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« Per la sua poetica distinta che,.... con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni. » |
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Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981) è stato un poeta, giornalista e critico musicale italiano, premio Nobel per la letteratura nel 1975.
[modifica] Anni giovanili
Eugenio Montale nacque a Genova, in un palazzo dell'attuale corso Dogali, nella zona soprastante Principe, il 12 ottobre 1896, ultimo dei cinque figli di Domenico Montale e Giuseppina Ricci, esponenti della media borghesia genovese. Il padre era comproprietario di una ditta di prodotti chimici, la società G. G. Montale & C., tra l'altro fornitrice di Veneziani S.p.A., azienda presso cui era impiegato Italo Svevo[1][2].
Inizia gli studi all'istituto "Vittorino Da Feltre" di Via Maragliano gestito dai Barnabiti (rettore è padre Rodolfo Trabattoni, vice rettore padre Giovanni Semeria). Il 21 maggio riceve la cresima. Sebbene per lui vengano preferiti, a causa della sua salute precaria, i più brevi studi tecnici in luogo di quelli classici e venga dunque iscritto nel 1915 all'istituto tecnico commerciale "Vittorio Emanuele", dove si diplomerà in ragioneria, il giovane Montale ha la possibilità di coltivare i propri interessi prevalentemente letterari, frequentando le biblioteche cittadine e assistendo alle lezioni private di filosofia della sorella Marianna, iscritta a Lettere e Filosofia.
La sua formazione è dunque quella tipica dell'autodidatta, che scopre interessi e vocazione attraverso un percorso libero da condizionamenti. Letteratura (Dante, Petrarca, Boccaccio e Gabriele D'Annunzio su tutti, autori che lo stesso Montale affermerà di avere "attraversato") e lingue straniere sono il terreno in cui getta le prime radici la sua formazione e il suo immaginario, assieme al panorama, ancora intatto, della Riviera ligure di levante: Monterosso al Mare e le Cinque Terre, dove la famiglia trascorre le vacanze.
«Scabri ed essenziali», come egli definì la sua stessa terra, gli anni della giovinezza delimitano in Montale una visione del mondo in cui prevalgono i sentimenti privati e l'osservazione profonda e minuziosa delle poche cose che lo circondano – la natura mediterranea e le donne della famiglia. Ma quel "piccolo mondo" è sorretto intellettualmente da una vena linguistica nutrita di queste lunghe letture, finalizzate soprattutto al piacere della conoscenza e della scoperta.
In questo periodo di formazione Montale coltiva inoltre la passione per il canto, studiando dal 1915 al 1923 con l'ex baritono Ernesto Sivori, esperienza che lascia in lui un vivo interesse per la musica, anche se non si esibirà mai in pubblico. Riceverà comunque già nel 1942 dediche da Tommaso Landolfi, fondatore con altri della rivista Letteratura.
[modifica] Grande Guerra e avvento del Fascismo
Entrato all'Accademia militare di Parma, fa richiesta di essere inviato al fronte, e dopo una breve esperienza bellica (rimase al fronte all'incirca dal gennaio al novembre del '18) in Vallarsa e Val Pusteria, viene congedato nel 1920.
Negli anni tra il '19 e il '23, conosce a Monterosso Anna degli Uberti (1904-1959), protagonista femminile in un insieme di poesie montaliane, trasversali nelle varie opere, note come "ciclo di Arletta" (chiamata anche Annetta o capinera).
Nel 1924 conosce la giovane di origine peruviana Paola Nicoli, anch'ella presente negli Ossi di seppia e ne Le occasioni.
È il momento dell'affermazione del fascismo, dal quale Montale prende subito le distanze sottoscrivendo nel 1925 il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Montale vive questo periodo nella "reclusione" della provincia ligure, che gli ispira una visione profondamente negativa della vita.
