 1912, il Giappone aveva come imperatore Yoshihito, sotto il cui regno si stava attraversando un periodo di benessere economico e di sviluppo militare.
Nel 1914 la Marina Imperiale Giapponese era senza dubbio la forza più potente nel Pacifico, superiore perfino alle flotte inglese e americana nell'area[50]: essa disponeva di 22 corazzate, 2 incrociatori da battaglia, 15 incrociatori corazzati, 19 incrociatori, 50 cacciatorpediniere, 40 torpediniere e 13 sommergibili. Tutte le unità erano di recente costruzione e molte erano prodotte in patria secondo i migliori standard militari europei: molte parteciparono in seguito anche alla seconda guerra mondiale. Poco dopo il 23 agosto, le truppe giapponesi sbarcarono 150 chilometri a nord della base tedesca di Tsingtao, assediando la città che capitolò il 7 novembre successivo; in breve tempo la marina nipponica acquisì il controllo di vaste zone del Pacifico e dell'isola di Palau, costringendo alla ritirata le unità tedesche presenti. La squadra navale del viceammiraglio Maximilian Johannes von Spee fu costretta a rientrare verso la Germania attraverso lo Stretto di Magellano e venne poi affondata dagli inglesi nella battaglia delle Falkland. L'operato della marina giapponese impedì attacchi all'India, all'indocina e alla Malesia.
Neutralizzate le colonie e la flotta tedesche e assicuratosi il controllo dell'Oceano Pacifico, il Giappone rimase in relativa tranquillità fino al 1917, quando su pressante richiesta dei francesi fu inviata una squadra navale per dare la caccia agli u-boot tedeschi nel Mediterraneo, che stavano tagliando le linee di rifornimento marittime della Francia, già sotto pressione sul fronte nord[51]. La flotta giapponese nel Mediterraneo era comandata dal viceammiraglio Satou ed era costituita dall'incrociatore Akashi e dodici cacciatorpediniere, fra cui il Katsura, il Kusunoki e l'Ume, tutte unità modernissime, che eliminarono con efficienza ogni minaccia al traffico mercantile alleato. Politicamente, militarmente e moralmente, fu per il Giappone un successo clamoroso: era infatti la prima flotta asiatica della storia a combattere e vincere nei mari occidentali. Grazie a questi risultati le forze armate giapponesi e in particolar modo la marina acquisirono in patria un enorme prestigio, che permise loro di condizionare in seguito, fino alla sconfitta subita nella seconda guerra mondiale, la politica del paese.
[modifica] Rovesciamento delle sorti
Il 1917 vide l'ingresso in guerra degli Stati Uniti a fianco delle potenze dell'Intesa, mentre il collasso dell'impero russo permise alla Germania di spostare a ovest le truppe dispiegate sul fronte orientale (e in secondo luogo all'Austria di rafforzare il fronte italiano). Sarebbe stato dunque sul fronte occidentale che sarebbe stato deciso l'esito della guerra.
[modifica] Ingresso degli Stati Uniti
All'inizio del 1917 tre elementi spingevano a favore di un impegno militare americano a fianco dell'Intesa.
Sebbene nel dicembre 1916 gli imperi centrali fossero riusciti a impadronirsi di un importante canale di approvvigionamento con l'occupazione della Romania e l'acquisizione del controllo della regione danubiana, il nulla di fatto con cui si era conclusa la battaglia dello Jütland (31 maggio – 1 giugno 1916) aveva lasciato agli inglesi il dominio dei mari, permettendo loro di mantenere il blocco navale ai danni della Germania. Il gioco del blocco marittimo britannico era ormai diventato un problema ineludibile, ma d'altro canto i vertici militari erano confidenti che, una volta annientato il blocco, avrebbero potuto risolvere la partita sul fronte occidentale nel giro di pochi mesi; così i vertici tedeschi si risolsero per estendere la guerra sottomarina, anche se ciò comportava inevitabilmente la prospettiva del coinvolgimento americano. In effetti gli Stati Uniti erano assurti al ruolo di grande potenza industriale già all'inizio del secolo, e nel corso del primo decennio avevano proceduto a incrementare la produzione del 76%; all'inizio degli anni dieci gli Stati Uniti erano anche tra i maggiori esportatori di prodotti alimentari (leader in particolare nelle esportazioni di cereali e carne bovina); nei primi tre anni di guerra il volume delle esportazioni americane in Europa si era quadruplicato, nonostante il commercio con la Germania fosse azzerato dal blocco inglese. Pertanto la prospettiva tedesca di incentivare la guerra sottomarina, al di là delle ripercussioni sui sentimenti umanitari e sulle sensibilità delle diverse opinioni pubbliche, avrebbe necessariamente leso gli enormi interessi commerciali dei paesi fornitori, primi fra tutti gli USA. Il primo febbraio 1917 la Germania formalizzò la cosiddetta guerra sottomarina indiscriminata: da quel momento in avanti ogni nave diretta ai porti dell'Intesa sarebbe stata considerata un bersaglio legittimo; pochi giorni dopo gli Stati Uniti ruppero le relazioni diplomatiche col Reich.[52] La rottura delle relazioni diplomatiche era già stata discussa per la prima volta due anni prima in seguito all'affondamento del transatlantico inglese Lusitania da parte di un sottomarino tedesco, che causò la morte di 1.201 persone tra cui più di 100 civili americani. La nave proveniva da New York e stava trasportando materiale bellico per la Gran Bretagna, ma una nota di protesta statunitense (11 maggio 1915) diretta contro il governo tedesco sottolineò che la nave era "inerme" e che "gli Stati Uniti non si sarebbero astenuti" da qualsiasi parola o azione necessaria alla tutela dei diritti dei cittadini americani[53].
