Anni e anni di cattiva gestione della depurazione degli scarichi fognari, che avrebbe provocato quelle fastidiose e maleodoranti chiazze marroni sul mare, sopratutto durante il periodo estivo. E così ieri mattina, dopo accurate indagini da parte della Procura di Paola il gip, dr. Battarini, ha emesso due ordinanze di custodia cautelare nei confronti di due dirigenti della Smeco, la società che gestisce gli impianti di depurazione in buona parte dei comuni del Tirreno Cosentino. Si tratta di Giovanni Albanese 63 anni e di Jessica Plastina, 38 anni. I reati che contesta loro la Procura della Repubblica di Paola vanno dagli “inadempimenti e frode nell’ambito di contratti di pubbliche forniture” al “disastro ambientale doloso”. I due, Albanese e Plastina, hanno funzioni di carattere dirigenziale e amministrativo. Indagini che in questi anni si sono sovrapposte. Già dal 2009 il Procuratore della Repubblica dr. Bruno Giordano, aveva attenzionato il sistema di depurazione sul Tirreno Cosentino, sottoponendo ad amministrazione giudiziaria buona parte degli impianti. Ieri pomeriggio la conferenza stampa per spiegare gli estremi delle indagini. In pratica è stata delineata nei termini esatti tutta la filiera ed è emerso che la depurazione o avveniva in modo grossolano o non avveniva. Addirittura si cercava di depurare l’acqua con forti concentrazioni di cloro provocando ulteriori danni. Preciso e circostanziato ieri pomeriggio durante l’incontro con i giornalisti il Procuratore Giordano. Indagini che si sono concentrate sugli impianti di depurazione, sul presupposto che il mare presentasse, specialmente in determinati periodi, un elevatissimo indice di inquinamento. La procura è riuscita a ricostruire l’intera filiera della depurazione, a verificare tutte le manchevolezze nell’attività depurativa da parte della Smeco e una serie di aspetti che sicuramente, ha detto Giordano, debordano nell’illecito penale. Il capo dei Pm fa riferimento soprattutto alle contestazioni del disastro ambientale, integralmente recepite dal Gip, il quale con un provvedimento motivato ha dato atto delle indagini svolte dall’ufficio della Procura per la rilevanza del danno, tradotta con una depurazione volutamente e dolosamente inefficiente che ha determinato lo scarico a mare di liquami per anni in proporzione e in misura tale da determinare i presupposti del disastro ambientale. Dapprima la nomina di amministratori giudiziari da parte della Procura cui è stata affidata la gestione dei vari impianti che poi venivano dissequestrati non appena le manchevolezze erano state sanate. Poi negli anni a seguire ulteriori indagini, certamente più complesse. Sono stati individuati tutti i punti deboli dell’attività depurativa attuata dalla Smeco che si trasformavano in lettere e lamentele, che sono arrivate poi sino alla Procura. “Con protervia – ha spiegato Giordano - si è continuato a gettare i fanghi a mare, e non a smaltirli secondo i criteri di legge. Tutto ciò è stato documentalmente accertato. Danni elevatissimi sia per le pubbliche amministrazioni che per la collettività”. Le indagini, affidate alla capitaneria di porto di Cetraro diretta dal comandante Gabriele Peschiulli e ai carabinieri di Paola, diretti dal capitano Luca Acquotti, hanno accertato non solo la presenza di rifiuti fognari ma anche lo smaltimento illegale. A Fuscaldo, ad esempio, è stata accertata la presenza di scarichi derivati dalle vasche di depurazione, nell’alveo del fiume. In alcuni casi è stato trovato anche un bypass che permetteva il trabocco a mare degli scarichi senza essere depurati.