[modifica] Soggiorno a Firenze
Montale giunge a Firenze nel 1927 per il lavoro di redattore ottenuto presso l'editore Bemporad. Nel capoluogo toscano gli anni precedenti erano stati decisivi per la nascita della poesia italiana moderna, soprattutto grazie alle aperture della cultura fiorentina nei confronti di tutto ciò che accadeva in Europa: le Edizioni de La Voce; i Canti orfici di Dino Campana (1914); le prime liriche di Ungaretti per Lacerba; e l'accoglienza di poeti come Vincenzo Cardarelli e Umberto Saba.
Montale dopo l'edizione degli Ossi del 1925, nel 1929 è chiamato a dirigere il Gabinetto scientifico letterario G. P. Vieusseux (ne sarà espulso nel 1938 per la mancata iscrizione al partito fascista); nel frattempo collabora alla rivista Solaria, frequenta i ritrovi letterari del caffè Le Giubbe Rosse conoscendovi Carlo Emilio Gadda e Elio Vittorini, e scrive per quasi tutte le nuove riviste letterarie che nascono e muoiono in quegli anni di ricerca poetica. In questo contesto prova anche l'arte pittorica imparando dal Maestro Elio Romano l'impasto dei colori e l'uso dei pennelli. Nel '29 è ospite nella casa di Drusilla Tanzi (che aveva conosciuto nel '27) e del marito, lo storico d'arte Matteo Marangoni,[3] casa dove due anni prima gli avevano presentato anche Gerti Frankl.
La vita a Firenze però si trascina per il poeta tra incertezze economiche e complicati rapporti sentimentali; legge molto Dante e Svevo, e i classici americani. Fino al 1948, l'anno del trasferimento a Milano, egli pubblica Le occasioni e le prime liriche di quelle che formeranno La bufera e altro (che uscirà nel 1956). Nel 1943 pubblica a Lugano la raccolta di poesie Finisterre grazie all'interessamento dell'avvocato e poeta dialettale Pino Bernasconi, e del critico letterario Gianfranco Contini, assieme alla raccolta Ultime cose di Umberto Saba, dato che in Italia vi era censura della dittatura fascista[4]. Montale, che non si era iscritto al Partito fascista e dopo il delitto Matteotti era stato firmatario del manifesto crociano, prova subito dopo la guerra ad iscriversi al Partito d'azione, ma ne esce pochissimo tempo dopo.
[modifica] Soggiorno a Milano
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« L'argomento della mia poesia (...) è la condizione umana in sé considerata: non questo o quello avvenimento storico. Ciò non significa estraniarsi da quanto avviene nel mondo; significa solo coscienza, e volontà, di non scambiare l'essenziale col transitorio (...). Avendo sentito fin dalla nascita una totale disarmonia con la realtà che mi circondava, la materia della mia ispirazione non poteva essere che quella disarmonia » |
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(E. Montale in "Confessioni di scrittori (Intervista con se stessi)", Milano 1976)
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L'ultima tappa del viaggio di Montale nel mondo è Milano (dal 1948 alla morte). Diventa collaboratore del Corriere della sera e critico musicale al "Corriere d'informazione". Scrive inoltre reportage culturali da vari paesi (fra cui il Medio Oriente, visitato in occasione del pellegrinaggio di Papa Paolo VI in Palestina). Scrive altresì di letteratura anglo-americana per la terza pagina, avvalendosi anche della collaborazione dell'amico americano Henry Furst, il quale gli invia molti articoli su autori e argomenti richiesti dallo stesso Montale.[5]. Nel 1962 sposa Drusilla Tanzi (di dieci anni più anziana di lui) con rito religioso a Montereggi, presso Fiesole (Marangoni era morto nel 1958).
Nel 1956, oltre a La bufera era uscita anche la raccolta di prose Farfalla di Dinard. Per tornare al "viaggiare" , l'antologia dei suoi reportage porta il titolo di Fuori di casa (1969). Ma il mondo di Montale è in particolare la "trasognata solitudine", come la definisce Angelo Marchese, del suo appartamento milanese di via Bigli (dove sarà ancora amorevolmente assistito, alla morte di Drusilla, da Gina Tiossi).