Sempre all'inizio del 1917, nell'eventualità del coinvolgimento americano i tedeschi provarono a sondare il Messico per un'alleanza economico-militare contro gli USA; ma il Telegramma Zimmermann (16 gennaio) venne intercettato dagli inglesi, fatto pervenire al governo statunitense mediante canali diplomatici (21 febbraio), quindi pubblicato dalla stampa (1 marzo). Una volta che la notizia ebbe a rivelarsi attendibile, l'opinione pubblica americana reagì con forte preoccupazione: gli USA in quel momento avevano grossi interessi economici in Messico, per via degli ingenti investimenti effettuati e del delicato quadro geopolitico della regione conseguente alla guerra civile messicana; i fiorenti traffici (più o meno legali) di frontiera e il flusso migratorio in ingresso erano considerati irrinunciabili; infine la semplice promessa tedesca di ricompense territoriali a spese dell'Unione fu considerata irritante.[54]
Dal punto di vista economico, vi era sul piatto una questione ancora più stringente di quella delle esportazioni messe a repentaglio dalla guerra sottomarina. Infatti già nel corso dei primi due anni di guerra i rapporti di forza tra i sistemi finanziari americano ed europeo si erano rovesciati: se inizialmente gli europei avevano contribuito a finanziare in larga parte l'industrializzazione americana, ora gli USA erano diventati creditori nei confronti di tutti paesi europei impiegati nello sforzo bellico. Ma all'inizio del 1917 la situazione creditizia degli opposti schieramenti era ormai pesantemente asimmetrica, dacché, se il debito tedesco ammontava a circa 27 milioni di dollari, quello inglese si attestava attorno ai 2 miliardi: ossia era oltre settanta volte superiore. Pertanto una sconfitta dell'Intesa avrebbe provocato la prevedibile insolvibilità dei principali creditori degli americani, e le ripercussioni sulla loro economia sarebbero state a dir poco disastrose.[55]
Il presidente Woodrow Wilson presentò al Congresso la proposta di entrare in guerra; il 6 aprile 1917 gli USA dichiararono guerra alla Germania.
L'esercito statunitense e la Guardia Nazionale erano già stati mobilitati nel 1916 per dare la caccia al rivoluzionario messicano Pancho Villa, il che rese gli spostamenti più veloci. La Marina statunitense fu in grado di inviare un gruppo di navi da guerra a Scapa Flow per unirsi alla flotta britannica e un gruppo di incrociatori a Queenstown, in Irlanda, per aiutare a scortare i convogli. Comunque, occorse del tempo prima che le forze statunitensi fossero in grado di contribuire significativamente sul fronte occidentale e su quello italiano. Con l'entrata in guerra degli USA, si crea una potentissima alleanza: la grande potenza economica, i due imperi più grandi del tempo (Impero britannico e russo), delle nazioni economicamente forti (Italia, Francia, Giappone e gli stati del Commonwealth che erano sotto il controllo del Regno Unito ma godevano di ampia autonomia). Tutta questa potenza era contrapposta all'Impero tedesco, potente ma alleato con due nazioni decadenti (Impero ottomano e Impero austro-ungarico) e con la piccola Bulgaria che, pur tenace, non rappresentava un ostacolo insormontabile: la vittoria era quindi prossima.
Britannici e francesi insistettero sull'invio di fanteria statunitense per rinforzare le linee. Durante la guerra, le forze americane furono a corto di una propria artiglieria, aviazione e di unità del genio. Comunque, il generale John J. Pershing, comandante della forza di spedizione americana, rifiutò il disgregamento delle unità statunitensi, suggerito dagli alleati[senza fonte] per utilizzarle come rinforzo di quelle francesi e britanniche.
[modifica] Offensiva tedesca del 1918
L'entrata in guerra degli Stati Uniti nel 1917 aveva reso certo l'eventuale arrivo di nuovi uomini per le potenze dell'Intesa, mentre il ritiro della Russia e la disfatta italiana di Caporetto avevano permesso il trasporto di truppe tedesche a ovest. Quattro successive offensive tedesche seguirono quella del 27 maggio, portando a guadagni in direzione di Parigi, comparabili a quelli dell'avanzata del 1914.
Il blocco navale imposto dall'Intesa, però, limitava agli imperi centrali lo sforzo bellico. Da qui l'esigenza di passare all'offensiva.
Il 21 marzo 1918 la Germania lanciò una grossa offensiva, l'"operazione Michael", contro le truppe britanniche e del Commonwealth. L'esercito tedesco aveva sviluppato una nuova tattica che prevedeva l'utilizzo di incursori addestrati a infiltrarsi nelle trincee e catturarle. L'artiglieria tedesca alle 4:40 del mattino cominciò un bombardamento di 5 ore con 6.000 bocche da fuoco e oltre 3.000 mortai, nei cieli 326 caccia tedeschi si misero in moto, due ore e mezzo dopo la prima ondata di fanteria tedesca uscì dalle trincee e attaccò, avanzando in alcuni punti anche di 6–7 km.
Il 23 marzo tre cannoni costruiti appositamente dalle acciaierie Krupp bombardarono Parigi da Crepy-en-Laonnois (a 120 km di distanza da Parigi). Nel bombardamento morirono 256 parigini. Il 26 marzo gli alleati reagirono incaricando il maresciallo francese Ferdinand Foch di coordinare le attività alleate in Francia, e in seguito nominandolo comandante supremo di tutte le forze alleate. Il 30 marzo truppe inglesi, australiane e canadesi passarono al contrattacco, bloccando i tedeschi a 16 km da Amiens[56].
L'offensiva tedesca si mosse in avanti di 60 km e premette le truppe della forza di spedizione britannica (BEF), tanto che il loro comandante, il maresciallo di campo Sir Douglas Haig, emise un ordine generale l'11 aprile che dichiarava: «Con le spalle al muro, e credendo nella giustezza della nostra causa, ognuno di noi deve combattere fino alla fine». Comunque, per quel momento, l'offensiva tedesca si era fermata, a causa di problemi logistici. I contrattacchi dei canadesi e delle forze dell'ANZAC spinsero indietro i tedeschi.
Parallelamente, in giugno, anche gli austro-ungarici operarono una violenta offensiva sul fronte italiano, nel tentativo di sfondare la linea del Piave e giungere fino alla valle Padana, chiudendo definitivamente la partita con gli italiani. Ma in quella che fu poi definita la Battaglia del solstizio, gli italiani non solo seppero resistere alla potente offensiva, ma anzi inflissero pesantissime perdite agli austro-ungarici, che videro così sfumare l'ultima occasione di vittoria, peraltro in un quadro di gravissima difficoltà interna economica e sociale, dovuta al protrarsi del conflitto.
[modifica] Vittoria dell'Intesa
La forza di spedizione americana, comandata dal generale Pershing, entrò in battaglia in numeri significativi nell'aprile 1918. Nella battaglia di Bosco Belleau, dal 1º al 30 giugno 1918, la seconda divisione, comprendente reparti del Corpo dei Marines, aiutò ad annullare l'offensiva tedesca che minacciava Parigi.