Le ultime raccolte di versi, Xenia ('66, dedicata alla moglie Drusilla Tanzi, morta nel 1963), Satura ('71) e Diario del '71 e del '72 ('73), testimoniano in modo definitivo il distacco del poeta - ironico e mai amaro - dalla Vita con la maiuscola: «pensai presto, e ancora penso, che l'arte sia la forma di vita di chi veramente non vive: un compenso o un surrogato» (Montale, Intenzioni. Intervista immaginaria, Milano '76). Sempre nel '66 Montale pubblicò i saggi Auto da fé, una lucida riflessione sulle trasformazioni culturali in corso.
Anche se poeta trasognato e "dimesso", è anche stato oggetto di riconoscimenti ufficiali: lauree ad honorem (Milano '61, Cambridge '67, Roma '74), nomina a senatore a vita nel '67 per i meriti in campo letterario, e premio Nobel nel '75. Nel pieno del dibattito civile sulla necessità dell'impegno politico degli intellettuali, Montale continuò ad essere un poeta molto letto in Italia. Nel 1976 scrisse il commiato funebre al suo collega defunto, il salernitano Alfonso Gatto.
Eugenio Montale muore a Milano la sera del 12 settembre 1981, un mese prima di compiere 85 anni, nella clinica San Pio X, dove si trovava ricoverato per problemi derivati da una vasculopatia cerebrale. Viene sepolto nel cimitero accanto alla chiesa di San Felice a Ema, sobborgo nella periferia sud di Firenze, accanto alla moglie Drusilla.
Le raccolte di versi contengono la storia della sua poesia: Ossi di seppia (1925); Le occasioni (1939); Finisterre (1943); Quaderno di traduzioni (1948); La bufera e altro (1956); Farfalla di Dinard (1956); Xenia (1966); Auto da fè (1966); Fuori di casa (1969); Satura (1971); Diario del '71 e del '72 (1973); Sulla poesia (1976); Quaderno di quattro anni (1977); Altri versi (1980); Diario Postumo (1996; su quest'ultima opera è stato manifestato il dubbio di non autenticità da parte di alcuni studiosi).[6]
[modifica] Ossi di Seppia
Il primo momento della poesia di Montale rappresenta l'affermazione del motivo lirico. Montale, in Ossi di seppia (1925) edito da Piero Gobetti, afferma l'impossibilità di dare una risposta all'esistenza: in una delle liriche introduttive, Non chiederci la parola, egli afferma che è possibile dire solo "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo", sottolineando la negatività della condizione esistenziale. Lo stesso titolo dell'opera designa l'esistenza umana, logorata dalla natura, e ormai ridotta ad un oggetto inanimato, privo di vita. Gli ossi di seppia sono una metafora che serve a descrivere l'uomo, che con l'età adulta viene allontanato dalla felicità della giovinezza e abbandonato, al dolore, sulla terra come un inutile osso di seppia. Gli ossi di seppia sono, infatti, gli endoscheletri delle seppie rilasciati sulla spiaggia dalle onde del mare, quindi, presenze inaridite e ridotte al minimo, che simboleggiano la poetica di Montale scabra ed essenziale. In tal modo Montale capovolge l'atteggiamento fondamentale più consueto della poesia: il poeta non può trovare e dare risposte o certezze; sul destino dell'uomo incombe quella che il poeta, nella lirica Spesso il male di vivere ho incontrato, definisce "Divina Indifferenza", ciò che mostra una partecipazione emotiva del tutto distaccata rispetto all'uomo.
La prima raccolta di Montale uscì nel giugno del 1925 e comprende poesie scritte tra il 1916 e il 1925. Il libro si presenta diviso in otto sezioni: Movimenti, Poesie per Camillo Sbarbaro, Sarcofaghi, Altri versi, Ossi di seppia, Mediterraneo, Meriggi ed ombre; a questi fanno da cornice una introduzione (In limine) e una conclusione (Riviere). Il titolo della raccolta vuole evocare i relitti che il mare abbandona sulla spiaggia, come gli ossi di seppia che le onde portano a riva; qualcosa di simile sono le sue poesie: in un'epoca che non permette più ai poeti di lanciare messaggi, di fornire un'interpretazione compiuta della vita e dell'uomo, le poesie sono frammenti di un discorso che resta sottinteso e approdano alla riva del mare come per caso, frutto di momentanee illuminazioni. Le poesie di questa raccolta traggono lo spunto iniziale da una situazione, da un episodio della vita del poeta, da un paesaggio, come quello della Liguria, per esprimere temi più generali: la rottura tra individuo e mondo, la difficoltà di conciliare la vita con il bisogno di verità, la consapevolezza della precarietà della condizione umana. Si affollano in queste poesie oggetti, presenze anche molto dimesse che non compaiono solitamente nel linguaggio dei poeti, alle quali Montale affida, in toni sommessi, la sua analisi negativa del presente ma anche la non rassegnazione, l'attesa di un miracolo.
L'emarginazione sociale a cui era condannata la classe di appartenenza, colta e liberale, della famiglia, acuisce comunque nel poeta la percezione del mondo, la capacità di penetrare nelle impressioni che sorgono dalla presenza dei paesaggi naturali: la solitudine da "reclusione" interiore genera il colloquio con le cose, quelle della riviera ligure, o del mare. Una natura "scarna, scabra, allucinante", e un "mare fermentante" dal richiamo ipnotico, proprio del paesaggio mediterraneo.
Il manoscritto autografo di Ossi di Seppia è conservato presso il Fondo Manoscritti dell'Università di Pavia.
In Le occasioni (1939) la poesia è fatta di simbolo di analogia, di enunciazioni lontane dall'abbandono dei poeti ottocenteschi. Il mondo poetico di Montale appare desolato, oscuro, dolente, privo di speranza; infatti, tutto ciò che circonda il poeta è guardato con pietà e con misurata compassione. Simbolica la data di pubblicazione, 14 ottobre 1939, poco dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale.
Il fascicolo di poesie è dedicato a una misteriosa I.B, iniziali della poetessa e dantista americana Irma Brandeis, di origini ebraiche e perciò costretta a rimpatriare dopo la promulgazione delle leggi razziali.
La memoria è sollecitata da alcune "occasioni" di richiamo, in particolare si delineano figure femminili, per esempio la fanciulla conosciuta in vacanza a Monterosso, Annetta-Arletta (già presente negli Ossi), oppure Dora Markus, della omonima poesia: sono nuove "Beatrici" a cui il poeta affida la propria speranza.[7]
La figura della donna, soprattutto Clizia (senhal di Irma), viene perseguita da Montale attraverso un'idea lirica della donna-angelo, messaggera divina. I tratti che servono per descriverla sono rarissimi, ed il desiderio è interamente una visione dell'amore fortemente idealizzata, che non si traduce necessariamente in realtà. Nel contempo il linguaggio si fa meno penetrabile e i messaggi sono sottintesi, e anche se non di un ermetismo irrazionale, espressione di una sua personale tensione razionale e sentimentale.
In Le occasioni la frase divenne più libera e la riflessione filosofica, molto presente nella poesia di Montale, diviene più vigorosa. Il poeta indaga le ragioni della vita, l'idea della morte, l'impossibilità di dare una spiegazione valida all'esistenza, lo scorrere inesorabile del tempo (Non recidere, forbice, quel volto).
[modifica] La bufera e altro
Sono componimenti riguardanti temi di guerra e di dolore pubblicati nel 1956. Nel poeta ligure confluiscono quegli spiriti della "crisi" che la reazione anti-dannunziana aveva generato fin dai Crepuscolari: tutto ciò che era stato scritto con vena ribelle nel brulicante mondo poetico italiano tra le due guerre, in lui diventa possibilità di scoprire altre ragioni per essere poeti.