Il 18 luglio 1918, alla battaglia di Château-Thierry, le forze francesi e statunitensi passarono all'offensiva. L'esercito britannico, usando un gran numero di carri armati, attaccò ad Amiens l'8 agosto causando tale sorpresa e confusione che il comandante in capo tedesco, generale Ludendorff, disse che fu «il giorno più nero dell'esercito tedesco».
Il 12 settembre la Prima Armata statunitense, che era stata recentemente costituita dalla Forza di spedizione americana, andò all'attacco del saliente di Saint-Mihiel, che la Germania occupava dal 1914. Questo saliente minacciava la linea ferroviaria Parigi-Nancy. Le forze americane erano carenti di supporto dell'artiglieria, che veniva fornito da francesi e britannici. Questa fu anche la prima occasione in cui vennero usati i carri armati americani, guidati dal tenente colonnello George Smith Patton. Quattro giorni dopo il saliente era stato ripulito.
Alle 5:30 del 26 settembre le forze americane cominciarono l'offensiva Mosa-Argonne, che continuò fino alla fine della guerra; si misero in moto più di 700 carri armati seguiti dalla fanteria e i tedeschi furono costretti a ripiegare di 5 km.[57]. Un posto di osservazione chiave dei tedeschi, sulla quota 305 a Montfaucon-d'Argonne venne catturato il 27 settembre. Quel giorno i tedeschi prigionieri furono più di 23.000. Circa 18.000 americani caddero durante l'offensiva, che fu la prima condotta dagli Stati Uniti come esercito indipendente. Il generale Pershing puntava al fiume Reno, che si aspettava di oltrepassare all'inizio del 1919.
Il 24 ottobre l'esercito italiano, con un limitato supporto alleato (3 divisioni francesi, 2 inglesi, un reggimento americano) cominciò la sua offensiva (che durò fino al 4 novembre) che vide lo scontro tra 55 divisioni italiane contro 60 austriache. Il comando italiano aveva studiato bene il piano, che non prevedeva attacchi frontali, ma un colpo concentrato su un unico punto per spezzare il fronte. Il punto prescelto era Vittorio Veneto, dove la 5ª e la 6ª Armata austriaca si congiungevano: quindi un punto nevralgico per i collegamenti. L'offensiva cominciò con una manovra diversiva, la 4ª Armata cominciò un attacco sul Monte Grappa, attirandosi contro la maggioranza dei rinforzi austriaci. La piena del Piave costrinse all'inazione quel fronte, gli austriaci credettero che quello della 4ª Armata fosse l'attacco principale e continuarono a contrastarlo con tutte le forze.
Nella notte tra 28 e 29 anche sul Piave si passò all'attacco. Le prime ore furono terribili, la corrente era forte e le teste di ponte restavano spesso isolate, ma alla fine l'8ª Armata superò il fiume e cominciò ad avanzare, la 10ª e la 12ª si allargarono sulle sue ali per coprire l'avanzata, il fronte si spezzò e si innescò una processo di disfacimento che rese l'esercito imperiale ingovernabile. Il profilarsi della sconfitta fece aumentare le diserzioni, interi reparti abbandonarono le linee. Il 30 ottobre l'esercito italiano era a Vittorio Veneto, mentre altre unità militari italiane passavano il Piave e avanzavano. La corsa proseguì per altri tre giorni, il 3 si arrivò a Trento, la marina sbarcò a Trieste, il 4 novembre l'Austria capitolò. Con il crollo dell'Impero Asburgico la minaccia dell'apertura di un nuovo fronte a sud divenne reale e la Germania, pur ancora sostanzialmente imbattuta e saldamente in territorio francese, sette giorni dopo l'Austria decise di abbandonare la lotta.
[modifica] Fine della guerra
La Bulgaria fu il primo tra gli Imperi Centrali a firmare l'armistizio (29 settembre 1918), seguito dalla Turchia (30 ottobre). La Germania richiese un cessate il fuoco il 3 novembre 1918, seguita dall'Austria-Ungheria. I combattimenti terminarono con l'armistizio concordato l'11 novembre a Compiègne. Austria e Ungheria firmarono due armistizi separati a seguito del rovesciamento della monarchia asburgica.
La sconfitta dell'esercito austro-ungarico venne annunciata all'Italia dal famoso bollettino del generale Armando Diaz il 4 novembre 1918: La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta.[...][58]
Il maggiore Harry S. Truman fece sparare i cannoni al suo battaglione fino agli ultimi minuti: La mia batteria sparò, com'era ordinato, fino alle 10:45 quando esplose l'ultimo colpo[57] Circa trent'anni dopo, il maggiore divenne presidente degli Stati Uniti. Fu lui a ordinare il lancio delle bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki, che pose fine alla seconda guerra mondiale. Si può in qualche modo dire che Truman fece terminare entrambe le guerre mondiali.
Sotto molti punti di vista, l'ultimo giorno della prima guerra mondiale, l'11 novembre 1918, fu uno dei più tragici del conflitto. Nonostante alle 5 ora francese fosse stato firmato l'armistizio, operativo dalle 11[59], i comandanti alleati, desiderosi di ottenere premi per ulteriori avanzate, mandarono al macello migliaia di propri soldati che i tedeschi, comunque ancora ben armati, uccisero facilmente.
Quando le lancette degli orologi segnarono le 11, "Ci fu un attimo di silenzio e di attesa, poi si udì uno strano mormorio, che gli osservatori in posizione molto arretrata rispetto al fronte paragonarono al soffio di una brezza leggera. Erano gli uomini che esultavano dal Vosgi fino al mare."[60]
Guglielmo II ostinatamente ordinò alla Hochseeflotte tedesca una sortita contro le navi alleate il 29 ottobre 1918, ma questa si ammutinò a Wilhelmshaven: morirono 9 marinai.
Il 9 novembre 1918 venne proclamata in Germania la repubblica, avvenimento che segnò la fine dell'Impero tedesco nato nel 1871. Il Kaiser fuggì il giorno seguente nei Paesi Bassi, dove gli venne garantito l'asilo politico fino alla morte avvenuta nel 1941, poco tempo dopo l'occupazione militare dei Paesi Bassi da parte delle truppe del Terzo Reich di Hitler, durante la seconda guerra mondiale.
[modifica] Guerra e tecnologia
[modifica] I gas tossici e le nuove armi
Come in ogni conflitto il settore di ricerca maggiormente sviluppato fu quello bellico, che raggiunse livelli impensabili nel giro di pochi anni. Le nuove armi furono numerose, tutte ugualmente letali.