[modifica] Xenia e Satura
Negli ultimi anni Montale approfondì la propria filosofia di vita, quasi temesse di non avere abbastanza tempo "per dire tutto" (quasi una sensazione di vicinanza della morte); Xenia (1966) è una raccolta di poesie dedicate alla propria moglie defunta, Drusilla Tanzi, amorevolmente soprannominata "Mosca" per le spesse lenti degli occhiali da vista[8]. Il titolo richiama xenia, che nell'antica Grecia erano i doni fatti all'ospite, e che ora dunque costituirebbero il dono alla propria moglie. Le poesie di Xenia furono pubblicate insieme alla raccolta Satura, con il titolo complessivo Satura, nel gennaio 1971. «Con questo libro - scrive Marco Forti nel risvolto di copertina dell'edizione Mondadori - Montale ha sciolto il gran gelo speculativo e riepilogativo della Bufera e ha ritrovato, semmai, la varietà e la frondosità, la molteplicità timbrica, lo scatto dell'impennata lirica e insieme la "prosa" che, già negli Ossi di seppia, costituirono la sua sorprendente novità.»
[modifica] La poetica e il pensiero
Montale ha scritto relativamente poco: quattro raccolte di brevi liriche, un "quaderno" di traduzioni di poesia e vari libri di traduzioni in prosa, due volumi di critica letteraria e uno di prose di fantasia. A ciò si aggiungono gli articoli della collaborazione al Corriere della sera. Il quadro è perfettamente coerente con l'esperienza del mondo così come si costituisce nel suo animo negli anni di formazione, che sono poi quelli in cui vedono la luce le liriche della raccolta Ossi di seppia.
La poesia è per Montale principalmente strumento e testimonianza dell'indagine sulla condizione esistenziale dell'uomo moderno, in cerca di un assoluto che è però inconoscibile. Tale concezione poetica – approfondita negli anni della maturità, ma mai rinnegata – non attribuisce alla poesia uno specifico ruolo di elevazione spirituale; anzi, Montale al suo lettore dice di "non chiedere la parola", non "domandare" la "formula" che possa aprire nuovi mondi. Il poeta può solo dire "ciò che non siamo": è la negatività esistenziale vissuta dall'uomo novecentesco dilaniato dal divenire storico.
A differenza delle "illuminazioni" ungarettiane, Montale fa un ampio uso di idee, di emozioni e di sensazioni più indefinite. Egli cerca infatti una soluzione simbolica (il "correlativo oggettivo", contemporaneamente adottato da Thomas Stearns Eliot) in cui la realtà dell'esperienza diventa una testimonianza di vita. Proprio in alcune di queste immagini il poeta crede di trovare una risposta, una soluzione al problema del "male di vivere": ad esempio, il mare (in Ossi di seppia) o alcune figure di donne che sono state importanti nella sua vita.
La poesia di Montale assume dunque il valore di testimonianza e un preciso significato morale: Montale esalta lo stoicismo etico di chi compie in qualsiasi situazione storica e politica il proprio dovere. Rispetto a questa visione, la poesia si pone per Montale come espressione profonda e personale della propria ricerca di dignità e del tentativo più alto di comunicare fra gli uomini. L'opera di Montale è, infatti, sempre sorretta da un'intima esigenza di moralità, ma priva di qualunque intenzione moralistica: il poeta non si propone come guida spirituale o morale per gli altri; attraverso la poesia egli tenta di esprimere la necessità dell'individuo di vivere nel mondo accogliendo con dignità la propria fragilità, incompiutezza, debolezza.
Montale non credeva all'esistenza di «leggi immutabili e fisse» che regolassero l'esistenza dell'uomo e della natura; da qui deriva la sua coerente sfiducia in qualsiasi teoria filosofica, religiosa, ideologica che avesse la pretesa di dare un inquadramento generale e definitivo, la sua diffidenza verso coloro che proclamavano fedi sicure. Per il poeta la realtà è segnata da una insanabile frattura fra l'individuo e il mondo, che provoca un senso di frustrazione e di estraneità, un malessere esistenziale. Questa condizione umana è, secondo Montale, impossibile da sanare se non in momenti eccezionali, veri stati di grazia istantanei che Montale definisce miracoli, gli eventi prodigiosi in cui si rivela la verità delle cose, il senso nascosto dell'esistenza.
Alcuni caratteri fondamentali del linguaggio poetico montaliano sono i simboli: nella poesia di Montale compaiono oggetti che tornano e rimbalzano da un testo all'altro e assumono il valore di simboli della condizione umana, segnata, secondo il poeta, dal malessere esistenziale, e dall'attesa di un avvenimento, un miracolo, che riscatti questa condizione rivelando il senso e il significato della vita. In Ossi di seppia il muro è il simbolo negativo di uno stato di chiusura e oppressione, mentre i simboli positivi che alludono alle possibilità di evasione, di fuga e di libertà, sono l'anello che non tiene, il varco, la maglia rotta nella rete. Nelle raccolte successive il panorama culturale, sentimentale e ideologico cambia, e quindi risulta nuova anche la simbologia. Per esempio nella seconda raccolta, Le occasioni, diventa centrale la figura di Clizia, il nome letterario che allude alla giovane ebrea-americana Irma Brandeis, (italianista ed intellettuale) amata da Montale[9], che assume una funzione "angelico-salvifica" e dalla quale è possibile aspettare il miracolo da cui dipende ogni residua possibilità di salvezza esistenziale.
- ^ unige.ch
- ^ minerva.unito.it
- ^ Cronologia in librexmontale.com
- ^ Ceschi, 1998, 543.
- ^ La vicenda venne rivelata da Mario Soldati nel racconto "Due amici", per l'appunto Montale e Furst, nel volume Rami secchi (Rizzoli 1989) e soprattutto da Marcello Staglieno, con la pubblicazione su una terza pagina de il Giornale diretto da Indro Montanelli di alcune delle lettere inedite di Montale all'amico. Si veda, per esempio, Marcello Staglieno (a cura di), «Enrico aiutami: è una vita impossibile», lettere inedite di Eugenio Montale a Henry Furst, in "Il Giornale", 24 ottobre 1989, p. 3, che comprende la prosa poetica montaliana, dedicata a Furst, "Il lieve tintinnìo del collarino", 1943
- ^ È stato manifestato in particolare per es. da Dante Isella e Giovanni Raboni (Intervento di Raboni sul Corriere della Sera, 16-10-98), in contrapposizione al riscontro positivo di Maria Corti, Rosanna Bettarini e Angelo Marchese (vd. anche L'Universale-La grande enciclopedia tematica 4, Garzanti, Milano 2003, p.680).
- ^ Quasi tutte le figure femminili dei versi montaliani corrispondono in molti tratti a persone reali; nelle Occasioni Liuba soltanto, per ammissione del poeta, è un personaggio "inventato" rispetto a quello reale (vd. anche Romano Luperini Storia di Montale Laterza, 1992)
- ^ Con Drusilla aveva condiviso anche la passione letteraria per Italo Svevo, che era venuto a trovarli a Firenze con la moglie Livia.