- La mitragliatrice, che consentiva di sparare centinaia di colpi al minuto agevolando molto la difesa delle trincee. L'uso della mitragliatrice, che impediva le manovre di grandi formazioni in campo aperto come era in uso fino a tutto il XIX secolo, fu anzi uno degli elementi che più di ogni altro contribuì al rapido volgersi del conflitto in una massacrante guerra di trincea.
- I gas tossici furono utilizzati per la prima volta dai tedeschi contro i russi, senza molto successo, nella battaglia di Bolimow del 1º gennaio 1915, ma divennero celebri a partire dal 22 aprile 1915, data in cui a Ypres per la prima volta si fece uso di gas asfissianti al cloro, che provocarono il terrore tra le truppe franco-britanniche. Il primo rudimentale rimedio agli attacchi chimici era costituito da fazzoletti bagnati con acqua e/o urina, solo in seguito sarebbero state sperimentate le prime maschere antigas. Nel corso della guerra i gas al cloro sarebbero stati poi sostituiti in seguito da cloropicrina, poi fosgene, per giungere infine al tipo di gas più evoluto, sparato da proiettili, l'iprite (dal nome della stessa città di Ypres).
- I lanciafiamme, introdotti dai tedeschi a Hooge il 30 luglio 1915. Come la mitragliatrice impediva lo schieramento in campo aperto, tuttavia ebbe un successo minore di quello sperato a causa della tendenza del serbatoio a esplodere se veniva colpito o si inceppava una valvola.
- I carri armati (utilizzati per la prima volta dai britannici durante la Somme), che suscitarono lo stesso stupore e terrore provocato dal gas a Ypres, pur non essendo usati per lo sfondamento delle linee nemiche, ma solo per il semplice supporto alla fanteria.
[modifica] Aeroplani e U-Boot
L'aviazione militare ottenne rapidi progressi, dallo sviluppo delle (inizialmente primitive) mitragliatrici sincronizzate per poter sparare in avanti, introdotte dall'aviazione tedesca nell'autunno del 1915, allo sviluppo dei bombardieri usati contro Londra (luglio 1917): ancor più drammatico, almeno per i britannici, fu l'uso de gli U-Boot, dal tedesco Unterseeboote) contro i mercantili alleati in acque internazionali dal febbraio 1915.
La decisione tedesca di togliere le restrizioni all'attività sottomarina (la cosiddetta "guerra sottomarina indiscriminata", dal 1º febbraio 1917) fu strumentale all'entrata in guerra degli Stati Uniti dalla parte degli alleati. L'affondamento del transatlantico Lusitania fu un successo controverso per gli U-Boot.[senza fonte]
[modifica] L'industria ottica
L'industria ottica (soprattutto quella tedesca) aveva avuto uno sviluppo notevole anche prima della guerra. I sottomarini ebbero i loro risultati anche grazie a dei buoni periscopi, dalle trincee gli ufficiali tedeschi scrutavano con cannocchiali Bausch gli ufficiali inglesi che a loro volta li scrutavano con cannocchiali Bausch & Lomb di fornitura americana o con gli Zeiss comprati dai tedeschi nel 1910. Goerz, Voigtlander, M. Hensoldt & Sohne, E.Leitz (Leica), Carl Zeiss furono le industrie che più furono impegnate nello sforzo bellico dell'Impero tedesco.
[modifica] Crimini di guerra
[modifica] Genocidio e pulizia etnica
[modifica] Impero Ottomano
Soldati austro-ungarici procedono all'esecuzione di civili serbi a
Mačva, nel
1914.
La pulizia etnica della popolazione cristiana dell'Impero ottomano, tra cui spicca la deportazione e il massacro degli armeni (politiche simili erano state emanate contro gli assiri e i greci ottomani) durante gli ultimi anni dell'impero ottomano è considerato un genocidio[61]. Gli Ottomani vedevano l'intera popolazione armena come un nemico[62], che aveva scelto di schierarsi con la Russia all'inizio della guerra[63]. Nei primi mesi del 1915, una serie di gruppi nazionalisti armeni, come ad esempio le organizzazioni Armenakan, Dashnak e Hunchak, si unirono alle forze russe e il governo ottomano usò questo come pretesto per il rilascio della legge Tehcir. Questa autorizzò la deportazione degli armeni dall'Anatolia orientale in Siria tra il 1915 e il 1917. Il numero esatto di morti è sconosciuto, sebbene Balakian indichi un numero compreso tra 250.000 e 1,5 milioni per la morte degli armeni[64], mentre l'International Association of Genocide Scholar ne stima in oltre 1 milione[61]. Il governo della Turchia ha sempre respinto le accuse di genocidio, sostenendo che coloro che sono morti sono stati vittime di combattimenti inter-etnici, fame o malattia durante la prima guerra mondiale[65].
Circa 200.000 tedeschi che vivevano in Volinia e circa 600.000 ebrei furono deportati dalle autorità russe[66][67][68]. Nel 1916, fu inoltre emesso un ordine di espulsione di circa 650.000 tedeschi del Volga a est, ma la rivoluzione russa ne ha impedito l'attuazione[69]. Molti pogrom accompagnarono la rivoluzione del 1917 e la conseguente guerra civile russa, tra i 60.000 e i 200.000 civili ebrei vennero uccisi nelle atrocità in tutto l'Impero russo[70][71].
[modifica] "Stupro del Belgio"
Nel Belgio le truppe tedesche, temendo i guerriglieri francesi e belgi, o i franchi tiratori, diedero fuoco a case e massacrarono cittadini nella parte orientale e centrale del paese come ad Aarschot (156 morti), Andenne (211 morti), Tamines (383 morti) e Dinant (674 morti)[72]. Tra le vittime vi furono anche donne e bambini[73].
Il 25 agosto 1914, i tedeschi devastarono la città di Lovanio: diedero fuoco deliberatamente alla biblioteca dell'Università che conteneva circa 300.000 libri e manoscritti medievali con la benzina, uccisero 248 civili[74] ed espulsero l'intera popolazione di 42.000 abitanti. Abitazioni di civili vennero incendiate e cittadini spesso vennero fucilati nel luogo in cui si trovavano. Oltre 2.000 edifici vennero distrutti e grandi quantità di materiali strategici, prodotti alimentari e moderne attrezzature industriali furono saccheggiati e trasferiti in Germania. Queste azioni si attirarono la condanna di tutto il mondo[75].