- ^ *Il «Canzoniere» di Montale per Clizia, l'amante segreta
- ^ Dal sito quirinale.it
- ^ Dal sito quirinale.it
- Sergio Solmi, Le "Occasioni" di Montale, in Scrittori negli anni, il Saggiatore, Milano 1963
- Giuliano Manacorda, Montale, La nuova Italia («Il castoro»), Firenze 1969
- D'Arco Silvio Avalle, Tre saggi su Montale, Einaudi, Torino 1972
- Gianfranco Contini, Una lunga fedeltà. Scritti su Eugenio Montale, Einaudi, Torino 1974
- Giulio Nascimbeni, Eugenio Montale, Longanesi, Milano 1975
- Angelo Marchese, Visiting Angel. Interpretazione semiologica della poesia di Montale, Sei, Torino 1977
- Vincenzo Guarna, Il terzo tempo dell'itinerario poetico di Eugenio Montale, in «Misure critiche» - Anno VII, Fascicolo 22, gennaio-marzo 1977
- Annalisa Cima e Cesare Segre (a cura di), Eugenio Montale. Profilo di un autore, Rizzoli, Milano 1977
- Luigi Greco (a cura di), Montale commenta Montale, Pratiche Editrice, Parma 1980
- Gilberto Lonardi, Il Vecchio e il Giovane e altri studi su Montale, Bologna, Zanichelli 1980
- Piero Bigongiari, L'autoriflessività del significato, in Poesia italiana del Novecento, Il Saggiatore, Milano 1980, tomo II, pp. 321–418
- Ettore Bonora, Le metafore del vero, Bonacci, Roma 1981
- Mario Martelli, Eugenio Montale. Introduzione e guida allo studio dell'opera montaliana, Le Monnier, Firenze, 1982
- Ettore Bonora Conversando con Montale, Rizzoli, Milano 1983
- Romano Luperini, Montale, o l'identità negata, Liguori, Napoli 1984
- Emerico Giachery, Metamorfosi dell'orto e altri scritti montaliani, Bonacci, Roma 1985
- Maura Del Serra, Il poeta congetturale: appunti per un parallelo tematico-testuale fra il primo Montale e il primo Borges, in "Testuale", 5, 1986, pp. 58–70.
- Silvio Ramat, L'acacia ferita e altri saggi su Montale, Marsilio, Venezia 1986
- Umberto Carpi, Montale critico, in AA.VV., Letteratura italiana. I critici, vol. V, Milano, Marzorati, 1987, pp. 3419–3445
- Claudio Scarpati, Invito alla lettura di Eugenio Montale, Mursia, Milano 1988
- Ettore Bonora, Montale e altro novecento, Caltanissetta, Sciascia 1989
- Nico Orengo, Gli spiccioli di Montale, Theoria, Roma 1993
- Giuseppe Leone, Eugenio Montale nel primo centenario dalla nascita, "Quei suoi "limoni" in orti leopardiani, su «Il Punto Stampa», Lecco, dicembre 1996
- Stefano Agosti, Il lago di Montale, Interlinea, Novara 1996
- Raffaello Ceschi (a cura di), Storia del Cantone Ticino, volume I, L'Ottocento, volume II, Il Novecento, Stato del Cantone Ticino, Casagrande, Bellinzona 1998.
- Giuseppe Marcenaro, Eugenio Montale, Bruno Mondadori, Milano 1999
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- Arnaldo Di Benedetto, Intertestualità montaliane, in Poesia e critica del Novecento, Napoli, Liguori, 1999, pp. 49-63.
- Pietro Montorfani, Elisabetta Crema, Maria Capizzi (e altri), Refusi, occasioni e imprevisti: Montale oltre il mare di vivere, Catalogo della Mostra, Rimini, Itaca libri, 2003
- Franco Croce, Storia della poesia di Eugenio Montale, Costa e Nolan, Genova, 2005
- Roberto Mosena, Le affinità di Montale. Letteratura ligure del Novecento, Edizioni Studium, Roma 2006
- Angelo Marchese, Amico dell'invisibile. La personalità e la poesia di Eugenio Montale, a cura di Stefano Verdino, Interlinea, Novara 2006
- John Butcher, Poetry and Intertextuality. Eugenio Montale's Later Verse, Volumnia, Perugia 2007
- Antonio Zollino, I paradisi ambigui. Saggi su musica e tradizione nell'opera di Montale, Il Foglio letterario, Piombino 2008, n.ed. 2009
- Pietro Montorfani, «Il mio sogno di te non è finito»: ipotesi di speranza nell'universo montaliano, in «Sacra doctrina», (55) 2010, pp. 185–196.
- Angelo Fabrizi, Cultura degli scrittori Da Petrarca a Montale, Firenze, Società Editrice Fiorentina, 2006.
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