[modifica] La percezione della guerra
La percezione della guerra nel 1914 era quasi romantica, e la sua dichiarazione venne accolta con grande entusiasmo da molte persone. La visione comune era che sarebbe stata una breve guerra di manovre, con poche azioni pungenti (per «impartire una lezione al nemico») e sarebbe finita con un vittorioso ingresso nella capitale (ovviamente quella nemica), seguita da una o due parate celebrative a casa, per poter poi tornare alla vita normale. C'erano alcuni pessimisti (come Lord Kitchener) che predissero che la guerra sarebbe durata a lungo, ma Guglielmo II disse che la guerra sarebbe «finita per Natale...».
Questo punto merita di essere approfondito. La convinzione della breve durata della guerra si considera spesso una tragica sottovalutazione; secondo molti, se vi fosse stata fin dall'inizio una diffusa consapevolezza che la guerra avrebbe aperto un tale abisso nella civiltà europea, nessuno l'avrebbe intrapresa o continuata. In realtà, una parte degli studiosi militari dell'epoca avevano previsto tale possibilità, come si vede in particolare dall'opera di Ivan Bloch, già candidato al Premio Nobel per la pace. Le previsioni di Bloch sulla guerra industriale che avrebbe condotto a sanguinose situazioni di stallo, logoramento e perfino di rivoluzione, erano ampiamente conosciute sia nei circoli militari sia in quelli pacifisti, senza contare il fatto che già nei decenni precedenti altri conflitti, come la guerra di secessione americana e la guerra russo-giapponese, erano degenerati in una massacrante guerra di trincea.
Alcuni autori come Niall Ferguson sostengono che la convinzione di una guerra veloce sia stata molto esagerata fin dai tempi del conflitto. Secondo Ferguson, i pianificatori militari, specialmente in Germania, erano consapevoli della possibilità di una guerra lunga, come risulta dalla famosa corrispondenza telegrafica Willy-Nicky tra gli imperatori di Russia e di Germania. Egli sostiene anche che i più informati consideravano improbabile una guerra veloce. Inoltre, era nell'interesse dei governi presentare ampiamente questo messaggio nella loro propaganda, dal momento che questo incoraggiava gli uomini ad arruolarsi, facendo sembrare la guerra meno grave e mantenendo alto il morale generale.
[modifica] Caratteristiche distintive della guerra
La prima guerra mondiale è considerata come la prima guerra moderna su larga scala. In realtà si presentava come una sorta di ibrido tra una tecnologia militare avanzata e una dottrina strategica di stampo post-napoleonico. Tra le innovazioni che avrebbero cambiato il volto della guerra ci fu l'uso estensivo della mitragliatrice a scopi prevalentemente difensivi. Un solo nido di mitragliatrice, purché ben provvista di munizioni, poteva tenere in scacco un'intera brigata, rendendo spesso vani i tentativi di attacco diretto. Conseguenza immediata di tale innovazione fu l'edificazione, in particolar modo sul fronte occidentale, di imponenti linee difensive, una catena di trincee che andavano dal Mare del Nord alla Svizzera.
Le dottrine di guerra tardarono nell'adeguarsi alla nuova situazione, affidate come erano a teorici dell'arte militare formatisi alla scuola di Carl Von Clausewitz, barone prussiano di inizio ottocento. Principale fondamento di tali dottrine era la guerra d'attacco, unica espressione dell'«élan vital», lo spirito vitale che, nelle parole di Ferdinand Foch, avrebbe assicurato la vittoria finale. Milioni di uomini furono irrazionalmente spinti a esporsi inermi al fuoco della mitragliatrice, nel vano tentativo di conquistare, con la sola forza del numero, le posizioni nemiche e di dimostrare la superiorità del proprio spirito. L'artiglieria, che aveva conosciuto uno sviluppo tecnico vertiginoso dall'inizio del secolo, fu usata in chiave prevalentemente offensiva, come metodo, spesso inefficace, di scombinare le linee nemiche prima di un attacco. L'impatto psicologico determinato dall'uso estensivo dell'artiglieria pesante sui soldati intrappolati nelle trincee fu devastante, risultando spesso in forme gravi e peculiari di nevrosi.
La prima guerra mondiale vide anche l'uso delle armi chimiche e dei bombardamenti aerei, che erano stati entrambi messi fuori legge dalla Convenzione dell'Aia del 1907. Gli effetti delle armi chimiche si rivelarono duraturi, sia sui corpi delle vittime (molte delle quali, sopravvissute alla guerra, ne patirono danni per il resto della vita) sia sulle menti dei comandanti della generazione successiva che, avendone visto gli effetti nella Grande Guerra, non vollero impiegarle nel secondo conflitto mondiale, temendo un'escalation di ritorsioni gravissime.
L'evidente squilibrio tra una tecnologia avanzatissima e una tattica arcaica avrebbe determinato l'immane massacro della prima guerra mondiale e le sue conseguenze sulla cultura e la storia europea. Nasceva la guerra di posizione e di massa, in cui il vero obiettivo non era più la conquista del territorio nemico e dei suoi centri politici, ma l'esaurimento delle sue risorse.
La trincea rimane, nella letteratura storica e no, il simbolo negativo della prima guerra mondiale. Per quattro anni milioni di uomini furono costretti a convivere sotto terra, esposti agli agenti atmosferici e ai bombardamenti, in condizioni igieniche disastrose. La guerra veniva privata di ogni forma di idealismo, per diventare un'officina, in cui l'efficienza del massacro sopravanzava ogni considerazione umanitaria. Parziale eccezione fu quella dei piloti di aereo, visti come i moderni «cavalieri», per i quali la guerra non significava abbrutimento ma quasi un duello di stampo medievale, unico caso in cui l'eroismo propagandato dalle autorità militari trovava una fittizia applicazione.
Le condizioni della vita di trincea ebbero conseguenze enormi sullo sviluppo del conflitto. La diserzione e l'automutilazione erano all'ordine del giorno, tanto da richiedere l'intervento esteso e violentissimo delle autorità. Al contempo nell'inferno della trincea si sviluppavano fenomeni nuovi che avrebbero determinato la storia culturale successiva. Un intenso spirito di cameratismo tra i soldati semplici avrebbe favorito l'idealizzazione e ideologizzazione della guerra, elemento fondamentale per il successivo imporsi delle ideologie totalitarie. Al contempo la consapevolezza dei sacrifici a cui si era sottoposti alimentavano, soprattutto nelle classi popolari, la speranza di una maggiore partecipazione alla costruzione dell'Europa postbellica.
La guerra tecnologica vide la mobilitazione in scala mai vista di uomini e materiali e determinò una vera rivoluzione nelle prerogative dello Stato e un notevole ampliamento dei suoi poteri in tutte le nazioni coinvolte. La guerra vide anche il nascere del cosiddetto fronte interno, quello dell'opinione pubblica da ammansire e mobilitare ideologicamente in favore della vittoria finale. In tutti gli stati partecipanti ebbe un ruolo crescente la propaganda, volta a raccogliere fondi, consensi, volontari. Tutti gli stati, consapevoli dell'immane sforzo richiesto ai cittadini e interessati principalmente alla vittoria nel conflitto, si spinsero in promesse di allargamento della democrazia a guerra finita, che non poterono essere del tutto disilluse al termine delle ostilità.
Altro punto che caratterizzò questo bagno di sangue fu il gran numero di giovani che vi parteciparono, tra i quali, in Italia, i "ragazzi del '99", richiamati alle armi a soli 17 anni. L'idea positiva della Guerra che si era inizialmente diffusa tra la gente venne ben presto abbandonata.
Molte delle più grandi battaglie della storia avvennero nel corso di questa guerra. Vedi battaglia di Ypres, battaglia del crinale di Vimy, battaglia della Marna, battaglia di Cambrai, battaglia della Somme, battaglia di Verdun, battaglia di Gallipoli, le 11 battaglie dell'Isonzo, la Battaglia di Caporetto e la Battaglia del solstizio.
Di seguito un elenco delle forze mobilitate, dei caduti, feriti, dispersi, prigionieri, suddivisi per nazione.
Nazione |
Mobilitati |
Morti |
Feriti |
Dispersi o prigionieri |
Totale |
Imperi Centrali |
|
|
|
|
|
Impero austro-ungarico |
7.800.000 |
1.200.000 |
3.620.000 |
2.220.000 |
14.840.000 |
Impero Germanico |
11.000.000 |
1.773.700 |
4.216.058 |
1.152.800 |
34.105.858 |
Impero ottomano |
2.850.000 |
325.000 |
400.000 |
250.000 |
3.825.000 |
Bulgaria |
1.200.000 |
87.500 |
152.390 |
27.029 |
1.466.919 |
Intesa |
|
|
|
|
|
Belgio |
267.000 |
13.716 |
44.686 |
34.659 |
360.061 |
Impero britannico* |
8.904.467 |
908.371 |
2.090.312 |
191.652 |
12.096.802 |
Francia** |
8.410.000 |
1.357.800 |
4.266.000 |
537.000 |
14.570.000 |
Grecia |
230.000 |
5.000 |
21.000 |
1.000 |
257.000 |
Regno d'Italia |
5.615.000 |
650.000 |
947.000 |
600.000 |
7.812.000 |
Giappone |
800.000 |
300 |
907 |
3 |
801.210 |
Montenegro |
50.000 |
3.000 |
10.000 |
7.000 |
70.000 |
Portogallo |
100.000 |
7.222 |
13.751 |
12.318 |
133.291 |
Romania |
750.000 |
335.706 |
120.000 |
80.000 |
1.285.706 |
Impero russo (fino al 1917) |
12.000.000 |
1.700.000 |
4.950.000 |
2.500.000 |
21.150.000 |
Serbia |
707.343 |
45.000 |
133.148 |
152.958 |
1.038.449 |
Stati Uniti |
4.355.000 |
126.000 |
234.300 |
4.500 |
4.719.800 |
Totale |
65.018.810 |
8.678.013 |
21.187.715 |
7.687.798 |
102.572.336 |
I dati dei morti comprendono i deceduti per tutte le cause, i dati dei dispersi comprendono dispersi e prigionieri di guerra
* dati ufficiali; i caduti delle nazioni facenti parte dell'Impero britannico sono così suddivisi:
-
** dati ufficiali; le truppe coloniali francesi contarono inoltre 114.000 caduti
[modifica] Vittime civili
A causa della lunghezza della voce si veda Conseguenze della prima guerra mondiale per gli eventi e le ripercussioni che seguirono l'armistizio:
- ^ a b Gilbert, op. cit., p. 3
- ^ a b Stevenson, op. cit., pp. 39,47.
- ^ Ossia: la guerra di Crimea del 1854-'56, la seconda guerra di indipendenza italiana del 1859, la guerra austro-prussiana del 1866, la guerra franco-prussiana del 1870 e la guerra russo-turca del 1877-'78.
- ^ A. Horne, op. cit., p. 9.
- ^ (EN) Hew Strachan, The Origins of the War in The First World War: To arms, pag. 8
- ^ (EN) Michael Graham Fry, Erik Goldstein, Richard Langhorne, The Franco-Russian Alliance in Guide to International Relations and Diplomacy, pag. 151-152
- ^ nel 1897 era stato pubblicato in tedesco il saggio The Influence of Sea Power Upon History, 1660-1783 di Alfred Thayer Mahan
- ^ a b Spencer Tucker, Priscilla Mary Roberts, Anglo-German Naval Arms Race in Encyclopedia of World War I, 2005, pag. 832-833
- ^ (EN) Robin Prior, The First World War, London: Cassell, 1999
- ^ (EN) David Fromkin, Europe's Last Summer: Who Started the Great War in 1914?, 2004
- ^ (EN) Hew Strachan, The Origins of the War in The First World War: To arms, pag. 30
- ^ nel 1881 Bismarck aveva affermato: non ci sarà una politica coloniale [tedesca] finché io sarò cancelliere, si veda Martin Kitchen, A history of modern Germany, 1800-2000, pag. 168
- ^ La creazione del protettorato tedesco sul Camerun (1884), provocò la reazione di disappunto degli operatori commerciali britannici che avevano richiesto al loro governo un'analoga dichiarazione per quei territori, si veda Olayemi Akinwumi, German Colonialism inThe colonial contest for the Nigerian region, 1884-1900, pag. 5
- ^ In un primo momento il Regno Unito non si era opposto in modo netto al disegno coloniale tedesco, data la rivalità in corso sia con la Francia per il controllo dell'Egitto, sia con la Russia nel Grande gioco, si veda la voce Bismarck in Melvin Eugene Page, Penny M. Sonnenburg, Colonialism: an international, social, cultural, and political encyclopedia, pag. 59
- ^ Il Regno Unito aveva dato il via libera alle pretese della Francia sul Marocco, in cambio del riconoscimento dei propri diritti sull'Egitto, tuttavia questo accordo fra le due principali potenze coloniali violava la precedente convenzione di Madrid del 1880, firmata anche dalla Germania. Questo contesto diplomatico dava margini di manovra al kaiser per ribadire il ruolo fondamentale della Germania, si veda Richard W. Mansbach, Kirsten L. Rafferty, Introduction to global politics, pag. 109
- ^ Gilbert, op. cit., p. 31.
- ^ Il 6 agosto, pressata dalla Germania, l'Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Russia; ciò portò, il 12 agosto, alla dichiarazione di guerra di Francia e Gran Bretagna all'Austria-Ungheria
- ^ Gilbert, op. cit., p. 52.
- ^ (EN) Hew Strachan, The Western Front in 1914 in The First World War: To arms, pag. 164
- ^ a b c (EN) Alan John Percivale Taylor, The First World War and its aftermath, 1914-1919, pag. 80-93, London: Folio Society, 1998
- ^ a b Martin Gilbert, La grande storia della prima guerra mondiale, 1994, pag. 90
- ^ a b Martin Gilbert, La grande storia della prima guerra mondiale, 1994, pag. 93
- ^ a b Spencer Tucker, Priscilla Mary Roberts, Western Front Overview in Encyclopedia of World War I, 2005, pag. 1242-1256
- ^ anche se formalmente von Moltke rimase al suo posto fino al 3 novembre, si veda (EN) Hew Strachan, From the Aisne to the Yser in The First World War: To arms, pag. 262
- ^ a b (EN) Hew Strachan, From the Aisne to the Yser in The First World War: To arms, pag. 264
- ^ (EN) Donald James Goodspeed, The German Wars 1914-1945, 1985, pag. 199, Random House, Bonanza, New York
- ^ (EN) The Second Battle of Ypres, Apr-1915 di Dave Love
- ^ Spencer Tucker, Priscilla Mary Roberts, Russia – War Plan (1914) in Encyclopedia of World War I, 2005, pag. 1029
- ^ Spencer Tucker, Priscilla Mary Roberts, Russia – War Plan (1914) in Encyclopedia of World War I, 2005, pag. 1030
- ^ a b War and Revolution in Russia 1914 - 1921 di Jonathan Smele
- ^ Il Trentino, Trieste con l'Istria e Zara con la Dalmazia
- ^ In seguito a ciò, cogliendo l'occasione del terremoto di Messina e Reggio Calabria, il Capo di Stato Maggiore dell'Austria-Ungheria, Franz Conrad von Hötzendorf propose, appunto nel 1908, una guerra preventiva contro l'Italia. L'imperatore rifiutò. Uguale proposta di guerra preventiva contro l'Italia, von Hötzendorf avanzò durante la guerra di Libia, sempre allo scopo di cogliere il nemico in un momento difficile. Ancora una volta, l'imperatore rifiutò, ma questi episodi dimostrano l'ormai estremo logoramento a cui era giunta l'alleanza tra Vienna e Roma
- ^ tra cui socialisti come Ivanoe Bonomi, Leonida Bissolati e – sebbene in una seconda fase -l'allora direttore dell'Avanti! Benito Mussolini, Filippo Tommaso Marinetti e Filippo Corridoni
- ^ in aperta violazione dell'art. 5 dello Statuto Albertino che prevedeva che il governo per impegnarsi in conflitti che implicavano un impegno finanziario necessitasse dell'appoggio del parlamento
- ^ Trento e il territorio attiguo fino al Brennero, le città di Gorizia, Trieste e Gradisca d'Isonzo, l'Istria (esclusa Fiume) fino al Quarnaro e parte della Dalmazia. Inoltre vennero raggiunti accordi per la sovranità sul porto albanese di Valona, la provincia di Adalia in Turchia, e parte delle colonie tedesche in Africa
- ^ Gli alleati austriaci avevano invece offerto, in cambio della neutralità, parte di Trentino e Friuli, con l'esclusione di Gorizia e Trieste. Le motivazioni degli interventisti, in parte ideologiche in parte strumentali, si fondavano sul fatto che l'Austria-Ungheria era la potenza contro la quale si era combattuto durante le guerre d'indipendenza e che entrare in guerra al suo fianco o rimanere neutrali avrebbe smentito tutta la tradizione risorgimentale
- ^ "le radiose giornate di maggio", secondo la definizione di Gabriele D'Annunzio
- ^ in particolare il IV e il XXVII Corpo d'armata, comandato dal generale Pietro Badoglio
- ^ in due settimane andarono perduti 350&mbsp;000 soldati fra morti, feriti, dispersi e prigionieri, e altri 400.000 si sbandarono verso l'interno del paese
- ^ Mario Silvestri, Caporetto, una battaglia e un enigma, pag. 3
- ^ visto che il paese era ormai a un passo dal baratro, assillato dall'impossibilità di continuare a sostenere lo sforzo bellico sul piano economico e soprattutto su quello morale, data l'incapacità della monarchia di farsi garante dell'integrità dello stato multinazionale asburgico.
- ^ Quest'ultima, pur non prevista tra i territori nei quali sarebbero state inviate forze italiane venne occupata, come previsto da alcune clausole dell'Armistizio, in seguito agli eventi del 30 ottobre 1918 quando il Consiglio Nazionale, insediatosi nel municipio dopo la fuga degli ungheresi, aveva proclamato, sulla base dei principi wilsoniani, l'unione della città all'Italia
- ^ le ostilità fra Russia e Impero ottomano cominciarono il 29 ottobre senza una formale dichiarazione di guerra, si veda (EN) Turkey enters the war
- ^ Enver Pasha era, assieme a Mehmed Talat Pasha e Ahmed Djemal, uno dei membri del direttorio militare (i Tre Pascià) che guidava l'impero, nonché capo dell'esercito
- ^ Martin Gilbert, La grande storia della prima guerra mondiale, 1994, pag. 49
- ^ la 2ª Armata fu schierata nel 1916, dopo la fine della Campagna dei Dardanelli
- ^ gli effettivi dell'Armata del Caucaso si ridussero a 65.000 circa dopo il ridispiegamento nell'autunno 1914 di due Corpi d'Armata russi sul fronte austro-prussiano
- ^ David Fromkin A peace to end all peace: the fall of the Ottoman Empire and the creation of the modern Middle East
- ^ anche Drastamat Kanayan era stato comandante di un reparto militare dell'Armata del Caucaso e aveva comandato un'unità di volontari armeni.
- ^ Minami, Hiroshi. 1987. Taishou bunka. Keisou shobou, Tokyo
- ^ Masao Maruyama, Le radici dell'espansionismo. Ideologie del Giappone moderno, 1990, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino
- ^ Negrelli , op. cit., sez.X, cap.1, par.III: guerra totale, (c) su tutti i fronti
- ^ "Il Lusitania, un grande giallo vero", di Colin Simpson, Rizzoli 1974
- ^ Negrelli , op. cit., sez.X, cap.2, par.III: l'intervento degli Stati Uniti, (a) la rivoluzione messicana e le profferte tedesche
- ^ Negrelli , op. cit., sez.X, cap.2, par.III: l'intervento degli Stati Uniti, (b) tornaconto e ideali dei «grandi creditori»
- ^ La Grande Storia della Prima Guerra Mondiale - Martin Gilbert
- ^ a b Martin Gilbert, La grande storia della prima guerra mondiale, 1994
- ^ Armando Diaz legge il Bollettino della Vittoria
- ^ Ferdinand Foch, Memorie, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1931.
- ^ The King's Grace – J.Buchan, pag. 203
- ^ a b International Association of Genocide Scholars. Open Letter to the Prime Minister of Turkey Recep Tayyip Erdoğan. Genocide Watch (via archive.org), 13 giugno 2005 (archiviato dall'url originale in data 6 ottobre 2007)
- ^ Lewy 2005, p. 57
- ^ Ferguson 2006, p. 177
- ^ Balakian 2003, pp. 195–196
- ^ Fromkin 1989, pp. 212–215
- ^ A People on the Move: Germans in Russia and in the Former Soviet Union: 1763–1997. URL consultato in data 2009-11-17.
- ^ WWI and the Jews. URL consultato in data 2009-11-17.
- ^ Timeline 1900s.
- ^ The Germans from Russia: Children of the Steppe/Children of the Prairie. URL consultato in data 2009-11-17.
- ^ Pogroms. URL consultato in data 2009-11-17.
- ^ Jewish Modern and Contemporary Periods (ca. 1700–1917). URL consultato in data 2009-11-17.
- ^ Tutte queste cifre sono riportate in John N. Horne, Alan Kramer, German Atrocities, 1914: A History of Denial. New Haven: Yale University Press, 2001, Appendice I, German Atrocities in 1914 (dal 5 agosto fino al 21 ottobre e da Berneau (Provincia di Liegi) a Esen (Provincia delle Fiandre Occidentali), ISBN 978-0-300-08975-2
- ^ Alan Kramer Dynamic of destruction: culture and mass killing in the First World War Oxford University Press, 2007, Molti esempi di donne e bambini uccisi dai soldati tedeschi in Belgio nell'agosto 1914, pp. 1-24. ISBN 978-0-19-280342-9
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- Enrico Camanni, La guerra di Joseph, CDA&Vivalda editore, collana "I Licheni", 2004, Torino, ISBN 978-88-7808-137-6
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- Achille Dardano e Luigi Filippo de Magistris La nostra guerra (atlante della grande guerra) Novara IGDA 1916
- Mario Baratta e Luigi Visintin Grande Atlante Geografico IGDA Novara 1922 (varie tavole e descrizioni)
- Calendario Atlante de Agostini degli anni di guerra e immediatamente successivi IGDA Novara
- Baratta, Fraccaro, Visintin Atlante storico Novara IGDA (vol. III, Età moderna, di Luigi Visintin (es. tavole su Caporetto)
- Keith Robbins, La prima guerra mondiale, Oscar Mondadori storia
- Pierre Renouvin, La prima guerra mondiale, Biblioteca del Sapere Newton, 1994, ISBN 88-7983-589-0
[modifica] Voci correlate
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[modifica] Collegamenti esterni
- La Grande Guerra 1915-1918: Foto dei campi di battaglia, ieri e oggi.
- Museo della guerra Salcano 1915-1917
- prima guerra mondiale: Un portale completo sulla prima guerra mondiale: antefatti, cause, dopoguerra e protagonisti della grande guerra.
- La Grande Guerra 1914-1918: La storia, i personaggi, la cronologia, gli armamenti, i memoriali, le pubblicazioni, gli approfondimenti, i filmati e le canzoni della prima guerra mondiale 1914-1918.
- Propaganda Propaganda prima, durante e dopo la prima guerra mondiale.
- Museo Storico di Trento, impegnato nella raccolta di documentazione popolare relativa al periodo della prima guerra mondiale
- Museo della guerra di Rovereto, tra i più forniti in Italia di documentazione sulla Grande Guerra.
- Museo della Guerra Bianca in Adamello, istituto di riferimento sulla Grande Guerra combattuta sul fronte Lombardo.
- Forte Belvedere Gschwent, fortezza austro-ungarica e museo della Grande Guerra 1914-18 di Lavarone (TN).
- Forte al Montecchio Nord di Colico, la fortezza della Prima Guerra Mondiale meglio conservata in Europa.
- (EN) First World War.com, sito che descrive in dettaglio battaglie, protagonisti, armamenti.
- (EN) Arte della prima guerra mondiale raccolta curata dall'UNESCO di opere artistiche riguardanti la Grande Guerra.
- (FR) La stampa durante la prima guerra mondiale
- (EN) World War I document archive imponente raccolta di fonti primarie sulla prima guerra mondiale, in particolar modo materiale diplomatico.
- (EN) Trenches on the Web sito statunitense, interessante.
- Immagini di storia - prima guerra mondiale: Ricca raccolta di immagini sulla storia della prima guerra mondiale, in parte commentate.
- la festa dei ceri in guerra su Associazione Eugubini nel Mondo: La festa dei ceri di Gubbio venne fatta al fronte, nel 1917.
- Estratti dal libro di Lussu "Un anno sull'altipiano", sulla guerra di trincea
- Sulle Tracce della Grande Guerra Informazioni e documenti storici sulla Grande Guerra nell'area transfrontaliera tra la Valle del Natisone (Italia) e Kobarid (Caporetto, Slovenia)
- Riassunto per immagini della prima guerra mondiale
- Associazione culturale F. Zenobi Storia e itinerari della Grande guerra sul fronte dell'Isonzo
- Ampia raccolta di documenti, fotografie e testimonianze sull'esperienza di guerra di un tenente della Regia Guardia di Finanza
- Enciclopedia Treccani
- Associazione Storica Cimeetrincee
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